RAI e pluralismo

La RAI lancia, come ogni anno, la sua campagna abbonamenti. È il servizio pubblico per eccellenza, in quanto, in teoria, consente a chi non ha voce e potere economico di esprimersi, di contestare e proporre. Senza libertà di parola che la RAI attua non vi è democrazia, ma oligarchia, pertanto la RAI dovrebbe essere servizio pubblico e non di Stato. Servizio pubblico implica il servizio ad ogni cittadino con l’informazione libera ed imparziale. Quest’ultima è un ideale e una pratica “umanamente conseguibili” attraverso la visibilità alle minoranze, spetta ai cittadini “socraticamente” elaborare una propria opinione ed eventualmente schierarsi in modo ragionato e razionale disponendosi al dialogo. La RAI non dovrebbe essere TV di Stato, ovvero mezzo mediatico al servizio dei potenti di turno. Se ogni anno i cittadini della Repubblica pagano l’abbonamento TV è per usufruire della libera ed imparziale informazione che consolida la vita democratica. La RAI è di tutti come la scuola o il servizio sanitario, è uno dei presidi della democrazia. Garantisce la crescita etica e culturale dei cittadini nel rispetto delle differenze. Essa dovrebbe realizzare pienamente l’articolo 21[1] della Costituzione. Nel codice etico del marzo 2020 così si legge:

 

Pluralismo

Assumere quale principio fondamentale del sistema radiotelevisivo la garanzia della libertà e del pluralismo nell’accesso ai mezzi di comunicazione, la tutela della libertà di opinione e di espressione per ogni cittadino, come la tutela della libertà d’informazione, l’apertura delle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali, culturali e religiose e la salvaguardia dell’identità nazionale e della memoria storica del Paese e del patrimonio culturale europeo, delle diversità linguistiche ed etnico‐ culturali, nel rispetto delle libertà e dei diritti garantiti dalla Costituzione. Il pluralismo, nella sua accezione più ampia, deve essere rispettato da RAI nel suo insieme e in ogni suo atto e trovare riscontro evidente nella programmazione; il pluralismo in tutte le sue specificazioni deve estendersi a tutte le diverse condizioni e opzioni che alimentano gli orientamenti dei cittadini: pluralismo nell’informazione, pluralismo politico e modalità di comunicazione, pluralismo sociale, pluralismo culturale, pluralismo etnico e religioso, pluralismo nelle realtà locali, pluralismo di genere ed età, pluralismo associativo.

 

DILIGENZA, CORRETTEZZA, BUONA FEDE E LEALTÀ NELL’UTILIZZO DEI PRESIDI DIGITALI 

(…) Si definiscono “presidi digitali” i sistemi di pubblicazione e diffusione di contenuti accessibili a qualsiasi dispositivo connesso (quali a mero titolo esemplificativo siti internet, blog, forum, social network). Nell’utilizzo dei “presidi digitali” tanto privati che aziendali – fermo il rispetto della libera manifestazione del pensiero garantito dall’art. 21 della Costituzione – occorre tener conto che: • lo spazio virtuale web e social è a tutti gli effetti uno spazio pubblico, in quanto visibile ad un insieme potenzialmente illimitato di fruitori; • qualunque pensiero venga pubblicato, condiviso o linkato può diventare permanente o comunque essere visibile per molto tempo; • la diffusione del pensiero in questo ambito è assimilabile ad una dichiarazione resa con gli altri mezzi di comunicazione di massa; pertanto trovano compiuta applicazione i principi elaborati dalla giurisprudenza anche in tema di diritto di cronaca, critica e satira, ovvero di estrinsecazione del più generale diritto alla libertà di espressione del proprio pensiero ex art 21 (Cost.): in particolare interesse pubblico alla conoscenza della notizia, verità obiettiva della stessa, continenza espositiva ovvero correttezza del linguaggio ecc. • sono applicabili anche alle condotte poste in essere in questo ambito le vigenti norme dell’ordinamento giuridico che prevedono la responsabilità civile e penale in caso di: violenza, minaccia, pubblicazione di contenuti diffamatori o discriminatori, e ancora hate speech, negazione, minimizzazione, approvazione o giustificazione del genocidio o di altri crimini contro l’umanità, diffusione di contenuti pedopornografici o falsi, propaganda terroristica, cyberbullismo, lesione dei diritti di terzi, ecc.”.

 

Incoerenze

Siamo abituati alla doppiezza e ai comportamenti schizoidi. Se si legge il codice etico  e si guarda con occhio critico i programmi RAI, è difficile individuare la coerenza tra ciò che viene trasmesso e le dichiarazioni condivisibilissime presenti nel codice etico. Si assiste ad una schiacciante prevalenza di programmi commerciali simili, e persino più volgari e liberisti, delle TV private. Con il denaro pubblico si insegue un modello televisivo diseducante e schierato con l’edonismo acefalo. La RAI dovrebbe essere un presidio di contenimento del paradigma liberista, invece ne è diventata l’alfiere. I programmi RAI sono cloni che scimmiottano il peggio delle TV private. Dal linguaggio alle immagini tutto declina verso forme di esemplificazione che non incoraggia il cittadino a formarsi in modo responsabile, ma si incentiva la pubblica stupidità. La parola stupidità deriva dal latino stupor, e dunque indica la passività. Le istituzioni democratiche formano i cittadini alla partecipazione critica, e mai fanatica, esse neutralizzano la pubblica stupidità pronta a ribaltarsi in  violenza linguistica e fisica. Se tutto è merce, è inevitabile l’effetto che ciò può avere specie sui più giovani. La Presidente del TG uno Monica Maggioni ha dichiarato che non darà voce ai “novax”: è la RAI di cui non abbiamo bisogno. Il servizio pubblico è la voce di tutti, è cultura del confronto documentato, i cittadini devono essere rispettati nella loro razionalità: sapranno giudicare, non necessitano di forme di paternalismo poco democratiche.

I TG RAI sono colmi di servizi su cantanti e film da vendere, vi è da chiedersi se questo giova alla pubblica opinione o se ci troviamo, ancora una volta, dinanzi all’escrescenza del liberismo pagato con i soldi dei cittadini: i TG sono usati per vendere prodotti artistici, naturalmente è la forza del denaro, si suppone, a determinare la pubblicità al prodotto artistico, e non certo la qualità. All’offerta quantitativa di canali e trasmissioni i cittadini di una democrazia dovrebbero rispondere chiedendo coerenza tra codice etico e palinsesto, e specialmente, si deve giudicare in base a paradigmi di qualità e non certo di quantità la RAI e qualunque espressione mediatica. Senza il giudizio di qualità non vi è che la stupidità di massa, la quale ha in grembo la violenza che si vive ogni giorno. Prima di pagare o aderire all’abbonamento RAI dovremmo pensare che tipo di RAI vogliamo e desideriamo per la crescita delle nuove generazioni e non solo. Il gesto automatico del pagamento va messo tra parentesi e pensato. La mia generazione è cresciuta, anche grazie alla RAI, la quale investiva nella rappresentazione delle grandi opere letterarie che favorivano la crescita etica della Repubblica. I reality hanno preso il posto delle grandi opere. Non si può restare indifferenti davanti ad un’istituzione che è stata grande, e che oggi cerca di battere le TV private riproducendo la stessa mortifera logica.

[1] Articolo 21 Costituzione italiana: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria [cfr. art. 111 c.1] nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

26 aprile 1961: va in onda per la prima volta "Tribuna Politica" ~  Spettacolo Periodico Daily

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