I cinque giorni che sconvolsero l’Europa

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Foto: www.lapress.it

Tra il terremoto elettorale italiano di domenica 19 e l’esito leave (uscita Dall’Europa) del referendum britannico di giovedì 23, corrono pochi giorni e conseguenze pratiche differenti (amministrative / geopolitiche). Tuttavia un nesso si può porre: la sfiducia profonda nelle élite politiche governanti L’Europa e le sue nazioni. Con qualche forzatura si può anche intuire una vera e propria secessione tra tutto il complesso mediatico-politico che occupa la scena pubblica predicando “magnifiche sorti e progressive” e un popolo che conosce invece il rigore delle politiche liberiste e pensa e vota  diversamente, certo con spinte egoistiche e conservatrici. Tuttavia il segnale italiano è già raccolto da un movimento politico non ideologicamente identificabile ma non riducibile alla reazione, sono proprio gli atti e le scelte concrete ad attestarlo (dalla lotta alla speculazione edilizia a Roma a No Tav a Torino). La questione inglese, al di là dell’isolazionismo tradizionale (il Regno Unito era già con un piede fuori dalla  UE) e delle sue conseguenze interne, segnala lo stato pietoso dell‘Europa. 1) L’Inghilterra se ne va e anzi negli ambienti di Bruxelles vuole accelerare il processo di uscita, mentre giusto un anno fa alla Grecia è stato imposto di rimanere nell’Euro; ciò segnala l’ineguaglianza insuperabile e neocoloniale che regola i rapporti tra Stati dentro L’Europa; 2) L’Inghilterra è più potente della Germania, gestendo la finanza mondiale e quindi i rapporti con l’oriente; chi rimane sta dentro un’area a guida tedesca, dentro un mercato “provinciale” fatto per garantire la produzione industriale tedesca; 3) la vicenda odierna inglese, come quella greca dello scorso anno segnala il persistere della miope politica di bilancio, di austerità, che sta inscritto nell’atto costitutivo di Maastricht ed è stato rafforzato con l’euro come riproduzione “allargata” del marco tedesco. Infine le reazioni emotive di queste ore, come lo sconcerto di lunedì dopo la disfatta del PD, sono forse l’elemento più interessante. L’azzardo di Cameron nell’indire il referendum,  come i ridicoli argomenti dei candidati del Pd, le minacce di Junckers agli Inglesi come il fisso ottimismo di Renzi, dicono di una perdita di razionalità delle classi dirigenti. Uno sconvolgimento della loro facile narrazione del migliore dei mondi possibili rovesciata da varie secessioni compresa la lunga lotta francese contro la legge sul lavoro, contro il precariato che è stato finora il più importante prodotto di questa Europa antipopolare!

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