Cose di sinistra

In estate dissi che con il green pass si sarebbero avallate idee di selezione della specie, di nuovo classismo, che a loro volta avrebbero favorito la diffusione di quella discorsività, di quelle parole d’ordine tra cittadini, in grado di cambiare nella sostanza il comune sentire costituzionale. Mi riferisco alla definitiva scomparsa dei diritti universali, così come sono stati sviluppati nel ‘900, che permisero di costruire il terreno della sicurezza sociale generalizzata. Se in questi decenni sono stati erosi i diritti lavoristi, quelli che non associavano la protezione sociale alla mera indigenza o alla totale esclusione dalle relazioni produttive, ora si attaccano direttamente il diritto alla cura, all’abitazione, ai trasporti pubblici e ai servizi essenziali.
In un primo momento, data la drammatica apparizione della Realtà, si pensava che il tempo dei meccanismi di funzionamento del sistema neoliberale apparisse, anche agli occhi degli ortodossi sacerdoti del libero mercato, in un lampo superato. E difatti quei meccanismi si sono rivelati del tutto irrazionali nel fronteggiare una crisi di questa portata. L’idea che non esistano beni pubblici da tutelare e che la loro salvaguardia non spetti allo Stato che li dovrebbe proteggere dalle conseguenze inique della concorrenza, si è dimostrata, senza margine di dubbio, ideologica e demenziale.
Ma come la storia insegna, proprio quando un sistema si avvia al collasso, i suoi rappresentanti istituzionali si chiudono ermeticamente a riccio per forzare la mano e imporre la prosecuzione di quei dispositivi di comando in barba a qualsiasi ideale democratico. Queste le ragioni profonde dell’insediamento di Draghi a capo dell’Esecutivo. Questo il motivo per cui Mattarella diede uno spintone alla Costituzione, imponendo al Parlamento e al Paese, un Governo ideato in altre sfere di influenza, nazionali (Confindustria) e sovranazionali (Nato e UE).
Ma come ho spesso ricordato una semplice forzatura del quadro istituzionale non è sufficiente per imporre politiche anti-sociali. Occorre procedere a una grande operazione di convincimento della popolazione sull’opportunità etica e morale di insistere in una determinata direzione. L’ideologia neoliberale difatti si espande nei cuori degli esseri umani grazie a una vasta e capillare opera pedagogica sui comportamenti e sul modo di pensare degli individui. I quali dovranno accogliere la dinamica concorrenziale attraverso l’impalcatura della narrazione sul merito.
Così negli anni sono state disintegrate le fondamenta della Repubblica fondata sul lavoro. Quando sono stati interconnessi quei principi a una responsabilità personale, a una capitalizzazione individuale che ragionasse in termini di costi e benefici. Così oggi si lega il diritto alla cura all’eticità di una condotta. Si torna quindi a concezioni sulla questione sociale propriamente ottocentesche. Quando l’assistenza si dava ai semplici esclusi ma comunque portatori di determinate caratteristiche. La prossimità alla comunità di origine e la menomazione fisica.
Oggi questa nuova separazione, questo nuova disaffiliazione, non viene presentata con i contorni classisti di un tempo, ma, attraverso la magia taumaturgica della manipolazione narrativa, con accenti di bonaria e seducente civilizzazione. Ma il risultato è il medesimo. C’è chi merita pieni diritti, perché conquistati dall’individuo imprenditore e diligente, e chi no.
A far da megafono per la più feroce trasformazione del costume, del modo di concepire i rapporti sociali, è quello strato della società, del personale politico, in teoria affrancato dall’autorevolezza di potersi presentare al pubblico come di sinistra. Così Pier Luigi Bersani può candidamente ammettere che non assicurare cure universali alla popolazione ha un sé di etico. Ma la barbarie è dietro l’angolo. Il nazismo per esempio non fu un incidente della Storia. Fu culturalmente preparato da quelle teorie evoluzioniste proprie del pensiero liberale, tanto in voga nelle civilissime democrazie occidentali. Quelle democrazie del popolo dei signori che assicuravano la protezione del censo, dei privilegi e dei profitti.
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1 commento per “Cose di sinistra

  1. Enza
    15 gennaio 2022 at 7:43

    Su questo signore ho letto una buona riflessione altrove, non che la tua sia da meno. Condivido.
    Con molta umiltà, da tempo avevo pronosticato che costoro si sarebbero spinti in avanti nella loro sorridente ferocia. Che avrebbero alzato il tiro e che nulla, al di là della resistenza del dissenso esplicitato con scritti vari, sarebbe accaduto. Nessuno li ferma né li fermerà.
    César Vallejo aveva ben detto :

    ” Gli intellettuali sono ribelli, ma non rivoluzionari. ”

    P. S. : il tragicomico che ancora parecchi compagni non si sono accorti di niente.

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