Kan, Daniele e la misura

Premetto: il carcere non si augura a nessuno (forse a qualcuno sì), certo non a un17enne. Tuttavia qualche considerazione va fatta.

Non c’è la misura! No, non esiste più misura! ci vogliamo rendere conto di questo?

Vogliamo parlare di disgrazia.

No, signori, non è una disgrazia capitata per caso: è una tragedia.

Da che mondo è mondo le cose si chiamano con il loro nome e questa si chiama TRAGEDIA.

Le tragedie sono storie che hanno una fine tragica. Sono storie con una loro trama.

I personaggi delle tragedie hanno un’identità come un’identità l’aveva il cittadino pakistano ucciso, Khan Muhammed Shanzad .

Conosco il quartiere, di giorno pieno di luce di sole, nelle belle giornate si sta abbastanza bene, si incontrano donne di ogni etnia, ma soprattutto pakistane, con il velo o senza. Gli uomini li incontri poco di giorno, forse sono al lavoro, rigorosamente al nero.

Li incontri la sera quando cala il buio. Parlano lingue sconosciute, qualche accento si riconosce, ma non si capisce.

In qualche angolo di strada si raccolgono a capannelli, parlano forte,litigano tra loro, alcuni evidentemente ubriachi, “disturbano”. Fino a tarda notte perchè forse, o forse no, non hanno una casa dove riposare.

Non so chi era il giovane Kan come non so chi è Daniele; due vite spezzate. Il morto qualcuno lo piangerà, il vivo, giovanissimo, che ha ucciso, anche lui verrà pianto.

È giusto che sia così. A noi estranei resta un poco di commozione per il fatto e di riflessione sul degrado delle periferie. Di fronte alle tragedie ci si può consolare solo con il racconto. Chi sono e chi erano Kan e Daniele prima della tragedia? Non lo sappiamo.

Allora però fatemi capire il senso di chiedere in massa il rilascio di Daniele. E se fosse stato ucciso invece che Kan un giovane italiano si sarebbero organizzate manifestazioni? E se fosse accaduto il contrario?

É tutto giustificabile quando si vive nel degrado?

Assolutamente no. Uno sputo contro una vita.

Mi dispiace, no, non ci posso stare. tutto ciò nasce dal degrado e lo nutre.

Restiamo umani.

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