Anticomunismo: ideologia ufficiale dell’Unione Europea

La vergognosa risoluzione dell’UE, che mette sullo stesse piano nazifascismo e comunismo storico novecentesco, ha un obiettivo storico ed un altro geopolitico: (1) occultare il criminale supporto dello Stato profondo USA alla dittatura hitleriana; (2) indebolire politicamente Russia e Cina. La regia statunitense (Stato profondo, grandi banche d’affari e multinazionali) non lascia spazio agli equivoci della sinistra post comunista e post socialista:

  • La UE non ha nessuna autonomia politica ma resta – e rimarrà – l’ala civile della Nato.
  • Il polo (imperialista) europeo è una puntella di Washington e, soprattutto, non riformabile.

Leggiamo alcuni passaggi della risoluzione europeista: “sostiene che la Russia rimane la più grande vittima del totalitarismo comunista e che il suo sviluppo in uno Stato democratico continuerà a essere ostacolato fintantoché il governo, l’élite politica e la propaganda politica continueranno a insabbiare i crimini del regime comunista e ad esaltare il regime totalitario sovietico; invita pertanto la società russa a confrontarsi con il suo tragico passato”. Si tratta d’una evidente intromissione negli affari di stato russi: Bruxelles dice a Mosca di abbandonare il patriottismo per instaurare un governo servo dell’oligarchia occidentale; tutto questo è inaccettabile. Secondo lo storico Davide Rossi tutto ciò è parte della guerra psicologica – Rossi scrive ‘’quarta guerra mondiale, mediatica ed economica’’ – contro il mondo multipolare. Prosegue: ‘’Da qualche tempo ripeto che è in corso la quarta guerra mondiale, mediatica ed economica, dopo la terza, quella Fredda. L’attacco del sistema speculativo-finanziario occidentale contro il mondo multipolare e di pace promosso da Cina, Russia, Iran, Venezuela e loro alleati è sempre più evidente’’. La demonizzazione passa, come vedremo, attraverso la manipolazione dei fatti storici.

La tesi della borghesia europeista deve essere decostruita, passo dopo passo, per questo inizierò col rispondere a due semplici domande:

  • Chi ha favorito l’ascesa di Hitler?
  • Quale politica hanno perseguito gli USA durante la Guerra Fredda?

Risponderò citando due storici – per la precisione, uno storico ed un geografo – esterni al circo mediatico del politicamente corretto: Jacques R. Pauwels e Manlio Dinucci.

Il fascismo ed il nazismo furono due dittature capitaliste. Le corporation americane s’ingrassarono sulle spalle, non solo del proletariato statunitense, del martoriato popolo tedesco. Il Profitto ‘’prima di tutto’’, lo Stato profondo fraternizzò con l’antiumano regime nazista. Leggiamo Pauwels:

“Possiamo dire che nei piani alti delle corporations, i cui interessi collettivi si riflettono naturalmente nelle politiche governative Americane, è perdurata la nostalgia per il buon vecchio tempo del Terzo Reich Hitleriano, che aveva costituito un paradiso per le imprese della Germania, ma anche dell’America e di altri paesi stranieri: nessun partito di sinistra, niente sindacati, numero illimitato di lavoratori in condizioni da schiavi, ed uno stato autoritario che assicurava la disciplina necessaria e predisponeva un “boom degli armamenti” e alla fine una guerra che aveva prodotto “profitti illimitati”, come scrive Black, alludendo al caso della IBM. Questi vantaggi possono essere attesi più propriamente da una dittatura fascista che da una genuina democrazia, da qui l’appoggio ai Franco, ai Suharto, e a tutti i Pinochet del mondo post bellico’’ 1

Secondo il nostro storico ‘’anche all’interno delle società democratiche il capitalismo cerca attivamente il lavoro a basso costo e senza conflitti, che il regime di Hitler gli aveva servito su un piatto d’argento ’’, quindi l’oligarchia USA avrà sempre bisogno di un Pinochet da finanziare o dell’appoggio europeista ai neonazisti ucraini. In Europa, la globalizzazione neoliberista ha continuato il lavoro di riduzione dello stato sociale raccogliendo l’eredità del fascismo; gli storici dovrebbero avere il coraggio di riconoscere in Reagan e nella famiglia Bush gli eredi “spirituali” di Hitler, Mussolini e Franco. Il giornalista Manlio Dinucci dimostra la fondatezza di questa equiparazione – fascismo/imperialismo USA – con documenti inoppugnabili:

“Nel riassunto del suo ultimo documento strategico – 2018 National Defense Strategy of the United States of America (il cui testo integrale è segretato) – il Pentagono sostiene che «dopo la Seconda guerra mondiale gli Stati Uniti e i loro alleati hanno instaurato un ordine internazionale libero e aperto per salvaguardare la libertà e i popoli dall’aggressione e coercizione», ma che «tale ordine viene ora minato dall’interno da Russia e Cina, le quali violano i principi e le regole dei rapporti internazionali». Completo ribaltamento della realtà storica’’ 2

‘’Lo studio documenta le guerre e i colpi di stato effettuati dagli Stati Uniti in oltre 30 paesi asiatici, africani, europei e latino-americani. Esso rivela che le forze militari Usa sono direttamente responsabili di 10-15 milioni di morti, provocati dalle maggiori guerre: quelle di Corea e del Vietnam e le due contro l’Iraq. Altri 10-14 milioni di morti sono stati provocati dalle guerre per procura condotte da forze alleate armate, addestrate e comandate dagli Usa, in Afghanistan, Angola, Congo, Sudan, Guatemala e altri paesi’’

L’imperialismo USA, da un lato, sta promuovendo lo sfruttamento dei lavoratori europei attraverso il regime usuraio dell’UE; dall’altra parte prosegue nella distruzione (pianificata) del mondo non globalizzato. Continua Dinucci: ‘’Il colpo di stato più sanguinoso fu organizzato nel 1965 in Indonesia dalla Cia: essa fornì agli squadroni della morte indonesiani la lista dei primi 5 mila comunisti e altri da uccidere. Il numero dei trucidati viene stimato tra mezzo milione e 3 milioni’’. Questo è l’’’ordine internazionale’’ difeso dagli anticomunisti della UE; povertà e guerra.

L’anticomunismo è l’ideologia tipica delle oligarchie tecnocratiche; pescicani (come li chiamava Brecht) al servizio della grandi imprese nazionali ed internazionali. L’establishment di Bruxelles, su mandato della CIA e degli USA, è sulla via della macelleria sociale prima della possibile (drammatica) catastrofe geopolitica.

https://paginerosse.wordpress.com/2012/04/13/il-profitto-uber-alles-il-profitto-innanzitutto-le-corporations-americane-ed-hitler-di-jacques-r-pauwels-global-research-27-gennaio-2007-3/

https://sinistrainrete.info/articoli-brevi/13765-manlio-dinucci-dal-1945-ad-oggi-20-30-milioni-gli-uccisi-dagli-usa.html

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13 commenti per “Anticomunismo: ideologia ufficiale dell’Unione Europea

  1. carlo
    27 settembre 2019 at 19:01

    Sempre interessanti e sono d’accordo all’80 per cento. Non rivendico l’esperienza sovietica nè quella cinese, se non l’Ottobre rivoluzionario leninista. Poi si passa a fasi di rivoluzione borghese capitalstatalista che non mi sognerei di accostare nemmeno per scherzo al comunismo. Non metterei Pinochet nel brodo fascista, nè Franco, che fece fuori la falange spagnola. Come sosteneva Bordiga (vedi Peregalli, Gli anni della sconfitta) il fascismo fu niente altro che l’imperialismo più debole (dunque il più bellicoso e fanaticamente guerrafondaio ed imperialista date anche le condizioni di sottosviluppo e carenza di energie e materie prime da cui partiva) il fascismo era il nemico marginale e secondario. Non averlo capito ha portati tantissimi compagni e compagne dentro il fronte capitalista di stato socialdemocratico, di cui il Pci stalinista duro e puro fu buona testimonianza storica e politica piccolo borghese, e quindi alla lenta inevitabile agonia. Ma non confondiamo queste esperienze scioviniste, grandirusse e imperialiste con l’antimperialismo marxista e rivoluzionario di Lenin….

  2. Carlo
    27 settembre 2019 at 19:03

    Il nemico primario chiaramente era il blocco geopolitico angloamericano, l’imperialismo più forte e maturo, come i bordighisti avevano già capito negli anni 20.

  3. Stefano Zecchinelli
    28 settembre 2019 at 19:21

    Molto interessanti i commenti sopra esposti, soprattutto mi trovo d’accordo su questo aspetto:

    ”Come sosteneva Bordiga (vedi Peregalli, Gli anni della sconfitta) il fascismo fu niente altro che l’imperialismo più debole (dunque il più bellicoso e fanaticamente guerrafondaio ed imperialista date anche le condizioni di sottosviluppo e carenza di energie e materie prime da cui partiva) il fascismo era il nemico marginale e secondario”

    Hitler portò nel cuore d’Europa i metodi colonialisti dell’imperialismo britannico, non per nulla mutuò l’eugenetica dagli ambienti reazionari della borghesia inglese. Mi piace il riferimento a Bordiga, il quale con la tesi sul ”miliardollaro” colse la pericolosità dell’imperialismo USA smontando sul nascere le teorie ”socialimperialiste” di Onorato Damen e (soprattutto) Arrigo Cervetto.
    Sulla questione dell’antifascismo, contrariamente, ritengo che Trotsky fece bene a dare la direttiva inerente alla ”difesa incondizionata dell’Urss” ed il concetto di ”burocrazia” (sempre di Trotsky) è molto più efficace della tesi sulla ”borghesia di stato” dei maoisti e di Bordiga (non assimilo Bordiga alla tradizione maoista, ma la loro critica all’Urss è, nei fatti, quasi uguale). Andiamoci cauti con la categoria di ”stalinismo”, potrebbe essere un prisma deformante dinanzi alle problematiche che il PCUS ha dovuto affrontare nel lungo processo di apprendimento della transizione dal ”capitalismo periferico” al socialismo. Su questo, nel corso del tempo, mi sono di molto discostato dal ”trotskismo” avvicinandomi al marxismo-leninismo, ciononostante mi ritengo propenso ad un dibattito argomentato. Nel 2019 non voglio demonizzare Stalin e/o Mao Tse Tung (quest’ultimo grandissimo rivoluzionario), calunniare Trotsky e/o Bordiga (il primo grande capo militare), ma nemmeno farne l’apologia inversa.

    • pier luigi
      2 ottobre 2019 at 14:53

      Sono ben documentati i “flirt” degli anni ’30 tra l’Inghilterra e la Germania nazista proprio nell’ottica d’uno scambio egemonico.
      Ai primi il consolidamento nel teatro asiatico (anche in funzione antifrancese), ai secondi quello continentale europeo.
      Pure la linea di “appeasement” voluto dagli inglesi nei confronti del nazismo, altro non era che la strategia di deviare gl’intenti bellicosi di Hitler verso l’URSS.
      Non era la pace quello che voleva l’impero britannico, ma una guerra per interposta nazione al comunismo sovietico, a cui probabilmente avrebbe dato successivamente manforte militare.
      La tragicomica operazione Dynamo sulle coste della Normandia del ’40 testimonia, a mio modesto parere, che lo “scoundrel agreement” era ancora in vita.

  4. Federico Lovo
    29 settembre 2019 at 14:38

    io invece, a differenza di Stefano, reputo i commenti anti-stalinisti – ma in definitiva anti-tutto – pubblicati su questa pagina abbastanza allucinanti. C’è ancora gente che non si rende conto della tragedia del crollo del tanto bistrattato socialismo reale dell’Europa orientale. D’altra parte è gente che “si ferma all’Ottobre Rosso”, come se la costruzione di una qualche alternativa valida al capitalismo fosse un esercizio meramente teorico. Non sono “stalinista”, ma quando leggo certi commenti in rete, mi viene spontaneo dire VIVA STALIN !!

    • Panda
      30 settembre 2019 at 14:41

      Sono d’accordo che certe prese di posizione non hanno più alcun significato politico diretto, se non quello di segnalare irrilevanti appartenenze settarie; tuttavia anche e prima di tutto chi si rende perfettamente conto della tragicità della caduta del socialismo reale ha tutto il diritto, e forse anche il dovere, di interrogarsi con la massima libertà e severità sui limiti di quell’esperienza, proprio a causa del suo epilogo fallimentare.

      • Federico Lovo
        1 ottobre 2019 at 22:37

        ma sul parziale fallimento posso anche essere d’accordo… il punto è che quei sistemi est-europei – e non solo – erano, per me, assolutamente riformabili. E cmq non scordiamoci di cosa ha significato il neo-liberismo in quei Paesi dopo il tanto bistrattato socialismo… Personalmente penso che Andropov dovesse campare più a lungo. Magari le cose sarebbero andate diversamente…

        • Panda
          2 ottobre 2019 at 15:50

          Io tendo a partire da una considerazione opposta: non c’era tutto questo urgente bisogno di riforme, il sistema aveva limiti, anche gravi, ma non era affatto sull’orlo di una crisi imminente. Furono semmai le riforme di Gorbachev ad accelerare la crisi, non viceversa. Il che però chiama in causa la rigidità della struttura del partito, che è senz’altro una tara, e non certo l’unica, di lungo periodo.

          Certo, se lo si paragona con quel che è successo dopo…il PIL crollò di più che durante l’attacco nazista.
          Questa immagine contiene gli andamenti della popolazione nell’Europa occidentale e orientale dopo la fine del comunismo: https://pbs.twimg.com/media/EFt1FqZWkAAXPj-.png:large

          Se fosse stata mantenuta la tendenza anteriore, a oriente dovrebbero esserci 85 milioni di persone in più. Questo genere di proiezioni sono state usate spesso per accusare, in parte anche giustamente, i regimi comunisti, ma ho come la sensazione che un libro nero del capitalismo non lo vedremo pubblicizzato con analoga enfasi…

          • Federico Lovo
            2 ottobre 2019 at 20:45

            ma io mi riferivo a “riforme non liberali”… Andropov ebbe l’onestà di riconoscere limiti di efficienza e corruzione diffusa nel suo Paese. Lui voleva dare una pulita interna, puntare su ricerca e innovazione… questi erano gli interventi di cui necessitava l’URSS. Quanto al libro nero del capitalismo, troppi capitoli conterrebbe, oltre a quello dell’Europa Orientale.

          • Panda
            3 ottobre 2019 at 0:01

            Quel che volevo dire è che la gara quantitativa con l’ovest non imponeva l’agenda. Il sentiero non percorso, stretto, certo, ma anche secondo me l’unico che valesse la pena (sennò ci si poteva limitare a tirare a campare: i margini c’erano), era un mutamento *qualitativo* dei rapporti sociali, quella “democratizzazione della vita quotidiana” di cui parlava Lukàcs in uno dei suoi ultimi scritti. E questo era molto difficile, per tante ragioni, fra cui la frammentazione e passività politica della società, la declinazione fortemente economicista della cultura politica dominante, ovviamente anche la pressione occidentale, eccetera. Mi pare difficile negare che i fattori interni erano legati a tare e limiti di lungo periodo della costruzione del regime sovietico. Su cui è più che lecito riflettere e discutere ma col distacco, e la pietas!, necessari: non c’è in effetti niente da “rivendicare”, ma nemmeno da condannare, proprio perché ormai è storia.

  5. Carlo
    30 settembre 2019 at 19:42

    caro Federico,
    se tu rivendichi con tanto calore una esperienza umama e politica che ha messo al muro e genocidiato più comunisti di quanti ne abbiano messi al muro e genocidiati Churchill, Hitler, Sukarno, Suharno, Mussolini, Nasser, Saddam Hussein, Khomeiny, Pinochet, Francisco Franco, Videla, Assad hafez, Jadid, Sadat, Mubarat, Kemal Ataturk (e l’elenco non finirebbe qua), mi chiedi cosa tu abbia capito del realismo politico leninista, del suo abboccare ai martoviani, del suo tentativo di recuperare politicamente Sr dopo l’omicidio tentato….

  6. Carlo
    30 settembre 2019 at 19:56

    Caro Stefano,

    mi trovi sostanzialmente con te anche per il tuo stile equilibrato e non fanatico intollerante. Sulla “burocrazia”, il concetto è di specificità rizziana come sai (ma dentro il calderone del capitalstatalismo burocratico finivano le nazionalizzazioni mussoliniane e lo stesso New Deal), poi in realtà si parlava di una restaurazione di uno stato sociale pre-capitalistico (a livello di caste) con il valore lavoro ineffettivo e non operante,o comunque temperato, mentre Stalin negli scritti economici faceva rientrare il sistema sociale sovietico nella logica del valore (ad esempio nelle oasi privatizzate o nei Kolkhoz ecc). Trotzskiy non si sofferma sul valore lavoro dunque la sua visione economica non può essere presa a modello mentre i maoisti parlavano di neo-zarismo rosso proprio sulla base del valore lavoro, che sarà fondamentale per comprendere la fase neocorporativa e “jugoslavista” del denghismo.
    In conclusione, se sono leninista, sono non stalinista (anche Rizzo parla di stalinismo o vedi lo studio Graphos Peregalli) non sono per lo stato operaio degenerato ma per il capitalismo di stato con mercati privati fiorenti (ne parla anche Solzenicyn, ma se non erro anche Grossman, quando ricordano i martiri trotzkisty spiegargli che non c’è socialismo perchè la pianificazione non intacca il profitto i privilegi di casta nè le elites privatististiche)…. Graziosi dice che lo stato sovietico di Stalin fu uno stato di polizia assolutista e penalistica, fu anticontadino e sottoproletariato, non di base sociale operaia. Mentre la rivoluzione nazionale popolare maoista, per quanto non comunista, fu progressista e progressiva. Antimperialista e antioccidentale. Infatti il postmaoismo oggi, per quanto dentro uno statalismo confuciano di centro, è antagonista assolutamente sulle contraddizioni strategiche globali del capitale, e le cavalca, l’Urss poststaliniana alzò bandiera bianca senza sparare un colpo nell’indifferenza delle masse di fronte all’avanzata geopolitica e militare dei neo-cons e dei liberali Usa.

  7. Stefano Zecchinelli
    1 ottobre 2019 at 0:13

    La questione è complessa, per una questione di serietà cercherò di rispondere con un articolo almeno la mia posizione sarà chiara. L’articolo lo scriverò mercoledì (almeno spero), comunque vi terrò aggiornati sui tempi. Certamente uscirà in settimana.

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