Egoismo di massa ed egoismo di stato

Quel popolo di cui i liberali negano l’esistenza politica, visto come corpo indistinto di singole macchine da prestazione, ha il dovere di dividersi in fazioni. La dittatura delle opinioni, che rappresentano l’opposto della coscienza politica e di classe o meglio che certificano la loro scomparsa, pretende divisioni manichee. Si sponsorizzano tematiche o singole particolarità di esse, sulle quali gli individui devono incastrarsi in ragionamenti da ultrà.
Lo Stato pedagogico, mentre educa tutti noi alla dinamica della concorrenza, innalza all’attenzione del momento alcuni temi, che siano civili, sociali o politici perché la ferocia della contrapposizione tra fazioni sia in primo luogo inter-classista e in secondo luogo talmente assolutista da impedire che la dialettica possa essere concentrata su angolazioni di largo respiro, che incidano sulle reali contraddizioni del sistema.
Fomentare due fazioni che si guardano allo specchio in cagnesco serve a de-legittimare la formazione del conflitto sociale e a escludere cambiamenti di rotta nella gestione delle forme di potere. La Pandemia ha accentuato ancor di più questa tendenza. Guardiamo alla composizione delle squadre in campo. Da un lato quelli che sostengono “la scienza ha sempre ragione” delineando un assioma indiscutibile, quello della sua naturale democraticità i cui confini sono tracciati dal merito. Dall’altro chi nega a priori la possibilità da parte dello Stato di perseguire interessi collettivi e per la loro difesa di intervenire con provvedimenti d’emergenza.
Ma se appunto lo Stato ha tutto il diritto di tutelare la salute pubblica, sempre nel rispetto del dettato costituzionale, il nodo da sciogliere è di quale Stato stiamo parlando. In particolare negli ultimi trent’anni abbiamo assistito a una fortissima inversione ideologica per ciò che concerne l’attività di indirizzo politico dei Governi. In maniera progressiva l’azione pubblica ha corroso pezzo dopo pezzo quell’inclinazione keynesiana o socialdemocratica che regolava i rapporti di forza tra gli attori sociali attraverso la costruzione di ampi spazi di giustizia e di protezione delle classi sociali deboli.
Dalla caduta del Muro lo Stato si è immedesimato nelle leggi di mercato. Ha posto la concorrenza come elemento di direzione delle condotte personali e ha imposto la privatizzazione dei beni pubblici. In realtà ha detto che non esistono più beni propriamente pubblici, al massimo definiti comuni, per cui tutto può essere considerato mercificabile. In più tutti devono ragionare come un’impresa. Lo Stato stesso diventa un attore del sistema competitivo votato all’efficienza.
Del tutto conseguente quindi che in un contesto emergenziale gli atti d’imperio dello Stato e le sue raccomandazioni alla tutela dell’interesse collettivo appaiano come urla sorde e poco credibili. Si vorrebbe far credere dunque che chi contesta il piano vaccinale sia intriso da un congenito individualismo – cosa per la maggior parte dei casi del tutto realistica – e che questo egoismo sia un male improvviso della società. Una deriva inaspettata.
Peccato che anche il piano vaccinale, così come concepito, affondi le proprie radici sulla medesima impalcatura ideologica. Sin da subito ci si è affrettati nel condurre campagne mediatiche a favore dei vaccini costruiti dal sistema privato, quello che dell’interesse pubblico se ne sbatte per statuto, tacciando come ridicoli quelli congegnati da strutture pubbliche di Paesi “nemici della democrazia”. Si è lasciata alla contrattualistica privata la pianificazione delle campagne vaccinali con una violenta dimostrazione di forza delle multinazionali del farmaco.
E soprattutto né quest’ultime né gli Stati si sono presi alcuna responsabilità per eventuali conseguenze indesiderate dei vaccini. Cosicché i malaugurati costi sociali o medici della vaccinazione di massa dovranno essere addebitati, se le cose andassero male, ai singoli individui. Ma così posta l’eventuale vaccinazione obbligatoria diventerebbe un pericoloso esperimento di darwinismo sociale, l’altra faccia della medaglia del liberi tutti declamato da Boris Johnson o da Bolsonaro a inizio crisi da COVID. Il suo rovescio.
Quindi per concludere la classica domanda “tu sei d’accordo alla vaccinazione obbligatoria” è mal posta. Occorre vedere quale Stato la sta determinando, quale credibilità ha quello Stato per imporla, quali sono le coordinate ideologiche sulle quali si basano gli interventi d’emergenza e quali misure vengono prese nel tempo per tutelare la collettività. In un contesto in cui è negata la possibilità da parte dell’autorità pubblica di espropriare i brevetti delle case farmaceutiche per ragioni di interesse generale, fanno specie gli appelli alla sensibilità comunitaria dei singoli, ormai educati al principio del profitto personale, unica spinta etica e morale da promuovere e salvaguardare.
Se si pensa poi all’assenza di qualsiasi progetto politico votato alla ricostruzione di un servizio sanitario nazionale e pubblico degno di questo nome, questi appelli fanno solo sorridere. Oggi gli interessi privati si concentrano nella riconversione ecologica. E lì finiranno le elargizioni a strozzo dell’Unione Europea. Con qualche raccomandazione da tenere sempre in mente. Ti daremo quei soldi se privatizzerai ancora di più. Se permetterai ai privati di licenziare ancora di più. Se trasformerai la giustizia in un ring da telefilm americano. Un arbitrato generalizzato dove tutti sembrano pari, anche se non lo sono. Dove i contratti si rispettano.
Insomma troppo facile lamentarsi dell’egoismo di massa quando impera quello di Stato.

Potrebbe essere un'immagine raffigurante una o più persone, persone in piedi e attività all'aperto

3 commenti per “Egoismo di massa ed egoismo di stato

  1. Fabrizio Marchi
    26 luglio 2021 at 18:39

    Ottima analisi del nostro redattore, Ferdinando Pastore, che condivido in toto.

  2. Enza
    26 luglio 2021 at 20:51

    Analisi acutissima. Mi sono compiaciuta nel leggerla e mi ha confortato. Da conservare.
    Grazie.

  3. Fabiana Faldito
    30 luglio 2021 at 20:12

    Condivido con molta sofferenza le premesse sulla deleteria (a livello sia personale che sociale) faziosità. Sono anche d’accordo che non si possa obbligare nessuno a prendersi la responsabilità delle eventuali conseguenze. Ma non ho capito in che modo l”obbligo di vaccinazione sarebbe un esperimento di darwinismo sociale.

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