Il femminismo “buono” di Livia Turco

La faccenda della maternità surrogata sembra aver provocato un solco profondo nel femminismo. Una parte di Se Non Ora Quando (SNOQ Libere), si è dichiarata nettamente contraria, in polemica con altre donne dello stesso movimento che invece considerano la maternità surrogata, ossia l’utero in affitto, come un fattore di libertà e di autodeterminazione femminile, nonché un modo per permettere alle donne di esaudire il proprio desiderio di maternità.
Livia Turco, ex ministro della salute e dirigente del PD, entra in campo a favore del divieto di quella pratica con un’intervista quotidiano sanità in cui mischia affermazioni del tutto condivisibili con altre inaccettabili, verità evidenti con altrettanto evidenti bugie e plateali omissioni .
“Pratica abominevole”, odiosa “forma di sfruttamento” delle donne più povere costrette, “per campare, a fare figli per gli altri”, “mercimonio”, sono alcuni dei modi con cui la Turco bolla duramente la maternità surrogata. E non manca la polemica forte contro una parte del femminismo che invece la incoraggia: “Stiamo diventando subalterne a un’idea della libertà nella quale si può fare tutto quello che si vuole”, ossia al pensiero del neo-liberismo e del “mercantilismo dilagante”.
Ineccepibile!
“Su questi argomenti non ci sono vie di mezzo: o è bianco o è nero”, prosegue. “Per tutta la vita mi sono battuta in difesa di valori che oggi, con grande preoccupazione, constato che si stanno perdendo”. “Le nostre lotte sono state per la maternità naturale, il parto naturale, non le tecniche”.
Ma davvero?
Eppure, a proposito della legge 40 sulla procreazione assistita la Turco auspicava nel 2007 che si “continui a riflettere, con grande rigore e sobrietà, sulla legge medesima, a partire dagli esiti dell’applicazione delle tecniche al fine di garantire alle donne e alle coppie la migliore efficacia e sicurezza delle tecniche”.
Insomma ci sono, per l’ex ministro, tecniche e tecniche. Quelle che prevedono la mercificazione dello sperma e l’innaturalità della paternità surrogata vanno bene, ma non quelle in cui a essere surrogata è la maternità. Solo allora si grida allo scandalo. Eppure già oltre dieci anni orsono, il biologo laico J. Testart, padre della prima bimba nata dalla provetta in Francia, aveva già messo in guardia dai pericoli delle tecniche di artificializzazione nel bel libro “La vita in vendita” (Lindau editore). Nonostante questo, le posizioni della Turco sarebbero da appoggiare lo stesso in nome di un freno al dilagare della mercificazione generalizzata di ogni aspetto della vita, solo se avesse un minimo pudore nel contraddirsi clamorosamente e se non arrivasse a falsificare la verità e la storia. In un passo dell’intervista pronuncia questa frase: “Non dimentichiamo che l’idea della coscienza del limite nasce da una battaglia politica delle donne, ossia non tutto quello che si può fare si deve fare, perché non tutto quello che si può fare è a vantaggio dell’umanità” . Stupefacente!
Millenni di filosofia e di metafisica maschile, di religioni monoteiste, quelle che segnerebbero il prevalere dei principi e dell’etica maschilista e sessista contro l’universo femminile, annullati di colpo. La coscienza del limite, nonostante tutte le tradizioni culturali nonché la psicanalisi dicano esattamente l’opposto, nonostante che lo sdoganamento dell’illimite del “desiderio” sia stato rivendicato dal femminismo (ricordate il classico slogan delle donne di Rifondazione Comunista, “l’unica legge è il desiderio”?), diventa miracolosamente una battaglia politica delle donne. La falsa coscienza o l’ipocrisia, fate voi, non hanno limiti. Ma forse mi sbaglio, forse il segreto di tanta contraddittorietà sta solo in un termine, o meglio in ciò che con quel termine si intende. Nella frase sopra citata in cui si dice che non tutto ciò che è possibile fare è a vantaggio dell’umanità, basta sostituire il termine umanità con donne, oppure, il che è lo stesso, intendere per umanità solo l’universo femminile, ed ecco che tutto quadra, tutte i tasselli trovano coerentemente il loro posto.
Questo, alla fine, è il vero senso di quell’intervista e dei sussulti d’indignazione di cui è intessuta:
tutto quello che avvantaggia le donne è bene, tutto quello che le svantaggia è male. Valori, etica, morale, coerenza, principio di non contraddizione, non hanno alcun significato oggettivo, inteso come valido per tutti, ma cambiano di significato in funzione del sesso e dei vantaggi che può trarne quello femminile.
E tuttavia, anche queste contraddizioni di ragionamento, anche questo scontro fra femminismi, potrebbero essere salutati favorevolmente ove fossero l’inizio di un ripensamento vero, sia pure tardivo, rispetto agli esiti ineluttabili della modernità capitalista che dissolve e destruttura ogni forma, travolge ogni ostacolo al dilagare indiscriminato della mercificazione universale. “O bianco o nero”, scrive la Turco. Perfettamente d’accordo! Ci sono temi su cui la mediazione significa prima di tutto rottura e abbandono di un principio simbolico. Anche se all’inizio vengono introdotte cautele e difese, sono però argini fragili, destinati ad essere successivamente travolti , come d’altronde nella strategia dei mediatori e più ancora nella logica delle cose. Rotto quel principio non c’è più nessuna ragione affinché tutto ciò che è possibile fare non sia fatto. Il punto è però che l’alternativa secca, bianco o nero, sarebbe stato necessario porla ben prima che sulla maternità surrogata, ossia nel momento in cui si è potuta pensare la procreazione come evento non naturale, non più fondato sull’unione sessuale di maschio e femmina. Le femministe, tutte, si guardarono bene dal farlo perché sembrava loro che quelle tecniche rappresentassero l’emancipazione finale delle donne, finalmente “liberate” dalla dipendenza dal maschile. In realtà si trattava di ben altro: era solo il primo passo della sottomissione di ogni aspetto della vita alla logica utilitaristica e antiumana del capitale. Sono trascorsi ben più di vent’anni, ma era già evidente allora, come videro con chiarezza i movimenti maschili, che era solo l’inizio. Il maschile e il paterno erano e sono i principali ostacoli a quel dilagare, e dovevano essere eliminati per primi. Per primi nel senso che una volta tolti di mezzo con la complicità attiva del femminismo, poi la logica ferrea del capitale sarebbe passata a destrutturare anche il materno e infine il femminile, solo apparentemente e superficialmente vincenti nella fase che stiamo vivendo.
Occorrerebbe un soprassalto di onestà intellettuale, ma non credo che il femminismo possa riconoscere questa verità, perché se lo facesse cadrebbe di colpo tutta l’impalcatura su cui ha costruito la sua narrazione. Come l’apprendista stregone, ha contribuito a evocare forze che non è in grado di controllare e finiscono per ritorcersi contro l’incauto, e incredulo, evocatore. Purtroppo credo invece, e l’intervista della femminista buona Livia Turco lo conferma, che per falsa coscienza o per cecità culturale, i femminismi siano destinati a fermarsi sempre un attimo prima di quella ormai evidente verità. Magari si combatteranno pure fra di loro, ma continueranno ad essere due stampelle, le principali, di un sistema da cui si credono estranee.

7 commenti per “Il femminismo “buono” di Livia Turco

  1. Alessandro
    13 dicembre 2015 at 18:06

    Questione di punti di vista. A me pare che la Turco non rappresenti affatto il “femminismo buono”, neanche tra virgolette, mentre invece è espressione di un femminismo vittimista, moralista, sessista, misandrico e privo di qualsivoglia autocritica. Se un “femminismo buono” vogliamo individuare quello, a parer mio, può essere rappresentato da una Eretica, che, sia pure in maniera contraddittoria. cerca di sganciarsi dalle caratteristiche di cui sopra, che comunque rimangano di gran lunga predominanti in seno al movimento femminista e che lo rendono movimento chiaramente reazionario, benchè a sinistra ancora ci si ostini ad attribuirgli caratteristiche progressiste. Ma, come diceva qualcuno, la realtà è più avanti, siamo sempre indietro.

  2. armando
    14 dicembre 2015 at 10:08

    Alessandro, con buono intendevo buonista.

  3. giuseppe
    14 dicembre 2015 at 11:55

    Mi chiedo il perché di questa virata e apparente frattura in SNOQ. Qual è la relazione con la leadership di Renzi? Quali delle componenti del PD si contendono l’alleanza con la Chiesa, ora che con l’universalmente celebrato Bergoglio non c’è più quel cerbero dei “valori non negoziabili”? In vista di una possibile scissione nel PD, da che parte sono la Turco e la Marzano? Chi regge i fili di SNOQ? Non sarà che questa è una risoluzione dottrinale per emarginare la componente più laicista e radicale, la quale propende per la scissione e per la rifondazione di un “nuovo soggetto a sinistra”?

  4. marino
    14 dicembre 2015 at 13:10

    Forse l’intervista – e le contraddizioni – della Turco esprimono solo il disagio di una cattolica che si è trovata incastrata nel (vetero)-femminismo per motivi politici e che a volte non ce la fa più ….

  5. Fabrizio Marchi
    15 dicembre 2015 at 9:48

    La mia opinione sul tema (utero in affitto) è che, al di là delle momentanee divisioni interne al femminismo, il tutto finirà con la solita vittimizzazione delle donne che affitteranno il proprio utero (tradotto, concepiranno e partoriranno un figlio e lo venderanno a terzi, coppie o singoli/e).
    Si dirà che sono delle povere disgraziate che per campare sono costrette a prostituirsi (in questo caso a vendere il proprio corpo non per sesso ma per fare figli) e ancora una volta la responsabilità del gigantesco processo di mercificazione sessuale (ora anche dei figli, ridotti a merce che si compra e si vende) verrà attribuita agli uomini, brutti, sporchi e cattivi, né più e né meno di ciò che avviene per la prostituzione e, in generale, appunto, per la mercificazione sessuale. Le donne verranno sollevate da ogni responsabilità, come se la loro volontà e la loro capacità di condizionamento (specie nella sfera sessuale…) fosse inesistente, e di fatto considerate (dal femminismo stesso, anche se nessuno mai solleva questa obiezione…) come delle minus habens alla totale mercè degli uomini (specie nella sfera sessuale le cose sono esattamente rovesciate..). Un falso di proporzioni gigantesche come qualsiasi persona di buon senso, sa bene, ma tant’è.
    Si riproporrà quindi l’ottica sessista, interclassista e colpevolizzante del femminismo e ancora una volta ogni responsabilità verrà attribuita al genere maschile in quanto tale. Se ho capito qualcosa del contesto in cui ci troviamo le cose andranno in questo modo.
    Diverso, o potenzialmente diverso, sarà o potrà essere invece il tema dell’utero artificiale. L’utero artificiale apre oggettivamente uno scenario che potenzialmente, ripeto, potenzialmente, potrebbe togliere alle donne quella che da sempre è stata e continua ad essere una loro prerogativa assoluta, cioè la possibilità di dare la vita (che è un potere anche questo, e che potere, non dimentichiamolo…), di mettere al mondo dei figli, perché chiunque (sempre pagando, s’intende…) potrà recarsi in un laboratorio e ordinare un figlio (magari bianco, nero, giallo, femmina, maschio, a suo piacimento, purchè paghi…). Questo è uno scenario più che possibile (a mio parere imminente) che potrebbe portare al superamento sia del concetto di paternità che ancor prima di maternità, per lo meno per come sono state concepite dall’alba dell’uomo ad oggi. Ed è lo scenario che prospetta anche Armando Ermini, nel finale del suo articolo, quando dice che tutto questo processo (sostenuto in primis da tutto l’esercito laicista, politicamente corretto, di “sinistra” e femminista”) potrebbe ritorcersi contro i loro stessi fautori e promotori. Oppure, come sostengono altri amici, anche in quel caso il “sistema” potrebbe studiare la soluzione per mantenere una posizione di “privilegio” alle donne, del tipo che solo alle donne potrebbe essere riservata la possibilità di ricorrere agli uteri artificiali, in quanto tenutarie del diritto ala procreazione. Non lo so, la vedo dura…di fatto la tecnica apre degli scenari possibili e anche inquietanti, diciamocela tutta. Io sono un critico della modernità, come noto, ma non sono neanche un reazionario nostalgico, cosa altrettanto nota, e mi rendo conto che siamo agli albori (ma neanche tanto ormai…) di trasformazioni epocali che dovranno essere governate. Quello che mi preoccupa è il fatto che la Politica sia stata messa sotto i tacchi, ridotta ad ancella del Capitale, e quindi del tutto incapace di gestire quei processi, tanto più in una direzione democratica, umanista e, per ciò che mi riguarda, socialista.
    E’ però fondamentale (per tutti, ma soprattutto per i marxisti) cominciare a ragionare su queste frontiere, che non sono più tali perché ormai ci siamo. Si tratta di questioni che non possono essere procrastinate e tanto meno eluse. Purtroppo però, proprio coloro che prima degli altri (la Sinistra) dovrebbe interrogarsi su questi temi (e sulla loro complessità e su tutti i risvolti che hanno e potrebbero avere) o è totalmente assente oppure, peggio, ha scelto di sposarli acriticamente.

  6. Rino DV
    15 dicembre 2015 at 21:28

    Armando e Fabrizio, molto bene davvero. Tempismo, precisione, chiarezza.
    Chapeau!
    .
    Sul tema della Tecnica prima o poi interverrò, ma purtroppo non saprò/potrò essere né breve né conciso. Ecco perché continuo con gli annunci …senza arrivare al “dunque”.

  7. armando
    22 dicembre 2015 at 14:10

    Prosegue la discussione nell’ambito femminista e dintorni. Guardate quà
    http://www.scienzaevita.org/wp-content/uploads/2015/12/IODonna_19_12_15_La_fabbrica_dei_figli.pdf

    Valgono le stesse osservazioni fatte per la Turco, naturalmente, con in più un’altra considerazione. In uno degli articoli segnalati si parla di paternità, e dei vantaggi di una maggiore presenza paterna. Anche quì, ineceppibile ma del tutto superficiale. La presenza paterna vale zero se è considerata come un “aiuto” alle mamme o la loro sostituzione da parte maschile, mentre varrebbe enormemente se ci si abituasse a considerare la funzione del padre come sua specifica, propria e insostituibile. Se arrivassero a tanto, allora e solo allora potremmo parlare di un inizio di rinsavimento da parte delle donne che “contano”. Per molte di quelle normali, credo o mi ostino a credere, che la faccenda sia ancora chiara. Ma anch’esse, come gli uomini, hanno poco diritto di parola sui media mainstream, che mirano a tutt’altro, ossia a liberare tempo femminile per il lavoro.

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