Non ci caschiamo più

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La manifestazione dello scorso 25 ottobre promossa dalla CGIL è stata senza dubbio una boccata d’ossigeno per tutti coloro che non si rassegnano ad essere considerati una mera appendice (precaria e precarizzata) del Mercato e delle sue sorti magnifiche e progressive.

Una bella e partecipata manifestazione che, insieme ad altre, penso a quelle dei sindacati di base ma anche quelle del M5S, ci dice, anche con molta evidenza, che in questo paese, nonostante tutto, nonostante cioè un quarantennio di offensiva economica, sociale, politica, ideologica e culturale neoliberista, c’è ancora un potenziale popolo non ancora piegato ai dogmi e ai diktat del neoliberismo, che non concepisce il Mercato (e il Capitalismo) come una sorta di nuova religione secolarizzata ma come una forma storica dell’agire umano. Quindi una “cosa” che in quanto tale può essere anche modificata, riformata, rivisitata e perché no, aggiungiamo noi, anche superata, magari non domani e neanche dopodomani e neanche fra cent’anni ma in un possibile futuro orizzonte, sia pure di là da venire. Comunque una “cosa” che non può incombere come un’ incudine sulle vite di tutti noi,  che non può dominare la nostra esistenza perché l’umano viene prima dell’economico e non viceversa. Il nostro umore, i nostri stati d’animo, la nostra condizione psicologica ed esistenziale non possono essere scandite e determinate dall’andamento dello spread.

In parole ancora più povere, nonostante il sistema, in tutte le sue articolazioni economiche, mediatiche, accademiche e politiche (fra cui svetta ovviamente la cosiddetta “sinistra”, che ormai da decenni fa a gara con la “destra” a chi meglio interpreta l’ideologia neocapitalistica e a chi è più titolata ad assumere la “governance”; competizione sicuramente vinta ai punti dalla “sinistra” per lo meno negli ultimi vent’anni) abbia fatto di tutto per colonizzare le menti delle persone con l’intento di ridurle a consumatori obbedienti e fedeli (anche quando questo consumo è sempre più risicato e precario), molte fra queste sono rimaste tutto sommato relativamente immuni, impermeabili al messaggio dominante dal quale non si sono lasciate fagocitare.

Questo è il risvolto sociologico e psicologico, diciamo così, sicuramente positivo, della questione. Ed è da quel popolo, senza frapporre steccati “politicisti” (perché tanta gente che era in piazza con la CGIL era anche in piazza San Giovanni con il M5S alcuni mesi fa o comunque lo ha votato, e perché le due piazze esprimono sostanzialmente lo stesso bisogno di giustizia, diritti e democrazia), che bisogna ripartire.

Il risvolto politico è invece un po’ più complesso e anche un po’ più scivoloso, diciamo così. Ergo, bisogna fare attenzione e non farsi stregare dal canto delle sirene.

L’ex clero spretato del serpentone metamorfico PCI-PDS-DS-PD – l’espressione non è di Diego Fusaro (che palle ‘sto Fusaro che fa a gara con la Parietti a chi è più presenzialista …) ma del suo maestro, Costanzo Preve (filosofo di razza, pur con diversi e gravi errori politici sulle spalle) è stato messo nell’angolo da Renzi, cioè dal “mostro” che loro stessi hanno creato nel momento in cui hanno dato vita al PD con tanto di enfasi, in particolar modo sulla sua cosiddetta “vocazione maggioritaria” (Veltroni docet).

Come spesso succede, l’allievo l’ha messo in quel posto al maestro (o ai maestri) ed è così che D’Alema, Bersani, Cuperlo e compagnia cantando, cioè il meglio del meglio (si fa per dire…) della nomenclatura diessina, principale responsabile dell’attuale disastro della Sinistra, si sono ritrovati e si ritrovano in un vicolo cieco.

Ricordo bene le parole di D’Alema, ripetute come un mantra a chi criticava, anche dall’interno del suo stesso partito, il progetto di sciogliere i DS e dare vita al PD. ”Chi ha più filo da tessere, lo tesserà” ripeteva sistematicamente nei confronti dei suoi critici.

Ebbene, Renzi il suo filo lo ha tessuto (ben supportato, s’intende,  sia all’interno che soprattutto all’esterno del partito…) e sembra proprio che ne disponesse di più di quanto non ne disponessero D’Alema e soci.

I quali ora, dopo vent’anni di politiche neoliberiste, di privatizzazioni più o meno selvagge, di dismissione della cosa pubblica, di precarizzazione del lavoro (anche e soprattutto dei governi da loro guidati) e di “guerre  umanitarie” hanno il problema di ritagliarsi un ruolo. Per cui, dopo avere per anni strombazzato ai quattro venti contro l’ipotesi delle due “sinistre” (una “riformista” e una “radicale”), in favore di un grande partito riformista che andasse oltre e superasse i vecchi e tradizionali steccati e prendesse il meglio delle culture riformiste socialiste, liberali, cattoliche ecc. e bla bla bla, si trovano ora costretti, obtorto collo, a fare un passo indietro e a recitare la parte di quelli di “sinistra” in opposizione a Renzi.

Il che è obiettivamente ridicolo, se non fosse che purtroppo il popolo di sinistra è tanto generoso quanto ingenuo, dal momento che per vent’anni si è lasciato infinocchiare da questi lucidi e cinici professionisti della politica (scatole vuote, prive di ogni etica politica che possono essere riempite con qualsiasi cosa, all’occorrenza) con la scusa dell’antiberlusconismo, eretto a ideologia (Berlusconi male assoluto) e sostituito all’antifascismo. Un sostanziale depistaggio ideologico e politico con il quale sono riusciti a galleggiare (e alla grande) per circa vent’anni.

Gli stessi lucidi e cinici mestieranti che ora vorrebbero utilizzare l’”antirenzismo” per i loro miserabili obiettivi di autoriproduzione, cioè per riciclarsi in qualche modo nel panorama politico.

Da qui il continuo accostamento di Renzi a Berlusconi, cosa peraltro vera e condivisibile (del resto fanno anche parte delle stesse conventicole) , nella sostanza, se non fosse per l’uso strumentale che essi ne fanno.  Renzi diventa “cattivo” perché è sostanzialmente la continuazione di Berlusconi e del Berlusconismo con altri mezzi (ancora più potenti, da un certo punto di vista) e con un’altra faccia.

Per cui, in un prossimo futuro neanche tanto lontano, il PD potrebbe spaccarsi, Renzi e Berlusconi continuerebbero ad essere i “cattivi” e loro continuerebbero a fare i “buoni” di “sinistra”, costruendo una nuova aggregazione partitica, magari mettendoci qualche faccia nuova o relativamente nuova o comunque presentabile, continuando a brigare e a decidere dietro le quinte. E siccome, come dicevamo, il “popolo di sinistra”, specie quello italiano, è generoso per quanto è gonzo, e loro ben lo sanno, l’operazione non è affatto peregrina.

Per cui attenzione, invitiamo a non ripetere gli errori del passato e ad aprire bene gli occhi, perché “errare humanum est, perseverare autem diabolicum”, come recita il famosissimo detto latino.

Una cosa è certa. Una futura, auspicabile forza di Sinistra, per essere credibile ed efficace, deve gettare alle ortiche una volta e per sempre tutta questa sciacquatura di piatti (perché di questo si tratta…), e ripartire da un progetto serio (che non può essere neanche forzato, ovviamente, e che potrebbe avere anche tempi molto lunghi, che nasce dall’incontro fra la “teoria e la prassi”, mi verrebbe da dire, cioè tra i movimenti di massa e le intelligenze (e quindi anche quadri politici, uomini e donne di pensiero, studiosi ecc.) che tali movimenti producono.  E naturalmente da un’analisi lucida e corretta della realtà nel suo divenire, fuori da tutti quegli steccati ideologici e soprattutto pseudo ideologici di cui l’attuale sinistra (quando parlo di sinistra escludo naturalmente i gruppi dirigenti del PD e dei cespugli rosa fuxia alla sua “sinistra”…) è tuttora anacronisticamente intrisa.

Un lavoro immane ma anche entusiasmante, se ci pensate.

6 commenti per “Non ci caschiamo più

  1. Stefano
    1 novembre 2014 at 12:35

    Ottimo articolò

    • Raffaella
      1 novembre 2014 at 12:43

      Condivido pienamente quanto scritto nell’articolo

      • Fabrizio Marchi
        1 novembre 2014 at 15:18

        Grazie a Raffaella e a Stefano per aver apprezzato l’articolo…:-)

  2. vincenzo
    1 novembre 2014 at 13:34

    Trovo sempre i tuoi articoli molto interessanti e condivisibili, perche dunque affermazioni come “il popolo di sinistra, specie quello italiano, e’ generoso per quanto e’ gonzo”. Qual’ e’ la sua specificita’, cos’e che lo distingue dagli altri “popoli di sinistra” greco, tedesco, francese ecc.? Non e’ una spiegazione un po troppo semplicistica?
    non sei tu che scrivi della falsa coscienza necessaria e dell’ideologia do inante come ideologia dei dominanti?

    • Fabrizio Marchi
      1 novembre 2014 at 15:17

      Caro Vincenzo, la tua osservazione è assolutamente calzante. Ti rispondo.
      E’ la storia della sinistra italiana che fa sì che il “popolo di sinistra” italiano sia un pò più ingenuo e credulone, diciamo così, rispetto agli altri popoli della sinistra europea.
      E questo, paradossalmente, è dovuto, per lo meno a mio parere, proprio ala parabola del cosiddetto “serpentone metamorfico” PCI-PDS-DS-PD che ha traghettato un partito e soprattutto una massa di popolo dalla fase togliattiana al PD di Renzi, passando per Berlinguer, Natta, Occhetto, D’Alema e Veltroni.
      Il gruppo dirigente di quel partito (e questo è un fenomeno tutto italiano che ha una sua assoluta specificità) è riuscito in un’operazione trasformistica che ha appunto una sua unicità. Se tu pensi che oggi il PD, cioè in qualche modo l’erede del PCI, è il baricentro dell’attuale sistema politico e che addirittura è arrivato a superare il 40% dei con sensi (solo la DC nel ’48 era arrivata a tanto…), ti rendi conto della specificità di quel processo trasformistico che ha anche una sua intelligenza. Se tu leggessi il documento congressuale della maggioranza interna degli allora DS che proponeva lo scioglimento del partito per dar vita al PD, ti renderesti conto di ciò che sto dicendo.
      In quel documento si sosteneva (spudoratamente, dal mio punto di vista, ma questo è un altro discorso) che il PD sarebbe l’approdo di una intera storia che inizia da Gramsci, passa per Berlinguer (saltando completamente Togliatti perché troppo scomodo, il che ti fa capire la malafede, il cinismo e lo squallore di quella gente), per arrivare a Occhetto, Veltroni ecc. Non solo, in quel documento, oltre a Gramsci venivano citati, in qualche modo come padri spirituali il liberale Gobetti, addirittura se non erro anche Croce, e poi i socialisti De Martino e Craxi (in questo caso siamo al ridicolo perché l’autonomista Craxi è stato l’assassino politico di De Martino, fautore dell’unità della classe, cioè dell’unità fra socialisti e comunisti).
      Insomma, una brodaglia trasformistica in cui si metteva dentro di tutto, con l’eccezione di Togliatti. Il che rendeva quel documento oggettivamente ridicolo perché non si può tagliare fuori un pezzo fondamentale della storia di quel partito come fu l’era togliattiana. Da un certo punto di vista però, un vero capolavoro di trasformismo.
      Il risultato di ciò è che tuttora anziani o giù di lì militanti del PD, ex PCI e PDS, che continuano a friggere supplì a titolo puramente volontario alle feste dell’Unità (non so ora come le chiameranno…), sono persuasi di stare in quel solco storico che appunto ha portato dal PCI al PD, e che questa sia l’evoluzione naturale addirittura del pensiero di Gramsci e di Berlinguer!
      Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Eppure quel gruppo dirigente, raro esempio di cinismo politico, gente capace di riciclarsi in qualsiasi circostanza (e sarebbe da aprire una riflessione su questo fenomeno che a mio parere ha radici antiche…), è riuscito in questo. E’ riuscito cioè a convincere un popolo che questo percorso è una sorta di processo storico dialettico quasi inevitabile. In tutto ciò c’è un po’ di storicismo e di idealismo crociano che si va a mescolare con la cultura staliniana (metodologicamente parlando) e togliattiana che sono parte fondamentale della storia di quel partito.
      Per capire, dunque, le ragioni per cui il PD renziano è arrivato a prendere il 42% dei consensi bisogna anche mettere mano a quella storia. Non è sufficiente dire che Renzi ha preso il voto di tanti elettori di centrodestra (cosa vera), che il PD renziano incarna le pseudo ideologie del “nuovismo”, del governismo”, del “giovanilismo”, del “donnismo”, della “politica del fare”, del “modernismo e tutta questa paccottiglia che conosciamo. Bisogna mettere mano anche alla storia di quel partito che ha rappresentato in grandissima parte la storia dell’intera sinistra italiana.
      Perché non si Arriva al 42% dei con sensi se non riesci a mettere insieme più storie e più esperienze. Il PD lo ha fatto e questo non è solo merito di Renzi. Renzi ha portato il valore aggiunto pari ad un 12-15% (che è moltissimo) ma lo zoccolo duro del 25-30% è costituito dagli elettori del vecchio PCI-PDS-DS, che se fossero un pochino meno addormentati di quello che sono, non avrebbero certo continuato a dare il proprio voto al PD. Perché qualsiasi persona con un briciolo di luce nel cervello capisce benissimo che iol PD di Renzi, ma anche quello di Veltroni e D’Alema, n on hanno e non ave vano nulla a che vedere con il PCI di Berlinguer, Togliatti e Gramsci (li ho detti a ritroso).
      Ecco perché il “popolo di sinistra” italiano è un po’ più tonto di quello greco, spagnolo, tedesco, francese e del resto d’Europa. In quei paesi la sinistra ha avuto tutt’altra storia, completamente o quasi diversa da quella italiana. Il paradosso è che l’Italia, che ha avuto il più grande partito comunista dell’occidente, si ritrova oggi di fatto senza una vera effettiva forza politica di Sinistra. Non che altrove se la passino tanto meglio, sia chiaro, però mi pare che la sinistra greca sia più in salute di quella italiana, e tutto sommato anche la Die Linke tedesca è una accettabile forza di sinistra, con un suo bacino elettorale di tutto rispetto. Poi che ci sia una crisi profonda di tutta la sinistra, sia essa comunista o socialdemocratica, non c’è alcun dubbio. Però resta il fatto che negli altri paesi europei (Francia, Inghilterra ecc.) la sinistra è in crisi verticale di consensi, appunto perché la gente ha aperto gli occhi e ha capito la natura di quella sinistra. Il dramma è che in assenza di una Sinistra vera, degna di questo nome, quei consensi finiscono alla destra, ma questo è un altro discorso ancora.
      In Italia invece il PD sbanca, e continua a prendere voti in quell’elettorato di sinistra (sono convinto che il 60-70% di coloro che hanno preso parte alla manifestazione del 25 ottobre abbia votato per il PD) che avrebbe dovuto abbandonare da un pezzo quel partito, e invece, nonostante tutto, ha continuato a sostenerlo.
      Dimmi tu se, date queste condizioni, è ingeneroso da parte mia definire quello come un popolo di gonzi. Lo dico in senso buono, per carità, però che si sveglino. E Noi proviamo a svegliarli…

      • vincenzo
        1 novembre 2014 at 18:51

        Fabrizio, la tua risposta anche se molto articolata e per alcuni aspetti veritiera, non mi convince. Innanzitutto il 42% di voti a Renzi in termini assoluti sono comunque meno dei voti dell’ex PCI, inoltre sono passati 25 anni dallo scioglimento dello stesso e l’alternativa che sembrava possibile ricostruire con la nascita di Rifondazione Comunista e’ stata un vero fallimento e questo non solo per gli errori politici commessi e l’opportunismo dei gruppi dirigenti i cui prodromi si manifestano ancora oggi ma, credo, per l’incapacita’ di comprendere le trasformazioni sociali, la modificazione della composizione di classe e in definitiva e soprattutto per i limiti teorici di una teoria marxista ancorata a vecchi schemi che bene sono stati indagati da Costanzo Preve. Resta comunque il discorso del ‘che fare’ non solo a livello italiano ma europeo.
        l’abbandono del concetto di imperialismo per abbracciare il diritto-umanismo, l’incapacita’ di leggere le lotte per l’egemonia a livello geostrategico e soprattutto credo la subordinazione della sinistra rimasta a una visione keinesiana del superamento della crisi economica in cui ci troviamo rendono molto difficile, a breve, una inversione di marcia. C’e’ una generazione, alla quale anch’io appartengo, con cui e’ difficile confrontarsi. Troppe zavorre da cui e’ difficile liberarsi: retorica antifascista, antiberlusconismo imperante nonostante Berlusconi sia politicamente morto, l’europeismo idealizzato come impedimento a una nuova guerra. L’opposizione a Maastricht al trattato di Shengen o di Lisbona sono un ricordo ormai completamente sbiadito. L’interiorizzazione dell’euro come moneta forte che ci ha consentito di non sprofondare in una crisi ancora piu’ spaventosa sono il senso comune dominante anche all’interno della “sinistra radicale”. Schiacciati tra una visione monetarista, antieuropea e di difesa dall’immigrazione insostenibile che provoca una forte riduzione dei salari ed un aumento della spesa pubblicq a sostegno di un welfare anche per gli im igrati la “sinistra radicale” cosa ha da proporre in alternativa? Niente altro che un vuoto solidarismo. Non e# questo forse lo stato delle cose? Persistono lotte sindacali isolate, movimenti di opposizione i piu’ svariati ma c’e’ bisogno di unificarle all’interno di un progetto che tarda a manifestarsi.

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