Dello sciopero del 9 Dicembre 2020 e di altre “sciocchezze”

Lo hanno definito “Sciopero unitario dei dipendenti pubblici”, ma non è affatto unitario: in primo luogo non unisce tutti i sindacati, poiché, per fortuna, quelli con la schiena dritta si sono chiamati fuori; in secondo luogo non unisce tutti i lavoratori del pubblico impiego, nella fattispecie tutti quei docenti che si sentono beffati.

Beffati è l’aggettivo appropriato: beffati dalla firma dei Signori Sindacati maggioritari che hanno approvato un impresentabile Contratto Integrativo sulla Didattica Digitale Integrata. Imperdonabile firma che bypassa, come ormai vuole la prassi, il consenso dei lavoratori pubblici a cui è rivolto. Una firma indegna, che spazza del tutto via le ultime briciole di fiducia che il corpo insegnante aveva riposto in Loro; una firma apposta proprio da coloro che avevan definito quella Morattiana “la controriforma sulla scuola” e che oggi, invece, avvallano  – col pretesto dell’emergenza sanitaria – una blasfema riforma “smart–schooling” (quella di allora, a confronto, poteva avere ancora un minimo di impianto pedagogico).

Doppiamente beffati, i docenti, perché – siamo al paradosso – chi ha apposto quella firma poi li chiama pure a scioperare, chiedendo loro, quindi, di rinunciare a una giornata di lavoro retribuita (alla quale, peraltro, rinuncerebbero anche, essendoci la certezza che le detrazioni in busta paga fossero destinate alla Scuola stessa).

Li invitano ad aderire al Loro sciopero ben sapendo che il medesimo potrebbe rivelarsi uno degli ultimi prima dell’entrata in vigore di pesanti restrizioni al diritto di sciopero (cfr. “Preintesa relativa all’Accordo sulle norme di garanzia dei servizi pubblici essenziali e sulle procedure di raffreddamento e conciliazione in caso di sciopero. Comparto Istruzione e ricerca” del 02/12/20020).

Si legge, per giunta, in una nota pubblicata sul quotidiano “Repubblica”, che una delle ragioni dell’astensione dal lavoro del 9 Dicembre è “il rinnovo del contratto già scaduto da oltre 2 anni”: però si son presi la briga, costoro, di farne propinare addirittura uno integrativo ai docenti di tutta Italia.

Triplamente beffati perché pare di intravedere, accanto alle sigle che hanno indetto questo sciopero, anche quelle non firmatarie del contratto integrativo scuola. Tutti insieme appassionatamente: Sindacati che anni addietro tuonavano contro altri Sindacati, nemici allora, oggi amici inseparabili.

Si fa sempre più celere lo svuotamento ideologico del ruolo dei Sindacati che non solo non è lotta per i diritti, ma nemmeno più una blanda parvenza di “contrattazione” per i diritti dei lavoratori.

No, non riusciamo a farci una ragione di questa rivoluzione al contrario.

Ma soprattutto non riusciamo a capacitarci di quel che sta accadendo da vent’anni e oltre al mondo della Scuola. Ecco perché, con cadenza mensile, ci ostiniamo a inviarvi lettere che potrebbero sembrare ripetitive, magari retoriche, forse ossessive.

Sì, siamo ossessionate da un’idea di miglioramento che fa a pugni col dimensionamento scolastico; che è diametralmente opposta all’addestramento di giovani menti intuitive a degli insulsi quiz a risposta multipla; che non può conciliarsi con l’allevamento intensivo di queste menti in piccole aule-pollaio; che vuol essere improntata piuttosto su un insegnamento di tipo maieutico; che fatica a piegarsi a un narcotizzante uso del digital-teaching e del distance-learning (quanto suona bene in inglese).

Un’idea che non ha nessun colore politico se non quello della speranza che è l’ultima a morire.

In nome di quest’idea, insistiamo nuovamente nell’invitarvi a leggere e (se potete) sottoscrivere la petizione intitolata SCUOLA SICURA PER TUTTI, che trovate al seguente indirizzo  http://chng.it/xXbHMsBs.

 

 

Torpè, Siniscola, Borore,

05/12/2020

Giovanna Magrini, Lourdes Ledda, Daniela Marras;

Cobas scuola Sardegna.

 

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