Davide in motocicletta (e senza cravatta). La sassaiola all’economia politica dell’Euro

Una vignetta su Alexis Tsipras, Varoufakis, Samaras e la Merkel

Il giro d’Europa di  Alexis Varoufakis –ministro delle finanze e motociclista- ha ringiovanito la critica dell’economia politica sepolta dalla sua “volgarizzazione”, dal suo degrado a pura ideologia di questi anni oscuri di potere della rendita. L’elemento più positivo della vittoria di Syriza, il suo risvolto “universale” –o come direbbero oggi gli informatici la sua “portabilità”- è questo attacco “pratico” ai presupposti dogmatici del discorso “corrente-corretto”.

Il pensiero economico dominante ha questa modalità ideologico: l’ottusa chiacchiera economicistica del debito è officiata da media prezzolati o più semplicemente ignoranti e viene introiettata spesso nella spaesata cultura popolare, come colpa. Sarà un caso che proprio in tedesco debito e colpa fanno capo allo stesso termine Schuld? Sarà un caso che F. Nietzsche pone in questa coppia e proprio in Schuld la “Genealogia della morale”? Infatti in questi anni, spiritualmente poverissimi, la considerazione sociale è stata offuscata e ridotta ai termini moralistici dei quali si riempiono la bocca i poverissimi politici ma anche gli economisti “ufficiali” dediti al gioco d’azzardo finanziario. Certo in questo periodo ci sono stati economisti critici, a tal punto da celebrare la morte dell’economia politica – in primis il maestro Claudio Napoleoni tra i più grandi studiosi del “valore economico”- ma ora siamo di fronte a un fatto nuovo alla “critica delle armi”. Nel bel mezzo di un’Europa asfissiata da questo impiastro di non-pensiero economico e retrive prescrizioni moralistiche- peggiore della situazione statunitense dove è attualmente comunque visibile la  battaglia pratica tra liberisti e neokeinesiani-  il Davide della situazione sta ora sfidando il “dogma centrale”, il feticcio a cui si dovrebbe tutto sacrificare: la valorizzazione dell’Euro.

La Grecia è il catalizzatore di un processo sbagliato quello iniziato a Maastricht e che ha cercato, attraverso la moneta, la scorciatoia per edificare un’istituzione politica, processo ampliamente previsto e avversato da un altro caro maestro “meridionalista” come Augusto Graziani.

Dov’è la tragedia della ristretta e decadente mentalità europea – ripeto – anche peggio di quella americana e senz’altro inferiore alla lungimiranza cinese? Qui si sono voluti contabilizzare i beni -cioè il debito- cioè chiudere il negozio per fare l’inventario. Per questo il denaro da “mezzo di circolazione” -ovvero anticipo di capitale per la produzione- è stato ritirato nella sua funzione “mercantilista” di “tesoro”, di espressione nominale di valore reale. In pratica il contrario del ruolo della moneta in Keynes con la conseguenza di bloccare la società, i suoi processi produttivi. Se il capitale classico nella formulazione di Marx è sovrappiù di denaro D-M-D’ e Keynes lo forza a tornare sempre alla merce (potremmo dire con espressione forzata D-M-D’-M’), la follia monetarista è D-D’, cioè la scomparsa dell’attrito sociale (merce=oggetto+lavoro) ma anche della vita della società.

Cosa significa questa povertà “spirituale” svelata dalla povertà “materiale” ora arrabbiata e conflittuale della Grecia? 1) In Europa è egemone la variante “post-moderna” del pensiero (economico) “mercantilista”, dove la supremazia è il mercato esterno –non a caso si parla sempre di conquista dei mercati e di attirare capitali- e le nazioni sono simulacri di un gioco di guerra o geopolitica globale, dove armate e vittime sono “spread” (cioè rapporti differenziali, “non è che la Germania non abbia debito né ha di meno”) finanziari. Significa presunta giustificazione “tecnica” del colonialismo cioè della supremazia di alcune nazioni su altre –cosa che nel mercantilismo classico del XVII-XVIII  secolo veniva svolta dall’ideologia della cristianizzazione del “nuovo mondo” e nel XIX e inizio XX secolo dall’ideologia positivista della “civilisation”- mentre come ideologia “nasconde altro”; 2) I chierici non possono guardare criticamente il loro totem ma solo celebrarlo, così il “feticcio del denaro”  non  permette alla nuova trinità che non a caso si chiama “Troika” di vedere lo stato dell’arte del capitalismo. Perché il pensiero economico, abbandonato Keynes, retrocede al “premoderno”, al mercantilismo? Perché in questa involuzione non incontra neanche Adam Smith, la ricchezza dentro la produzione delle nazioni? Insomma perché il capitale senza keinesismo pare asfissiare?; 3) Se ascoltiamo bene i “sussurri” di questi interrogativi teorici e le “grida” paradossali  delle gazzette politiche (per es. consumi \austerità, debito\investimenti, ecc.) forse intravediamo una ragione, intuita –in quanto storicamente prima del suo manifestarsi-  da Rosa Luxemburg: il Capitale –cioè il suo agire meccanico- non sa andare oltre la fase dell’accumulazione originaria senza rompersi –rompere il suo meccanismo- e retrocedere (verso la rendita) o chiedere un intervento di forza –sul meccanismo- alla politica (fascismo o Keynes). Gramsci sarà forse il pensatore marxista che più studierà questo empasse, questa natura arcaica delle Crisi capitalistiche e il continuo sostegno correttivo della politica “statuale” avendo di fronte la “rivoluzione passiva” del fascismo.

Ora, l’occasione che apre la Grecia offre la possibilità di ridiscutere, ripeto, praticamente e non solo nel dibattito accademico, qualcosa che sembra intoccabile. Negli argomenti polemici –giusto ieri esposti da Tsipras al parlamento-  sulla restituzione dei debiti di guerra della Germania alla Grecia, non si pone forse il tema di storicizzare i valori di riferimento del debito? E nella richiesta di una prospettiva –dell’allungamento dei tempi del pagamento- una critica all’Euro nella sua ottusa funzione di misura del tesoro e di esproprio della “ricchezza delle nazioni”? L’idea poi di rivolgersi ad altri sistemi di credito, dalla Russia alla Cina, non aggiorna argomenti “macroeconomici” antimonetaristi di Keynes, come il controllo delle rendite finanziarie e la regolamentazione del movimento internazionale dei capitali? Insomma dove sta scritto che bisogna morire nell’Europa tedesca e non si possano invece prospettare altre “federazioni” di nazioni –per esempio mediterranee- più equilibrate, capaci di rispettare le reciproche “sovranità nazionali” e trattare con altri “giganti economici” in un libero mercato di convenienze e non incatenati dentro alleanze “militari”? Si possono evitare tali quesiti coprendosi sulle spalle di Golia e sperando sulle sue gambe; rimane l’ingombro dello sfrontato Davide in motocicletta che ha già avuto il coraggio di tirare questi  sassetti.

 

 

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