Il fattore Q: la Sinistra e gli LGBT (e ora anche Q)

Personalmente ho sempre pensato che i “sessualmente diversi” abbiano diritto all’indifferenza. Leggi al fatto che la loro differenza sessuale non debba in alcun modo essere motivo di discriminazione. E, ancora, al fatto che la loro richiesta di essere considerati in tutto e per tutto anche uguali (matrimonio, adozioni e così via) agli etero sia pienamente legittima e sostenibile. Ma da qui a ritenere che la loro causa, le loro richieste o le loro aspirazioni e, in generale, l’ideologia “gender” vadano non solo sostenute senza riserve ma diventino il criterio discriminante nel definire chi è moderno e chi è antidiluviano o chi è di sinistra e chi è di destra, ce ne corre.
Non sto evocando fantasmi, magari perché inconsciamente sedotto dal Salvinipensiero. Sto descrivendo quello che sta avvenendo in tutto il mondo occidentale. In Italia, dove la disdicevole gazzarra alimentata dal congresso di Verona si è, in definitiva, tradotta in un tacito referendum tra i sostenitori della famiglia naturale e gli altri. In Francia, dove lo sciagurato Hollande non ha mantenuto nessuno dei suoi impegni elettorali, salvo quello del matrimonio per i gay; suscitando l’inevitabile sensazione di voler privilegiare un problema a danno di tutti gli altri. E, ora, negli Stati Uniti: paese che ha il singolare, ma non casuale, privilegio di essere il regno del “politicamente corretto” (in nome del quale si bandiscono dalle università Shakespeare e Dante) e, nel contempo, di avere un presidente e un’amministrazione tra le più politicamente scorrette e reazionarie della storia.
Così, recentemente, è stato chiesto a Biden, in testa nei sondaggi democratici come candidato alla presidenza (ma duramente osteggiato dalla sinistra del partito) di annunciare quale sarebbe stato il suo primo, e, perciò stesso in qualche modo fondativo, provvedimento una volta eletto (vedi il NYTimes del 7/11). E “lo sciagurato rispose”, senza pensarci un attimo: “l’ applicazione della legge sui diritti civili del 1964 agli LGBT” (e ora anche Q, leggi le persone che sono insoddisfatte del loro sesso ma non fino al punto di sceglierne altri). Poteva dire, che so, “ rientrare nell’accordo sul clima”, oppure “rientrare nell’accordo sul nucleare iraniano”, oppure “ristabilire i diritti sindacali nel settore pubblico”. Ma nossignore; e in nome di una proposta che susciterà una forte opposizione senza mutare il corso delle cose e dando anzi una fortissima mano alla campagna di Trump (non lo diciamo noi; lo sottolinea con forza la nostra fonte, di sicura fede democratica).
Si dirà che Joe Biden è la quintessenza della mediocrità. Ma sono proprio i mediocri a rappresentare fedelmente l’ambiente culturale e politico da cui sono circondati.
Ed è proprio per questo che il loro messaggio ci preoccupa. Perché vuole essere un messaggio di sinistra mentre è concretamente di segno opposto. E non solo per le reazioni, di segno opposto, che alimenta e amplifica. Ma per le sue motivazioni profonde. E per il messaggio che trasmette. E per due ragioni.
Per prima cosa, l’ossessiva attenzione ai diritti civili a scapito di quelli economici e sociali vuole dirci, nella sostanza, che i primi sono “presenti sullo schermo” e gli altri no: perché si considerano già raggiunti o perché non si capisce o non si vuole capire come possono essere raggiunti. Nella tradizionale cultura socialista – a mio avviso sempre valida – l’ emancipazione della donna e, in generale, di tutti i discriminati cammina insieme all’emancipazione generale degli sfruttati e degli oppressi. Non siamo di fronte a canali diversi destinati a congiungersi in un orizzonte molto lontano. Ma a tanti corsi d’acqua che alimentano il medesimo fiume. Tenerli volutamente separati è condannarli in partenza a inaridirsi.
In secondo luogo, lasciatemi enunciare una verità sgradevole, non c’è, né in natura né nella società, il diritto inalienabile di ogni individuo di poter fare fino in fondo tutto ciò che vuole che con i mezzi a propria disposizione può fare: che si tratti di farsi congelare nella speranza di vivere in eterno o di produrre mezzi di distruzione di massa; di spostare trilioni di dollari di qua o di là o di avere figli a comando. E non perché questo diritto può essere negato dalla legge o dalla religione, ma perché è dato a pochi e negato in partenza a quasi tutti gli altri ed è perciò incompatibile, alla lunga, con qualsiasi convivenza civile degna di questo nome. E non può essere in testa a qualsivoglia agenda di una sinistra degna di questo, a meno di considerare il politicamente corretto come sua guida.

Immagine correlata

Fonte foto: Altreinfo (da Google)

4 commenti per “Il fattore Q: la Sinistra e gli LGBT (e ora anche Q)

  1. Panda
    8 giugno 2019 at 21:52

    E’ un argomento che ha la sua importanza e su cui è molto difficile discutere serenamente. Bisognerebbe dire parecchie cosette, ne dico qualcuna.

    Visto che la matrice ideologica dell’identity politics è americana tanto vale rivolgersi a chi oltreoceano queste cose la ha già studiate, come Walter Benn Michael, del cui pensiero di può trovare una sintesi in questo articolo su Jacobin: https://www.jacobinmag.com/2011/01/let-them-eat-diversity/ Ovvero discriminare non è certo una bella cosa, ma l’antidiscriminazione, cioè in pratica l’uguaglianza formale, è la più classica rivendicazione liberale ed è quindi un po’ difficile farne il fondamento di una qualche politica di sinistra. D’altra parte la diversity e il multiculturalismo rappresentano un ottimo strumento di spostamento delle questioni di giustizia dal piano materiale a quello simbolico: “So the model of social justice is not that the rich don’t make as much and the poor make more, the model of social justice is that the rich make whatever they make, but an appropriate percentage of them are minorities or women.”

    Altra questione, evidentemente legata alla prima: chi rappresentano queste associazioni? I partiti e i sindacati, bene o male, si sa chi rappresentano, ma non credo si debba essere particolarmente gramsciani per avere qualche sospetto sulla rappresentatività di associazioni portate in palma di mano dall’industria culturale americana.

    Ancora più pesanti devono essere i sospetti e la cautela quando dall’omosessualità si passa al alla teoria queer, appunto. Il problema non è tanto il concetto di gender in sé, ossia che vi sia una certa non precisabile autonomia delle manifestazioni culturali della biologia umana (penso che se in questi termini il concetto viene impiegato da Roger Scruton lo possiamo accettare anche noi), ma l’idea di un soggetto scomponibile e trasformabile a piacere come un mobile dell’IKEA. Se attribuzioni qualitative essenziali, come la sessualità, in realtà non sono il soggetto stesso, che cosa rimane che possa dire “io”? Forse la nuda vita, in un senso ancora più ridotto di quello di Agamben: senza qualità resta la quantità, più adatta a definire un oggetto manipolabile che un soggetto. Chi ne ha voglia può leggersi questa bella conversazione fra Zhok e la De Monticelli: http://antropologiafilosofica.altervista.org/cosmopolitismo-universalismo-e-lunione-europea-una-risposta-a-roberta-de-monticelli/ in cui il primo affronta, e smonta con ottimi argomenti, questo riduzionistico universalismo “di nessun luogo”; ragguagli di tipo più materialistico, qui: https://thefederalist.com/2018/07/05/transgenderism-just-big-business-dressed-pretend-civil-rights-clothes/ Ovvero, per esempio, la triptorelina ai bambini no, no e poi no.

    Scusate per la lunghezza, ma sono cose su cui rifletto da tempo.

  2. Silvio andreucci
    9 giugno 2019 at 16:41

    Quando le battaglie contro le discriminazioni sessuali cessano di essere un lato del programma delle sinistre e assumono carattere monotematico,c è da domandarsi se l insistenza propagandista sui cosiddetti “diritti civili”non sia un alibi per mascherare la volontà di nn combattere più per la tutela dei”diritti sociali”(salute,previdenza) con la conseguente passiva accettazione della”destra economica” e del suo turbo liberismo

  3. Enrico
    14 giugno 2019 at 16:39

    “E, ancora, al fatto che la loro richiesta di essere considerati in tutto e per tutto anche uguali (matrimonio, adozioni e così via) agli etero sia pienamente legittima e sostenibile”. Ha dimenticato di citare l’utero in affitto: sarà incluso nel “e così via”. Io penso il contrario e che tali richieste (matrimonio, adozioni) siano tutt’altro che legittime. Sono false libertà e potrei esibire tonnellate di titoli che mi hanno convinto di questa posizione… Questo esordio da parte dell’autore mi ha scoraggiato dal proseguire la lettura : è meglio che ci meditiate un po’ su, siete ancora fermi a questa solfa. D’accordo invece col lettore Silvio Andreucci. Non lamentatevi poi se sparite dal teatro politico mentre aspettate che il capitalismo si realizzi pienamente nella sua forma e la dittatura del proletariato possa iniziare (chi la inizia? Gay e lesbiche felicemente sposati? Vendola? Adesso che è mammo è sparito dai radar…Con ‘sti opportunisti la sinistra è morta e sepolta! Avete sperperato un bagaglio politico ed elettorale ricchissimo per andare a servizio del capitale e difendere l’indifendibile per darvi un tono da indiani nella riserva. La parola traditori è ancora troppo poco…. ma dai….alla fine mi avete anche fatto incazzare).

    • Fabrizio Marchi
      15 giugno 2019 at 2:07

      In questo giornale c’è una dialettica e a volte non siamo tutti sulle stesse posizioni rispetto a tutti gli argomenti. E’ il caso di questo articolo di Alberto Benzoni, e infatti ho avuto modo di spiegargli la mia critica a voce.
      Alberto Benzoni è un autorevole intellettuale socialista con il quale ho personalmente un ottimo rapporto politico e soprattutto umano, di profonda stima e amicizia, ma non rappresenta la linea politica dell’Interferenza anche se su molte questioni siamo d’accordo.
      Però bisogna anche saper cogliere i messaggi fra le righe e mi pare che tu da questo orecchio, scusa la franchezza, non ci senti molto. La politica è complessa ed è dialettica, e non si fa a slogan.
      E poi parli al plurale, ti rivolgi a tutti noi quando avresti dovuto rivolgerti solo all’autore dell’articolo, perché se ci segui dovresti conoscere perfettamente la nostra posizione sul femminismo così come sui movimenti Lgbt (che del femminismo sono una costola), e dovresti sapere che la nostra critica è nettissima. Questo non significa essere contrari per principio a tutto ciò che arriva da quel mondo. Io ad esempio non sono contrario per principio al matrimonio gay (mentre sono contrario all’adozione), perché penso che tutti debbano godere degli stessi diritti. Dopo di che sono assolutamente convinto che l’attuale movimento Lgbt sia parte organica dell’ideologia capitalista così come lo è l’attuale sinistra. E’ bene fare chiarezza sulle cose. Io sono un antifemminista dichiarato e radicale ma sono per la assoluta parità di diritti fra uomini e donne.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dichiaro di essere al corrente che i commenti agli articoli della testata devono rispettare il principio di continenza verbale, ovvero l'assenza di espressioni offensive o lesive dell'altrui dignità, e di assumermi la piena responsabilità di ciò che scrivo.