Ordine del giorno: nei prodotti televisivi per l’infanzia, distruggere l’intreccio e cancellare il conflitto

Devo dissentire, mio buon amico! I cartoni animati della precedente generazione, per quanto manichesiti e violenti, hanno dimostrato di avere una versomiglianza capace di accompagnare lo sviluppo del pensiero critico, in primo luogo perché avevano una trama, e poi perché il conflitto vi era rappresentanto, sia pure in modo immaginifico. Questo deve essere assolutamente evitato! Bisogna agire drasticamente su entrambi gli aspetti. In primo luogo, la trama deve essere soppressa. In secondo luogo, il conflitto deve sparire dalla rappresentazione. 

Quanto al primo punto, ricordo a tutti noi che attraverso internet, i social, IA e la nuova ingnegneria comportamentista abbiamo lavorato negli ultimi venti anni in questa direzione ottenendo i risultati più sensazionali. I crescenti disturbi dell’attenzione sono la conferma più evidente ma anche la punta dell’iceberg. Siamo riusciti a plasmare il tecno-suddito con una efficacia che supera le più rosee aspettative. Ora che abbiamo costruito e dispensato l’eterno presente della Tecnica, con il suo immaginario, ora che abbiamo imposto con successo gli esperti come unici depositari dei suoi saperi, la visione di insieme è sempre più una rarità. Chi vuole tentarne la via, viene immediatamente stigmatizzato.

Tornando, quindi, ai cartoni animati, essi devono essere, in certo senso, l’esatto corrispettivo dei social, devono cioè fare lo stesso lavoro, quello  di frammentare, atomizzare e disarticolare, ma rivolto ai più piccoli, i bambini nella fascia tra i cinque e i nove anni. (Quegli youtuber tanto fessi collaborano perfettamente al nostro lavoro, sono benedetti e va in ogni modo incoraggiata la nascita di altri come loro. Ma dubito che questo sarà difficile.).

L’assenza di trama abitua alla frammentazione dell’attenzione e i social, nella fase evolutiva immediatamente successiva, completeranno il lavoro. Strettamente legata alla soppressione della trama è la rimozione del conflitto. Per de-conflittualizzare la società occorre anzitutto de-conflittualizzare la realtà. Non bisogna mai offrire, in altre parole, alcuna contrapposizione che si articoli attorno a sistemi di idee organizzati, coerenti e riconoscibili (come, per esempio, le lotte tra buoni e cattivi nei cartoni animati della precedente generazione, che avevano dietro delle storie di rilievo, e questo deve in ogni modo essere evitato).

Tutto deve diventare estemporaneo, molle, sfumato, privo di peso.  Essenzialmente, occorre realizzare esclusivamente due tipi di cartoni animati. Il primo è rappresentato da quelli didascalici, la cui funzione deve essere legata a una “utilità” dimostrata nell’ecosistema dei nostri valori (per esempio imparare l’inglese), con una trama ridotta al minimo, ma entro la quale nulla accada mai di destabilizzante o men che previsto. L’altra tipologia è rappresentata da quei cartoni animati che devono occuparsi più propriamente di dissolvere la trama e mantenere con varie trovate una attenzione puramente passiva, che non riemerge mai al livello complessivo, del resto assente. Tolta anche la cornice, si può procedere a banalizzare tutto. Si cominci abbassando i comportamenti umani al livello delle cose. È un espediente da portare a sistema e utilizzare costantemente, perché l’automazione delle coscienze ne beneficia sempre. Da questo punto di vista, abbiamo riscontrato che funziona molto bene quando i personaggi principali sono oggetti: toast, confezioni di alimenti ecc. (in realtà va bene tutto), con caratteristiche pseudo-umane.  Ovviamente questo non basta, è una precondizione che deve essere abbinata all’azzeramento dell’intreccio narrativo e deve sostenerlo. Inoltre, i sentimenti e le emozioni devono trovare espressione solo in questa totale frammentazione, in modo che perda di visibilità e di senso logico il rapporto con la causa che li origina nella realtà, in quel “mondo vero” che vero non è  più, perché noi, più di chiunque altro, possiamo dire di averlo sostituito. Nessuna questione potenzialmente sociale deve dunque essere rappresentrata, e quando la si fa affiorare in mezzo alla poltiglia generale, deve essere solo per ridicolizzarla immediatamente e risperdirla sotto il fango. Ogni emozione deve essere resa banale e infeconda. I tecno-sudditi devono essere sempre meno consapevoli delle proprie emozioni, incapaci di analizzarle a di articolarle.  I bambini devono già avvertire sullo sfondo, quando non possono ancora distinguerla, la voce ferma di un presente che non c’è alcuna ragione, né del resto alcuna possibilità, di modificare. In questo modo noi produciamo, già nell’infanzia, un tassello fondamentale verso l’interiorizzazione dei nostri modelli.

La scomparsa della trama e il conseguente bombardamento evenemenziale (cronachistico) sono elementi portanti per noi. Ormai sappiamo bene che questo contribuisce a preparare individui adulti nevrotici e incapaci di ritessere il senso di insieme. lacerati e atomizzati. Questo tipo di individuo, non c’è bisogno che io lo dica, è il perfetto consumatore. Per arrivare a questo risultato, l’ambiente cognitivo deve essere sempre più formato da una successione di istantantanee scollegate che si susseguono a grande velocità, forzando continuamente i tempi naturali di elaborazione del cervello. I social continuano il lavoro in modo splendido. E anche della scuola ci stiamo occupando ormai più che egregiamente. Dopo almeno tre decenni di lavoro incessante, grazie all’acquisita capacità di selezionare direttamente il personale politico, siamo arrtivati al risultato ultimo, e cioè che gli stessi operatori ed educatori percepiscono una scuola tecnomorfa, permeata dai protocolli della tecnica e costruita sul nesso tecnologia-innovazione, come un bene in sé, oppure come un esito inevitabile o, ancora, all’interno del quale siano possibili margini di manovra “dal basso”. In ogni caso, le forze discordanti sono nettemente minoritarie e ridotte alla marginalità. Contro di loro, lo schema per cui i critici sono nemici dell’innovazione è di sicura e comprovata efficacia.

Ma i frutti migliori giungono come sempre dai terreni ben dissodati. Nel mostrare il futuro luminoso aperto dall’evoluzione della tecnologia, noi possiamo a questo punto rivolgerci direttamente agli studenti adolescenti scavalcando i docenti, la cui figura deve essere nel breve demansionata, poi progressivamente superata. Anche per questa parte del nostro progetto, è essenziale il ruolo di raccordo e trasmissione svolto dalle università, ma anche su questo importante fronte dobbiamo dire che le cose non potrebbero andare meglio.

Oggi possiamo dire con estrema fiducia che l’intera formazione è nelle nostre mani!

Che il nostro sistema di valori non è mai stato così generalizzato. Che nessuna generazione del Capitalismo è mai riuscita, come noi, ad ottenere una così profonda ristrutturazione antropologica dell’individuo! Signori, siamo indubbiamente in cima alla Storia. Anzi, di più, abbiamo davvero reso il passato un fardello inutile. Abbiamo definito le regole permanenti del gioco e non si vede all’orizzonte nessuno in grado di cambiarle. Siamo letterarmente Eterni.”.

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Fonte foto: Collateral (da Google)

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