Discorsi da vecchi, ma non per questo sbagliati…

Disquisizione personalissima.

Pochi giorni fa ho visto (non ricordo su quale tv) un (fin troppo) lungo servizio dedicato ad Antonello Venditti. Di fatto una lunghissima intervista intervallata con i video dei suoi concerti.

Spontaneamente mi è sorta una riflessione (so di urtare la sensibilità di molti ma non posso farci nulla perché è quello che penso). E cioè: masse umane che si entusiasmano per le musiche (e i testi…) di personaggi come Antonello Venditti, Claudio Baglioni e Renato Zero, che si ammassano in centinaia di migliaia ai loro concerti e alzano lo smartphone (una volta erano gli accendini) mentre intonano le loro canzoni, potranno mai fare nella vita non dico una rivoluzione (parolone…) ma qualcosa che pur lontanamente (e sottolineo, lontanamente) gli assomigli?

La risposta è, desolatamente: NO.

Sarà un discorso da vecchio, me ne rendo conto (non è che l’essere giovani garantisce di essere nel giusto, sempre e comunque…) ma ai miei tempi (i “famigerati” anni ’70) molti giovani si entusiasmavano per i concerti dei Clash o dei Pink Floyd, ai quali peraltro cercavano di entrare senza pagare il biglietto perché ritenevano che quello di ascoltare della buona musica, (e quella lo era senz’altro…) fosse un diritto non commerciabile. Esattamente come il diritto alla salute o all’istruzione, ma erano altri tempi…

Migliori di quello attuale, su questo non c’è dubbio, anche se pure questo è un altro discorso da vecchi. Ma, anche in questo caso, non è affatto detto che lo scorrere del tempo sia sempre e necessariamente sinonimo di progresso…

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Foto:In Media Rex (da Google)

 

 

1 commento per “Discorsi da vecchi, ma non per questo sbagliati…

  1. ARMANDO
    8 giugno 2018 at 12:26

    Sarà da vecchi, ma lo condivido, con qualche osservazione.
    In qualche modo abbiamo tutti bisogno di identificarci con qualcuno o qualcosa, un cantante, una star del cinema, un calciatore o una squadra di calcio e così via, a prescincdere dalla loro qualità o bravura, cosa sempre soggettiva. Dobbiamo allora riconoscere che questo sistema è fasullo ma abilissimo nell’intercettare questo bisogno per deviarlo, o contenerlo, entro un alveo innocuo o peggio funzionale, come è accaduto con la cultura dello sballo di certo sessantotto, che si credeva essere rivoluzionaria ma era invece l’esatto opposto. Insomma la società debordiana dello spettacolo o quella baudrillardiana dei simulacri. Sicuramente più abile di qualsiasi altro sistema socio economico, il che significa però che sa “pescare” nella psiche meglio degli altri. Non credo che potremmo uscirne facendo appello alla razionalità: è evidentissimo che lo star sistem è solo un business, come il calcio, come certa musica. E tanto più queste cose fanno “sognare” quanto più la realtà soggettiva è deludente, precaria, incerta. L’ultimo esempio è il tempo dedicato dai tg ,e altre trasmissioni di “intrattenimento” , al matrimonio di Henry e Megan o come si chiama. Razionalmente dovremmo rifiutarci di dare alimento a questo sistema, ma come nel caso del calcio è davvero difficile farlo. Cinquant’anni orsono ci imponevamo di non alimentare il teatro borghese, la musica borghese e così via, con una concezione astratta e moralistica della vita. Anche Don Milani tuonava contro il ballo come un modo di deviare le energie positive. E allora? Allora è una faccenda difficile, perchè la vita non può essere solo “impegno” ossessivo e austerità severa, ma anche piacere e godimento. E quindi le scommesse sono due: 1. Considerare quelle cose per quello che sono, cioè far capire che non possono e non devono diventare un sostituto fasullo della vita vera, sia pur fruendone sempre filtrate dalla ragione. 2. riuscire a trovare un modo di entusiasmare i giovani per qualcosa di davvero positivo, quindi non funzionale a questo sistema, ma che riesca anche ad entrare nel loro cuore e nella loro anima.
    Faccio un esempio terra terra. Un grande calciatore del passato, Gigi Riva, si era radicato in Sardegna, lui lombardo, e non volle spostarsi di li, anche rinunciando a guadagni molto più consistenti ed a vincere ciò che a Cagliari non avrebbe mai potuto. Un altro del genere è Antognoni (Totti è già diverso, con tutto il rispetto, perchè romano e perchè il club gli ha fatto guadagnare come fosse andato al Real). Ecco, ammirare esempi simili (senza elevarli a dei, ovviamente) è positivo perchè furono portatori di valori etici e morali autentici, non macchine per far soldi e farli fare. Mi rendo conto che oggi è infinitamente più complicato, eppure la scommessa è questa.

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