La guerra dei semiconduttori (seconda parte)

“Il tuo ricamato telaio – le tue sospensioni e valvole – lo sfarfallante luccichio delle tue ruote.”

Walt Whitman, A una locomotiva in inverno.

 

L’intreccio della globalizzazione e la corsa verso i 7nm.

Abbiamo visto che IDM e “pure play” producono entrambe chip. Ma dove? Con la globalizzazione sappiamo che è molto più conveniente per le imprese il c.d. outsourcing. E molti approfittano degli ancora relativamente bassi salari in paesi come la Cina per l’outsourcing. Questo è vero per SAMSUNG, ad esempio, che aveva fabbriche in Cina e in Vietnam. Con l’ascesa di HUAWEI e degli altri produttori cinesi di smartphone però SAMSUNG ha iniziato a concentrarsi sul Vietnam. Tuttavia ha ancora in Cina fabbriche a Xian e Suzhou dove fabbrica memorie. Global Foundries ha impianti sia negli US che in Europa e a Singapore. TSMC ha almeno due fabbriche in Cina a Nanchino e Shangai. Solo INTEL che pure ha avuto impianti in Malesia ed in Israele, è sempre rimasta negli US eccetto che per una fabbrica di memorie in Cina.  E’ importante capire che quando una fabbrica viene impiantata all’estero il know-how necessariamente viene anch’esso esportato. Questo è il motivo per cui anche diverse aziende cinesi (controllate dallo stato) sono sorte nel mercato dei semiconduttori, tra queste va citata SMIC che produce processori (soprattutto per i marchi cinesi come HUAWEI ma anche per QUALCOMM, BROADCOM e TI). L’outsourcing ha quindi favorito la corsa dei processori fabbricati in Cina. I cinesi hanno quindi avuto accesso al processo DUV che a metà degli anni ’10 era il più avanzato.

Conviene annotare che QUALCOMM, che produce i processori Snapdragon tipicamente usati nei cellulari android, è una azienda fabless come lo è NVIDIA che produce GPU (Graphic Processor Unit un elemento ormai fondamentale per tutti i processori degni di questonome). Entrambe le aziende sono americane. Chi produce questi chip? Principalmente TSMC e SAMSUNG. Sono ovviamente processori basati sul design ARM. Nella seconda metà degli anni ’10 la corsa verso i processori con risoluzione a 7 nm e i successivi programmati a 5nm inizia a diventare difficile per molte industrie. Global Foundries getta la spugna per ragioni economiche ed anche AMD è costretta a rivolgersi a TSMC [1]. Le prime schermaglie della guerra iniziano con i ban di Trump verso la Cina: gli US si rendono conto che i cinesi sono stati molto più veloci ad imparare di quanto ci si aspettasse. QUALCOMM non può acquisire NXP, una industria formalmente europea (distaccatasi da Philips) ma controllata da un fondo cinese poiché la Repubblica Popolare si vendica dei ban subiti. Global Foundries rinuncia a costruire una fabbrica in Cina a Chengdu per evitare controversie con gli US.

Alla fine degli anni ’10 il chip A13 Bionic di Apple fabbricato da TSMC a 7nm ha raggiunto 8,5 miliardi di transistors. Il processore top di gamma di AMD Epyc Rome ne ha circa 4 volte tanti, chi lo fabbrica? TSMC a 7nm. I processori si arricchiscono di nuove subunità: l’A13 ha 8 cores (su un totale di 18) che formano una rete neurale. Tecnicamente una rete neurale è considerata un “acceleratore” perché simula il comportamento dei neuroni apprendendo delle configurazioni che consentono di accelerare il processore. Ad esempio possono acquisire la capacità di riconoscere dei volti oppure possono “imparare a leggere” una scritta su un muro.

Solo quattro compagnie escono alla fine degli anni ’10 dalla rissa per produrre chip a 7nm: SAMSUNG, TSMC, SMIC e l’eterna INTEL. Ma per ben tre di queste le cose iniziano ad andare maluccio.

 

I guai di INTEL e i problemi di SAMSUNG.

Non parlo di SMIC perché è chiaro che ha a che fare con problemi politici piuttosto che ingegneristici. Ci tornerò dopo. Alla fine degli anni 10 INTEL è indietro. Come mai? E’ stata introdotta una nuova tecnologia  basata su un processo EUV (Extreme Ultra Violet) che utilizza luce UV con lunghezza d’onda di 13.5 nm più di cento volte più piccola di quella usata nel processo DUV. Se rifacciamo il calcolo di sopra il risultato  è 10 nm circa (poteva essere meglio ma con questi UV l’apertura peggiora e diventa minore di 1). Non è 7nm ma è molto vicino, tanto da permettere un più moderato uso del multiple patterning. Ma il processo si complica in altre direzioni. A quella lunghezza d’onda l’aria assorbe i fotoni UV quindi deve essere fatto tutto sotto vuoto, inoltre fare degli specchi che riflettano questa “luce” è molto difficile e costoso, si devono fare dei compositi multistrato che riescono a riflettere il 66% della luce (uno specchio normale riflette circa il 95%). I brevetti di questa tecnologia sono tutti americani e indovina un pò dove sono stati prodotti? Lawrence Livermore National Laboratory e Lawrence Berkeley National Laboratory [2], si quello (era un unico laboratorio all’epoca della fondazione) fondato da Edward Teller il padre della bomba H.Questo fa capire l’enorme sforzo che lo stato americano ha investito nello sviluppo del processo EUV. Ma naturalmente il LLNL non è una fabbrica “pure play” ed inoltre c’è bisogno di qualcuno che produca le macchine che producono i chip. Qui torna in gioco l’Europa, uno spin-off della Philips chiamatoASML, che già produceva sistemi DUV, ha acquistato i brevetti e ha prodotto delle macchine per processi EUV.  E’ possibile guardare dentro a questa “Locomotiva d’inverno” del XXI secolo sul sito di ASML [3] dove dei minivideo illustrano il funzionamento della macchina (naturalmente le specifiche sono ben nascoste e i componenti a sua volta ASML li compra da Zeiss per le lenti e molto probabilmente da compagnie giapponesi per gli steppers (ovvero i motorini di precisione che spostano il chip durante la fabbricazione; il Giappone ha da tempo rinunciato alla corsa e si limita a fornire dei componenti in cui è specializzato: Canon e Nikon forniscono a tutti i photoresist per la fotolitografia). Ma chi si è lanciato a fare subito i 7nm EUV? TSMC.INTEL al momento ha un processo chiamato Intel7 che non usa EUV ma DUV con un massiccio multi patterninge non è a 7nm ma a 10nm (sebbene si chiami Intel7).

Conseguenza? Apple dal 2019, visti i tentennamenti di INTEL, ha annunciato che produrrà nuovi processori per i suoi computers con processo a 7nm e a 5nm. E chi il produrrà? Manco a dirlo TSMC. E SAMSUNG? Si, i coreani hanno aggiornato il processo a EUV ma sembra che abbiano problemi di produttività (yield) (succede con l’altissima tecnologia): i loro chip sono al 65% difettosi!

Quest’anno, 2022, Apple ha presentato il suo nuovo processore M2 che sostituirà l’M1 (il primo prodotto con tecnologia ARM) per i personal computers. M2 ha 20 miliardi di transistors ed è prodotto con processo EUV a 5nm da TSMC, per il momento il numero di transistors è inferiore alle versioni spinte di M1 progettate per i server Apple che ne hanno tra i 50 e i 100 (M1 Max e M1 Ultra), ma presto arriveranno anche le versioni spinte di M2 e potremmo arrivare già verso i 200 miliardi. M2 ha 8 core base ai quali ne aggiunge altri 10 per la GPU e altri 16 per a rete neurale. La rete neurale è capace di eseguire 15,8 miliardi di miliardi di operazioni al secondo.

 

La guerra dei semiconduttori

Naturalmente come c’era da aspettarselo ASML non può vendere macchine EUV ai cinesi a causa del ban americano sui brevetti, anche se nel passato ha venduto e può continuare, a quanto pare, a vendere delle macchine DUV. Alla fine del 2021 TSMC controlla il 53% della fabbricazione dei chip, SAMSUNG il 17%. L’anno precedente TSMC aveva circa il 40% (dato e stime ricavabili da [2]). Nel 2021 ha utili per 50 miliardi di dollari (superiori a quelli di Google che sono circa 40 miliardi). Il motivo è semplice: produce i chip di quasi tutte le grandi aziende fabless.

SMIC non è stata a guardare comunque: nel 2021 ha prodotto un chip a 7nm per un Miner (ovvero un computer dedicato al mining = ricerca di criptovalute) ma è abbastanza evidente che si tratta di un processo DUV tirato per i capelli con un basso yield. MinerVa, azienda canadese fabless che ha progettato il Miner e quindi commercializza il chip, ha difficoltà a soddisfare gli ordini, tipico problema di basso yield. Col processo DUV la guerra sarebbe persa per gli scarsi rendimenti [5].

Neanche la Repubblica Popolare è stata a guardare però, una serie di azioni di rappresaglia sono state lanciate contro l’occidente e Taiwan oltre al già citato ban contro Qualcomm. Prima di tutto la Cina è il primo fornitore mondiale di Silicio per cui ha tagliato le esportazioni (causando problemi anche qui con i banali chip delle tessere sanitarie). Il Silicio è un elemento molto diffuso quindi il contro ban non sarà efficace a lungo. Ma, a quanto pare, ha anche tagliato molte delle produzioni di chip a 28nm e 45nm che erano esportate in occidente strangolando questo mercato (che comprende sensori e molti processori che non hanno bisogno di grande potenza di calcolo).

In risposta gli US stanno lanciando l’alleanza detta Chip4 che include loro, Giappone, Corea e Taiwan (la Pelosi è andata a Taiwan anche per questo se non soprattutto per questo). Una partnership per assicurarsi mutuamente che la catena di produzione di chips non sia interrotta eliminando colli di bottiglia e aumentando l’autosufficienza [6].

 

Chi vincerà?

La Cina per vincere la guerra dei semiconduttori ha tre possibilità:

la prima è la più semplice, aspettare che SAMSUNG risolva i suoi problemi (se non lo ha già fatto lo farà sicuramente) e produca, secondo la sua roadmap, chip a 5nm e via a scendere [7]. Potrebbe a questo punto esercitare la sua enorme pressione politica e commerciale per spingere SAMSUNG ad uno spill over della tecnologia EUV o a far produrre chip EUV a SAMSUNG stessa su disegno delle fabless cinesi. SAMSUNG non può permettersi di perdere il mercato cinese avendoci investito diversi miliardi di dollari [6] perché significherebbe anche perdere la guerra con TSMC: le minori entrate mettono a rischio la road map.Quello che vale per il colosso SAMSUNG vale anche per altre imprese. MEDIATEK, fabless di Taiwan, vende i suoi processori di punta fabbricati da TSMC a 4nm a Xiaomi che è cinese. Altra azienda molto vicina alla Cina è Broadcom, teoricamente un impresa americana di origine, che sempre per il famoso ban di Trump sul 5G non ha potuto acquisire Qualcomm (Broadcom è leader nei sistemi di comunicazione e i suoi chips ovviamente li fabbrica TSMC, ma sembra che per il 5G abbia legami con HUAWEI). Anche ARM ltd ha una sua filiale in Cina che ha creato non pochi problemi (il CEO della filiale cinese si era dichiarato completamente indipendente dalla casa madre). In breve le dipendenze reciproche create dalla globalizzazione rendono difficile separare occidente da oriente come all’epoca della cortina di ferro.

La seconda possibilità è sviluppare in proprio la tecnologia a 7nm/5nm tramiteSMIC ed altre joint venture interne (non è escluso che possano coinvolgere però anche compagnie asiatiche non giapponesi o coreane; in tutto questo gioco l’India che è pronosticata essere secondo PIL mondiale tra una cinquantina di anni si accontenterà di stare a guardare?). Ci potrebbe volere tempo però: se un colosso come INTEL, che aveva tutte le tecnologie a disposizione, ha avuto tanti ritardi, non è escluso che SMIC ne avrà tantissimi soprattutto perché deve inseguire tecnologie non proprie o inventarne di nuove. Proprio a Shangai nel 2020 è stata dimostrata la possibilità di usare raggi X per il disegno di chip a 25 nm, ma si tratta di esperimenti dimostrativi in laboratorio, tutt’altra cosa è la produzione [2].

L’ultima possibilità è banale anche se agghiacciante: invadere Taiwan. Quest’ultima possibilità mi sembra più remota comunque. Avendo un pò di esperienza del pensiero cinese credo che la Cina perseguirà le prime due alternative. Naturalmente gli US si sono premuniti facendo costruire a TSMC una fabbrica in Arizona, ma questo vale anche per i primi due casi, quando la Cina avrà i 7nm/5nm, questo segnerebbe la fine di Taiwan dal punto di vista economico e non è escluso che l’isola sarà abbandonata a se stessa (forse per questo la servetta nell’allegoria di Liu Yi è un po sconsolata).

 

E la vecchia Europa?

Come abbiamo visto non è sempre stata a guardare, ASML, ARM e NXP sono industrie basate in Europa e le prime due sono di fatto dei monopolisti.Tuttavia la guerra dei semiconduttori è una guerra del Pacifico soprattutto, le compagnie citate sono minuscole rispetto ai giganti che si affacciano su quell’oceano ed eternamente a rischio di essere spiate, copiate o addirittura comprate (NXP ricordo che è in mani cinesi da diversi anni).

Altre due compagnie europee sono relativamente più grandi, sono INFINEON e la già  citata STMicroelectronics, tedesca la prima, franco italiana la seconda, ora con sede in Olanda, ma insieme hanno solo il 4% del mercato mondiale dei chips e sono in calo. La prima realizza applicazioni specifiche per automobili, industrie (controllers) ed anche i chip per le carte d’identità e di credito. STMicroelectronics, che ha anche una fabbrica a Catania ed è al 13,75% posseduta dal MEF Italiano, realizza anche lei controller, sistemi di potenza, ma è uscita da tempo dalla produzione di processori (in passato aveva anche prodotto il Motorola 68000 il processore dei primi Apple). Dal 2018 ha demandato la produzione dei chips più “avanzati” (22nm) a Global Foundries. Nel 2005 ST, ricordiamo, era il quinto produttore mondiale di semiconduttori, è curioso che TSMC ha collaborato in una alleanza con ST, Motorola e NXP per fabbricare chips con processo a 32nm che poi ha continuato a fabbricare in oriente utilizzando le tecnologie sviluppate da ST. Nella sostanza le compagnie europee sono uscite dalla gara dei chips ormai da parecchio tempo e i costi per rimettersi in corsa sarebbero proibitivi, mentre sarebbe sempre molto più economico chiedere a TSMC di realizzare qualcosa (ammesso che abbiano qualche idea).

D’altro canto INTELe GF sembrano intenzionate a costruire fabbriche in Europa ed anche TSMC ha promesso investimenti per ben 100 miliardi di dollari. I motivi sembrano abbastanza ovvi, allontanare la gallina dalle uova d’oro dalle vicinanze della RPC. Di europeo ci sarà poco, principalmente capitale americano e asiatico in cambio di poche migliaia di posti di lavoro, questi ultimi sul conto dei governi locali, Francia e Germania che pagheranno ricche prebende, nè è noto per il momento che cosa effettivamente si realizzerà in queste fabbriche visto che non è sempre facile mettere su un processo al di sotto dei 10 nm ad alta produttività come abbiamo visto coi problemi di INTEL e SAMSUNG, e per quanto riguarda GF lo scenario non è particolarmente esaltante dato che si parla sempre di automotive, controller, Internet of Things, …niente processori [8,9].

 

L’ascesa definitiva del Pacifico e dell’Asia.

Negli anni ottanta si parlava sempre di questo “Pacifico” che sarebbe venuto a dominare il mondo, sembra che l’abbiamo poi dimenticato per un bel pezzo con le magnifiche è progressive sorti dell’UE come teorica seconda o addirittura prima potenza mondiale. Adesso il dominio del Pacifico sta arrivando davvero e solo Francia e Germania sono attrezzate per restare tra le prime dieci economie del mondo, mentre India, Indonesia, Turchia e Filippine avranno tutte, dopo il 2050, almeno tre volte il nostro PIL attuale (l’India si prevede che scavalcherà gli US nel 2070). Le potenze del Pacifico e l’India da sole avranno ben oltre la metà del PIL mondiale, senza contare la Russia che prima della guerra attuale (ma dubito che le cose cambino) viene data al 10° posto intorno al 2090 (la Russia ha enormi possibilità di sviluppo soprattutto sul Pacifico: Vladivostok è ancora una cittadina di frontiera al momento, l’allontanamento della Russia dall’occidente potrebbe persino accelerare questo processo). Vi sarà un inevitabile risalita dei sentimenti nazionalisti perché l’impoverimento spinge a invidie e ripicche. La UE che già ha seri problemi di funzionamento con gli ulteriori allargamenti ai corrottissimi ucraini finirà per essere sempre di più un pollaio inconcludente al servizio di US in prima battuta e dell’asse franco-tedesco in seconda.

Ci resta  il nostro “canto del ghiaccio (molto il prossimo inverno, anche nel senso demografico) e del fuoco (poco perché il gas costa)”.

 

[1] https://www.anandtech.com/show/13277/globalfoundries-stops-all-7nm-development

 

[2] Kamal Y. Kamal, The Silicon Age: Trends in Semiconductor Devices Industry, Journal of Engineering Science and Technology Review 15 (1) (2022) 110 – 115

 

[3] https://www.asml.com/en/products/euv-lithography-systems

 

[4] https://www.techarp.com/computer/china-7nm-chips-us-sanctions/

 

[5] https://thediplomat.com/2022/08/the-chip4-alliance-might-work-on-paper-but-problems-will-persist/

 

[7] Finora la legge di Moore è stata rispettata in media molto bene. Dalla figura da me modificata si può vedere che la freccia gialla punta verso i 500 miliardi di transistors approssimativamente nel 2025. Le roadmap delle principali foundries di fabbricazione (TSMC, SMIC, SAMSUNG e INTEL) prevedono già di arrivare a 3 o 2 nm tra 2023 e 2025. Ma al di sotto di 1 nm che ricordo è un miliardesimo di metro potrebbe essere difficile andare avanti perché avremmo, ammesso che siano realizzabili ancora EUV o i raggi X, strutture delle dimensioni di pochi atomi (il raggio degli atomi di Silicio è circa un decimo di nm, quindi in un nanometro di Silicio ci sono dieci atomi). Queste strutture possono anche essere realizzate in laboratorio, ma a livello industriale potrebbe essere molto difficile. E’ opinione comune che tra il 2025 e il 2030 la legge di Moore non sarà più realistica, anche se 1000 miliardi di transistors per chip sembra essere un obiettivo raggiungibile. INTEL e TSMC prevedono che si arriverà al 2030 e forse anche oltre sviluppando nuovi modi di impacchettare i transistors sia al livello dei nanometri sia a livello dell’intero chip. Vedremo: la legge è stata data per morta almeno dieci volta e poi ha continuato ad essere rispettata, magari lo sarà ad un ritmo di crescita più lento. Peraltro esistono altre direzioni in cui la potenza di calcolo può essere incrementata attraverso il cloud-computing ovvero l’utilizzo di più processori in parallelo distribuiti anche in luoghi molto lontani tra loro (Google TPU è un esempio).

 

[8] https://pro.largus.fr/actualites/une-nouvelle-mega-usine-de-semi-conducteurs-en-france-10989397.html. Come notato più sopra Global Foundries per il momento ha accantonato l’idea di procedere a risoluzioni inferiori ai 10 nm. Gli annunci roboanti “porter la capacité de production de l’Europe à 20% de la capacité mondiale d’ici à 2030” cioè tornare al 2005 non sono credibili visti i ritardi accumulati. Con GF poi che non è nemmeno nei primi 15 produttori mondiali.

 

[9] https://pro.largus.fr/actualites/semi-conducteurs-intel-simplante-en-france-et-en-allemagne-10880402.html

 

La Legge di Moore. Immagine da OurWorldinData.org modificata con i due nuovi processori di Apple M1 Ultra ed M2 e la possibile evoluzione (freccia gialla) verso i 500 miliardi di transistors.

Nessuna descrizione disponibile.

5 commenti per “La guerra dei semiconduttori (seconda parte)

  1. Marcus
    20 Settembre 2022 at 0:13

    Non voglio fare polemica ma purtroppo l’articolo risulta illeggibile per come è stato impaginato. Si può correggerne spaziatura e punteggiatura per renderlo comprensibile?
    Sarebbe un peccato altrimenti, e perché l’argomento è di importanza cruciale e degno della massima attenzione da parte dei lettori, e perché l’autore propone un buon riassunto della storia recente dell’industria dei semiconduttori.

    • Fabrizio Marchi
      20 Settembre 2022 at 7:27

      Hai ragione, chiedo scusa, era stato pubblicato senza fare l’editing. Mi pare che ora vada meglio.

      • Marcus
        21 Settembre 2022 at 9:43

        Grazie!

  2. Marcus
    22 Settembre 2022 at 11:37

    Una domanda per l’autore: con 7 nm in questo caso si definisce la dimensione effettiva o soltanto la classe?
    Nel primo caso, con che tecnica riescono a calcolare la resa? (Non sono sicuro che il SEM riesca a mostrare strutture così minuscole)
    Nel secondo caso, qual è la dimensione effettiva?

    • Giacomo
      22 Settembre 2022 at 20:13

      7 nm per alcuni è solo il nome del processo, ricordo che Intel chiama Intel7 una cosa che è 10nm. C’è una corrente scettica che dice che in realtà le dimensioni sono più grandi (7 in realtà è 10 se pensiamo a Intel). Quello che conta realmente però è la densità di transistors e quindi il loro numero totale. Quanto alle immagini io ne ho viste diverse, sono probabilmente fatte con un SEM utilizzato con i BSE (Back Scattering Electron) che ha una risoluzione di 5-10nm (le immagini sono tipicamente piatte perché questa tecnica non restituisce una visione 3D come nel SEM classico). Questo aumenta però le difficoltà di capire come sono effettivamente realizzati i chip ovvero come sono impacchettati i transistors, su questa scala l’impacchettamento a quanto pare inizia a contare almeno quanto le dimensioni del processo.
      Qui c’è una comparazione Intel – TSMC in cui si vedono che effettivamente i transistors TSMC sono più compatti anche se la differenza non sembra tanto grande.
      https://hexus.net/tech/news/cpu/145645-intel-14nm-amdtsmc-7nm-transistors-micro-compared/

Rispondi a Fabrizio Marchi Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dichiaro di essere al corrente che i commenti agli articoli della testata devono rispettare il principio di continenza verbale, ovvero l'assenza di espressioni offensive o lesive dell'altrui dignità, e di assumermi la piena responsabilità di ciò che scrivo.