Camp Darby (base USA in Italia): un mostro politico-militare

La coraggiosa lotta dei portuali di Genova contro il trasporto delle armi saudite, purtroppo, stenta a replicarsi su Livorno dove gli armamenti sono di marca statunitense. Le associazioni non affrontano il problema, ma l’impotenza dei lavoratori livornesi dinanzi alla morsa dei confindustriali in affari con lo stato profondo USA dimostra che Washington vuole l’ultima parola su tutto, anche su chi deve arricchirsi con le guerre imperialiste. Il nemico è in casa nostra, ma va ben oltre l’imperialismo straccione italiano.

 

Camp Darby, un mostro politico-militare

Il giornalismo di regime, soprattutto Il Tirreno e gli apparati accademici, in testa la ‘’scuola quadri del capitalismo’’ Sant’Anna, hanno diffuso una clamorosa fake news: ‘’Gli Stati Uniti stanno per chiudere il loro più grande arsenale nel mondo fuori dalla madrepatria, restituendo all’Italia i circa 1000 ettari di territorio che occupano tra Pisa e Livorno?’’. Si tratta d’una bufala smentita dall’analista Manlio Dinucci: ‘’Non stanno chiudendo, ma ristrutturando la base perché vi possano essere stoccate ancora più armi e per potenziare i collegamenti col porto di Livorno e l’aeroporto di Pisa. Nella ristrutturazione restava inutilizzata una porzioncina dell’area ricreativa: 34 ettari, poco più del 3% dell’intera area. È questa  che lo US Army Europe ha deciso di restituire all’Italia, più precisamente al Ministero italiano della Difesa, per farne il miglior uso possibile’’ 1. Il Camp Darby è uno stato nello stato che fornisce al Deep State ‘’yankee’’ un mercato di sbocco nel bacino del Mar Mediterraneo, ridefinendo i rapporti di forza globali; vecchi e nuovi colonialismi si contendono intere aree geografiche trasformando le popolazioni locali (es. palestinesi, yemeniti ecc …) in popoli di scarto. Seguendo le documentazioni declassificate da Wikileaks, Israele utilizza la base come deposito privato di armi nucleari. Questo, almeno in parte, spiegherebbe lo scandaloso legame fra il Sant’Anna e lo stato sionista. Domanda: scienziati israeliani (magari sotto copertura dell’intelligence) entrano ed escono dal Camp Darby senza mettere al corrente le istituzioni italiane delle loro attività illegali?

Lo stato israeliano è uno ‘’stato nucleare non dichiarato’’ ovvero: ‘’Produce e dispiega testate nucleari puntate contro bersagli militari e civili nel Medio Oriente, Teheran compresa’’ 2. La carta stampata tace, del resto le strutture lobbistiche legate alla destra e all’ultradestra sionista, dalla metà degli anni ’70, costituiscono un pesante mezzo di corruzione e, qualora fosse necessario, ricatto.

Gli USA spadroneggiano. Avanzo una ipotesi: qualora la loro rappresentanza militare decidesse di collegare l’HUB di Pisa al Camp Darby con un tunnel sotterraneo (perfetto per il rifornimento d’armi e magari anche di droga), non troverebbe nessuna resistenza politico-istituzionale. Per inquadrare il problema, è bene ricordare ai lettori la catastrofe sfiorata nell’agosto 2000:

‘’ Nell’agosto 2000 a Camp Darby si rasenta la catastrofe. La prova viene fornita da una rivista ufficiale dell’Aeronautica statunitense, Air Force Civil Engineer. Nell’edizione della primavera 2001, il capitano Todd Graves fornisce un dettagliato resoconto (dal titolo Moving Munitions) di quanto avvenuto a Camp Darby.

A causa del cedimento dei soffitti di otto depositi di munizioni, si crea una situazione di emergenza: in dodici giorni, nell’agosto 2000, si devono rimuovere con robot telecomandati, data la pericolosità dell’operazione, oltre 100 mila munizioni, con un peso netto esplosivo di oltre 240 quintali. Senza che le autorità civili siano allertate. Essendo quella limitrofa alla base una zona di villeggiatura, vi è in agosto una popolazione doppia o tripla. Ignara del pericolo, essa viene esposta al rischio di catastrofe in caso di esplosione accidentale delle munizioni rimosse. Quando invece, per rimuovere una vecchia bomba della Seconda guerra mondiale trovata in qualche campo, si evacua la popolazione da tutta la zona circostante’’ 3

‘’Senza che le autorità civili siano allertate’’, in sette parole la verità dei fatti. I militari ‘’yankee’’ non si fanno nessuno scrupolo nel mettere in pericolo i cittadini italiani. Ferdinando Imposimato, presidente onorario della Suprema Corte di Cassazione ha documentato come in questa base Usa/Nato sono stati forniti gli esplosivi per le stragi, da Piazza Fontana a Capaci e Via d’Amelio. In queste basi ‘’si riunivano terroristi neri, ufficiali della Nato, mafiosi, uomini politici italiani e massoni, alla vigilia di attentati’’. I politicanti approvano, i giornalisti tacciono e per gli accademici ‘’la guerra è giusta’’. Dall’altra parte – scorrendo le notizie di cronaca – è evidente quale sia la considerazione dei soldati a stelle e strisce nei confronti delle donne italiane: stupri 4 e molestie sessuali sono all’ordine del giorno, mentre le taciturne femministe di regime sono dollarizzate da anni. Il collegamento fra i porti di Livorno e quelli di Aqaba in Giordania, Gedda in Arabia Saudita ha proiettato il Camp Darby nel  “grande  nastro trasportatore oceanico”, peccato che a farne le spese siano – come sempre – i lavoratori: neoliberismo economico, deindustrializzazione, licenziamenti, migliaia di alberi abbattuti e lo stravolgimento dell’ecosistema nel Parco di San Rossore. La giornalista Cristina Amoroso conclude opportunamente: ‘’Il territorio di Pisa e Livorno verrebbe ulteriormente militarizzato. Crescerebbero allo stesso tempo i rischi per i suoi abitanti, dovuti al transito di treni carichi di armi ed esplosivi in zone densamente popolate e nel porto di Livorno, nel quale possono attraccare navi a propulsione nucleare e anche con armi nucleari a bordo ’’ 5. Che cosa impedisce alla cittadinanza locale di bloccare i ‘’treni della morte’’? Genova vince, ma Livorno si ferma, come mai? Le reti di spionaggio pro-USA – fra spioni ed infiltrati della Digos – hanno paralizzato le lotte dei portuali livornesi? La domanda è scomoda (del resto sto utilizzando la forma dubitativa), ma pertinente.

L’imperialismo USA sta impoverendo l’Italia ed a farne le spese sono, come sempre, i lavoratori. Il mostro politico-militare di Camp Darby è un frammento della globalizzazione della guerra, il cinico piano dei neocons sulla distruzione del mondo non globalizzato. I giornalisti locali, al di là degli interessi corporativi, hanno il dovere deontologico di prenderne atto e parlarne con i cittadini.

https://www.globalresearch.ca/a-camp-darby-le-forze-speciali-italiane/5670465

https://www.globalresearch.ca/i-cinque-stati-nuclear-non-dichiarati/18483

https://www.retedellapace.it/2017/07/camp-darby-storia-cura-di-manlio-dinucci/

https://ilfarosulmondo.it/treni-della-morte-camp-darby/

https://www.ilsecoloxix.it/italia/2012/05/30/news/bimba-stuprata-da-militare-usa-1.32883349

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Fonte foto: Buongiorno Livorno (da Google)

 

 

1 commento per “Camp Darby (base USA in Italia): un mostro politico-militare

  1. Gustavo Fortunato Cecchini
    19 febbraio 2020 at 19:37

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    Il caso delle postazioni militari Usa in Italia, quello delle occupazioni di Territori Palestinesi da parte degli Israeliani, le guerriglie in Libia, Egitto e nel Vicino Oriente, lo stato di sudditanza del Sud America nei confronti degli Stati Uniti e tante altre zone del mondo, sono l’emanazione del capitalismo globalizzato che nel caso degli Stati Uniti si esplica anche vicino ai territori dei due competitor mondiali, la Russia e la Cina che per fortuna hanno obiettivi più modesti.
    Si tratta del nuovo neocolonialismo globale che in attesa di potersi espandere in altri Pianeti del nostro sistema Solare fa le prove di forza.
    Fa rabbia che l’Italia che ha tanto da addebitare agli USA e alla CIA nel caso del delitto Moro, dei periodi di terrorismo nero, al mantenimento di un continuo filone politico con il fascismo attraverso le destre eversive, con la scusa della guerra fredda, ma che continua ancora oggi anche mediante il rapporto Politica-Mafie.
    Ma mi fa ancora più rabbia l’impotenza dell’Europa, che sembra sempre più accontentarsi della Comunità e della Moneta Unica che non riesce a finire il suo percorso politico della costruzione di una Federazione democratica di Stati, che possa avere la forza di chiedere agli USA di lasciare tutte le loro postazioni militari che risalgono al dopoguerra.
    Un’Europa che rischia sempre più di spaccarsi e questo processo è già iniziato con il Regno Unito e con le differenze profonde che vi sono fra i popoli del nord e quelli mediterranei e anche con quelli dei territori dei Balcani, con Polonia, Austria, Rep. Ceca e Slovacchia compresi.
    Se non si riuscirà a realizzarla resteremo sempre prigionieri di una Geopolitica che ha ormai i tre grandi protagonisti suddetti e quindi sottoponibili a tutti i ricatti possibili necessari a garantire la sottomissione agli USA, che si ritengono gli unici depositari della democrazia liberale e in nome di questa delle libertà di disporre con il neocolonialismo di altri popoli e delle loro risorse territoriali e umane.
    La civiltà storica europea non riesce a riprendersi il suo ruolo guida nel Mondo.

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