Gay Pride: la “rivoluzione” colorata che cambierà il mondo…

La foto che vedete qui sotto mostra una squadriglia della flotta aerea britannica, cioè della seconda potenza imperialista del pianeta – quella che bombarda allegramente qua e là in giro per il mondo – che sfreccia con i colori arcobaleno durante il Gay Pride di Londra, fra grida di giubilo e lodi a Sua Maestà da parte dei partecipanti.

D-y4ienWkAYdip3

Qui sotto potete invece vedere le automobili della polizia americana vestite a festa, naturalmente con i colori arcobaleno, durante il Gay Pride di San Francisco (la stessa cosa si è ripetuta in tutti i Gay Pride in tutte le città americane):

auto-della-polizia-con-bandiera-gay-in-san-francisco-pride-parade-2016-gcftga

Ovviamente è la stessa polizia che spara sui neri nei ghetti e sui messicani al confine con la California e il Nuovo Messico; il braccio armato del sistema giudiziario americano che spedisce nelle patrie galere un quarto dell’intera popolazione carceraria mondiale (in gran parte neri e ispanici). Però vuoi mettere essere ammazzati o arrestati da un poliziotto gay o da una poliziotta lesbica. Cambia tutta la prospettiva…

Questa che vedete sotto, versione arcobaleno, è invece la Casa Bianca, cioè il palazzo presidenziale della più grande superpotenza mondiale, quella che si è caricata sulle spalle l’onere di difendere la libertà dei popoli, i diritti e la democrazia in tutto il mondo, costi quel che costi:

la-casa-bianca-arcobaleno-dopo-la-sentenza-sui-matrimoni-gay-746219

In ultimo, ma non per ultimo, qui abbiamo la foto di due soldati israeliani gay (Israele è il paradiso del mondo Lgbt) che si tengono per mano. Gli stessi che fanno il tiro al bersaglio a Gaza sui palestinesi. E però, anche in questo caso, vuoi mettere essere centrati da un cecchino gay o da una cecchina lesbica. Tutta un’altra prospettiva…

soldati-gay-israeliani_650x435

Queste immagini confermano, anzi, rendono evidente il potenziale sovversivo, direi, senza esitazioni, rivoluzionario del movimento Lgbt, parente stretto, anzi strettissimo, se non una vera e propria costola, del femminismo. Era proprio quello che noi tutti auspicavamo e di cui sentivamo la necessità. Una bomba termonucleare piazzata nel cuore dello stato e dell’impero. La “specificità” che trasformerà il mondo, i rapporti di produzione capitalistici, le diseguaglianze sociali, che porrà fine allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, all’imperialismo, al colonialismo. Forse anche ai maremoti.

E pensare che una volta, tanti, ma tanti anni fa (come nelle favole…), c’erano dei movimenti omosessuali che addirittura inorridivano alla sola idea di rivendicare il diritto di sposarsi, perché consideravano il matrimonio una istituzione borghese, anzi, l’istituzione borghese per eccellenza. Oggi sfilano festanti salutati dalle “frecce arcobaleno” dei bombardieri di Sua Maestà la Regina…
E che vogliamo fare, i tempi cambiano, non sempre in meglio…

19 commenti per “Gay Pride: la “rivoluzione” colorata che cambierà il mondo…

  1. Giulio larosa
    8 luglio 2019 at 13:52

    perfettamente d’accordo, la gente pero’ lo sa e se ne e’ accorta. Arrivera’ il giorno del giudizio pure per loro e riceveranno per quello che hanno seminato. Odio, classismo, settarismo, ghettizzazione.

  2. armando
    8 luglio 2019 at 15:03

    ora si sono inventati anche il baby gay pride, una mostruosa manifestazione in cui si vogliono lgbtizzare anche i bambini. E’ proprio vero che il capitale non sopporta limiti di sorta, se non quelli che gli vengono imposti dall’esterno con la forza.

  3. Silvio andreucci
    9 luglio 2019 at 23:47

    Ritengo il Gay Pride il movimento LGBT no solo veicoli di dissluzione morale m anche pseudo rivoluzionari,si tratta di fenomeni che distruggono la tradizione e la comunità e che al tempo stesso sono controproducenti per la rivoluzione,rispondo solo agli interessi di una sinistra radicalchic nemica del popolo e delega classi lavoratrici,che incapace di tutelare i diritti sociali ha assunto come​ diversivo la propaganda dei”diritti civili”

    • not in my name
      2 gennaio 2021 at 12:00

      VENDOLA, L’AGENZIA USA RIVELA: PREVENTIVO PER UN PARTO? ALMENO 140.000 DOLLARI *

      Ecco quanto costa avere un figlio da madre surrogata nell’agenzia californiana “Extraordinary Conceptions” a cui si sono rivolti l’ex governatore della Puglia Nichi Vendola e il suo compagno Eddy Testa. (Settimanale Oggi, Martedì, 8 marzo 2016)

      Partendo dall’iscrizione al sito l’articolo descrive e illustra i cataloghi on line delle 2.090 ragazze donatrici di ovuli e delle 280 portatrici del feto, radiografate in ogni minimo dettaglio fisico ed esistenziale, attraverso dati anagrafici, tratti e caratteristiche fisiche, approfondimenti su storia familiare e condizioni di salute, interviste su studi, impiego, abitudini, religione, interessi, passioni ed eventuali vizi, per finire con un album fotografico dall’infanzia all’età adulta.

      Partendo da un preventivo di 140 mila dollari per un parto singolo, il settimanale Oggi scompone il costo di un figlio da madre surrogata in tutte le voci più importanti.

      Come hanno fatto Nichi Vendola e il compagno, gli aspiranti genitori devono aprire un conto fiduciario presso un istituto finanziario americano, per sostenere via via i costi della creazione dell’embrione e del suo impianto nell’utero della madre surrogata, i compensi alla donatrice e alla portatrice, le spese legali e il rilascio del passaporto americano per il neonato.

      Per la fase iniziale di espianto dell’ovulo, donazione del seme dell’aspirante genitore e creazione dell’embrione si spendono circa 25 mila dollari, suddivisi tra diritti di agenzia (6.250), spese legali (1.750), assicurazioni mediche, spese di viaggio e compenso della donatrice, in media sui 10 mila dollari.

      Il conto si fa più salato nella fase di impianto dell’embrione, gestazione e parto. Prima occorrono 5.000 dollari per gli esami clinici più 1.500 per i test di idoneità psicologica della portatrice e degli aspiranti genitori. Poi si passa a 25 mila dollari per diritti d’agenzia, indennità mediche e consultazioni psicologiche. Terza fase: 35 mila dollari di compenso che sarà versato alla portatrice in 10 rate mensili. L’ultimo esborso, di 40 mila dollari, serve metà per le spese mediche e pratiche legali di costituzione del legame parentale e metà a titolo di indennizzo della madre surrogata per eventuali assenze dal lavoro, premi assicurativi, rimborsi, spese di baby sitter e di guardaroba pre-maman.

      Le cifre sono frutto di una stima e possono variare anche a seconda dello stato di residenza della madre surrogata.

      http://www.affaritaliani.it/costume/vendola-costi-passaggi-del-concepimento-straordinario-411077.html

  4. Panda
    10 luglio 2019 at 23:21

    A me sembra il tentativo di mettere in piedi una religione civile dell’individualismo. In America può attaccare, lì sarebbe in fondo una variazione su un modello già collaudato; qui da noi penso sarà più difficile.

    Certo, per vederci anche una molecola di anticapitalismo ce ne vuole di fantasia…

  5. 10 luglio 2019 at 23:58

    Non c’è nulla di rivoluzionario nei movimenti gay. Ma sarei prudente dall’attaccarli duramente per due motivi:

    1) sicuramente in varie parti del pianeta i gay sono discriminati. esistono ancora sacche conservatrici in italia che rende problematico a questo gruppo di persone poter vivere liberamente la propria sessualita’. il mainstream politicamente corretto in voga nelle istituzioni e nei media non è penetrato al 100% nella popolazione come dimostra del resto il successo elettorale della destra “rozza” oggi incarnata da Salvini ma anni e per decenni da Berlusconi

    2) se è giusto dire che i movimenti gay non sono rivoluzionari, è bene sempre evitare di farli sovrapporre al potere. il movimento gay non è uno strumento in mano al potere né il potere. gli ebrei non dominano il mondo ma neanche i gay.

    • Panda
      11 luglio 2019 at 15:53

      @MaIn: A parte la chiusa, che sa un po’ di reductio ad Hitlerum (un po’ di fantasia, almeno), sembri in qualche modo presupporre che questa strumentalizzazione (di questo, mi pare, si stia parlando), sia comunque in qualche modo giovevole al riconoscimento della pari “dignità sociale”, per usare un’espressione costituzionale, dei gay. A me pare che ci sia più di qualche motivo per dubitarne:

      https://time.com/5613276/glaad-acceptance-index-lgbtq-survey/

      Ciò detto “il potere” (diciamo meglio: le classi dominanti) può usare le idee di qualsiasi movimento e cooptarne i vertici, tanto più facilmente quando si tratti di movimenti interclassisti. Lo ha fatto in passato con la religione, non senza qualche frizione, non si vede perché non potrebbe farlo oggi con un movimento omosessuale ridotto ad antidiscriminazione (“la lotta per l’eguaglianza formale – e cioè la lotta contro tutte le discriminazioni basate sull’origine sociale, sulla nazionalità, sulla razza, sul credo, sul sesso, ecc. – è rimasta una delle caratteristiche più spiccate della tradizione liberale”: questo è von Hayek, per la cronaca) e ingiunzione alla jouissance individuale. E’ una circostanza di cui anche molti omosessuali socialmente sensibili sono da tempo perfettamente consapevoli: vedi per esempio questo servizio di Owen Jones: https://www.youtube.com/watch?v=_uc_tPvXFwc

  6. renato
    15 luglio 2019 at 16:31

    Visti i buoni rapporti che abbiamo con gli amici e compagni di “Antisessismo- questione maschile più lgbt” , non mi è sembrata una buona idea questo articolo. Rischiamo veramente di spingere il movimento gay nelle braccia del femminismo come vuole la vulgata dominante invece che acuirne i momenti di frattura e contraddizione con questo. Inoltre, un approccio interlocutorio con le loro tematiche ci consente di articolare un discorso antimisandrico veramente differente da quello portato avanti ( si fa per dire) dalla destra.
    Gli amici e compagni di “antisessismo” sono sempre stati al nostro fianco nelle battaglie sulla questione maschile, una battaglia anch’essa sui diritti civili, quindi sovrastrutturale e quindi, già in partenza, “recuperabile dal sistema”.
    L’ossessione della recuperabilità non è certo nuova ed abbiamo verificato che non esistono lotte non recuperabili ma, non per questo, dobbiamo restare puri e duri, dediti all’edificazione del partito aspettando le condizioni ideali per la rivoluzione (stile “lotta comunista”). D’altronde, l’esperienza insegna che anche le lotte operaie sono recuperabili e spesso sono stati sufficienti giusto un po’ di spiccioli.
    Una volta i gay detestavano la famiglia borghese ed ora reclamano il diritto a formarne una e allora? Anche noi, compagni etero, biascicavamo di libero amore, abolizione della famiglia, ecc. e non mi pare che qualcuno di noi viva ora in una “comune”: siamo tutti o sposati o single proprio come i “borghesi”.

    • Fabrizio Marchi
      15 luglio 2019 at 18:23

      No, scusa, Renato, noi abbiamo ottimi rapporti solo con alcuni amici e compagni di “Antisessismo” e ci teniamo a mantenerli. Ma questo non significa tapparsi gli occhi di fronte alla realtà. E quanto scritto nell’articolo è solo e soltanto realtà, non immaginazione o interpretazione.
      Noi non ce l’abbiamo con i gay, ovviamente, e altrettanto ovviamente non ce l’abbiamo neanche con le donne, ma con l’ideologia femminista di cui quella gender e lgbt è una costola. Ora, per non guastarci il rapporto con tante donne (ormai sono anche diverse…) che sono in una posizione critica nei confronti del femminismo e alcune, anche se poche (come del resto i nostri amici gay di Antisessismo), anche vicine a noi, non dovremmo criticare il femminismo?
      Non riesco a capire questa tua posizione, sinceramente. Le contradizioni del movimento lgbt sono evidenti. Dovremmo far finta di nulla? A che pro? Forse chiudendo gli occhi facciamo un favore alla causa? E perché poi i nostri amici gay di Antisessismo dovrebbero arrabbiarsi? Abbiamo forse detto qualcosa di sessista nei loro confronti o nei confronti dei gay? Io direi invece che è il movimento lgbt che dovrebbe interrogarsi sulla sua deriva. Da un certo punto di vista noi gli stiamo dando una mano.
      Mettendo la testa sotto la sabbia non si va da nessuna parte. E non è affatto questione di purismo. La mediazione politica è un’altra cosa. Mutatis mutandis, il tuo discorso allora si potrebbe fare anche col femminismo. Cosa cambia, scusa? Dovremmo starcene zitti o dire le cose per metà per timore di diventare invisi a molte donne? Questo purtroppo lo dobbiamo dare per scontato.
      Questo tuo discorso si potrebbe fare per tutto, ma veramente per tutto. Non dovremmo criticare il PD e la sinistra per non inimicarci tante persone in buona fede che votano per quel partito e i suoi alleati? Non dovremmo criticare la Lega perché in fondo anche lì ci sono tante persone con le quali è doveroso dialogare? Se è per questo io ho sottoposto a critica (in passato anche abbastanza dura, anche se mai come quella che ho rivolto al PD e alla Lega, poi ho modificato la mia posizione perché la realtà me l’ha fatta modificare…) anche il M5S pur restando convinto che è in primis con quel popolo che li ha votati che dobbiamo assolutamente dialogare.
      Quindi non riesco a capire. Le questioni poste nell’articolo sono evidenti, oggettive, e sono in fondo in buona parte le stesse che rimproveriamo al femminismo. Non dovremmo evidenziarle? Io credo invece che se i nostri amici e compagni di Antisessismo condividono le nostre tesi, non possono che condividere la critica politica che è stata mossa in questo articolo. Se non la condividono, allora è giusto che emerga questo dissenso, perché vuol dire che ci sono punti di vista differenti.
      Ma mai e poi mai dobbiamo rinunciare alla nostra libertà di critica, specie in questa fase. Il movimento lgbt, come quello femminista, è di fatto organico al sistema capitalista dominante, e il nostro compito è proprio quello di spiegare alle donne e ai gay come stanno le cose.
      Personalmente non vedo alternative.
      Ciò detto, non ci attacchiamo alle questioni marginali. Quella del matrimonio che una volta i gay rifiutavano era una provocazione, anche se fondata su un fatto vero. Il cuore dell’articolo è un altro, e lo hai capito benissimo. E cioè la assoluta e totale organicità ideologica di quel movimento, quanto meno della sua grandissima maggioranza, al sistema dominante.
      Allego questo articolo di un attivista lgbt pubblicato sul Fatto Quotidiano che mi sembra estremamente eloquente e conferma la nostra analisi: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/30/al-pride-questanno-non-ci-vado-evitero-la-parata-delle-multinazionali/5291398/?fbclid=IwAR0KMz9fxmY9_8C3p9cpUkZe0Z8n0Tjx_WjAKWAAFXSAgBp_rzL8IZtp0FE

      • renato
        17 luglio 2019 at 12:11

        La prima frase del mio intervento precedente è decisamente fuori luogo. Poteva starci in un colloquio verbale e informale ma in un intervento scritto suona censorio. Ne faccio ammenda e cerco di spiegarmi meglio.

        Il tuo articolo è estremamente critico nei confronti del movimento lgbt: le loro tesi sarebbero divenute parte integrante del nuovo oppio dei popoli, cioè il politicamente corretto.
        Ciò è vero anche se solo in parte e lo possiamo vedere dagli attacchi che subiscono dalla destra, niente a che vedere con le tesi femministe che sono venerate da tutti gli schieramenti.
        D’altronde essere “recuperato dal sistema” è il destino di chi ha successo, anche quando si parte super eversivo. Gli amici e compagni di “antisessismo”, pur interni al movimento, fanno un discorso critico mentre potrebbero starsene al calduccio del pensiero unico e per questo meritano la nostra fiducia e il nostro appoggio.
        Nell’articolo non si faceva accenno a voci critiche o diversificate all’interno e tutto il movimento, senza sbavature, veniva definito costola del femminismo.

        Se poi l’accusa è che il movimento lgtb agita tematiche interclassiste, anche le nostra battaglia per i diritti maschili lo è. Un domani ci potremmo trovare (magari!) ad affrontare le loro stesse contraddizioni. D’altronde, anche dure battaglie operaie sono state recuperate dal sistema con una manciata di spicci.
        Il movimento lgbt mette sul piatto alcune rivendicazioni concrete, matrimonio, adozioni figli, ecc. noi che ne pensiamo? Non possiamo rifiutarli in blocco solo perché non ci piace il loro folklore.
        Libertà di critica, certo ma se è lecito dire quello che si pensa, bisogna anche pensare a come lo si dice se si vuole essere capiti.
        La critica non solo non deve contenere insulti palesi ma nemmeno deve essere troppo tranchant altrimenti ci troveremo solo altri nemici. Il tuo articolo travisa il tuo pensiero reale (credo) e la prova è in quei commenti plaudenti decisamente retrò.

        • Fabrizio Marchi
          18 luglio 2019 at 11:24

          No, scusa, Renato, allora…
          I nostri personali amici di Antisessismo non rappresentano nulla all’interno del movimento lgbt, anzi, loro stessi mi hanno confermato che la loro è una sorta di battaglia contro i mulini a vento. La loro vicinanza alle nostre posizioni è a livello del tutto individuale e personale. Diverso sarebbe stato se all’interno del movimento lgbt ci fosse stata una corrente che avesse portato avanti le nostre posizioni. La qual cosa già avrebbe da quel dì provocato lacerazioni enormi all’interno di quel movimento. Ma non è assolutamente così. Quindi la questione che poni non esiste.
          Semmai il mio articolo è proprio un tentativo di stimolare quei compagni (e ce ne sono, e infatti abbiamo anche discusso con un paio di loro su fb) che sono all’interno del movimento, per far emergere le contraddizioni. E infatti (però pare che tu non lo abbia neanche letto…) ti ho postato quell’articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano di quell’attivista gay che dice più o meno le stesse cose che ho detto io nel mio articolo…Vallo a leggere…
          Sull’interclassismo. Sei in (grave) errore. La nostra linea (come Uomini Beta, intendo, ma anche dalle pagine di questo giornale) è sempre stata quella di partire da una analisi di classe e abbiamo sempre sottolineato come il femminismo (e i suoi derivati) sia funzionale e organica al sistema capitalista. Che poi questa situazione finisca a volte per colpire anche i maschi appartenenti alle elite dominanti è altro discorso. Ma la nostra analisi è molto chiara. Non siamo noi che dobbiamo uscire da chissà quale contraddizione (che non abbiamo in tal senso), è il movimento femminista e naturalmente anche quello lgbt. E proprio quell’articolo che a questo punto ti riposto mette in evidenza tale contraddizione https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/30/al-pride-questanno-non-ci-vado-evitero-la-parata-delle-multinazionali/5291398/?fbclid=IwAR0KMz9fxmY9_8C3p9cpUkZe0Z8n0Tjx_WjAKWAAFXSAgBp_rzL8IZtp0FE
          Il fatto che il sistema sia estremamente sofisticato e in grado di assorbire tanti movimenti originariamente critici nei suoi confronti non cambia di una virgola il discorso che sto facendo, anzi lo conferma. Il mio articolo (e altri che ho scritto) vuole proprio evidenziare questo processo, e ha lo scopo di far riflettere quei gay sull’evoluzione (involuzione…) del loro movimento. E infatti parecchi (comunque una minoranza esigua) ne sono consapevoli e me lo hanno anche confermato. Non è certo con loro che c’è il problema.
          Sulle rivendicazioni poste dal movimento lgbt. A volte, scusa, ho l’impressione che tu parli senza aver letto o esserti documentato. Io personalmente sono favorevole al matrimonio gay anche se ritengo che sia una battaglia di retroguardia e che palesa una sostanziale volontà di omologazione. Ne ho parlato qui: http://www.uominibeta.org/articoli/gay-dal-diritto-alla-diversita-allomologazione-borghese/
          Sono viceversa contrario all’adozione dei figli da parte delle coppie gay non perché pensi, OVVIAMENTE, che i gay o le lesbiche non possano essere dei buoni padri o delle buone madri. Ce ne saranno di ottimi e di pessimi né più e né meno degli eterosessuali. Sono contrario perché penso che maschile e femminile e materno e paterno non siano un mero costrutto culturale o un optional (come sostiene la variante genderista del femminismo e in particolare il movimento lgbt, per ovvie ragioni…) ma un fatto naturale. Sostenere che sia del tutto indifferente che ad allevare un bambino o una bambina siano un padre e una madre oppure due madri oppure ancora due padri (o a questo punto, anche una comunità di sole donne o di soli uomini, perché no?), significa oggettivamente dire che il maschile e il femminile sono del tutto indifferenziati, che non significano nulla, che non sono portatori di nessuna specificità e che quindi se ne può fare tranquillamente a meno. Io invece penso che non sia così. E mi stupisce che tu ancora non lo abbia recepito. Allora perché ci lamentiamo del fatto che la scuola è pressochè totalmente femminilizzata, scusa? Che senso avrebbe se anche noi pensiamo che maschile e femminile siano neutri? Mica solleviamo la questione della presenza maschile nella scuola per ragioni di potere (come fa invece il femminismo con le quote rosa nei parlamenti e nei CdA…). La solleviamo perché pensiamo appunto che la presenza maschile nella scuola, cioè nella fase educativa e formativa, sia fondamentale (come quella femminile…). Se così non fosse, se maschile e femminile fossero indifferenziati, il problema della scuola interamente femminilizzata non si porrebbe neanche né noi solleveremmo il problema (vorrei tanto vedere a parti invertite cosa sarebbe già accaduto…va bè…). Mi sembra anche molto evidente.
          A volte, ti dico la verità, mi sorprendono certe tue critiche, perché mi sembrano quelle di un neofita, di uno che si è avvicinato da pochissimo a queste questioni quando invece tu sei uno abbastanza esperto.
          Ciò detto, quale sarebbe l’atteggiamento giusto che dovremmo prendere? Non dire le cose? Tapparci la bocca? Evitare di criticare per cercare improbabilissime alleanze? Ma scusa, questo allora si potrebbe applicare anche al femminismo. Che ragionamento è? Ma già ti ho risposto su questo, mi stai di fatto obbligando a ripeterti le stesse cose…E’ ovvio che criticando il femminismo corriamo il rischio (ed è più che un rischio, è un fatto) di inimicarci una massa enorme di donne che crede in buona fede nel femminismo. Se è per questo, anche gli antifascisti si inimicarono masse intere che credevano in buona fede nel fascismo. Ti risulta che abbiano rinunciato all’antifascismo? Che razza di discorso è, scusa? A volte mi sconcerti un po’, te lo dico in amicizia, ovviamente… 🙂

        • Fabrizio Marchi
          18 luglio 2019 at 13:50

          P.S. Io credo piuttosto che questo tuo discorso nasconda in realtà il timore dell’isolamento. Lo capisco, è del tutto umano e comprensibile ma non possiamo farci nulla, è purtroppo scotto che paghiamo e che hanno pagato tutti coloro che sono andati veramente controcorrente…

  7. renato
    21 luglio 2019 at 16:49

    Avevo deciso di non replicare perché è evidente che non giungeremo mai a nessuna conclusione, nemmeno parziale. Poi, però, ci ho ripensato. Per ritrovare l’articolo, ho cliccato gay su cerca e mi è riapparso il tuo articolo nonché altri che, a colpo d’occhio, facevano l’impressione di un bel coretto omofobo. Ce ne era uno (non tuo), tutto lobby e dietrologia che aveva un che di delirante. Eppure un pregio lo aveva. Mostrava l’estrema complessità di ideologie e movimenti che si scontrano e si alleano. “Grande è il disordine sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente” diceva uno che la rivoluzione l’aveva fatta davvero. È proprio a questo “casino” che credo dobbiamo rapportarci con un discorso chiaro ma non semplicistico e soprattutto con un discorso antimisandrico strutturalmente differente da quello portato avanti ( si fa per dire) dalla destra.
    L’articolo che hai “linkato” è tutto un altro “genere letterario” rispetto al tuo. Si tratta,infatti, di una sorta di lettera di un militante interno al movimento deluso dell’andazzo dello stesso mentre il tuo articolo è una dura requisitoria fatta da un esterno contro il movimento lgbt. Cosa gli rimproveri? Di essere parte integrante del nuovo oppio dei popoli, il politicamente corretto. Questo è solo parzialmente vero (completamente vero rispetto al femminismo) ma veniamo a quelle che sono le istanze (alcune) del movimento con le quali potremo avere un atteggiamento interlocutorio. E’ chiaro, infatti, che l’uso che il sistema fa delle tematiche gender non vuol dire che non possano essere condivise. Contestavamo al cattolicesimo l’essere religione di stato ma, non per questo, istigavamo a uccidere, rubare e fare falsa testimonianza.
    Chiedevo delle NOSTRE risposte ad alcune tematiche specifiche (matrimonio, adozione), mi hai risposto con le TUE che peraltro conoscevo già perché ti leggo: matrimonio sì, figli no. Figli no perché per educare c’è bisogno di un uomo e di una donna. Naturalmente non va inteso come hanno bisogno di un cazzo e di una fica ma di ruoli maschile e femminile. Nel momento in cui si parla di ruoli, però, è evidente che siamo nel campo della cultura e non della natura. I ruoli sociali si formano per una serie di cause principalmente socio-economiche; certo, anche quelle legate al sesso biologico hanno un peso ma, sono cause talmente interrelate a quelle culturali, da rendere impossibile (e inutile) andarle a districare.
    Se abbiamo ruoli maschile e femminile che ruolo possiamo dare agli omosessuali che, per definizione, hanno qualche problemino con il loro sesso di origine (o con i relativi ruoli sociali?). Se ci limitiamo a considerare i ruoli, una coppia gay in cui uno è femminilizzato e l’altro ipervirilizzato (stile village people) somiglierebbe di più ad una famiglia tradizionale che le nostre coppie etero composte, sempre più, da soggetti in crisi di identità. Per altro verso da sempre, per motivi vari, ci sono stati ragazzi educati solo da uomini o da donne e non per questo sono stati più problematici degli altri.
    Metterci anche noi a difendere un simulacro di famiglia normale che già non esiste più, vuol dire che non teniamo conto della mutazione antropologica avvenuta e non riusciamo nemmeno a riconoscerla in noi stessi. Io, per es., credevo tanto di essere tradizionale ma, leggendo un cultore della tradizione come Veneziani ho scoperto che la mia famiglia composta un uomo, una donna, 4 gatti e un cane(famiglia etero – specifica) è quasi peggio di quella gay perché sostituisce i figli con animali e quindi contesta il ruolo degli umani nell’universo.
    Gender e femminismo sono sovrapponibili? Insomma. Il femminismo dell’uguaglianza è morto da un pezzo ora vige quello della differenza (leggi superiorità). Quindi si esalta lo specifico femminile e si denigra il maschile con toni razzisti/sessisti. A differenza dal gender che vede i ruoli sessuali come semplici “vestiti da indossare”, per le zazifem la femmina è per natura superiore al maschio. Inseguirle su questo terreno mi sembra folle e nemmeno tanto originale. Da sempre, per es., destra e sinistra si sono tirati la natura dalla loro.
    “Pur natura a tutti uguali diè diritti sulla terra”, recitava un canto anarchico, mentre a destra si piegavano le teorie di Darwin per naturalizzare il capitalismo.
    Tu dici che se non teniamo conto che maschio e il femmina sono portatori naturalmente di ruoli diversi cade tutto il nostro discorso antimisandrico. Se siamo intercambiabili, sostieni, perché contestare la femminilizzazione del settore educativo? Ma non c’è niente di più “naturale” che siano le femmine ad occuparsi dei bambini quindi il contestarlo significa rivendicare un ruolo per i maschi differente da quello assegnato da una supposta “natura”.
    A tal proposito vorrei citare un delirio di Fusaro (personaggio che all’inizio avevo preso sul serio) che contestava che ai maschi venisse insegnato a cambiare i pannolini perché pratica femminile. Bene, postato sul gruppo diritti maschili, ha suscitato per lo più reazioni negative. Il moNdo è cambiato, noi uomini siamo cambiati e non ci stiamo ad essere marginalizzati. Quindi, tornando alla questione scuola primaria, la nostra presenza è necessaria perché non vogliamo essere marginalizzati, costretti a svolgere unicamente lavori che lo sfruttamento sempre maggiore ha reso pesanti e pericolosi. Rifiutiamo di essere il sesso sacrificabile sull’altare del profitto.
    Come ho detto auspico un movimento antimisandrico di sinistra che articoli un discorso strutturalmente diverso da quello della destra, non che dica le stesse cose giustapponendole con “qualcosa di sinistra”.
    Su questa strada ritengo utile il confronto con “antisessismo”. Tu dici che sono ottime persone ma totalmente marginali nel movimento lgbt. Mah!, proprio noi che parliamo di marginalità pare strano e poi non mi sembra nemmeno vero. La loro pagina su fb, che dichiara a chiare lettere le loro posizioni, ha 45.000 mi piace e se sono marginali lo sono come noi nella sinistra dove però, a livello di base, possiamo contare più consenso di quello che sembra.
    Sarebbe utile un loro intervento su “l’interferenza” che possa aprire un dibattito il più ampio possibile così come sarebbe utile intensificare una dialettica con altri soggetti con i quali condividiamo alcune posizioni o, per lo meno,che non abbiano una chiusura preconcetta verso di noi. Non è che abbia paura dell’isolamento come un bambino ha paura del buio, essere isolati vuol dire essere politicamente morti.

    Neofita per sempre.

    • Fabrizio Marchi
      21 luglio 2019 at 22:13

      Allora, ti rispondo per punti:
      1) il gruppo “Antisessismo” su fb ha 45.000 iscritti perché pagano sistematicamente FB, lo fanno costantemente e questo fa sì che i loro articoli e il loro gruppo aumentino i lettori. Se lo facessimo anche noi (lo faccio anche io ogni tanto in occasione di qualche articolo) anche questo giornale avrebbe tanti più “followers” come si suol dire. Il loro gruppo è altresì seguito da molti/e proprio perché è volutamente generico e dentro c’è di tutto, compresi i nostri tre o quattro amici. I quali peraltro non ci hanno mai, e sottolineo, MAI, mosso le critiche stai muovendo tu a me in particolare. Sarebbe quindi interessante, a questo punto, che fossero loro, a pronunciarsi. Uno di loro ha anche più volte pubblicato articoli sull’Interferenza e anche su Uomini Beta, anche non molto tempo fa, scavalcandomi a “destra” o a “sinistra”, come si suol dire, a seconda dai punti di vista con cui si osservano le cose. In particolare, io avevo pubblicato questo articolo che voleva proprio dimostrare quanto noi fossimo (e siamo) per la totale e assoluta eguaglianza fra i sessi, sostenendo le donne del Kerala (una regione dell’India) in lotta per potere entrare nei templi induisti come gli uomini: https://www.linterferenza.info/editoriali/contro-ogni-discriminazione-a-prescindere/
      Alberto mi ha risposto con questo dettagliatissimo e bellissimo articolo sostenendo, con i fatti, una tesi senz’altro più eretica della mia, spiegando che in realtà non c’era nessuna discriminazione nei confronti delle donne e che anzi sono gli uomini ad essere discriminati in quel grande paese: https://www.linterferenza.info/attpol/sul-tempio-induista-sabarimala-lesclusione-delle-donne/
      Come dicevo, una posizione sicuramente più scabrosa di quella del sottoscritto (peraltro del tutto ignorante sul contesto indiano, a differenza sua) dal momento che osare teorizzare che in contesti come quello indiano o di altri simili paesi ad essere discriminati sono gli uomini e non le donne, significa andare contro l’ABC del mainstream femminista e politicamente corretto occidentale. Ad una presentazione del mio libro “Contromano” a Roma, sempre lui ha addirittura osato sostenere su per giù la stessa tesi relativamente all’Arabia Saudita (Audite! Audite!…).
      Questo per dire che chi è convinto delle proprie opinioni, le porta avanti, senza curarsi di ciò che penseranno gli altri e soprattutto le altre. Lui, a mio parere, essendo gay ed avendo metaforicamente oltrepassato il Rubicone, ha meno difficoltà rispetto ad un maschio eterosessuale a criticare anche radicalmente il femminismo perché i risvolti e le conseguenze personali, dal punto di vista psicologico, non lo vanno a toccare o comunque non come toccherebbero un maschio eterosessuale. Ma questo non toglie di certo nulla alla sua azione.
      Ciò detto, lo ripeto, lui ed altri due o tre amici, sono solo una minoranza di quelli che frequentano quel gruppo su fb, e sono sempre loro a dirmi (di persona) che la pressochè totalità del mondo gay e lesbico è totalmente impermeabile ad un discorso di critica al femminismo, per tante ragioni ma soprattutto perché loro stessi ammettono che il movimento lgbt è da sempre una costola del femminismo. Da questo punto di vista, quindi, la cosa migliore è che siano loro a condurre quella battaglia all’interno di quel mondo, non certo noi. Noi ne avremmo le credenziali, loro sì, per ovvie ragioni.
      2) Hai scritto:” Per ritrovare l’articolo, ho cliccato gay su cerca e mi è riapparso il tuo articolo nonché altri che, a colpo d’occhio, facevano l’impressione di un bel coretto omofobo. Ce ne era uno (non tuo), tutto lobby e dietrologia che aveva un che di delirante”.
      Ti riferisci senz’altro ad un articolo di Stefano Zecchinelli, certamente non mio. Non so quale sia, ma di sicuro Stefano NON è omofobo, anzi, ha sempre difeso e sostenuto i gay, le lesbiche e le transa dagli attacchi omofobi e fascisti, e lo ha fatto in tanti articoli. La sua critica non ha nulla a che vedere con l’omofobia ma fotografa un fatto reale e cioè che la maggior parte dei movimenti gay è finanziata da fondazioni di banche e multinazionali e che esistano, fra le altre, anche delle lobby gay. Non vedo dove sia il problema. Non esistono forse anche lobby femministe? La Clinton non è forse espressione di quelle lobby legate alla fazione liberal cosmopolita del capitalismo mondiale? E noi non dovremmo denunciare tutto questo per non restare isolati? Al contrario, (ma sto ripetendo quello che già ti ho scritto nella precedente risposta…) il nostro dovere è proprio quello di denunciare quelle ambiguità e quelle connivenze (e spesso la organicità) per far esplodere le contraddizioni anche e soprattutto all’interno di quel mondo, come è normale che sia. Tu invece vorresti che noi rimanessimo in silenzio rispetto a tali (strutturali) contraddizioni. Che ti devo dire, ciascuno fa quel che crede sia meglio.
      3) Hai scritto:” L’articolo che hai “linkato” è tutto un altro “genere letterario” rispetto al tuo. Si tratta,infatti, di una sorta di lettera di un militante interno al movimento deluso dell’andazzo dello stesso mentre il tuo articolo è una dura requisitoria fatta da un esterno contro il movimento lgbt”.
      Renato, abbi pazienza, giochiamo a fare i furbi? Quell’articolo arriva alle mie stesse identiche conclusioni e dice sostanzialmente le stesse cose. Non vedo dove sia la differenza. Certo, il suo è un approccio diverso essendo lui stato un attivista di quel movimento. E allora? Cosa cambia nella sostanza? Il suo è anche più efficace del mio, appunto perché scritto da un gay e attivista del movimento lgbt. Non riesco a vedere le ragioni della polemica, francamente, che mi sembra in questo caso del tutto gratuita.
      4) Sulla questione dei ruoli, dove tu mi accusi sostanzialmente di avere le stesse posizioni della destra. Tu scrivi:” Nel momento in cui si parla di ruoli, però, è evidente che siamo nel campo della cultura e non della natura. I ruoli sociali si formano per una serie di cause principalmente socio-economiche; certo, anche quelle legate al sesso biologico hanno un peso ma, sono cause talmente interrelate a quelle culturali, da rendere impossibile (e inutile) andarle a districare”.
      Ti contraddici. Prima affermi (a mio parere sbagliando) che nel momento in cui si parla di ruoli siamo nel campo della cultura e non della natura e poi invece dici che anche quelle biologiche hanno un peso (ed è vero) e sono interrelate a quelle culturali (ed è vero).
      Veniamo al primo punto. La divisione sessuale del lavoro, che ha caratterizzato da sempre la storia dell’umanità è stata dovuta a cause oggettive, cioè fisiche, biologiche, ambientali, che hanno determinato quella divisione sessuale del lavoro che il femminismo ha reinterpretato come discriminazione nei confronti delle donne. Su questo abbiamo da sempre scritto molto, mi meraviglia di doverci tornare per l’ennesima volta sopra con uno come te che dovrebbe essere ormai avvertito su questi temi. Dopo di che (anche su questo abbiamo scritto fiumi di inchiostro, forse è ora che tu ti decida a leggere i libri scritti da Rino Della Vecchia, più modestamente anche dal sottoscritto e anche da altri) è evidente che l’essere umano è un essere naturale e culturale nello stesso tempo, ed è proprio questa la sua peculiarità rispetto a tutte le altre specie. Per cui è ovvio che le cause di ordine biologico sia siano mescolate e sovrapposte con quelle culturali, e questo da sempre, fin da quando siamo scesi dagli alberi e ci sia drizzati su due gambe.
      5) Tu scrivi:” Se abbiamo ruoli maschile e femminile che ruolo possiamo dare agli omosessuali che, per definizione, hanno qualche problemino con il loro sesso di origine (o con i relativi ruoli sociali?”
      Se dici agli lgbt che loro hanno qualche problemino con il loro sesso di origine, ti mangiano vivo. E lo dici proprio tu che non vorresti affrontare certe contraddizioni per cercare di conquistare consensi o appoggi fra le loro fila. Io invece, guarda un po’, NON penso affatto che abbiano un “problemino” perché penso che l’omosessualità sia un fatto NATURALE né più e né meno della eterosessualità (cosa che NON pensa affatto la destra, nelle sue più varie declinazioni…) ma che proprio questa loro condizione naturale non preveda il fatto di avere dei figli. Questo – COME HO RIPETUTO MA PARE CHE NON CI SENTI – non significa che non possano essere dei buoni genitori in quanto gay (sarei un sessista a pensare questo); ce ne saranno di ottimi e di pessimi, né più e né meno degli eterosessuali. Significa soltanto che, a mio parere, un figlio (maschio o femmina che sia) al fine di una crescita relativamente equilibrata ha necessità delle polarità maschile e femminile. Volendo fare un esempio banale, si può crescere anche a base di sole vitamine senza proteine e viceversa ma io credo che sia meglio averle entrambe. Se (MA MI STAI COSTRINGENDO A RIPETERMI, la qual cosa diventa anche un po’ noiosa per entrambi) maschile e femminile sono del tutto indifferenti (come di fatto anche tu sostieni pienamente allineato all’ideologia gender), allora un figlio o una figlia possono essere cresciuti – perché no – anche da un gruppo di soli uomini o di sole donne. Cosa che in effetti è possibile, anzi, possibilissima. Io però penso che gli mancherebbe qualcosa. Proviamo a pensare ad un bambino cresciuto da sole donne o da soli uomini (cosa che è accaduta e accade spesso). Io penso che gli mancherebbe qualcosa. Ciò non significa (MI STO RIPETENDO ALL’INVEROSIMILE) che un bambino cresciuto in una coppia eterosessuale non possa avere problemi. Né significa che quello cresciuto da sole donne o da soli uomini debba necessariamente averli. NON STIAMO DISCUTENDO DI QUESTO. Ne potrà avere e non ne potrà avere, magari di diverso tipo, e lo stesso vale per un bambino cresciuto da una coppia gay o lesbica o eterosessuale. Il punto è un altro. Il sesso biologico ha un peso o non ne ha alcuno? L’essere maschi o femmine ha un peso o non ne ha alcuno? Se non ne ha alcuno, allora avete ragione tu e l’ideologia gender. Io invece non credo che le cose stiano così perché credo che il sesso, l’essere cioè maschi o femmine, non è indifferente, ma anzi è determinante, nelle rispettive specificità, nel formarci come uomini e come donne. Su questo, devo dire, anche il femminismo della differenza la pensa nella stessa maniera, anche se, ovviamente, lo fa dal suo punto di vista e con l’interpretazione sessista che sappiamo…Ma è il sessismo il problema, non il sostenere l’idea della differenza (cioè la famosa diversità) fra i sessi che è un fatto del tutto naturale che va a condizionare anche l’aspetto psicologico, il modo di stare al mondo, le diverse inclinazioni, il modo di vivere le emozioni ecc. ecc. Non è un caso che il femminismo genderista sia oggi osteggiato da molte femministe, specie quelle della differenza (ma non solo).
      Ciò detto, secondo te un gay o una lesbica possono avere un ruolo solo se come padri e madri in senso tradizionale? Ci sono mille modi di essere padri e madri e certo non solo quello di crescere un figlio. Tu che sei un insegnante e che non hai figli tuoi dovresti saperlo molto meglio di me…O pensi di essere soltanto uno che entra in classe e recita la sua pappardella di nozioni a memoria ad una classe più o meno distratta? I gay e le lesbiche rivendicano il “diritto” ad allevare figli. E’ un “diritto” o un desiderio? Secondo me è il secondo, non il primo, il fatto che sia posto come un diritto è a mio parere, un escamotage ideologico per arrivare all’obiettivo. Il senso è molto chiaro. Io sono gay o lesbica, non posso avere figli naturali e allora spaccio il mio desiderio come un diritto. Ma questa è una manipolazione ideologica. Sarebbe intanto molto più intellettualmente onesto riconoscere che si tratta di un desiderio e NON di un diritto. Allora la questione potrebbe anche essere affrontata. Il diritto, semmai, è quello del bambino, ad essere allevato da una famiglia relativamente equilibrata. Il relativamente lo metto sempre perchè siamo umani e non certo superuomini quindi tutti/e, eterosessuali, omosessuali, bisessuali, queer e chi altri, siamo soggetti alle nevrosi e a tutte le problematiche di vario genere a cui siamo soggetti.
      Penso altresì, ma anche su questo ho scritto molto, che la “legge del desiderio” (e chi scrive non è certo un bacchettone né tanto meno un calvinista votato al lavoro e alla fede cieca in Dio e nella predestinazione…) non sia sempre e necessariamente la via della libertà e della liberazione. Il desiderio è un concetto molto relativo che può essere declinato in molti modi. Il capitalismo, ad esempio, lo declina a suo modo. Per me desiderare di possedere una automobile di lusso non è affatto un desiderio naturale (infatti a me non me ne è mai fregato un cazzo…) ma per tantissima gente lo è, eccome. Il desiderio illimitato, oltre che a sposarsi con il capitalismo, che lo declina a suo modo, può sposarsi anche con il concetto di volontà di potenza. La ragione è molto semplice:” Ho un desiderio? Chi è che può impedirmi di realizzarlo? Niente e nessuno, è un mio desiderio e lo trasformo in un diritto. Quindi il mio desiderio diventa un diritto. Credo invece che le cose siano più complesse e, ripeto, chi scrive non è certo (né lo è mai stato) una sorta di castigatore dei costumi e delle libertà individuali, a tutti i livelli. Al contrario, ho sempre sostenuto la libertà di tutti/e alla propria realizzazione personale, professionale, umana, sessuale, culturale, alla liberazione da ogni legaccio o catena, da ogni forma di alienazione. Ma proprio per questo penso che il concetto di desiderio possa essere relativo e debba essere maneggiato con cura. Voglio comprami un figlio con la maternità surrogata (la chiamano così perché anche i suoi sostenitori si vergognano di chiamarla per quella che è: utero in affitto)? E chi me lo impedisce? E’ un mio desiderio, perché dovrebbe esserci un limite? Chi stabilisce questo limite? Perché non dovrebbe essermi permesso (prassi ormai in voga sia nelle coppie lgbt che eterosessuali) di comprami un figlio da una donna che me liberamente me lo vende? E perché, il rapporto di produzione capitalistico non è formalmente un rapporto di scambio fra liberi, fera capitale e lavoro? Posta in questo modo tutto può diventare un limite alla libertà…
      6) Tu scrivi:” Metterci anche noi a difendere un simulacro di famiglia normale che già non esiste più, vuol dire che non teniamo conto della mutazione antropologica avvenuta e non riusciamo nemmeno a riconoscerla in noi stessi”.
      Io non ho MAI, e dico MAI, celebrato la famiglia tradizionale o “normale” come luogo di chissà quale armonia. Al contrario. Sarei un conservatore o un neoconservatore se lo avessi fatto e lo facessi. Ma così come non ho mai celebrato quella tradizionale, al contempo non ho mai celebrato e non celebro quella non tradizionale. Se lo facessi sarei un allineato al nuovo pensiero mainstream per le ragioni che ho spiegato qui: https://www.linterferenza.info/attpol/gay-pride-e-family-day-progressisti-e-conservatori/
      Il punto è sempre quello: maschile e femminile sono un mero costrutto culturale oppure un fatto naturale? La risposta per me è ovvia. E allora se si cerca di piegare le questioni naturali in favore di questioni culturali, anzi ideologiche, allora siamo in presenza di un processo di manipolazione ideologica. L’ideologia gender rovescia completamente l’ordine dei fattori sostenendo che la famiglia tradizionale sarebbe un mero costrutto culturale, appunto perché per loro la sessualità biologica non ha nessuna importanza, è un fatto del tutto indifferente e irrilevante. Per me, con tutto il rispetto, è una follia, è come dire che fra l’acqua e la terra non c’è nessuna differenza, che l’estate e l’inverno sono la stessa cosa, che il mare e le montagne ecc. ecc. ecc. Ma questa è una opinione del tutto personale.
      7) Tu scrivi:” Il femminismo dell’uguaglianza è morto da un pezzo ora vige quello della differenza (leggi superiorità). Quindi si esalta lo specifico femminile e si denigra il maschile con toni razzisti/sessisti. A differenza dal gender che vede i ruoli sessuali come semplici “vestiti da indossare”, per le zazifem la femmina è per natura superiore al maschio. Inseguirle su questo terreno mi sembra folle e nemmeno tanto originale”.
      Innanzitutto sei in errore perchè il femminismo dell’eguaglianza non è morto affatto perché è tuttora quello dominante, è quello delle quote rosa, delle donne soldato e poliziotte (mai però nelle miniere e nei cantieri edili…), delle Boldrini che festeggiano davanti alla tv per le vittorie della nazionale di calcio femminile. E’ il femminismo che come e più degli altri aderisce in toto all’ideologia neoliberale e capitalista dominante. Quello che occupa anche molto concretamente i posti di potere. E’ il femminismo delle Lagarde, delle Vo der Leyen, della Boldrini, della Bongiorno, e via discorrendo.
      Dopo di che dici – contraddicendoti con quanto hai affermato in tutto il tuo commento – che il femminismo genderista vede i ruoli sessuali come meri “vestiti da indossare”. Mettiti d’accordo, Renato. O il sesso è un mero “vestito da indossare” e allora hai ragione nel sostenere quanto sostieni oppure non lo è perché è un FATTO NATURALE, con tutto ciò che ne consegue (eguaglianza nella diversità).
      Ciò detto, chi è che inseguirebbe il femminismo della differenza? Ma stai vaneggiando? Un conto è sostenere il concetto di diversità e un altro sostenere questo concetto – come fa il femminismo della differenza – per dire che la violenza è maschile, che la guerra è maschile, che le donne sono portatrici per condizione ontologica di pace ed armonia e quindi alla fin fine che sono appunto migliori o addirittura “superiori” come tu stesso hai detto. Questo femminismo della differenza è appunto sessismo antimaschile, come noi denunciamo da sempre. Oggi molti intellettuali di sinistra, anche maschi, si stanno schierando in favore del femminismo della differenza perché si sono accorti (Deo gratias!…) di quanto la deriva genderista sia funzionale e organica all’ideologia capitalista postmoderna, cioè quella attuale. Ovviamente sono in errore perché anche il femminismo della differenza è organico al sistema capitalista (così come tutti gli altri femminismi) solo che loro, non potendo/volendo aprire una critica complessiva e radicale al femminismo un po’ per viltà e un po’ per opportunismo, si aggrappano al femminismo della differenza o a quello “di classe” alla Nacy Fraser, per capirci, una contraddizione in termini perché il concetto di classe è incompatibile con il prius dell’appartenenza di genere.
      8) Tu scrivi:” Tu dici che se non teniamo conto che maschio e il femmina sono portatori naturalmente di ruoli diversi cade tutto il nostro discorso antimisandrico. Se siamo intercambiabili, sostieni, perché contestare la femminilizzazione del settore educativo? Ma non c’è niente di più “naturale” che siano le femmine ad occuparsi dei bambini quindi il contestarlo significa rivendicare un ruolo per i maschi differente da quello assegnato da una supposta “natura”.
      Sei anche in questo caso in clamoroso errore, o meglio, cerchi a tutti i costi una strada per cercare di mettermi in contraddizione.
      Sai perfettamente che non solo la scuola materna ed elementare è quella femminilizzata ma anche la scuola media e superiore, come sai benissimo. Ed è ovvio che a partire almeno dal quinto o sesto anno di vita, il ruolo paterno comincia a diventare fondamentale, quindi il discorso che fai non ha nessun fondamento. La presenza femminile nella scuola materna è un fatto del tutto naturale, e fin dalla elementari la presenza maschile diventa fondamentale (come quella femminile, in egual misura). Quindi non è affatto vero che rivendicare questo ruolo significa “andare contro natura”. Rivendicare il ruolo maschile e paterno nel processo educativo secondo te significa andare contro natura? Va contro natura semmai il il fatto che i maschi siano stati esclusi o espulsi dal processo educativo…
      9) Tu scrivi:” Quindi, tornando alla questione scuola primaria, la nostra presenza è necessaria perché non vogliamo essere marginalizzati, costretti a svolgere unicamente lavori che lo sfruttamento sempre maggiore ha reso pesanti e pericolosi. Rifiutiamo di essere il sesso sacrificabile sull’altare del profitto.”
      Certo che rifiutiamo di essere il sesso sacrificabile, e vorrei pure vedere. Ma io porto avanti questo discorso non perché vorrei che anche le donne crepassero sul lavoro ma proprio per acutizzare le contraddizioni clamorose dell’ideologia femminista che sostiene che i maschi, sempre e comunque, siano stati e continuino ad essere i privilegiati. E, ovviamente, penso che questa divisione sessuale del lavoro che ha caratterizzato la storia abbia penalizzato molto di più la grande maggioranza dei maschi rispetto alla totalità delle femmine. Ed è questo che va svelato, denunciato. Questo è stato dovuto appunto alla famosa divisione sessuale del lavoro data da ragioni oggettive, biologiche e fisiche. Ma ciò non significa che sia giusto. Ma non mescoliamo ad arte le cose. Il femminismo utilizza ora la natura e ora cultura in base alle necessità, quando gli fa comodo. Non facciamo anche noi facciamo la stessa cosa. Tu cosa mi stai dicendo? Siccome la natura ha posto i maschi a fare i lavori di fatica, allora è naturale che siano le femmine preposte al lavoro educativo. Eh no, sono due cose completamente diverse. Anche le donne, volendo, potrebbero fare lavori di fatica, chi glielo impedisce (glielo hanno “impedito” i maschi, per la verità, mettendole al riparo, ma questo è un altro discorso ancora più lungo…)? Ma si sono ben guardate dal chiederlo, tanto meno con le quote rosa. Certo, per costruire un palazzo ci vorrebbe tanto più tempo ma questo è un altro discorso ancora…Ma io non chiedo la presenza maschile nella scuola solo perché non voglio essere il sesso relegato ai lavori forzati bensì proprio perché credo che la funzione maschile nel processo educativo sia fondamentale. Nello stesso tempo non avrei ovviamente nulla da eccepire se anche le donne svolgessero lavori pesanti e di fatica. Il fatto che la divisione sessuale del lavoro abbia posto i maschi in quella condizione è stata dovuta a fatti oggettivi (se per costruire una casa, ad esempio, ci vuole il lavoro di dieci uomini e un mese di lavoro, per ottenere lo stesso risultato ci vorrebbe il lavoro di venti donne oppure di tre mesi di lavoro) ma ciò non significa che una donna non possa svolgere un lavoro di fatica. Ciò detto, io non avrei mai sollevato tale questione se non fossimo stati accusati in quanto maschi di essere in una condizione di privilegio. E’ questo che rende il femminismo inaccettabile. Però non regge la questione così come la poni tu “La natura dice che i maschi svolgono lavori di fatica e le femmine sono adibite al processo educativo”. Le due cose sono completamente diverse e porle sullo stesso piano è capzioso. Direi che è un tipico atteggiamento femminista, quello cioè di tirare la giacchetta alla natura e alla cultura, a seconda del bisogno.
      10) Tu scrivi:” Sarebbe utile un loro intervento su “l’interferenza” che possa aprire un dibattito il più ampio possibile così come sarebbe utile intensificare una dialettica con altri soggetti con i quali condividiamo alcune posizioni o, per lo meno, che non abbiano una chiusura preconcetta verso di noi. Non è che abbia paura dell’isolamento come un bambino ha paura del buio, essere isolati vuol dire essere politicamente morti”.
      Se avessero avuto una chiusura preconcetta nei nostri confronti neanche si sarebbero avvicinati, ben prima che anche io e te ci conoscessimo. Del resto conoscevano già la nostre posizioni. Mi sono incontrato con loro non più di un paio di mesi fa e le mie posizioni erano ampiamente note e non c’è stata nessun atteggiamento di chiusura, così come non c’è mai stato in questi anni. Parlo naturalmente dei nostri amici di cui sopra. Sanno perfettamente che le pagine del giornale sono apertissime al contributo di tutti e quando vogliono possono scrivere.
      Per quanto riguarda l’isolamento. Nella storia molti gruppi sono stati isolati, potrei portare molti esempi. Il punto non è essere isolati da questo o quel gruppo o formazione politica. Il punto semmai è non essere isolati dalla gente e sapersi relazionare all’interno dei vari contesti. I bolscevichi, tanto per fare un esempio eclatante, erano isolatissimi e criminalizzati pressochè da tutte le forze politiche, nessuna esclusa, ma hanno fatto una rivoluzione.
      Tu stai in realtà chiedendo un’altra cosa, e cioè quella di mediare sui contenuti, o addirittura di non pronunciarci su tante cose. Avresti anche evitato di svelare l’oggettiva organicità del movimento lgbt (non ho detto delle persone gay e lesbiche ma del movimento politico lgbt…) al sistema capitalista in virtù della possibilità/speranza di fare dei proseliti in quel mondo. Ma io i proseliti li voglio fare ma sui contenuti per me corretti, non sulla truffa o sulla menzogna. Se la flotta aerea di sua maestà britannica sfreccia nell’aria durante il Gay pride con i colori arcobaleno sopra la testa di centinaia di migliaia di persone gay e lesbiche che acclamano festanti, io mi sento nel dovere e nel diritto di dire le cose come le vedo. E di dire cioè che quel movimento non solo non ha nulla di rivoluzionario, ma ha scelto di aderire al sistema che in effetti ha dato loro un amplissimo spazio. E perché glielo ha dato? Questa è la domanda che io gli pongo e che naturalmente pongo anche alle donne relativamente al femminismo.
      11) Tu scrivi:” Neofita per sempre”.
      Bè, no, non si può essere neofiti per sempre. Si perde tempo e lo si fa perdere agli altri…

      • renato
        22 luglio 2019 at 8:15

        Beh! se non volevi perdere tempo potevi anche non rispondere. Comunque vedo che è molto difficile farsi capire. Giusto sulla questione centrale cioè la questione natura-cultura. E’ un dibattito che avrà qualche secolo e che nessuno può illudersi di dire l’ultima parola. Proprio per questo credo che nessuno possa parlare in nome della natura come in molti hanno fatto e fanno. Nel dibattito sulla famiglia i conservatori tendono a sovrapporre il termine naturale con tradizionale e quando ho usato il termine naturale virgolettato intendevo prorio in questo senso. Quando ho scritto “per le zazifem la femmina è per natura superiore al maschio. Inseguirle su questo terreno mi sembra folle e nemmeno tanto originale.” Intendevo che era inutile accettare lo scontro sul terreno di ciò che è naturale e ciò che non lo è “perchè I ruoli sociali si formano per una serie di cause principalmente socio-economiche; certo, anche quelle legate al sesso biologico hanno un peso ma, sono cause talmente interrelate a quelle culturali, da rendere impossibile (e inutile) andarle a districare”. forse sul breve sono stato più chiaro. Ne riparliamo a quattrocchi (se hai tempo) e non t’incazzare!!

        • Fabrizio Marchi
          22 luglio 2019 at 9:19

          Ma io non mi incazzo affatto però se tu mi dici che inseguirei il femminismo della differenza sul suo stesso terreno e che le mie posizioni sono sovrapposte o simili a quelle dei neoconservatori di destra, è ovvio che mi costringi a precisare. L’ho fatto in maniera dettagliata perché in questi giorni ho tempo, e perché tu sei uno di noi e quindi mi sorprende (anzi, mi sconcerta) che tu abbia determinate posizioni.
          Su natura e cultura infatti, quello che hai scritto è proprio quello che sostengo da sempre, e cioè che sono da sempre interrelate, perché la specificità degli esseri umani è proprio quella di essere enti sia naturali che culturali e che è impossibile operare una separazione netta. Per cui anche solo ammettendo questo (che è un fatto a mio parere oggettivo) vengono a decadere automaticamente tutti i teoremi femministi, siano essi della differenza, del gender, dell’eguaglianza, quello liberale, quello di sinistra, quello marxista, quello di destra e i tanti altri che esistono.
          A questo punto sono io che aggiungo un aspetto. Non dobbiamo essere noi a cadere in questa trappola dei vari femminismi, che potrebbe portarci ad aderire ad uno in contrapposizione agli altri. E’ appunto una trappola. La declinazione dei femminismi in tante correnti diverse serve appunto a dare una risposta diversa a seconda delle circostanze (entra in ballo l’uno o l’altro in base alle necessità e quindi c’è una risposta apparentemente logicamente plausibile, anche se contraddice la posizione di tutti gli altri). Anche e proprio questa è una delle caratteristiche che ci fanno capire quanto sia flessibile, ambigua e quindi pericolosa questa ideologia che – esattamente come il capitalismo (guarda caso…) – è in grado di incistarsi in qualsiasi contesto e di essere interpretata da posizioni molto diverse, fermo restando che il minimo comune denominatore è sempre lo stesso per tutti, e cioè la colpevolizzazione del genere maschile. Quando si parla di queste questioni – è un fatto – Giulia Bongiorno, Giorgia Meloni, Mara Carfagna, Laura Boldrini, Paola Concia e Viola Carofalo suonano il medesimo spartito.

        • Panda
          22 luglio 2019 at 21:29

          Vorrei solo fare una piccola riflessione sulla questione natura-cultura, che, sono d’accordo con Renato, è effettivamente quella centrale e su cui sono in parte d’accordo con lui (le differenze biologiche non si traducono meccanicamente in differenze di comportamenti, tanto meno sociali; chi invoca la natura oggi, cattolici inclusi, dandosi a mio parere la zappa sui piedi, deve necessariamente fare riferimento alle neuroscienze: secondo me un “compagno di strada” tutt’altro che desiderabile. Comunque si può consultare Delusion of Gender di Cordelia Fine per un radicale ridimensionamento dei (presunti) risultati scientifici).

          Cultura, dunque. Ma la cultura è forse un “vestito da indossare”? Domani potrei indossare, volendo, il vestito culturale di un nativo dello Uttar Pradesh? Ma su. Quella cultura-vestito sennò natura a me pare una falsa dicotomia assai fuorviante. D’altra parte la cultura è tanto leggera e inconsistente che i teorici del gender per modificarla ricorrono alla triptorelina…

          Io direi che questioni antropologiche di tale importanza non possono semplicemente essere lasciate alle scelte individuali, non tanto nel senso che non si deve, ma in quello che non si può: infatti il gender è un concetto impiegato da un insieme di teorie strutturate, aggressive, ben finanziate e restie a qualsiasi confronto pubblico (per sottrarsi al quale arrivano a negare la propria esistenza). Semplicemente oggi il potere viene spesso esercitato in nome di una fantomatica libertà individuale (penso per esempio alle limitazioni alla libertà di parola per evitare “offese”). Si tratta quindi, dal mio punto di vista, di chiedere conto dei presupposti empirici e dei giudizi di valore sottesi a queste pratiche (la “società senza sessi” sarebbe un obiettivo augurabile per quanti, esattamente?) e nel frattempo rifiutarle non in nome della natura, che è muta e matrigna, ma proprio della cultura e della sua dimensione sociale.

          • Fabrizio Marchi
            22 luglio 2019 at 22:38

            Credo di aver chiarito la mia posizione e non da ieri ma da anni. Scindere natura e cultura è semplicemente impossibile e chi lo fa, la destra “ontologista” o la sinistra “culturalista”, commette un errore grossolano. Se lo commettano in buona o in cattiva fede è del tutto irrilevante. Su questo ho scritto tantissimo per anni (anzi, ricordo che fu la ragione che mi spinse ormai più di dieci anni fa a separarmi da alcuni amici del movimento maschile e a fondare Uomini Beta, proprio perché avvertivo la necessità di fondare un punto di vista critico nei confronti del femminismo da un punto di vista neomarxista) e quindi non ci ritorno.
            Ciò detto, se volete la mia opinione, questa storia del superamento dei sessi è semplicemente ridicola, e dovrebbe bastare il semplice buon senso per capirlo, senza necessità di addentrarsi in questioni filosofiche.
            Siamo di fronte ad un delirio, l’ultimo delirio dell’ultima protesi del femminismo, cioè il genderismo, che dicono che non esiste e che è un’invenzione. Sta di fatto che ormai da anni si continua a parlare di queste sciocchezze. E lo hanno capito perfino le femministe della differenza le quali se fossero coerenti dovrebbero dichiarare guerra al genderismo. Siccome però il filo rosso che accomuna tutti i femminismi è l’odio sessista anti maschile, la guerra non scoppia e non scoppierà mai.
            Punto e fine della storia.

  8. Stefano Zecchinelli
    21 luglio 2019 at 23:38

    Per quello che mi riguarda non ho mai espresso posizioni avverse agli omosessuali in quanto persone (del resto Thierry Meyssan, analista a cui spesso faccio riferimento, è omosessuale), ma ho criticato la deriva a destra del mondo lgbt nelle due varianti: l’omo-nazionalismo dell’Alt Right e l”’omofilia” del Gay Pride. Qualche citazione è necessaria.

    ”Le organizzazioni democratiche impegnate nella difesa delle persone omosessuali e transessuali avrebbero potuto rivendicare una seria legge contro il mobbing sul posto di lavoro, proprio per tutelare le transessuali alle prese con le, certamente dolorose, cure ormonali necessarie per il cambiamento di sesso. Perché nulla di tutto questo è stato fatto e, al contrario, si è optato per il servilismo lobbistico verso uno squalo che non esita a servirsi dei nazisti ( pensiamo solo all’appoggio dato ai tagliagole di Pravy Sektor in Ucraina ). Alle lobby – compresa quella dei gay – dei diritti delle persone normali, come al solito, non gliene importa nulla e molte/i transessuali vengono ingiustamente tagliate/i fuori dal cinico ‘’mercato del lavoro’’ senza che nessuno rivendichi l’applicazione dell’Articolo 4 della Costituzione italiana”

    Articolo citato: La lobby gay diffonde razzismo e islamofobia

    Lo squalo a cui mi riferisco è George Soros, cito qualche altra fonte: ‘’La “National Gay & Lesbian Chamber of Commerce”, che raggruppa i leader tra gli imprenditori LGBT negli Usa ha effettuato, a margine della propria convention estiva, un endorsement a favore di Hillary Clinton per le prossime presidenziali americane’’; ‘’Interessante notare la disinvoltura con cui il candidato presidenziale “dem” accetti il simultaneo sostegno di associazioni neoliberali LGBT ed élite fondamentaliste di Paesi, come l’Arabia Saudita, dove l’ideologia “gay friendly” e le pratiche omosessuali stesse sono represse brutalmente. Ergo, emerge un quadro sempre più chiaro di quella “coalizione nichilista”, postmoderna (dagli hedge funders di Wall Street fino all’Arabia Saudita, passando per gli imprenditori gay e i divi della “società dello spettacolo” di Hollywood ed MTV) e unita esclusivamente dal desiderio di profitto economico, dall’interesse coloniale e dalla promozione massmediatica contingente costituitasi attorno alla figura di Hillary Clinton. Per il resto, la Clinton è l’espressione più confacente dell’omologazione globalista all’insegna del “politically correct”. Tutto inoppugnabile!

    Fra i finanziatori del Pride di New York troviamo la grande banca d’affari Goldman Sachs, eppure anche il Ministro dell’economia brasiliano, Paulo Guedes, proviene da questa cerchia d’usurai. Se fossi avverso al mondo gay non avrei mai denunciato l’omofobia evangelica come, contrariamente, ben feci. Cito:

    ”Davanti alle riforme progressiste di Dilma Rousseff volti a colpire il machismo – il genderismo è una ideologia sessista occidentale ma, in un paese come il Brasile, provvedimenti di integrazione delle minoranze di genere ( lgbt ) sono tanto doverosi quanto lodevoli – Bolsonaro ha reagito con la violenza propria di un energumeno sionista: ‘’La Rousseff ammetta la sua omosessualità, smetta di mentire. Se le piacciono gli omosessuali, che lo riconosca. Se la sua è una storia d’amore con gli omosessuali, lo dica chiaramente’’ 4. Il ‘’Lieberman brasiliano’’ ha sbottato con queste parole vergognose. Se per Lieberman il popolo palestinese deve essere sterminato anche tramite l’utilizzo della bomba atomica, per Bolsonaro gli indios e gli afroamericani sono creature ‘’demoniache’’ da schiavizzare rispettando il volere di Dio; degli animali da mettere in gabbia in nome delle ciniche leggi dell’accumulazione capitalistica che, di volta in volta, elimina i popoli di scarto”

    Articolo citato: La lobby sionista sbarca in Brasile?

    Non mi sembra che ci sia, da parte mia, un problema di avversione ai gay, tutt’altro. La sessualità è una questione privata, ognuno è meritevole di esprimere i suoi affetti come meglio credo e penso che l’odio anti-gay sia demenziale ed anti-costituzionale. Detto questo, il problema politico rimane: come mai gli LGBT guardano alle organizzazioni pro-Imperialismo? Girarsi dall’altra parte non serve, la questione deve essere affrontata con onestà intellettuale per il bene di tutto, gay compresi.

Rispondi a Fabrizio Marchi Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dichiaro di essere al corrente che i commenti agli articoli della testata devono rispettare il principio di continenza verbale, ovvero l'assenza di espressioni offensive o lesive dell'altrui dignità, e di assumermi la piena responsabilità di ciò che scrivo.