4 novembre: onore ai caduti, disonore ai mandanti

Più di un secolo fa l’Italia entrava in guerra e dava il suo contributo ad una delle più spaventose carneficine della storia (seconda solo alla II guerra mondiale). La cosa ci riguarda da tutti i punti di vista. Non ultimo il fatto che quell’ecatombe  – al pari delle altre – è oggi imputata, per origine ed essenza,  alla presenza maschile nel mondo, intendendo che, un volta scomparsa la maschilità, le guerre finiranno per sempre. Nessuno stupore. Nel momento in cui le stesse creazioni maschili vengono ribaltate contro gli uomini e derubricate a misfatti, non c’è da sorprendersi se le guerre vengono assegnate ex abrupto all’ontologia del maschile.

In ricorrenze come questa veniamo – tra l’altro – chiamati a rendere onore ai caduti della nostra bandiera e, in un paradossale slancio ecumenico, persino a quelli delle altre. Come se, finito lo scontro, anche coloro che erano quasi l’incarnazione del male riacquisissero lo status di esseri umani, degni di rispetto, se morti, e di novella amicizia, se sopravvissuti.

Prendiamone atto: nessuno ha onorato i caduti della I Guerra quanto il Fascismo che, per averne altrettanti da “onorare”, portò l’Italia nella II.  Siamo onesti: chi meglio e di più onora i caduti di coloro che ne vogliono moltiplicare il numero?  E chi li oltraggia maggiormente di coloro che – quorum ego – non ne vogliono più vedere?

Nella logica dell’onore – a guerre concluse – rientrano anche i nemici. Universalismo davvero  ambiguo e  più che sospetto. Quando veniamo invitati ad onorare i caduti di tutte le guerre e di tutte le parti, stiamo in campana: lo facevano anche i mandanti della II ecatombe.

In quella subdola ambiguità trova spiegazione il fatto, in sé sorprendente, che i meno propensi ad onorare i caduti siano proprio quelli che non ne vogliono vedere altri. Anzi, i più refrattari a lanciarsi in quell’omaggio appartengono a  quelle classi sociali che massimamente hanno pagato il prezzo di tutte le guerre e che – proprio per questo – dovrebbero essere i primi a promuoverlo, visto che, in quel modo, non farebbero altro che onorare se stessi.  Un malizioso (…un Nicce) sarebbe indotto a sospettare che l’onore ai caduti venga promosso soprattutto da coloro che …cadono di meno. Sarebbe ingenuo stupirsene.

Ad onta di ciò è giunta l’ora, anche per un milanista (da Don Milani…) come me, di rendere omaggio e onore ai caduti. Non solo agli italiani, ma anche a quelli che all’epoca vennero combattuti – e abbattuti – dai nostri.  Così – per un istante – mi si confonderà con coloro che invece mi appresto a denudare e a condannare. I mandanti.

Le guerre hanno i mandanti.  Non sarebbe degno di me – e di nessuno – rendere onore ai caduti senza scovare e denunciare chi li ha mandati a uccidere e morire. A devastare e distruggere.

Sappiamo adesso come sia tragicamente sbagliata l’idea secondo cui se non ci fossero gerarchie, classi sociali di rapina, caste e aristocrazie, colossali interessi privati, religioni e ideologie, le guerre non ci sarebbero.  Idea diabolicamente seducente quanto perniciosa. Nondimeno, è incontrovertibile che quei fattori sono all’origine di un gran numero di guerre e della peggior forma del loro manifestarsi. Come la II.

Certo non è difficile individuare – con nomi e cognomi – le bande criminali che hanno avviato e perpetrato quella massima carneficina. Quelli sono i primi mandanti contro la cui memoria deve essere emessa l’estrema e definitiva condanna. Senza appello. Ma sarebbe troppo facile e comodo fermarsi qui.

Mandanti sono anche coloro che in qualsiasi modo, forma e grado ne hanno favorito l’ascesa e condiviso gli scopi. Coloro che, per interesse reale o immaginato, li hanno appoggiati. E non meno colpevoli coloro che hanno creduto ai loro miraggi, ceduto al sentimento di gloria collettiva, alla tentazione della vendetta sociale. Coloro che li hanno visti vindici di torti veri o inventati, di rivalse e ritorsioni storiche, realizzatori delle opere sognate dal loro odio di razza o di  ideologia, dalla loro invidia, dalle loro paure e frustrazioni di ceto e di etnia. Dalla loro individuale volontà di potenza. La massa?

Questi sono i mandanti, perché – dice Machiavelli – al potere si può giungere con l’astuzia o con la forza, ma questa, da sola, non basta quasi mai. L’inganno, la seduzione sono necessari. Per conquistare il potere e per mantenerlo. Ma se vi è chi inganna dev’esserci chi si lascia ingannare, chi – letteralmente – chiede di venire ingannato. Come escludere costui dai mandanti?

Non c’è tirannia se manca il consenso e dopo millenni di demagoghi e delinquenti al potere, a pochi anni dalla precedente catastrofe, nessuno era più autorizzato a farsi adescare. Nessuno poteva più campare ingenuità o ignoranze. Nessun credulone assolvibile, allora. E oggi meno ancora.

Sono dunque molti i mandanti. Tra essi non mancano padri e madri di coloro che vogliamo onorare. E molti, troppi tra i caduti stessi. Perché le guerre non piovono dal cielo: hanno i mandanti.

Smascherati e condannati quelli, possiamo finalmente onorare i caduti. Affinché non ce ne siano altri.

Così  il loro sacrificio e le loro virtù potranno essere lealmente omaggiate. Senza secondi fini. Potremo ammirare capacità ed energie che oggi sembrano sovrumane. Sarà sincera la nostra domanda sul come abbiano potuto fare quel che han fatto gli uomini del Don e quelli del Col di Lana. A che specie appartenevano? Che fossero sintetici? Androidi? Cyborg?

Ad ogni pagina di “Centomila gavette”  e ad ogni passo sull’Ortigara ci si domanda senza fine: “Come hanno potuto? Come hanno potuto?”.  Non ci si sa spiegare da dove venisse quell’energia, quella straordinaria volontà di vivere  e capacità di soffrire e come abbiano potuto conservare bagliori di umanità negli abissi di quella barbarie.

Diviso il grano dal loglio, potremo raccontare quella e le altre  guerre senza usare le virtù degli uni per nascondere i crimini degli altri. Sapendo però che tra questi e quelli il confine è precario e che non possiamo cedere – proprio noi – alla tentazione di pensarci innocenti. Neanche retroattivamente.

Allora saremo titolati a scrutare le molteplici origini e le molte facce della guerra. Potremo capire e imparare. E in quel silenzio onorare i sacrificati.

Fonte articolo: https://www.uominibeta.org/editoriali/70-anni-dopo-onore-ai-caduti-disonore-ai-mandanti/

Canzoni contro la guerra - Requiem

2 commenti per “4 novembre: onore ai caduti, disonore ai mandanti

  1. Alessandro
    4 Novembre 2020 at 15:04

    La ninna nanna della guerra di Trilussa

    Ninna nanna, nanna ninna,
    er pupetto vò la zinna:
    dormi, dormi, cocco bello,
    sennò chiamo Farfarello
    Farfarello e Gujermone
    che se mette a pecorone,
    Gujermone e Ceccopeppe
    che se regge co le zeppe,
    co le zeppe d’un impero
    mezzo giallo e mezzo nero.

    Ninna nanna, pija sonno
    ché se dormi nun vedrai
    tante infamie e tanti guai
    che succedeno ner monno
    fra le spade e li fucili
    de li popoli civili

    Ninna nanna, tu nun senti
    li sospiri e li lamenti
    de la gente che se scanna
    per un matto che commanna;
    che se scanna e che s’ammazza
    a vantaggio de la razza
    o a vantaggio d’una fede
    per un Dio che nun se vede,
    ma che serve da riparo
    ar Sovrano macellaro.

    Chè quer covo d’assassini
    che c’insanguina la terra
    sa benone che la guerra
    è un gran giro de quatrini
    che prepara le risorse
    pe li ladri de le Borse.

    Fa la ninna, cocco bello,
    finchè dura sto macello:
    fa la ninna, chè domani
    rivedremo li sovrani
    che se scambieno la stima
    boni amichi come prima.

    So cuggini e fra parenti
    nun se fanno comprimenti:
    torneranno più cordiali
    li rapporti personali.

    E riuniti fra de loro
    senza l’ombra d’un rimorso,
    ce faranno un ber discorso
    su la Pace e sul Lavoro
    pe quer popolo cojone
    risparmiato dar cannone!

  2. Ciro Pollio
    4 Novembre 2020 at 15:34

    Grande articolo.

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