La Sardegna in linea con il “banalume” imperante

L’ antico regnum Sardiniae ha risposto con un rigoroso attenti ai richiami disinteressati della Padania che appunto richiede una legge che arricchisca ulteriormente le ancora pingue risorse del Nord a tutto vantaggio delle regioni meridionali che potranno, in tal modo, usufruire dei resti del banchetto, come prevede in sostanza la teoria neoliberista, la quale, detto in poche parole, ritiene che i ricchi debano diventare ancora più ricchi per il beneficio dei poveri che potranno godere maggiormente dei rimasugli della cena…
La teoria del gocciolamento di Milton Friedman, sponsorizzata, oltre che dalla Lega, dai Pd padani…molto attenti in genere all’unità italiana ( in particolare quella che risulta dai mappamondi e dalla carte geografiche).

Massimo Zedda non ne esce male…votato quasi al 50% dai suoi concittadini, a dimostrazione del gradimento popolare per il governo della città, a differenza della coalizione che paga una severa sconfitta.
E non poteva essere altrimenti dopo il disastroso governo di Pigliaru (vedi sanità e scuola pubblica, vedi insipienza sulle crisi industriali, vedi soldi pubblici – centinaia di milioni – per l’ospedale privato qatarino ad Olbia, la totale assenza dal mondo pastorale…)

Come nel suolo italico, il mal governo dei Napolitano, dei Monti, dei Renzi, dei Letta e dei Gentiloni ha aperto la strada alla crescita del neofascismo salviniano e alle fanfaronate dei pentastellati, nell’isola si è registrato un identico copione: nessun progetto in difesa della popolazione, quindi inevitabile rigetto del governo in carica, e con esso anche dei grandi valori che indecentemente e ipocritamente “rappresentava”

Ciò che mi ha colpito, come comunista e come sardo, in queste funebri elezioni, è la mancanza di orgoglio e di dignità di quella parte della popolazione che non si è sentita offesa da un signore che ha sparlato sempre dei sardi e dei meridionali, definiti inetti, scansafatica, inadatti se non a delinquere o a prendere in giro le istituzioni con fantasiose malattie…Solo le scritte sui muri hanno evidenziato, se non altro, una certa carica di orgoglio

Del resto, non vedo statue o effigi di quel grande personaggio che fu Giovanni Maria Angioy che, alla fine del ‘700, combatté l’aristocrazia sabauda e sarda, allo scopo di liquidare il feudalesimo e di instaurare una repubblica indipendente. Non vedo convegni in suo onore, non sento parlare dei combattenti che morirono nella guerra antifeudale e non vedo strade titolate a loro.
Vedo invece statue dedicate ai più grandi boia piemontesi. Strade titolate alla nobiltà sabauda, ad evidenziare una subordinazione ideologica ad un’Italia aristocratica e padronale…

Ma è ovvio che sia così…i rivoluzionari antifeudali fanno paura anche oggi, meglio celebrare giornate che non mettano in discussione l’arroganza del potere dei grandi agrari, del grande padronato…come non ricordare i versi dell’Adelchi del grande lombardo don Lisander “tornate alle vostre superbe ruine…un volgo disperso che nome non ha”.
Ma questo è un discorso che vale per il popolo italico reso incapace dai partiti corrotti di “sinistra” e da organizzazioni sindacali che hanno accolto il neoliberismo, a prescindere dalle dichiarazioni focose che, molto simili a quelle pentastellate, hanno illuso e continuano ad illudere tanta gente onesta…

Un’ultima osservazione. Mi aspettavo qualcosa di più dai partiti sardisti che hanno mantenuto la loro autonomia…sia Maninchedda che Pili e Murgia hanno fatto discorsi che non ho sempre condiviso ma certo più seri e più vicini alla popolazione…ma hanno sempre un limite…rivolgersi a tutti i sardi. con l’interclassismo non si va da nessuna parte…quando si dovessero rivolgere alle classi dominate contro le classi dominanti sarde e italiche, allora sì che sarà un discorso utile per la Sardegna…E’ una cosa semplice, ma che non è chiara neanche al di là del Tirreno…

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3 commenti per “La Sardegna in linea con il “banalume” imperante

  1. giulio larosa
    27 Febbraio 2019 at 14:39

    il voto sardo in realta’ e’ come quello abruzzese, dove nella lega sono entrati tutti ma dico tutti ex di FI e dei partiti limitrofi.
    La maggioranza della popolazione dopo anni di clientelismo e di mance date al proprio seguito e’ profondamente malata dentro, capace solo di correre come le galline di allevamento a quello che pensano stia portando la cofana col becchime.
    Non e’ qualunquismo il mio. Mi sono scontrato duramente in gioventu’ con le pecore e le galline che correvano a frotte dietro Remo Gaspari e gli altri camorristi DC-PS e poi PD FI e cosi’ via.
    Pensare che le masse ottuse dal consumismo sempre piu’ straccione si rivoltino o abbiano un slancio di orgoglio e’ utopia.
    La rivoluzione, perfino quella borghese o nazionalistica, richiedono altro genere di seguito. Certo non si deve mollare, questo e’ chiaro, ma non si deve nemmeno restare a lisciare il pelo alle galline da allevamento.
    Non ho una strategia ma sono convinto che in un primo tempo si dovra’ puntare su una organizzazione di militanti forte, coesa, capace di farsi notare, poi si vedra’.

    • Sasha
      2 Marzo 2019 at 13:03

      Hai centrato il punto. In sardo campidanese( non esiste infatti il sardo ma almeno quattro sue varianti e un campidanese e un nuorese che non facessero ricorso all’italiano non si capirebbero) c’è il seguente modo di dire: ” a chi ti dona pai naraddi babbu”, tradotto ” a chi ti dà del pane chiamalo babbo”; un modo di dire che, a causa della pessima classe politica sarda, non è rimasto solo lettera morta, e spiega meglio di ogni altra considerazione la “schizofrenia” del voto sardo, salutato con non poca soddisfazione anche nella penisola, perchè segna l’arretramento di quelle istanze di cambiamento, comunque quella “ribellione” al solito andazzo, che anche in Sardegna si erano manifestate il 4 marzo.
      Certo, paragonare le politiche alle amministrative è un po’ una forzatura, ma è chiaro che un voto che ribalta completamente lo scenario politico a distanza di meno di un anno fa impressione.
      D’altronde siamo una regione di poco più di un milione e mezzo di abitanti che era passata da quattro a otto province nel 2001 per puri scopi clientelari, per poi ritornare recentemente a quattro (cambiamenti continui che creano non pochi disagi ai contribuenti), ma con fortissimi mal di pancia da parte della classe politica locale. Il clientelismo quindi determinante e, oramai da un quarto di secolo almeno, centrodestra e centrosinistra si passano il testimone senza che, chi è estraneo a quelle logiche, abbia mai capito che cosa li differenziasse, se non forse l’imposizione di qualche vincolo paesaggistico in più da parte dei secondi.
      I più divertenti rimangono comunque i sardisti, i politici buoni per tutte le stagioni, visto che li troviamo indifferentemente inseriti in giunte regionali di destra o di sinistra, d’altronde come scrivevo poco sopra, non c’è niente che le differenzi.
      Nell’articolo poi si accenna quasi positivamente a politici come Maninchedda e Pili, sul terzo non mi esprimo non conoscendolo: il primo, a lungo nella compagine di governo a guida Pigliaru, che all’inizio dell’articolo viene giustamente criticata, è noto, a parte per le sue sparate indipendentiste, per essere il più accanito difensore della disastrosa “abbanoa” che, in logudorese e non in campidanese(akua), significa acqua nuova, un ente per la gestione delle acque creato una quindicina di anni fa dalla giunta Soru e che è diventato l’ennesimo carrozzone clientelare, ma inviso, giustamente,a buona parte dei sardi che, con ripetute raccolta firme, si battono per la sua trasformazione in qualcosa di più serio; il secondo è stato governatore della regione quando era pupillo di Berlusconi, per poi esserne scaricato. Insomma, se questo è il meno peggio allora davvero è meglio rimanersene a casa.
      Stendiamo un velo pietoso sulla residuale galassia indipendentista, buona a fare un po’ di caciara e a sperperare un po’ di soldi pubblici, visto che anche loro sono tutt’altro che digiuni di esperienze governative.
      Rimangono da provare i 5S, che chiaramente con i loro 60 candidati a fronte di più di 1300 candidati delle decine di liste accorpate tra loro non avevano chances in questa tornata. D’altronde mi chiedo se sia serio scendere a compromessi con questo sistema clientelare pur di vincere. In ogni caso non credo che, a livello regionale, sarebbero la soluzione al problema, benchè peggio degli altri non potrebbero fare, perchè il nodo cruciale è l’incapacità di modificare un’agenda politica che viene pari pari riproposta: per esempio mancanza di una seria politica di sviluppo in settori strategici come il turismo, che potrebbero portare lavoro da aprile a novembre, trasporti interni inefficienti,per la penisola appena sufficiente la continuità territoriale per via aerea da e per Milano-Roma, ma si dovrebbe fare di più in collegamenti con l’estero, allo sbando il trasporto via mare. In compenso soldi e sprechi per mantenere in vita enti inutili e per questioni marginali, su cui domina incontrastata l’oramai mitica lingua sarda, che come scrivevo prima, non esiste. Questo giusto per buttare lì una considerazione tra le tante.
      Un’ultima annotazione che ha a che fare con la scheda elettorale: un lenzuolone che costringeva alle acrobazie per apporre la propria preferenza, con i listoni di centrodestra e centrosinistra collocate al centro scheda e le altre, tra cui quella 5S, ai bordi. Ma non sarebbe stato meglio con quella carta creare due schede elettorali, una per le liste e una per i candidati governatori? ovviamente non poteva mancare la doppia preferenza di genere, con annullamento qualora si scrivessero due nomi al maschile, ma sappiamo oramai che considerazione ha il femminismo della libertà di scelta e di espressione.
      Sembra lo sfogo di un qualunquista, ma purtroppo è la tragica realtà. La Sardegna sperduta nel mare magnum della globalizzazione, con un governo centrale spesso distante( il fatto che siano giunti in Sardegna per le regionali le figure più di spicco del Governo nazionale è una novità assoluta, a prescindere dalla loro serietà, che è, soprattutto in riferimento all’onnipresente Salvini, perlomeno dubbia, per usare un eufemismo), con una UE che se ne strafrega, non può più permettersi una classe politica locale di questo livello.

  2. dante
    27 Febbraio 2019 at 20:59

    “Pensare che le masse ottuse dal consumismo sempre piu’ straccione si rivoltino o abbiano un slancio di orgoglio e’ utopia.”

    apprezzo il tuo commento,personalmente sto ancora aspettando che si tocchi il fondo ma questo fondo dovrà rivelarsi l’abisso di Nietzche

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