Cinquant’anni di golpe in nome di Licio Gelli

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PRIMA PARTE

Licio Gelli sarebbe stato accolto benevolmente nella confraternita di Milton Friedman, i “Chicago boys”1) protagonisti del saccheggio del Cile, dell’annichilimento del Paese, in seguito al colpo di stato di Pinochet, sperimentatori del nuovo corso ideologico dell’Impero: il neoliberismo, che, appunto, ha modo di esprimersi al meglio dopo uno “shock” che paralizzi opposizione e popolazione 2)

Licio avrebbe gradito una cosa del genere negli anni 60/70. Non glielo hanno permesso gli States che non avrebbero gradito un massacro di tipo cileno nel continente europeo che si ammantava, mentre continuava la sua politica di spoliazione dell’Africa, di retorica populista e di tanti buoni sentimenti.

Licio è rimasto deluso e con lui i tanti “democratici” spaventati dalle conquiste operaie che diventavano conquiste (la piccola borghesia non lo capiva perciò in gran parte remava contro) per tutta la popolazione.
Non aveva capito che il karma del Bel Paese consisteva non in un atto unico, in una esplosione temporanea, bensì in un susseguirsi di golpe soft ripetuti a distanza di tempo, in un prosieguo di operazioni che richiedevano non solo l’intervento della canea della destra arcaica, ma anche il protagonismo delle sinistre con il corredo di personalità eccellenti del mondo finanziario, tipo Ciampi.

Con l’assassinio di Aldo Moro pilotato dalla CIA, con la morte di Enrico Berlinguer, con la stagione delle “mani pulite”, grande offensiva contro la corruzione scatenata da magistrati onesti e democratici, ma in realtà gestita dagli States, si chiude la prima repubblica e si creano le condizioni dell’applicazione anche in Italia del neoliberismo. Troppo attaccata la democrazia cristiana (giustamente) all’industria di stato. Si veda il disprezzo di Cossiga per Draghi, giudicato alla stregua di un delinquente per i suoi attacchi al patrimonio e all’industria di stato.

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Non intendo fare una dettagliata cronistoria 3) dei crimini contro la popolazione compiuti in questi cinquanta anni dalla UE e dai loro manutengoli in Italia, in effetti entusiasti europeisti perché una reale governance fuori dai confini italiani, sarebbe stata auspicabile per potere realizzare le politiche neoliberiste e neo-coloniali (essenziali per i loro interessi personali e di classe) qualora fossero calate dall’alto e giudicabili necessarie perché fortemente volute da un’autorità superiore decantata come non nazionalista, non classista, non partigiana, bensì dedita al bene supremo dell’Europa che comporta, perché ci sia ordine nell’economia e nella popolazione, il predominio dei mercati, delle banche, dell’alta finanza.

Solo alcuni cenni sugli “episodi” più gravi che anticipano l’infausto ingresso nella moneta unica nel 1999 che colpirà l’autonomia, l’indipendenza, la dignità di tutto un popolo. Così la pensava Paul Krugman “Adottando l’euro, l’Italia si è ridotta allo stato di una nazione del terzo mondo che deve prendere in prestito una moneta straniera, con tutti i danni che ciò comporta”. Così invece Romano Prodi, con il suo carisma di grande statista “Con l’euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più”. Indro Montanelli, espressione dell’ovvio e dei luoghi comuni, credeva come Prodi che l’ingresso nell’euro fosse un grande vantaggio “una volta entrati dentro non potremo ritornare all’allegra finanza di un tempo”.

Innanzitutto il divorzio tra Tesoro e banca d’Italia. 1981. Inizia la dittatura dei mercati finanziari. Il Tesoro per autofinanziarsi non può fare più ricorso alla Banca d’Italia. E’ il passo decisivo per la perdita della sovranità monetaria che si realizzerà compiutamente con l’adozione dell’euro. Senza il controllo della Banca d’Italia, il governo non può attuare liberamente una politica economica indipendente, rivolta alla crescita industriale e agricola, alla piena valorizzazione culturale e turistica, alla ricerca scientifica, ad una politica di pace, al benessere della popolazione, una politica che diventerà “sottomessa”, appunto con l’euro, con la partecipazione ai diktat che da Maastricht (1992) in poi diventeranno sempre più autoritari e devastanti.
Autori del divorzio, naturalmente con la compiacenza di una avida platea di figuranti, Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Banca d’Italia e Beniamino Andreatta, ministro delle Finanze.
Il divorzio non avvenne per legge bensì con una lettera di Andreatta al Governatore della Banca d’Italia, un “atto” che pose fine all’acquisto “illimitato di titoli di stato da parte della Banca centrale”.

1992. Non solo Maastricht. In quello stesso anno, approda nel porto di Civitavecchia il panfilo “Britannia” della regina Elisabetta. Gli ospiti costituiscono la “crema” dell’imprenditoria pubblica e privata italiana. Oltre i beneamati e insostituibili Andreatta e Ciampi, sono presenti, tra l’altro, i vertici di Iri, Eni, Ina, Comit e i rappresentanti delle aziende di stato più significative. E non poteva mancare uno degli ideatori della “svendita” dell’Italia, il direttore generale del Tesoro Mario Draghi, incaricato di tenere il discorso introduttivo.
Il mantra che assembrava i vari partecipanti alle onoranze funebri di quella che secondo il blocco germanico sarebbe diventata solo “un’espressione geografica”, opinione diffusa un tempo anche nell’Impero austro-ungarico, era dato dall’”idea” che il problema del debito pubblico era affrontabile solo con la demolizione del patrimonio pubblico, della riduzione del salario reale, degli stipendi, dei privilegi eccessivi dello stato sociale, con un ritocco pesante della Costituzione “socialista”, con una riforma delle pensioni e dell’età lavorativa …

Lo stato controllava aerei, treni, autostrade, elettricità, gas, la Rai, la telefonia, settori produttivi quali siderurgia, chimica, meccanica e addirittura alberghi, agenzie di viaggio, settori alimentari…
Una quantità di beni, di ricchezza mal gestita che in mano “a capitani coraggiosi” avrebbe fruttato enormi profitti e dato lavoro a milioni di persone. Una svendita del patrimonio statale ai privati comportava il sostegno di un sistema finanziario forte e disinteressato, quale ad esempio il sistema anglosassone garantito dalla stessa regina Elisabetta che appunto era presente con i suoi “invisibili”, come a dire, con i suoi agenti finanziari.
Come qualsiasi economista serio, non iscritto nel libro paga del padronato, avrebbe previsto, il debito pubblico verrà triplicato, l’occupazione diminuirà vistosamente e i salari perderanno potere d’acquisto (non proprio come vaticinava il millantatore Romano Prodi).

Un’estorsione dei beni, ricordiamolo, del popolo italiano, operata da avvoltoi come la Goldman Sachs, di cui era stato vice presidente proprio Mario Draghi 4) che, come membro del “gruppo dei trenta” aveva proposto l’uso di titoli tossici che hanno contribuito alla crisi planetaria 2008/2009. Ma che senza l’apporto di figure politiche indecenti e corrotte del nostro Paese non sarebbe andato in porto, secondo un percorso avvilente che dal duo Andreatta-Ciampi, via Napolitano, Prodi, D’Alema, Amato, Monti, Draghi, Gentiloni 5), arriva ai nostri giorni con i Renzi, con gli Zingaretti, i Grillo… ad una ulteriore sottomissione (MES, recovery fund…) alle tre zarine Angela Merkel, Ursula Von der Leyen, Christine Lagarde, e alla Nato che ci obbliga a missioni militari utili nel saccheggio agli States, con qualche briciola per il sub-imperialismo italico, e a spese militari deliranti, oltre che all’uso umiliante del nostro territorio (MUOS, Ghedi, Vicenza, Sigonella, Teulada, Quirra, Aviano…).

Tengo a precisare che in questo percorso di spoliazione mirata, il ruolo pur così appariscente di Silvio Berlusconi è stato di giovamento non tanto per quel percorso politico prefissato, come voluto dalla grande finanza, da cinquanta anni, quanto nel suo essere un faccendiere spregiudicato che ha irriso al diritto, dando così spazio alla corruzione (utile al profitto) e al disprezzo delle leggi, creando un terreno favorevole ad una legislazione noncurante dei diritti costituzionali (in particolare, in materia di lavoro), e soprattutto nel suo essere un eccellente ideatore di immaginari che non solo hanno contribuito alle sue fortune personali, ma hanno contribuito, più di quanto si ammetta, alla formazione di un immaginario collettivo dominante nel ventennio ed oggi non del tutto tramontato, sebbene il suo personaggio sia in declino.

Ed ora il referendum sul numero dei parlamentari di cui dirò in seguito, molto più importante di quanto i media, con il loro schematismo, ci stanno dicendo. La banda PD/5STELLE vuole ridurre il parlamento in sede di silenziosi obbedienti all’esecutivo e a task force costituite al di là della volontà e del controllo popolare. L’ennesima ferita alla Costituzione.

NOTE
1) Milton Friedman, esponente di grido delle teorie monetariste e dell’ideologia neoliberista, ha avuto un ruolo politico devastante. Ronald Reagan e Margaret Thatcher hanno seguito con scrupolo le sue teorie, demolendo con successo la classe operaia anglosassone. I suoi allievi, i “Chicago boys” hanno dato un contributo essenziale nell’impoverimento del Cile e della Russia, quando Eltsin “il Pinochet russo” prenderà, con la forza e con l’arbitrio, osannato dalla UE, il potere. Il delirante avventuriero non finirà in galera perché graziato da Putin.
2) Dobbiamo a Naomi Klein, autrice di “No logo” la teorizzazione dello “shock” come strumento politico delle classi borghesi a favore di un’economia di dominio che sfrutta cinicamente i disastri, accentuandone la portata e l’ampiezza.
3) E’ un’operazione che ho fatto ripetutamente con la pagina “una parola contro le guerre”, oramai da cinque anni. Le mie osservazioni sono disperse in più articoli. Naturalmente, dato lo sfascio continuo della Ue nei confronti delle nostre istituzioni e del nostro popolo, la questione sarà ripresa successivamente.
4) La lettera che Jean Claude Trichet, Presidente della Bce e Mario Draghi, suo successore fino al 2019, inviano a Silvio Berlusconi e a Giulio Tremonti ha toni minacciosi e arroganti. Nessuna concessione sui titoli di stato se non verranno attuate le prescrizioni umilianti della missiva. Un vero programma di governo. Liberalizzazioni anche a livello locale, ulteriori privatizzazioni di imprese pubbliche, meno rigidità sulle norme per i licenziamenti, contrattazione sindacale che favorisca la produttività…un golpe in piena regola con una semplice missiva…Berlusconi e Tremonti che indugiano e prendono tempo verranno scaricati. Napolitano, il grande eversore, nomina Mario Monti primo ministro, il cui programma “democratico” si evince da un suo enunciato “E’ il Parlamento che inceppa la via delle riforme strutturali…bisognerebbe aggirarlo per evitare che frenino lo sviluppo…il problema dell’Italia è che si vota troppo spesso e sono ancora troppi ad andare a votare”, In fondo è il progetto di Grillo e dei suoi boys sul dimezzamento del Parlamento che costituirebbe un’agevolazione per i gruppi dirigenti: meno impacci.
Da segnalare l’inesistente risposta dei sindacati confederali al furioso attacco della UE al mondo del lavoro, dei giovani, dei pensionati, della società civile.
5) Sulle politiche della Ue prima dell’intimazione del duo colonialista Trichet-Draghi, come ho già riferito, ho scritto ripetutamente. Suggerisco due testi che mi sembrano fondamentali per un’analisi rigorosa delle idealità politiche e della corruzione della UE: Luciano Gallino, Il colpo di stato di banche e governi; Il denaro, il debito e la doppia crisi. Entrambi editi a Torino.

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