Fantasmi di Gorbaciov

Vorrei in questo breve scritto analizzare un momento due questioni molto semplici. Premetto che la storia dell’Urss è molto complessa e per un analisi accurata ci vorrebbero pagine e pagine e tra l’altro sono stati scritti innumerevoli testi (alcuni citati qui sotto) molto illuminanti su questi problemi. Se le questioni sono semplici le risposte non lo sono affatto e sono per il momento più lavoro per gli storici del futuro che per qualche modesta analisi attuale.

Vengo alle questioni:

  1. Quanto ha influito Mikhail Gorbaciov sulla c.d. caduta dell’Urss?
  2. Quali sono state le vere cause del declino dell’Urss?

Sulla prima questione le risposte che possiamo trovare in giro sono estremamente varie: si passa con facilità da odio ad amore. Le file di persone che qualche giorno fa sono andate a rendergli omaggio nella camera ardente non sono certo state interminabili, eppure ci sono state. Ma queste persone ci andavano per omaggiare l’ultimo segretario del PCUS? O colui che li ha liberati del PCUS? Io sono dell’idea, forse un po braudeliana, anche se ammetto che ci sono notevoli eccezioni, che i singoli contano molto poco nei processi storici e il processo di dissoluzione dell’URSS era già troppo avanzato per essere fermato (a differenza di quanto avvenne nel 1917 in cui la presenza di Lenin fu determinante per la rivoluzione). Se leggiamo alcune analisi come quella di Costanzo Preve [1] o di Rita Di Leo [2] questo è evidente, come è evidente che ormai il sistema agli inizi degli anni ottanta del secolo scorso non aveva praticamente più nulla a che fare col comunismo, ma nemmeno col socialismo, di stato o non di stato che fosse. L’interesse di queste analisi è che sono analisi “di classe”, non coincidenti ma certamente simili: nel senso che l’URSS era tutt’altro che una società senza classi ma una società divisa in classi (Preve distingue solo due classi, dominanti e dominati, l’analisi della Di Leo è più complessa distinguendo nei dominanti quelli di formazione popolare e la classe degli intellettuali nei dominati).  Certo non si può fare una critica al fatto che nel “socialismo” comunque una struttura di classe era ancora considerata necessaria, ma il fatto è che la prospettiva comunista ormai era diventata un miraggio fino a scomparire del tutto. Il sistema di fatto andava avanti senza futuro e senza idee, un piccolo cabotaggio che era inconcepibile per la seconda superpotenza mondiale all’epoca con l’unico scopo di mantenere la parità strategica con l’occidente.  Attenzione, questo non toglie nulla all’”idealtipo” socialista che era comunque diffuso in occidente e che si fondava anche sul fatto che un “esperimento” [2] socialista era tutt’ora in corso e sarebbe durato fino alla fine degli anni novanta. Proprio in questo senso l’URSS avrebbe dovuto essere il faro mondiale del socialismo come lo erano gli US del liberalismo, ma sappiamo tutti che non faceva gran che per assumere questo ruolo. Diventava difficile per la sinistra occidentale persino difenderla, quando non esplicitamente, in alcune sue frange, prenderne esplicitamente le distanze e attaccarla.

Gorbaciov ha tentato un salvataggio tardivo in modo molto mediocre, senza nemmeno (forse) capire che avrebbe provocato il crollo del sistema e senza la furbizia, tutta orientale, di un Deng che aveva probabilmente tratto le sue conclusioni già da un pò e stava iniziando quella politica di riforme che ha portato alla Cina attuale. Certo, il fatto di aver tentato una via gli fa onore. Salvare il sistema ritrovando un futuro soprattutto con un nuovo corso che superasse gli anni della stagnazione, cercando di riportare in auge il primato della politica (a quanto sembra mentre Mikhail si spremeva a cercare una “nuova politica”, Xiao pare che se sentiva parlare di dialettica cacciasse l’interlocutore fuori dalla porta. Il tempo massimo di discussione per prendere una decisione era di 30 minuti, arrovellarsi sulla teoria era ritenuto inutile.)

Ma era troppo tardi, la slavina non poteva essere fermata, e forse l’unico suo vero merito è stato quello di addolcire una transizione che per quanto brutale sarà sicuramente stata più morbida di fluttuazioni imprevedibili che ci sarebbero state in un passaggio diretto senza “perestroika” e “glasnost”.

 

Per quanto riguarda la seconda questione, è molto più difficile dare risposte certe. Qui credo vi siano diverse concause: una è certamente la competizione strategica con l’occidente che ha fatto si che tutte le risorse dell’URSS fossero impegnate nello sviluppo di un equilibrio militare di forze con gli US e i suoi alleati. L’altra è la già citata assenza di progettualità politica che ha portato gli attori al suo interno a ripetere procedure ormai obsolete sulla scorta di piani che andavano comunque completati volenti o nolenti (un esempio chiaro di questa farraginosità, superficialità e mancanza di un adeguato controllo è stato il disastro di Chernobyl). Fino alla prima metà degli anni sessanta certamente la scienza sovietica era, se non all’avanguardia, certamente una stella di primo piano seconda solo agli US. I successi nello spazio il cui “know-how” è arrivato fino ai nostri giorni non sono certo una cosa trascurabile. Centri di ricerca come Dubna o Academgorodok in Siberia non avevano nulla da invidiare agli equivalenti occidentali. La scuola di fisica di Landau era di assoluto prestigio, molti dei suoi allievi avevano dato contributi fondamentali in diversi campi, tanto che era necessario per gli occidentali tradurre gli articoli delle riviste scientifiche russe in inglese per poter leggere delle loro scoperte. Ma la stagnazione fini per coinvolgere anche questi. Mancava la catena che doveva rendere efficace il passaggio dalla scienza alla tecnologia, a meno che questa non fosse destinata ad usi militari (tanto che l’attuale governo russo ha dovuto creare ex-novo centri di ricerca per la trasmissione tecnologica). Che il sistema fosse in regressione divenne palese verso la fine degli anni settanta quando il tasso di mortalità infantile tornò ad aumentare. E che vi fosse un problema intrinseco era chiaro: non si può pensare che solo la guerra fredda sia stata la sola causa del declino. Perché l’occidente è riuscito a produrre benessere nei c.d. 30 anni gloriosi, anche perché ispirato da modelli socialdemocratici legati in fondo all’idealtipo socialista, e contemporaneamente sviluppare contromisure militari equivalenti a quelle dell’URSS? (Contromisure sofisticate in modo chirurgico, tanto da permettere risposte strategiche sempre un poco più avanti dei sovietici in modo da affannarli a dover inseguire). Dire che vi era uno sbilanciamento a favore dell’occidente in termini di popolazione e risorse non è sufficiente a spiegare del tutto il declino perché l’URSS aveva sicuramente risorse in abbondanza (vedasi oggi la questione delle fonti energetiche), mentre l’occidente, US inclusi, all’epoca dipendeva molto di più dal petrolio arabo, e quanto a popolazione poteva contare anche sull’Europa orientale e forse anche l’appoggio di una parte consistente del terzo mondo se avesse avuto la capacità di invertire il declino. Senza dimenticare che abbiamo di fronte a noi l’esempio della Cina che invece ci è riuscita, almeno finora, a evitare il declino, incluso l’avere una grande influenza sul mondo non occidentale (e che in qualche modo è anche lei derivata dall’idealtipo socialista, sebbene per molti “ortodossi” essa possa sembrare uno stato capitalista tout court).

 

[1] Costanzo Preve, “La fine dell’URSS”, Petite Plaisance, 2020 (prima ed. 1999).

 

[2] Rita Di Leo, “L’esperimento profano”, Ediesse 2012.

Russia, è morto Mikhail Gorbaciov

Fonte foto: TGcom24 (da Google)

10 commenti per “Fantasmi di Gorbaciov

  1. Giulio Bonali
    11 settembre 2022 at 14:28

    Mi limito a poche, telegrafiche osservazioni critiche e obiezioni, su un argomento che -concordo- richiede pagine e pagine di analisi e riflessione.

    Innanzitutto trovo decisamente illogico, contraddittorio affermare, all’ inizio dell’ articolo, che “il sistema [sovietico, N.d.R.] agli inizi degli anni ’80 del XX secolo non aveva più nulla a che fare col comunismo, ma nemmeno col socialismo, di stato o non di stato che fosse”, ed alla fine che “la Cina … invece …in qualche modo é anche lei derivata dall’ idealtipo socialista, sebbene per molti ortodossi essa possa sembrare uno stato capitalista tout court”.
    Non so cosa l’ autore intenda per “ortodossi” in quest’ ultima affermazione, ma per quanto personalmente mi riguarda sospenderei il giudizio sulla Cina “postmaoista” -tanto per intenderci- propendendo piuttosto per una restaurazione capitalistica (ben diversa per svolgimento e per alcune importanti conseguenze dalla controrivoluzione gorbyana-eltsiniana), senza tuttavia escludere con certezza l’ ipotesi di una sorta di “NEP in grande stile” o, per così dire, portata a conseguenze (e connessi rischi di sconfitta del complesso e contraddittorio processo rivoluzionario di transizione) “estremissime”.
    Ma indubbiamente se si ritiene (secondo me erroneamente: basta considerare le enormi, catastrofiche conseguenze per centinaia di milioni di persone della reale restaurazione controrivoluzionaria del capitalismo del decennio successivo per rendersi conto che un vero e proprio “salto di qualità dialettico” separa gli assetti sociali precedenti e successivi il segretariato generale del Gorby) che l’ URSS degli anni ’80 del XX secolo non aveva più nulla a che fare col socialismo in presenza di proprietà collettiva statale praticamente generalizzata (senza negare le “tantissime cose sovrastrutturali che non andavano”, ovviametne), allora per un minimo di coerenza logica non si può coltivare il ben che minimo dubbio che la Cina odierna, con la proprietà privata capitalistica monopolistica finanziaria prevalente nei suoi rapporti di produzione, é “infinitamente più avanti” -alla maniera dei gamberi!- nella restaurazione della divisione della società in classi antagonistiche (e che vi sia un forte intervento statale “dirigistico” é certamente importante e progressivo, specialmente rispetto al liberismo sbracatissimo dominante in occidente dopo la caduta del da me mai abbastanza rimpianto muro di Berlino, ma non cambia minimamente la struttura economica della società -casomai i rapporti di forza fra le classi in lotta- esattamente come, fra l’ altro con proporzioni quantitative del tutto simili fra proprietà privata capitalistica e proprietà capitalistica statale, accadeva anche nella nostra “prima repubblica”, cui nessuno si é mai sognato e si sogna di attribuire alcuna “derivazione dall’ idealtipo socialista”).

    Senza entrare in una valutazione adeguata delle condizioni dell’ URSS e degli altri paesi del “socialismo reale” al momento dell’ assunzione della segreteria del PCUS da parte del Gorby, impossibile in poche righe, mi limito a suggerire all’ approfondimento personale da parte degli interessati due questioni a mio parere dirimenti.

    1 – Una é quella delle reciproche interferenze e condizionamenti, in larga misura inevitabili, fra i due alternativi sistemi sociali -capitalistico e socialistico; a mio parere, e comunque lo preferisca denominare chi la pensa diversamente- coesistenti e confliggenti senza esclusione di colpi nel “secolo breve”.
    Come la coesistenza e la “pressione” del “socialismo reale” ha imposto (ovviamente non senza il concorso delle lotte di classe “intrinseche all’ occidente”) al capitalismo importanti misure “riformistiche” di correzione delle sue tendenzialmente sempre più mostruose iniquità e disfunzionalità (lo “stato sociale”; che infatti nonappena dopo la vittoria della restaurazione controrivoluzionaria gorbyana-eltsinisna si é cominciato alacremente a smantellare dovunque, salvo in quei paesi nei quali per lo meno i governanti proclamano l’ intenzione soggettiva di realizzare il socialismo); così, del tutto analogamente e “quasi simmetricamente”, la coesistenza e la “pressione” del capitalismo imperialistico dominante nella parte quantitativamente maggiore e più ricca e sviluppata del mondo ha imposto -in qualche misura difficilmente stimabile inevitabilmente, anche se certamente col concorso anche di errori e insufficienze dei gruppi dirigenti di quelle esperienze – al “socialismo reale” pesantissimi condizionamenti e “deviazioni” dalle sue tendenziali modalità di sviluppo e di crescita “intrinseche” (ovviamente la corsa gli armamenti, ma anche la pratica della “sovranità limitata” nella rispettiva sfera di influenza geografica, nonché limitazioni della “spontanea” democrazia socialista almeno in qualche misura necessarie per poter mantenere il potere; e questo del tutto esattamente -a dispetto della falsa e ipocritissima ideologia “democraticistica” e “dirittoumanistica” propalata a piene mani dalle classi dominanti occidentali- a quanto é da sempre accaduto ed accade nel mondo capitalistico: do you rememeber -fra il non poco altro- Spagna 1936-1939 e Cile 1970-1973?).

    2 – Anche qui senza minimamente entrare in dettagli problematici richiedenti pagine e pagine di analisi e critica, mi limiti a rilevare che il fatto che la Russia si sia potuta rapidamente risollevare dalle miserabili condizione del “decennio catastrofico” (con crollo demografico e perdita della speranza di vita di tipo decisamente “bellico” in tempo di pace e con svendita al capitale occidentale e/o arraffamento da parte di ladroni di stato e conseguente distruzione vandalica di grandissima parte dell’ apparato produttivo industriale ed agricolo del paese, nonché con perdite territoriali notevolissime ed economicamente importantissime); e questo mi sembra incompatibile con qualsiasi pretesa “catastrofistica” circa una presunta “slavina [in corso, che] non poteva essere fermata” .

    Infine invito tutti a riflettere sul ruolo, a mio parere funestissimo e decisivo, devastante, che questo preteso (secondo me é un clamoroso falso ideologico) “fallimento” o questa pretesa “implosione” del “socialismo reale”, invece sconfitto dopo una settantennale guerra violentissima e condotta nella maniera più aberrantemente disumana dal nemico di classe (includente anche la penetrazione nella società civile di quei paesi e nelle fila dei partiti ivi dominanti dell’ ideologia capitalistica, oltre che materialmente di traditori e venduti in funzione di “quinta colonna”) svolge nell’ odierna passività quasi “disperata” delle masse lavoratrici occidentali di fronte alle aberranti, catastrofiche conseguenze del dominio capitalistico in assenza degli “argini” e dei rimedi che gli erano stati imposti nel “secolo breve 1917-1989”: a mio parere alla base di questa mancanza di speranze e di tentativi di sovvertimento del pur catastrofico stato di cose presenti sta precisamente proprio la penetrazione di questa antistorica mistificazione della storia del XX secolo.
    Senza superare questa disastrosa remora ideologica temo che nessuna rinascita del processo di avanzata della civiltà umana (e di salvaguardia della sopravvivenza stessa dell’ umanità) sarà mai psosibile.

  2. Giacomo
    12 settembre 2022 at 0:35

    Grazie per le osservazioni.
    Nel merito riguardo al primo punto io non trovo in contraddizione le due cose: infatti ho forti dubbi che la super-NEP cinese sia sulla ipotetica strada di riprendere una via al socialismo. Forse ho un po esagerato nel farla troppo “figlia” dell’idealtipo socialista, è molto più uno strano ibrido in cui conta anche la storia passata della stesa Cina. Comunque ho parlato di “idealtipo” proprio perché nella prassi essa è molto diversa da quello che dovrebbe essere uno stato socialista. Riguardo al fatto che la proprietà fosse collettiva a mio avviso non conta nulla, conta molto di più la divisione tra dominanti e dominati, che pur non essendo uguale a quella occidentale, di fatto metteva una grossa ipoteca sul futuro del sistema. Giustamente si potrebbe osservare che anche noi siamo una società simile, dominanti e dominati, ma purtroppo noi siamo stati
    drogati dal sogno americano per cui viviamo certo in una illusione che i media soprattutto hanno costruito illudendo per primi se stessi. Ma se il sogno fosse ridotto a quello di una vita almeno dignitosa, se un socialismo del futuro potesse almeno promettere ad “ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”?
    Che sogno di vita dignitosa poteva fare
    un cittadino sovietico, un medico o un ingegnere che era pagato come un operaio e i cui superiori erano operai stessi che avevano scalato le posizioni nel partito?
    Nel 1991 centinaia di scienziati sovietici sono stati assunti nelle università americane
    ed europee, eh vabbé c’era il crollo, ma chiediamoci un attimo perché proprio una fuga di massa? Perché tanto scarso amor patrio?
    Abrikosov, nobel per la fisica, è morto a Palo Alto, Pitaevskii a Rovereto, Arnold a Parigi e l’elenco sterminato potrebbe continuare. Io stesso ho conosciuto diversi fisici russi che erano a Roma, a Göteborg, in Germania tutti diventati nel giro di un paio
    di anni direttori di ricerca o professori ordinari (in Germania poi, dove c’è solo 1 cattedra per istituto).

    Riguardo ai punti 1 e 2. Su 1 mi sembra di aver detto chiaramente che l’esistenza stessa del socialismo reale costringeva anche l’occidente capitalista ad adeguarsi in qualche modo ed in effetti scomparso quello lo stato sociale è stato smantellato anche in occidente. Sebbene questo processo è iniziato anche prima che il declino dell’URSS fosse palese. Il c.d. riflusso inizia nel 1980 prima nel mondo anglosassone con Thatcher e Reagan e poi a seguire in tutto l’occidente. L’URSS non faceva più paura evidentemente. Metterei qualche data perché fino al 1970 forse la situazione era ancora incerta, la pressione reciproca era ancora equilibrata, ma se poi l’URSS non è stata in grado di produrre una società migliore per cui gli errori degli ultimi gruppi dirigenti si sono aggiunti agli errori del passato torno a dire che mi sembra evidente che qualcosa non funzionava più nel modello sociale indipendentemente dalla pressione esercitata dall’occidente. Questo risponde anche in parte forse al punto 2: il fatto che la Russia abbia in qualche modo potuto “salvarsi” da una completa resa “compradora” al modello occidentale si basa sul fatto che nonostante tutto (come d’altra parte sostengo anche nell’articolo) aveva intelligenza e cultura (anche qui la storia conta molto) per poterlo fare sebbene il gap generatosi con l’occidente era sui 15-20 anni secondo i campi. Quindi non era certo una nazione arretrata, ma ormai non era più a quel livello tecnologico per poter competere ad armi pari. Tra l’altro bisogna osservare che proprio il decennio degli anni 70 è stato quello in cui l’occidente ha posto le basi per la rivoluzione informatica
    che dura tutt’ora.
    Proprio dell’altro giorno è una notizia di stampa: la Russia usa processori del 2008 per la guida dei suoi missili e sono all’incirca 15 anni di gap (Il gap è stato persino in parte recuperato, considerato il decennio nullo degli anni 90, grazie a Putin e alla relativa fase di apertura che è durata fino al 2014).
    Quanto al tuo ultimo punto il problema resta sempre lo stesso: perché il socialismo reale è fallito? Se ha perso la guerra (fredda) ed è stato sconfitto prima di lamentarsi della cattiveria del nemico (se non fosse “aberrante e disumano” che nemico sarebbe) forse è il caso di vedere se c’era qualche difetto alla base del modello (e non alle sue deviazioni, tradimenti e congiure). Attenzione non sto sostenendo che sia dipeso solo da questo, l’occidente di certo ci ha messo del suo, ma dire che è stato “solo questo” mi pare una pia illusione.

    • Fabio Rontini
      12 settembre 2022 at 12:42

      C’erano due strategie possibili dopo la fine della seconda guerra: quella staliniana del “socialismo in un solo paese”, e quella trozkista della “rivoluzione permanente”.
      La prima puntava ad uno sviluppo accelerato del paese senza ingerenze nei paesi capitalisti, la seconda vedeva l’URSS come una base armata per la rivoluzione in occidente. L’Unione Sovietica, dopo la destalinizzazione krusceviana, non ha mai fatto una scelta netta tra le due strategie, come invece fecero i cinesi che scelsero la prima via, puntando tutto sullo sviluppo interno (il corso maoista e denghista sono in effetti in continuità, sotto questo punto di vista). Infatti l’URSS finanziava abbondantemente i partiti comunisti occidentali, contando che la strategia togliattiana di raggiungimento del socialismo per via riformista avesse un qualche fondamento.
      Quando poi, con l’accetazione berlingueriana dell’ombrello protettivo della NATO, appoggiata sostanziamente da tutta la classe operaia europea, divenne chiaro che gli operai occidentali sceglievano il capitalismo americano, l’URSS venne messa di fronte al fallimento della sua strategia e alla crisi del senso stesso della sua esistenza.
      D’altra parte aveva consumato troppe risorse e accumulato troppo ritardo per poter competere verosimilmente con i paesi occidentali.
      L’ascesa al potere del liquidatore Gorbaciov fu probabilmente voluta anche dagli altri dirigenti comunisti, per poter preservare almeno l’integrità, a lungo termine, dello stato russo.
      Io almeno la vedo così.

    • Giulio Bonali
      12 settembre 2022 at 17:22

      Le definizioni dei concetti sono arbitrarie …per definizione; e dunque si possono confezionare del tutto ad libitum.
      Tuttavia per intendersi (e convenire o dissentire a seconda dei casi) é necessario concordarle o per lo meno intertradursele.
      Ora per parte mia, seguendo quella che ritengo essere la definizione corrente, per “socialismo” intendo l’ ordinamento sociale avente per base o struttura economica rapporti di proprietà collettivistici, nel quale la proprietà dei mezzi di produzione é sociale; infatti ritengo, con Marx, che sia la proprietà dei mezzi di produzione dominanti a stabilire -essendone l’ espressione giuridica- l’ ordinamento sociale vigente nelle società umane (“Le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioé con I RAPPORTI DI PROPRIETA’, CHE NE SONO SOLTANTO L’ ESPRESSIONE GIURIDICA, entro i quali si erano precedentemente sviluppate”, Prefazione alla Critica dell’ economia politica, evidenziazione IN MAIUSCOLO mia).
      Quindi per me (ma credo non solo…) che la proprietà dei mezzi di produzione in URSS fosse collettiva conta tantissimo, più di qualsiasi altra cosa. Mentre conta molto, ma molto meno, anche se non proprio “nulla” bensì “qualcosa” per così dire, la divisione sovrastrutturale, politica ìvi esistente fra dominanti e dominati; divisione, quest’ ultima, che in una qualche forma é sempre esistita e sempre esisterà, secondo me, in qualsiasi società reale, dal momento che ritengo con Domenico Losurdo il comunismo pienamente sviluppato, “quale si sviluppa sulla sua propria base”, nel quale lo Stato si sarebbe ormai estinto, in cui vigerebbe il principio “da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”, assolutamente irrealizzabile in un pianeta con risorse materiali trasformabili dal lavoro umano limitate: espressione di un residuo insuperato di utopismo loro malgrado persistente in Marx ed Engels (come vedi, non credo di poter essere etichettato fra gli “ortodossi”).

      Sul fatto che la Cina non possa essere considerata socialista (e sul cosa intendi per il suo essere in qualche modo derivata dall’ idealtipo socialista) mi sembra che in questa controreplica abbia fatto ottimamente chiarezza; per parte mia chioso che, nel XXI secolo un paese all’ avaguardia per lo sviluppo tecnico che non sia socialista non possa che essere capitalista: una delle teoricamente infinite specie del genere “capitalismo”, per scomodare Aristotele, fra loro anche assai dissimili in seguito ai rapporti di forza nella lotta di classe ed a numerosissimi altri fattori sovrastrutturali; e che invece l’ URSS pre-gorbyana fosse una delle teoricamente infinite specie del genere “socialismo”, società basate su una struttura economica caratterizzata dalla proprietà collettiva sociale dei mezzi di produzione.

      In URSS un medico o un ingegnere era, secondo me giustamente (sono medico anch’ io, non faccio “l’ omosessuale col culo degli altri”; scusa la volgarità, che non vuol essere omofoba) pagato due o tre volte più di di un operaio specializzato, e come e più di quest’ ultimo poteva mettere su famiglia tranquillamente (salvo sempre possibili sfighe), riposarsi, farsi una cultura, fare dello sport, godersi serenamente quel “non troppo” che di buono la vita ci può offrire e sopportare dignitosamente quel mai troppo poco di male che inevitabilmente ci propina (salvo, com é ovvio, la mai eliminabile possibilità di tragiche sventure in fatto di salute, di rapporti personali o di altro di “non classistico”: il paradiso non esiste da nessuna parte!).
      Chi fra loro non si accontentava di questo, ma cercava a mio parere patologicamente (in senso lato, sociale) smisurati e mai sufficienti privilegi, allora scappava in occidente (come i famosi “eroici” scavalcatori del Muro di Berlino “alla ricerca della libertà” -di arricchirsi smodatamente sulla pelle degli altri, N.d.R.- diventando ipso facto da pessimi scribacchini o imbrattatele scrittori e artisti geniali; era più difficile, se non impossibile, barare per gli scienziati, comunque non meno alla ricerca di patologici iperprivilegi sulla pelle degli altri … dopo avere raggiunto i loro traguardi professionali e scientifici interamente spesati a carico degli operai e degli altri lavoratori che guadagnavano solo due o tre volte più di loro; mentre in occidente o nascevano ricchi o tanti saluti alle loro ambizioni professionali e scientifiche!).
      Costoro o discendenti di costoro sono quei pochi, anzi pochissimi (in proporzione alla popolazione russa) che hanno espresso i loro cordogli ai recenti funerali.
      Nessuno, né medico, né ingegnere, nè operaio o altro onesto lavoratore rischiava la disoccupazione; e questo comportava qualche prezzo, IN UNA QUALCHE LIMITATA MISURA inevitabile in termini di più modesto sviluppo materiale e disposizione di beni più o meno “tecnologici” (per chi se li può permettere) rispetto all’ occidente capitalistico; anche (E NON SOLO) perché quest’ ultimo rapinava a man bassa risorse materiali a tre quarti del resto del mondo, al contrario del “socialismo reale”.

      Che il capitalismo reale “da sempre” abbia cercato in ogni modo di non concedere e poi di revocare le conquiste dello stato sociale, anche prima della caduta del muro, é ovvio, ma che da allora, in seguito a e in conseguenza causale diretta di quei tragici cambiamenti dei rapporti di forza nella lotta di classe a livello mondiale, si sia avuto uno “spettacolare salto di qualità” in tal senso non mi pare proprio realisticamente e non pregiudizialmente negabile.
      Così come si é avuto un pazzesco salto di qualità nelle spesso tragiche migrazioni di lavoratori di mezzo mondo impossibilitati in patria a condurre una vita onesta e dignitosa: altro che gli intrepidi scavalcatori del muro! Muro che -en passant- in una trentina di anni ha fatto -fra gli aspiranti privilegiati che avrebbero comunque potuto vivere bene in patria- altrettanti morti di quelli che -e per non vedere il nesso bisogna proprio foderarsi gli occhi di spesse fette di salame- il “muro virtuale ma non meno micidiale” successivamente costruito nel canale di Sicilia fa in meno di un anno in media, peraltro in gran parte fra onesti lavoratori in cerca solo di una vita dignitosa impossibile in patria.

      Mi pare del tutto evidente, innegabile che se la Russia in qualche modo ha potuto “salvarsi” da una completa resa compradora” [per una resa solo incompleta e parziale, N.d.R] al mondo occidentale, anche MA NON SOLO basandosi sul fatto che nonostante tutto aveva intelligenza e cultura per poterlo fare malgrado i noti ma tutt’ altro che inesorabilmente irrecuperabili ritardi tecnologici dell’ ultima URSS, e soprattutto malgrado le devastazioni del decennio o quindicennio vandalico di Gorby e Eltisn, allora certamente a molto maggior ragione l’ URSS del 1985 non era affatto in via di inesorabile “implosione” e avrebbe potuto benissimo superare i suoi gravi problemi e risollevarsi dalla ben più modesta e relativamente benigna “stagnazione” in cui era caduta.

      Non ho mai fatto piagnistei sulla per me ovvia -e da contrastarsi senza scrupoli moralistici!- “perfidia” del (potentissimo) nemico imperialista.
      Ma si può parlare di “fallimento” del “socialismo reale” solo paragonandolo-erroneamente e scorrettamente!- ad un capitalismo puramente immaginario quale sarebbe stato -per assurdo, ammesso e non concesso- quello di Parigi, Tokio o Los Angeles magicamente trasportato sulle rive del Volga, dell’ Amu Daria o del Mekong, anziché -correttamente- al capitalismo altrettanto reale di Giacarta, Nairobi o Medellin; o meglio ancora, del tutto realisticamente, a quello di fatto succedutogli in Europa Orientale e nelle repubbliche postsovietiche dell’ Asia:

      Chi é PER DAVVERO fallito?
      L’ URSS o costoro?

      • Giacomo
        16 settembre 2022 at 13:21

        Giusto tre osservazioni:
        1) non metto in dubbio che la proprietà dei mezzi di produzione sia un architrave di un qualunque modello socialista. Il problema è che questa ha avuto un influenza man mano sempre meno forte allontanandosi dal 1917 nell’immaginario popolare. Capisco che è sovrastrutturale, ma credo (nemmeno io sono ortodosso) struttura e sovra-struttura si influenzano vicendevolmente. Non è possibile separarle completamente come non è possibile separare natura e cultura. La cultura di una nazione influenza in qualche modo anche
        l’espressione della sua struttura e ne abbiamo infiniti esempi dato che i capitalismo italiano non è uguale a quello americano e così via.
        2) riguardo al fatto che ingegneri o medici fossero pagati più degli operai secondo quanto scrive Rita De Leo questo non è vero purtroppo (e mi fido abbastanza di lei dato che ha conosciuto la realtà sovietica molto a fondo scrivendo diversi libri e parlando con centinaia di persone). Ti dico anche che non ho mai amato fuggitivi e dissidenti, ma la fuga di massa dopo il 1991 degli intellettuali soprattutto dei quadri tecnici e scientifici non è giustificabile solo con il miraggio di uno portafoglio pieno di dollari, ma con l’occasione di vedersi riconosciuti ruolo e merito che in patria erano stati sepolti le incongruenze del sistema.
        3) 1985? Continuo a pensare che era tardi: nel 1985 ormai esisteva già una
        economia informale fuori dai piani quinquennali che stava sostituendo quella formale. Se Gorbaciov fosse andato al potere nel 1975 forse le cose sarebbero andate in modo diverso.

        • Giulio Bonali
          16 settembre 2022 at 19:45

          Ritengo utile continuare la discussione (tenendo conto che “con i se se i ma” non si fa la storia, ma la si può comunque ben criticare onde cercare di imparare per il futuro).

          1 Mai negato da parte mia il carattere eminentemente dialettico, complesso, relativamente reciproco dei rapporti fra struttura e sovrastrutture, pur nel carattere in ultima analisi determinate della prima.
          Ma l’ immaginario popolare può essere più o meno fondato e veritiero.
          E anche ammesso e solo limitatamente e problematicamente concesso (da parte mia) che dopo il 1917 l’ immaginario popolare stesso sia stato tendenzialmente sempre meno influenzato da quanto accadeva in URSS, ciò ha ben poco (per lo meno!) a che vedere con il fatto che fosse un paese socialista o meno (né che fosse “in buona salute o meno”): é tutta un’ altra questione (ma di certo non fu un declino costante, quello della speranza nell’ URSS nell’ immaginario popolare; probabilmente il “picco della popolarità” fu raggiunto alla fine della seconda guerra mondiale e non declinò per lo meno fino alla morte di Stalin; inoltre preferirei non considerare un indistinto “immaginario popolare” ma discernere fra le molteplici sue diverse declinazioni geografiche e sociali).

          2 Se é vero che lavori diversi fossero così irrazionalisticamente pagati come dice la Di Leo (francamente mi sembra incredibile; sarei propenso a credere piuttosto in un divario di remunerazioni molto più ridotto -giustamente!- che nel capitalismo, oltre che più equo anche per altri aspetti, che chi coltivava aspirazioni al privilegio smodato riteneva ovviamente intollerabile: “ma quanto mi costa la colf, madama la marchesa, pretende perfino che le paghi gli straordinari e i contributi!”), non vedo perché mai i lavoratori sovietici, che hanno alquanto passivamente subito tutte le mostruose iniquità imposte da Gorby in poi, non avrebbero potuto accettare una razionalizzazione delle retribuzioni condotta con prudenza, buon senso e gradualità (razionalizzazione limitatamente ed equamente diversificante; non é un ossimoro, diversi essendo i lavori, anche nella misura, limitata o stravolta che eventualmente fosse, in cui vigeva il principio “da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo il suo lavoro”).
          Quanto alle soddisfazioni “morali” non mi sembra proprio che mancassero riconoscimenti e onorificenze, anche “ufficiali” per chi svolgeva lavori intellettuali come per chi svolgeva lavori manuali, nè che chi svolgeva un lavoro intellettuale fosse impopolare (in generale, ovviamente); comunque anche a questo proposito non vedo come, dal momento che si sono potute far passare nientemeno che le inaudite ruberie del periodo Gorby-Elstin, non si sarebbe potuto rimediare con un avveduto e prudente processo di “rieducazione delle masse”.

          3 L’ economia sommersa esisteva e costituiva un problema ingravescnte, ma non stava certamente “sostituendo quella legale”.
          Anche a questo proposito non vedo perchè mai non sarebbe stato possibile avviare serie e avvedute correzioni, anche se con un’ inevitabile “grado di repressione” e conseguente scontro sociale non indolore con le “protomafie” (che dopo la restaurazione controrivoluzionaria si sono sviluppate in mafie floride e assai prosperose) …ovviamente se nel gruppo dirigente del PCUS e in generale nel partito stesso, invece che una beata incoscienza dei problemi del paese e una fiducia acritica nel futuro fra la maggior parte dei dirigenti e militanti onesti e sinceri ed all’ arrivismo nichilistico dei Gorby, Shevarnadze, Jekovlev, Eltsin e così via arraffando ai danni del popolo lavoratore, ci fosse stata per tempo un’ adeguata consapevolezza dello stato del paese e della lotta per il progresso e la piena realizzazione del socialismo (che era quanto falsamente millantavano -secondo le loro stesse compiaciute confessioni post festum- il Gorby e i suoi accoliti).

        • Giulio Bonali
          17 settembre 2022 at 7:50

          Più ci penso e meno mi sembra credibile che in URSS prima del Gorby, stante che un operaio specializzato guadagnava più di un medico o di un ingegnere vi fossero medici e ingegneri a sufficienza (almeno centinaia di migliaia di persone se non milioni!); ma chi glielo faceva fare, se non a qualche sparuto mentecatto o volontario (per davvero, non con finanziamenti e agevolazioni varie come nel caso delle cosiddette O “””N”””G) che sceglieva eroicamente e stoicamente per un’ autentica vocazione di dedicare la propria vita a una missione umanitaria, a così tanta gente di farsi il culo con cinque, sei o più anni (comprese le indispensabili specialità) di duro studio e di sacrifici (per quanto limitati e interamente spesati dallo stato sociale, anzi socialista) per guadagnare meno che scegliendo un lavoro manuale subito dopo la scuola dell’ obbligo?
          La moltiplicazione dei pani e dei pesci (che avrebbe sfamato, se ben ricordo dal catechismo, 15000 persone con cinque pani e due pesci o viceversa) in confronto é un miracolo da quattro soldi!

  3. Fabio Rontini
    12 settembre 2022 at 9:37

    Se un paese è governato da un parlamento borghese, è capitalista.
    Se invece è governato dalle assemblee popolari, è socialista.
    Perchè il socialismo è quella formazione sociale in cui la boghesia rimane dominante a livello economico, ma diviene sottomessa a livello politico (Lenin).
    La Cina di oggi è socialista, la Russia lo è stata fino al 1991, da allora è diventata capitalista.
    Le riforme di Gorbaciov, mirate ad indebolire il potere del partito comunista sulla società russa, avevano per scopo la distruzione del comunismo (Gorbaciov).

    • Giulio Bonali
      13 settembre 2022 at 8:58

      Lenin si espresse pressappoco in questi termini da te riportati a proposito della NEP e in polemica con i fautori, a cominciare da Trotzky, di un impossibile “rapido balzo in avanti” verso le trasformazioni strutturali della base economica della società, che sarebbe stato foriero di disastrose sconfitte.
      Ma chiarì sempre che la NEP stessa, pur essendo nei fatti molto più avanzata verso il socialismo dell’ alternativo velleitario e disastroso “balzo in avanti”, costituiva comunque, rispetto al precedente “comunismo di guerra”, un inequivocabile passo indietro verso il capitalismo, una “ritirata strategica per evitare una disfatta irrimediabile e preparare le basi di nuove, più sicure ed efficaci avanzate, a tempo debito, nella guerra (la lotta di classe “all’ ultimo sangue”) in corso fra socialismo e capitalismo.
      L’ URSS della NEP per Lenini non era (ancora) socialista, malgrado il potere proletario esercitato attraverso i soviet, ma in corso (non lineare e costante, “accidentato”, e non troppo breve) di trasformazione socialista; la quale si sarebbe compiutamente realizzata solo con la socializzazione sostanzialmente integrale dei mezzi di produzione.

  4. Yak
    13 settembre 2022 at 3:50

    Gorbaciov non era minimamente adeguato a fare il capo di stato, per giunta dell’URSS, non ne aveva la piena coscienza del ruolo. Forse andava bene per fare l’insegnante di liceo, non di più.

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