Scienza e referendum

Il vaccino anticovid è stato il referendum vinto dalla scienza, così si esprime il Presidente della Repubblica italiana. L’esemplificazione è il male dei nostri giorni, il male non è profondo, solo il bene lo è precisava Hannah Arendt. I referendum notoriamente si vincono apponendo sulla scheda elettorale una croce sul sì o sul no, il vaccinarsi corrisponde al “sì”, il non vaccinarsi al “no”. Il referendum è stato vinto dalla scienza, perché il numero dei vaccinati si avvia verso il 90%. I passaggi sono semplici ed elementari e nella loro scheletrica evidenza si rendono spendibili per la propaganda. Il messaggio spot “arriva”, se reso astratto e ”depurato”  dalle incrostazioni storiche e dai dubbi dialettici. Il referendum obiettivamente è stato vinto, ma la qualità della vittoria determina se il risultato è autentico.  L’adesione alla vaccinazione è stata favorita dal greenpass e dal ricatto che notoriamente ha indotto la maggioranza della popolazione ad accalcarsi negli Hub vaccinali.

Le elezione del 1924 proclamarono la vittoria del fascismo, il trionfo fu ottenuto in un clima di tensione e violenza, per cui a livello astratto il diritto è stato conservato, ma nella sostanza è stato negato, è la libertà (libero arbitrio) a decretare in democrazia la vittoria. Senza informazione e dialettica non vi è democrazia, ma postfascismo come affermava Pasolini. Il paragone può sembrare improprio, ma il parallelismo può servire ad evidenziare quanto le condizioni concrete siano più  importanti del risultato. L’astratto si presta a tacitare i dubbi, a sedare ogni dialettica, introduce il rigor mortis della parola dialogica. La scienza avrebbe vinto, ma che cos’è la scienza? Esiste solo un modello di scienza? La scienza è un’ipostasi? Così pare nell’affermazione presidenziale, ma la scienza non è un ufo che viene da un mondo distante e  avulso dalle contingenze  storiche, non è l’immacolata concezione. La scienza questa sconosciuta vive nelle istituzioni, è condizionata da interessi economici e di dominio come la storia ci insegna, pertanto non  è imparziale e libera da spinte politiche e da personali interessi, è parte integrante del mondo storico.  Non è riducibile al parimpari pitagorico, al numero uno, ma essa è plurale. La pluralità di metodi  consente di rispondere alle esigenze reali della cittadinanza: la popolazione è varia per età e salute, per cui se il servizio è alla comunità, il  siero “informato e libero” dev’essere sostenuto da una pluralità di ricette operative. La soluzione unica con annessi affari è sempre sospetta tanto più che, se non si interviene sul diritto sociale alla sanità nei fatti smantellato in questi decenni neoliberisti, vi è una sostanziale incapacità del sistema democratico a gestire ogni emergenza. I privati fanno affari  in tale cornice, ma di questo si tace.

 

Scienza o scienze?

Vi sono modelli di scienza con relativi approcci metodologici differenti. Le scienze  in  uno sforzo immane cercano di portare la luce dove prima era buio. A volte “il buio” è la stessa scienza, si pensi alle leggi razziali e alle bombe atomiche, per cui l’inno alla scienza è pericoloso, in quanto introduce una nuova chiesa che non conosce domande, ma ha solo certezze che divengono armi contro i dissenzienti.

La scienza e gli scienziati che vorremmo devono, in primis, essere al servizio delle comunità e non certo dei potentati economici e politici. Le multinazionali trattano con gli Stati e secretano i contratti, le istituzioni su questo tema dovrebbero intervenire per difendere i popoli dagli affari degli oligarchi, ma nulla accade, l’emergenza pare giustificare ogni decreto ad onta del parlamento ormai sola presenza scenografica. La scienza non è tirannia della maggioranza, perché nel suo DNA epistemico vi è la filosofia e, quindi, il dubbio e il dialogo. Siamo di fronte ad un modello di scienza, e non alla scienza, e tale modello è rappresentato da scienziati e virologi molto limitrofi al potere e dunque, può sorgere il dubbio, se siano al servizio dell’umanità o di strutture economiche dall’immenso potere. Se questa è la tragedia del presente con le sue pericolose derive, dovremmo risfogliare oltre Michel Foucault, l’anarchia del metodo di Paul K. Feyerabend quest’ultimo ci insegna che la scienza non è un monolite a cui bisogna dire di “sì” o di “no”, ma essa è plurale e necessita di partecipazione consapevole. Dev’essere democratizzata, non può essere una oligarchia del sapere che si affianca e allea con i plutocrati. La scienza se non è plurale e ammette la complessità delle possibilità di intervento diviene una nuova configurazione sociale tesa al dominio. Dato un problema si devono vagliare le soluzioni nelle loro potenzialità, non si può puntare solo su una idea, si rischia di cadere in comportamenti clericali e ideologici che negano il libero confronto e  la verifica comunitaria delle  alternative: se “la scienza” si pone come   insindacabile, non è che ideologia:

“Nessuna idea viene esaminata in ogni ramificazione e a nessuna opinione vengono mai concesse tutte le possibilità che merita. Talune teorie sono abbandonate e soppiantate da spiegazioni più fortunate molto tempo prima che abbiano l’opportunità di rilevare le loro  virtù [1]”.

 

Scienza e unanimità di opinione

La scienza è al servizio della comunità, se non denigra le soluzioni alternative, se non aggredisce i dissenzienti. Ha vinto il referendum, ma ha dato e sta dando di se stessa una pessima immagine: scienziati come narcisi, o come profeti non sono d’ausilio a diradare la paura generalizzata del nostro presente storico, anzi le loro contraddizioni poco scientifiche aumentano la confusione e la sfiducia verso le istituzioni e le pratiche scientifiche. Se la scienza diventa “chiesa militante” che tacita e sostiene il potere nega la sua fondazione epistemica e ontologica. La scienza è plurale e la varietà delle posizioni incoraggia un modello di vita nel quale l’ascolto creativo umanizza, in cui si impara l’umiltà per poter imparare a curare le singole persone. Se la scienza diviene dogma, si trasforma in minaccia verso l’umanità, poiché con le sue conoscenze e metodologie può essere usata per forme di dominio totalitario e crematistico. Senza pluralità la scienza muore, mentre la si acclama sugli altari del potere,  più essa è parte organica del potere, più rischia di perire nelle spire degli interessi inconfessabili e della cattiva politica:

“Per concludere: l’unanimità di opinione può essere adatta per una chiesa, per le vittime atterrite o bramose di qualche mito (antico o moderno), e per i seguaci deboli e pronti di un tiranno. Per una conoscenza oggettiva è necessaria la varietà di opinione. E un metodo che incoraggi la varietà è anche l’unico metodo che sia compatibile con una visione umanitaria[2]”.

Per liberare la scienza da dogmatismi religiosi rigorosamente monoteisti bisogna riportarla alla sua genesi. La scienza è una creazione umana, lo scienziato  non è scisso dalla storia, ma è parte di essa esattamente come ogni essere umano, per cui le sue verità sono umane troppo umane.

Non può essere oggetto di referendum, ma di discussione pubblica, essa prolifera nella domanda, in quanto se posta in tensione all’interno della pubblica ragione si spoglia della sua olimpica e illusoria distanza per essere umana e al servizio della comunità, e non certo del potere:

“Che interessi, forze, propaganda e tecniche di lavaggio del cervello svolgano nella crescita della nostra conoscenza e nella crescita della scienza un ruolo molto maggiore di quanto non si ritenga di solito si può desumere anche da un’analisi del rapporto fra idea e azione[3]”.

La scienza è costituita da scienziati che sono in primis uomini e donne i quali leggono i dati già pieni di teorie, per cui ogni scienziato ha pregiudizi e idiosincrasie che possono essere trascesi  con la pubblica discussione. Smitizzare il mito scienza tanto utile al dominio che in nome della scienza oggettiva e universale vorrebbe introdurre una scientifica e  nuova dittatura del pensiero unico, significa non farla decadere e cadere nell’abisso degli interessi economici che favoriscono derive irrazionali. Il Presidente della Repubblica la dovrebbe difendere e, specialmente, deve tutelare le minoranze per favorire il dialogo tra le parti. Senza buona politica non vi è scienza e conoscenza, ma solo demagogia e ideologia.

 

[1] Paul K. Feyerabend, Contro il metodo, Feltrinelli Milano 2009, pag. 42

[2] Ibidem pag. 39

[3] Ibidem pag. 23

Come vanno le vaccinazioni contro il nuovo coronavirus nel mondo

Fonte foto: Varese News (da Google)

 

1 commento per “Scienza e referendum

  1. Enza
    30 novembre 2021 at 16:14

    Mi permetto. Nulla da eccepire sull’intervento, se mai apprezzare le argomentazioni sulla debolezza di questa che è spacciata per scienza, mentre, nonostante la solennità mattarelliana, è una sorta di referendum similfascista con scheda trasparente….
    Cosi usava Mussolini.
    Tuttavia, al punto in cui siamo arrivati, tanto manifestamente fallimentare sul fronte vaccini e autoritario sul fronte politico, denunciare la mistificazione non serve più. Siamo nelle spire del boa constrictor che non allenta la presa e stritola sempre di più.
    Liberarci impossibile. Non ora almeno.
    Inquietante cosa ci stiamo apparecchiando grazie ad effetto virus, propaganda e paralisi generalizzata della società ( partiti, sindacati, corpi intermedi, proletariato residuale). Qualcuno ha ascoltato attentamente le dichiarazioni odierne di Draghi su transizione ecologica? Vengono i brividi.
    Su terrorismo no Vax, testimonianza oculare di miei parenti e amici, doppiamente vaccinati, in isolamento per covid, alcuni in intensiva. Una non ce ‘ha fatta.

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