Sistemi complessi: determinismo o indeterminismo?

Dopo l’orgia di virologi e immunologi mediatici sarebbe meglio tornare a parlare seriamente di scienza per non perdersi tra scientismo e anti-scienza. Per questo motivo il mio è un complemento da fisico al bell’articolo di Guido Bonali Sull’ indeterminismo in natura e nella conoscenza della natura sull’Interferenza del 20 ottobre. Avevo intenzione di scrivere un commento ma il commento è diventato troppo lungo e quindi l’ho inviato come articolo, è scritto davvero di getto e quindi vi prego di perdonare qualche imprecisione. Qui solo chiarire per i lettori non proprio fulmini di guerra in fisica alcuni punti, perché filosofi e, purtroppo, anche ricercatori generano, parlando a vanvera, a volte confusione. Lascio a voi rispondere al quesito posto nel titolo per parte mia io credo che la complessità non esclude il determinismo sebbene in senso probabilistico e d’altra parte tutta la scienza moderna da Galileo e Newton fino ad oggi non ha fatto altro che inseguire modelli che prevedessero l’evoluzione futura di un sistema. L’indeterminismo, se lo leggiamo correttamente in termini probabilistici nel senso che non è detto che si realizzi ciò che aspettiamo o auspichiamo, comunque ci da quello spazio in cui può esistere e si esprime il libero arbitrio e in fondo anche la stessa azione politica.
Di seguito le mie considerazioni ispirate dall’articolo succitato:

  1. il caos di cui normalmente si parla in fisica oggigiorno non ha nulla a che vedere col caos primordiale o più genericamente col disordine, infatti è detto “caos deterministico” perché nonostante la traiettoria (cfr. la nota [1] per la terminologia) che compie il sistema sia complicata e ci sembra persino un po folle, caotica insomma, essa è sempre perfettamente prevedibile date le condizioni iniziali;
  2. dove nasce l’indeterminazione? Essa nasce dal fatto che nel mondo reale ogni misura nasce con un errore e quindi anche lo stato iniziale del sistema è affetto da errore, per cui poiché a stati iniziali diversi corrispondono traiettorie anche molto diverse se il sistema è caotico, ne segue che la predizione sullo stato finale del sistema è difficile ed è possibile solo in termini probabilistici. Questo lo vediamo ogni giorno con le previsioni del tempo: esse hanno oggi un limite massimo di accuratezza di circa 6 giorni perché dopo la divergenza delle traiettorie porta a previsioni diverse (detto volgarmente “effetto farfalla” poiché si dice che anche il battito delle ali di una farfalla a Pechino cambia il tempo in Europa) essendo le equazioni che modellano i fluidi viscosi come l’aria, equazioni di Navier-Stokes non-lineari e quindi caotiche. Tuttavia c’è da dire che oggi stiamo molto meglio di quando le previsioni arrivano a soli tre giorni perché lo sviluppo di computer molto potenti permette di seguire l’evoluzione del sistema con una precisione molto più grande che in passato, sviluppando tutte le possibili traiettorie del sistema, ed esistono poi numerosi modelli semplificati di previsione anche a più lungo termine che possono dare informazioni sull’evoluzione del clima anche se sono incerti su tempi e luoghi precisi dei fenomeni;
  3. anche la nozione di “sistema complesso” richiede una precisazione, la complessità spesso deriva da una forma non lineare delle equazioni che ne devono predire il comportamento (ovvero ad esempio la somma di soluzioni non è detto che sia una soluzione), ma per quanto il sistema possa essere caotico non è affatto detto che sia disordinato. Ad esempio nel caso della turbolenza si può avere caos temporale ma non spaziale per cui vi sono strutture spaziali ordinate mentre l’evoluzione nel tempo è caotica, portando ad effetti come l’intermittenza (ovvero il sistema oscilla tra stati differenti in modo imprevedibile se non in termini probabilistici). Spesso è proprio la non linearità ad essere sorgente di un comportamento ordinato ma al tempo stesso complesso nel senso che è un ordine a volte gerarchico che non è riducibile a qualcosa di semplice (si pensi ai frattali che sono oggetti strettamente legati al caos deterministico [2]) si pensi alle onde solitarie (solitoni), che sono onde di una natura particolare in cui la non linearità impedisce la dispersione e quindi la dissoluzione dell’onda, che provengono dalle stesse equazioni che a volte danno un comportamento caotico;
  4. giusto un accenno alla biologia: se essa come appare oggi è veramente fondata sul comportamento di molecole complesse (attenzione qui complesso significa altro che quello inteso prima, parliamo di un numero di atomi relativamente piccolo e la complessità è principalmente nella loro distribuzione spaziale) è necessaria una descrizione quantistica. I fenomeni quantistici, pur avendo al loro interno dei concetti probabilistici, agiscono in direzione opposta al caos deterministico per cui non c’è in generale caos deterministico nei fenomeni quantistici. Ed è inutile pensare che l’indeterminazione quantistica sia sorgente di quell'”indeterminismo” di cui si parla a cena oggi: con tutta la loro indeterminazione i calcoli quantistici sono in grado di calcolare grandezze con la precisione di una parte su un milione o anche di più [3], ed è il motivo per cui il famoso anatema di Einstein contro la meccanica quantistica: “Dio non gioca ai dadi” non ha avuto particolare effetto sulla comunità dei fisici: la meccanica quantistica funziona così bene che nessuno ha cercato di sostituirla con un’altra teoria non probabilistica;
  5. Veniamo agli ultimi due punti di cui vorrei parlare: quello che noi vorremmo è predire forse il comportamento dell’individuo o della storia. Sono problemi diversi, di scala molto diversa. Dell’individuo si è già detto nell’articolo di Bonali dell’ordine esistente nel cervello per quanto questo possa essere complesso. E’ noto che esistono circuiti neurali che si producono per effetto dell’ambiente, ad esempio per mezzo dell’assunzione di droghe, per cui il cervello risulta in continua interazione con l’ambiente esterno e da questo forgia una sua immagine del mondo mettendo ordine nei propri neuroni (e un eccesso di ordine nel caso delle dipendenze). Si potrebbe prevedere la sua evoluzione? Difficile, se non sempre in termini probabilistici;

6. Lascio per ultima la storia: Fernand Braudel in una celebre intervista disse che i singoli individui non avevano nessuna possibilità di influenzare i processi storici (lasciando esterrefatti Fanfani e Ingrao che lo ascoltavano). Egli vedeva i processi storici come qualcosa di deterministico sebbene non prevedibile a causa della complessità [4]. Per Karl Marx si può fare lo stesso discorso: determinismo si ma dove andrà il sistema? Meglio forse dargli qualche spintarella allora, forse per tale motivo scrisse il  Manifesto. Se non fosse stato così a che serviva scrivere e diffondere le sue idee, sarebbe stato come Hari Seldon lo psico-storiografo autore di una teoria fortemente deterministica della storia protagonista del romanzo di fantascienza Cronache della Galassia di Isaac Asimov [5]: egli comunicò le sue scoperte solo ad un piccolo manipolo di seguaci. Tutto si svolse nel modo in cui aveva previsto fino a secoli dopo le previsioni quando lui era già morto da un pezzo. Ma, e qui viene il bello, entrò in gioco un fattore imprevedibile: un mutante, il Mule, in grado con i suoi poteri mentali di modificare il corso della storia creando quella che matematicamente si potrebbe dire una biforcazione. Come si uscì dall’impero autocratico e malefico del Mule? Beh quei pochi seguaci informati avevano costituito una fondazione (per chi conosce la storia si tratta della c.d. Seconda Fondazione) per controllare l’evoluzione del sistema e come sottoprogetto lo studio dei poteri mentali. Essi fecero fuori il mutante: anche il grande Hari Seldon aveva pensato ad un sistema che evitasse l’indeterminismo. Lasciando perdere questa che è una storiella, mi sovviene che chi si richiama al socialismo e alla lotta di classe appartiene oggigiorno proprio ad un manipolo di seguaci sparsi specialmente in occidente sotto una dittatura di mutanti/falso coscienti (se pensiamo ai vari zerbini femministi non c’è che dire sono stati effettivamente ri-programmati nella psiche). Ma pensiamo un attimo come la storia sia un processo deterministico, non-lineare soggetto a biforcazioni: cosa sarebbe successo se il treno di Lenin fosse deragliato in Germania e lui fosse morto?

 

[1] Userò nel seguito i seguenti termini che sono usuali nella letteratura scientifica ma nel linguaggio naturale potrebbero essere fraintesi: “sistema” è ciò che è l’oggetto dello studio, normalmente anche un sistema semplice ha delle caratteristiche complesse, quando lo si modella si fa una scelta riduzionista eliminando la descrizione di tutto ciò che non si ritiene rilevante per la previsione che vogliamo fare (ad esempio certamente la temperatura influenza la lunghezza di un pendolo, ma assumendo che essa sia costante possiamo trascurare questo effetto); “modello” è quello che è il risultato della riduzione esso generalmente è descritto da “equazioni” in cui compare la variabile tempo (quando non è descritto da equazioni un modello è ancora oggetto di discussioni e a volte dispute tra gli scienziati, ma oggigiorno esistono equazioni un po per tutto: dai fluidi turbolenti al sistema terra con i suoi abitanti) bisogna tenere sempre a mente che un “modello” non rappresenta integralmente la realtà fisica ma è sempre una sua riduzione; “traiettoria” è il risultato della soluzione delle equazioni (non sempre facile si ricorre ai computer molto spesso ormai), la traiettoria fornisce ad un dato tempo t lo stato del sistema S(t) una volta che siano noto lo stato iniziale S(0) al tempo t=0. Lo stato dipende da cosa è il sistema: può essere la posizione di un pendolo al tempo t anche se questo è soggetto ad un moto caotico, o anche un’insieme di valori che contengono ad esempio le previsioni del tempo per domani in termini di temperatura, vento, umidità, pioggia, etc. oppure lo stato di un sistema sociale: popolazione, risorse, grado di inquinamento, distribuzione della ricchezza, etc.
[2] Proprio Giorgio Parisi dimostrò, insieme a Uriel Frisch, l’esistenza di strutture frattali nei flussi turbolenti. Parisi G. and Frisch U., On the singularity structure of fully developed turbolence, in Turbulence and Predictability in Geophysical Fluid Dynamics and Climate Dynamics, Proceedings of the International School of Physics «E. Fermi», Varenna, Italy, edited by M. Ghil, R. Benzi and G. Parisi, Course LXXXVIII (North-Holland, Amsterdam) 1985, p. 84.

 

[3] Ad esempio la costante di struttura fine, che è una costante fondamentale che interviene nella fisica delle particelle può essere calcolata per mezzo dell’elettrodinamica quantistica con la precisione di 0.25 parti per miliardo.

 

[4] A parte i famosi modelli nati dagli studi del c.d. Club di Roma, nati dagli studi di Vito Volterra, esistono anche modelli alternativi di studio dell’evoluzione della popolazione e delle risorse in cui intervengono anche una modellizzazione delle classi sociali. Tutti i modelli però hanno il difetto di essere palesemente dipendenti dalle scelte dei soggetti che ne definiscono la struttura. La scelta di introdurre o no delle strutture di classe è ovviamente soggettiva, un modellista neoliberale non la farebbe pensando più alla società come una raccolta di individui come atomi. Per un aggiornamento su questo tipo di modelli cfr. 2050 Il futuro del nuovo nord, https://www.ibs.it/2050-futuro-del-nuovo-nord-libro-laurence-c-smith/e/9788806198213

 

[5] Isaac Asimov, Cronache della Galassia, prima ed. italiana 1963.

101010 : 24 Fractals • Resonance

 

9 commenti per “Sistemi complessi: determinismo o indeterminismo?

  1. gino
    25 ottobre 2021 at 23:14

    1) buon articolo. questo riassume tutto: “la complessità non esclude il determinismo sebbene in senso probabilistico”.
    il problema grave é che rimaniamo in ambiti molto generali e poco pratici mentre nella pratica quotidiana l´indeterminismo é stato da sempre usato da milioni di intelligentoni per avallare la falsitá. per questo nei miei commenti scorsi feci esempi molto pratici (come la convenienza o meno di passare col rosso a un perfido dittatoriale semaforo sulla cristoforo colombo).

    2) occorrerebbe inoltre quantificare numericamente questo probabilismo: una cosa é 60/40 e altra 97/3. e molte previsioni sono poi verificabili numericamente. io definisco intelligente la persona che azzecca la maggior percentuale possibile di previsioni numeriche in ambiti complessi (ma pratici).

    3) circa il “libero arbitrio” e la “spintarella” marxiana, masticando io pure scienze sociali da decenni, sostengo che pure questi fenomeni rientrino nel determinismo probabilistico. cioé, una mia scelta oggi apparentemente “libera” é in realtá determinata (probabilisticamente) dalla mia “storia”. quindi credo poco al libero arbitrio (mica sono un ultra liberista) o alla libertá in generale, spesso piú che di libertá preferisco pensare ad arresti domiciliari 🙂
    ma questo non mi causa alcun problema (mica sono un ultra liberista), io ricerco il PIACERE e non una mitica libertá.
    libertá é anche quella di fare il male, di cercare il dolore, o di crearsi una rappresentazione errata della realtá. conosco fin troppa gente cosí. roba da bambini narcisisti (problemi infantili coi genitori) che possono diventare pericolosi se influenzano il prossimo. e mi pare che in questi casi tutte le comunitá umane siano sempre intervenute energicamente.

  2. Fabrizio Marchi
    26 ottobre 2021 at 8:49

    Da ignorante dico la mia.
    Sono convinto che tutti i fenomeni naturali possano e debbano essere spiegati con la scienza e dalla scienza. E sono altresì convinto che anche per spiegare la realtà sociale e storica si debba procedere con il metodo scientifico. Ma questo non comprende la possibilità di stabilire con certezza l’evoluzione dei processi storici e sociali e il loro esito. E non si tratta solo di un questione di probabilità o di calcolo probabilistico.
    Per dirla in modo molto semplice, l’esistenza di contraddizioni strutturali non comporta affatto il loro superamento, in questa o in quella direzione. Per dirla in parole ancora più povere, visto che è stato citato nell’articolo, Marx è indubbiamente scienziato nel Capitale – quando cioè analizza scientificamente il sistema capitalista e il suo funzionamento – ma diventa filosofo quando ne prevede il suo inevitabile superamento in senso rivoluzionario e comunista, quando cioè ritiene che il processo storico sia mosso dalle (presunte) leggi scientifiche della dialettica. La fuoriuscita dal capitalismo verso una società comunista è solo una delle possibilità, né tanto meno siamo in grado di prevedere “scientificamente” o “deterministicamente” come, quando e soprattutto se questo accadrà. E questo per una infinità di ragioni che ora non ho tempo di affrontare.
    Hegel, che era più “furbo” di Marx, aveva fermato le lancette della storia, o meglio, del processo dialettico storico, alla realtà del suo tempo, cioè allo stato prussiano di cui egli era fervente sostenitore, e si guardò bene dall’andare oltre. Marx, come sappiamo, è invece andato ben oltre (e ha fatto benissimo ad andarci, sia chiaro, perché la potenza del suo messaggio resta intatta) ma in questo suo andare oltre sono emerse anche tutte le aporie che ben conosciamo. In parole ancora più povere, non siamo in grado di pre-vedere l’esito dei processi storici né tanto meno di prefigurare scenari futuri. E questo non è in grado di farlo neanche la scienza. E, naturalmente, questo non significa affatto abbandonarsi all’irrazionalismo.

    • Giulio Bonali
      26 ottobre 2021 at 18:49

      Non per fare il pignolo, ma “ignorante” all’ inizio del tuo intervento non può che significare “socraticamente consapevole di non sapere”: non esageriamo in modestia, compagni!

      Credo che il materialismo storico di Engels e di Marx (preferisco dire così perché mi é più simpatico il primo in quanto, nella vita, meno perbenista, più libero pensatore anticonformista, oltre che perché nettamente sottovalutato nei suoi contributi teorici anche a causa della sua grande modestia, e ancor più spesso denigrato del secondo da parte del conformismo politicamente corretto, e non solo) …il materialismo storico -dicevo- come tutte le scienze, umane ed anche naturali, sia caratterizzato da una storia, dalla crescita, sviluppo, perfezionamento, e in qualche misura anche correzione, superamento (tendenziali) delle sue teorizzazioni.
      Nel corso della sua storia ha subito fra l’ altro varie deformazioni ed errori (“destino” ovviamente molto più frequente e tipico delle scienze umane che delle scienze naturali), in particolare in senso che più che deterministico definirei “oggettivistico”.
      Cioé tale da sottovalutare la necessità di una (non sempre necessariamente realizzantesi di fatto, e anzi spesso assai difficoltosa) presa di coscienza da parte delle classi in lotta al fine di realizzare di fatto (a là Aristotele: attualmente) i potenziali superamenti rivoluzionari dei rapporti di produzione non più adeguati allo sviluppo delle forze produttive, nel corso della lotta di classe.
      Ma una per lo meno embrionale intuizione della questione era già presente ab inizio, nel Manifesto del 1848, allorché si accenna di sfuggita alla “rovina comune delle classi in lotta” come sempre possibile esito delle crisi rivoluzionarie alternativo al “canonico” superamento dei rapporti di produzione vigenti (che in quella temperie sembrava erroneamente “a portata di mano”).

      Sul rapporto fra materialismo storico e determinismo (o negazione in quanto illusione del libero arbitrio) credo che la soluzione stia nel concetto spinoziano di libertà come consapevolezza della necessità; e inoltre che la possibilità di più esiti reciprocamente alternativi delle vicende storiche (possibilità peraltro non illimitata, bensì “insuperabilmente compresa in un determinato ventaglio di possibilità” più o meno ristretto a seconda dei casi) sia conseguenza dell’ insuperabile indeterminismo della conoscenza della realtà (nelle scienze umane ancor più ineludibile -e di molto!- che nelle scienze naturali), perfettamente compatibile in piena correttezza logica (non contraddittorio) con un inesorabile determinismo della realtà.
      Pr questo credo per parte mia che i futuri sviluppi della storia siano sempre in qualche pur limitata ed incerta misura prevedibili (Marx di fatto fu sempre molto prudente e abbottonato in proposito, disdegnando di stilare dettagliati “menu per le osterie del futuro”); che é una conditio sine qua non perchè le classi oggettivamente rivoluzionarie (in potenza), attraverso l’ acquisizione di un’ adeguata coscienza appunto di classe nonché egemonica verso determinati altri settori sociali, possano cimentarsi nel tentativo (senza alcuna aprioristica garanzia asoluta di riuscita) di rivoluzionare rapporti sociali vigenti oggettivamente superati. (il riferimento alla gramsciana coscienza egemonica non é casuale).

      • gino
        27 ottobre 2021 at 11:15

        bonali,
        a mio avviso il materialismo storico é semplicemente il metodo naturale della (cono)scenza umana, da sempre usato, specie inconsciamente e nelle miriadi di piccole cose quotidiane.
        esempio: passeggio nella savana, incrocio una tigre, scappo alla velocitá della luce.
        non applico certo indeterminismi o teorie magico-religiose… anzi, se fossi un fan della determinazione genetica potrei pensare a una tendenza all´estinzione degli indeterministi dato lo scarso, lento e inefficiente adattamento al reale delle loro scelte.
        quindi marx non scoprí nulla ma lo mise meritatamente al centro come metodo di conoscenza. e come tale é perfetto.
        invece soggetti a “crescita, sviluppo, perfezionamento, e in qualche misura anche correzione, superamento” sono usi e abusi fatti 1) a fini politici 2) dai comunisti (termine generico sintetico): ovvero sono gli uomini che, consciamente o inconsciamente, certe volte non applicano il metodo (materialista storico) pur dicendo di attenersene. quindi non é migliorabile il metodo ma é aumentabile l´adeguamento degli uomini al metodo.

        esempio. abbiamo parlato di determinismo storico ma c´é pure un determinismo naturale, c´é una Natura (comportamentale) umana, cosa invisa ai comunisti, almeno della mia epoca.
        non tutto dell´umano comportamento e sentimento é plasmabile e se tenti di farlo ci sono reazioni avverse spiacevoli. 2 casi:

        1) siamo in 2 su un´isola. io pesco 2 pesci, l´altro zero. ne sento pena e gli dó 1 pesce. ma poi lui continua a non pescare nulla, preferisce fare i tuffi invece che faticare come me… prima o poi alla sua richiesta di pesci mi viene spontaneo rispondere picche. ed ecco la Natura del concetto di meritocrazia…

        2) arrivo affaamato in un villaggio indios in amazzonia. chiedo al proprietario una canoa, pesco dei pesci e me li mangio tutti, “ok, poverino ha fame…”. ma nei giorni seguenti continuo a pescare molti pesci e a tenermeli tutti per me. al proprietario della canoa viene spontaneo dirmi “a bello, se vuoi continuare a usare la mia canoa me devi dá un pesce per volta”. ed ecco la Natura del prestito di capitale con interesse…

        quindi il comunismo fallisce drammaticamente in alcuni capisaldi fondamentali della sua antropologia (magari le altre antropologie politiche sono pure piú fallaci…) per mancato adeguamento al metodo materialista e non perché questo sia perfettibile.

        • Giulio Bonali
          27 ottobre 2021 at 18:57

          Caro Gino, cerco di spiegarti le mie opinioni in contrapposizione ai grossolani fraintendimenti di esse che emergono da queste tue osservazioni.

          Il materialismo storico non é il semplice (e men che meno banalissimo, come lo scappare a gambe levate di fonte ai pericoli!) buon senso portato ad un più o meno elevato grado di raffinatezza intellettuale.
          E’ invece la scienza umana dello sviluppo storico dell’ umanità, fondata da Friederich Engels e Karl Marx, che si fonda sulla teoria tutt’ altro che banale da essi genialmente scoperta (ipotizzata e sottoposta a verifica-falsificazione empirica) secondo la quale la produzione dei beni materiali (innanzitutto, ma non solo) necessari alla sopravvivenza umana condiziona in ultima analisi il pensiero e l’ azione delle classi sociali in lotta per la conservazione o la trasformazione della società umana: non sono le idee che determinano i fatti storici ma sono i fatti, in particolare quelli inerenti la produzione dei mazzi per vivere, che condizionano le idee (sia pure in ultima analisi e non senza complesse intermediazioni e reciproche influenze).
          E la chiave per comprendere lo svolgimento storico delle lotte di classe e conseguentemente di tutto ciò che ne é condizionato é costituta dalla tendenza allo sviluppo delle forze produttive sociali e dal rapporto dialettico (variamente integrato e armonico oppure conflittuale a seconda dei casi) fra questo e i rapporti sociali di produzione (ovvero le forme di proprietà dei mezzi di produzione).

          La tendenza comportamentale ad aspettarsi una certa costanza ed universalità nel divenire naturale, che é alla base dell’ induzione, é ovviamente stata favorita dalla selezione naturale nel suo imporsi nell’ ambito della specie umana (e più “rudimentalmente” di altre specie animali dal comportamento sufficientemente complesso e variabile di fronte al variare delle circostanze ovvero non troppo stereotipato) in quanto, poiché effettivamente la natura diviene ordinatamente secondo modalità universali e costanti, consente di imparare a comportarsi in modo tale da meglio scansare pericoli e danni, meglio alimentarsi, più a lungo sopravvivere, più numerosamente riprodursi.

          La tendenza alla crescita, sviluppo, perfezionamento e in qualche misura correzione, superamento é una caratteristica di tutte le teorie scientifiche, naturali e, in modo particolarmente complesso e variegato, umane.
          Nell’ ambito di questa caratteristica generale in varia misura propria di tutte le scienze ho sostenuto e sostengo che in particolare il materialismo storico ha conosciuto (fra gli altri) erronei sviluppi in senso oggettivistico, superati dalle sue espressioni migliori, più aggiornate e corrette.

          Poiché il materialismo storico non é semplicemente un metodo ma un corpo di teorie fortemente ancorato e finalizzato alla pratica della lotta di classe, può essere, oltre che sviluppato, anche conosciuto e applicato nella pratica più o meno correttamente, fedelmente, integralmente, efficacemente, ecc. a seconda dei casi.

          Non so a quali presunti comunisti tu ti riferisca affermando che c’ é una natura umana che sarebbe loro invisa.
          I comunisti che ho conosciuto e conosco io erano e sono per lo più materialisti e anche nel caso non lo siano o fossero erano e sono comunque “naturalisti”, cioé negavano e negano l’ intervento di qualsiasi ingrediente sopra- o extra- o preter- naturale nel mondo biologico, ovvero ritengono la materia vivente perfettamente riducibile alla materia in generale, anche inorganica, e dunque la biologia perfettamente riducibile per lo meno in linea teorica, di principio, alla chimica-fisica. Non così la storia umana (e nemmeno la psicologia), almeno nel caso di quei comunisti che ritengo più vicini alle mie convinzioni, in quanto, pur senza negare o contraddire la naturalità materiale umana, vi gioca un ruolo decisivo, accanto alla cartesiana res extensa intersoggettiva e misurabile, anche la res cogitans, meramente soggettiva (che non significa: necessariamente e unicamente individualistica, non collettiva) e non misurabile: distinzione fondamentale fra scienze in senso forte o stretto, le scienze naturali, e scienze (in senso debole o largo) umane!

          Sinceramente le puerili storielline “robinsoniane”, come probabilmente le avrebbe chiamate Karl Marx, con le quali concludi le tue critiche mi sembrano espressione di una forte subalternità all’ ideologia dominante individualistica (tipica del pensiero dominante proprio della classe dominante capitalistica).
          Il comunismo solo nelle ridicole fantasie dei capitalisti realizzati o frustrati (cioé in chi consapevolmente o meno aspirerebbe ad essere capitalista), perfettamente al contrario di quella che é la realtà, é egoismo, fannullismo, parassitismo: le solite miserabili balle politicamente corrette continuamente raccontate da stampa e TV, secondo le quali la ricchezza conseguirebbe a stronzate quali “eccellenza”, “meritocrazia”, “innovazione” e così via prendendo per i fondelli anziché a sfruttamento, truffa, rapina, usura, ecc. come é nella realtà dei fatti (e viceversa per quanto riguarda povertà e miseria).
          A fallire miseramente é la antropologia capitalistica, essa si fondantesi sulla pretesa che l’ evoluzione biologica abbia prodotto un’ umanità uniformemente gretta, meschina, egoista, opportunista, bieca e così via stronzeggiando antiscientificamente .
          Per l’ antropologia marxista e per i comunisti l’ umanità, in conseguenza naturalissima dell’ evoluzione biologica, presenta una variabilità (determinata e non indiscriminata o caotica) di comportamenti individuali e sociali non geneticamente determinata (la loro variabilità; lo sono invece invece solo i loro aspetti invarianti, comuni a tutti) ma condizionata epigeneticamente da vari fattori gnoseologicamente indeterministici fra cui spiccano a livello “macrosociale” la relazione dialettica fra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione e la lotta di classe.

          • gino
            28 ottobre 2021 at 10:58

            bonali, mi deludi.
            io COME SEMPRE inizio a scrivere senza offendere nessuno, altri mi offendono e allora rispondo per le rime, allora arriva fabrizio che coglie la palla al balzo per dire che io sono questo e quello. al che mi eclisso per un paio d´anni.
            quindi, “grossolano, puerile” sono offese e indicano un tuo puerilissimo ingiustificatissimo suprematismo. gli indios li conosco io direttamente, tu forse in foto, quindi taci e APPRENDI da chi conosce piú di te la questione, se sei materialista e scientifico. quello che ho descritto é un comportamento loro reale, non una storiella. io vivo in BRASILE da 22 anni.
            scendete dal piedistallo, siete 4 gatti con un´autopercezione d´importanza indebitamente gonfiata dal fatto che non uscite mai dal vostro orticello e dalla speranza che la quantitá (dello scritto) sopperisca alla qualitá. anche umana.

          • Giulio Bonali
            28 ottobre 2021 at 20:56

            R I S P O S T A A G I N O

            (Scrivo qui la mia breve replica all’ ultimo intervento di Gino, non trovando il tasto virtuale “Rispondi” sul quale cliccare in calce ad esso)

            La delusione é reciproca (pazienza, mica si può pretendere di piacere a tutti).
            Di certo non mi dipsrerò per la cosa (che nemmeno tu ti disperi lo so di già).

            Gli indios dell’ Amazzonia di cui parli nella puerile storiella robinoniana n° 2 evidentemente li consoci per davvero come per davvero, ti é capitato quanto scruivi nella puerile storiella robinsoniana n° 1, dal momento che le chiami entrambe “caso” e non “episodio capitatomi” e “situazione ipotetica”; quindi vorresti darmi da bere che per davvero (“caso 1”; come per davvero ti sarebbe capitato il “caso 2”) sei stato naufrago (campavate dei pesci che pescavi) in compagnia di un unica altra persona su un’ isola diabitata, a parte voi (appunto: tu Robinson e l’ altro Venerdì), a magiare pesci e a sfamare il compagno d’ avventura fannullone coi pesci che pescavi fino a quando ti sei fatto furbo e hai scoperto il (preteso) “concetto di Natura [maiuscola tua] di meritocrazia”, mandandolo di conseguenza a quel paese.

            Sai come diciamo qui in Italia, in particolare a Napoli?

            Acca nissciuno é ffesso!

            Per il resto rimando al mittente l’ esortazione finale con relative considerazioni moralistiche.

  3. Giulio Bonali
    26 ottobre 2021 at 13:25

    Ringrazio per l’ apprezzamento al mio precedente articolo e mi permetto di accennare qualche considerazione critica, sperando nasca una discussione serena e pacata ma interessante (forse stiamo esagerando -io probabilmente più di tutti- nelle discussioni degli articoli de L’Uguaglianza; che mi pare, oltre ad essere per me un’ ottima rivista politica e culturale telematica, stia anche assumendo l’ aspetto di un “blog” -credo di dica così- o di un sito di discussioni; la cosa a me non dispiace affatto, dal momento che sono “orfano” di analoghe discussioni su un sito di filosofia che ho assiduamente frequentato fino a che non sono stato censurato per la mia scorrettezza politica; spero non dispiaccia anche al nostro Fabrizio Marchi).
    Fra l’ altro anche il mio articolo é nato da un commento (alquanto aspramente critico) a un altro scritto apparso sulla rivista Sinistra in rete e diventato troppo lungo.

    Venendo finalmente al sodo, mi pare di concordare pienamente con le considerazioni scientifiche ed epistemologiche qui svolte, mentre rimane aperta ad un’ interessante discussione la fondamentale questione, piuttosto filosofica che scientifica anche se non affrontabile correttamente senza verificare la compatibilità delle soluzioni che si ricercano con le acquisizioni delle scienze, del libero arbitrio (un’ altra questione per me interessantissima ma che si potrebbe discutere a commento di qualche altro articolo -se avrò modo di scriverlo potrei proporne io stesso uno alla rivista- é quella dei rapporti fra oggettivo funzionamento della materia cerebrale “descrivibile in terza persona” e soggettivo vissuto fenomenico di coscienza “descrivibile in prima persona” che le neuroscienze sempre più sicuramente dimostrano essere inevitabilmente, necessariamente correlato -ma come? In che senso? A mio parere non nel senso che sono la stessa cosa- a determinati eventi neurofisiologici cerebrali).
    In questo articolo e in alcuni commenti di altri scritti nella rivista mi sembra emergere una sorta di forte “aspirazione al libero arbitrio”, che si cerca di soddisfare facendo leva sull’ indeterminismo. In questo caso secondo me correttamente inteso come meramente gnoseologico (proprio della conoscenza che abbiamo della natura fisica comprendente, “in condizioni di perfetta riducibilità alla materia in generale, anche inorganica, la materia biologica cerebrale che condiziona e determina le azioni del nostro corpo); in altri casi scorrettamente inteso come caratteristica ontologica attribuita alla realtà materiale.
    Da questa aspirazione e dalle motivazioni con le quali se ne cerca la soddisfazione dissento profondamente.
    Innanzitutto perché per parte mia non trovo desiderabile il libero arbitrio in generale e in particolare in quanto presunta conditio sine qua non di una possibile valutabilità etica dell’ agire umano (proprio così, come cercherò di spiegare).
    E in secondo luogo in quanto incompatibile con il principio ontologico ed epistemologico della chiusura causale del mondo fisico, il quale costituisce un’ assolutamente imprescindibile conditio sin della possibilità della conoscenza scientifica (per lo meno in senso stretto o forte, quello delle scienze naturali).
    Il motivo per il quale non trovo desiderabile il libero arbitrio come fondamento dell’ etica (e anzi ritengo al contrario un indispensabile fondamento dell’ etica proprio il determinismo) é che secondo me non esiste assolutamente alcuna differenza fra i concetti di “libero arbitrio (non deterministico)” e di “casualità del tutto aleatoria”: se qualcuno ne riuscisse ad individuare e chiaramente definire una gli sarei infinitamente grato, perché mi aiuterebbe a superare un gravissimo errore di valutazione da parte mia.
    Una scelta può essere considerata (sensatamente) eticamente positiva (buona) se consegue deterministicamente dalla natura (dimostrandola per l’ appunto essere eticamente buona) di chi la compie; ma se invece non consegue deterministicamente dalla natura di chi la compie, allora non può essere che causale (chi conoscesse un “tertium dabilis” sensato é vivamente pregato di illustrarmelo, ovviamente senza appellarsi a fumisterie incomprensibili perché senza senso); e dunque non può che dimostrare casomai la fortuna o la sfortuna, per così dire la bontà o la cattiveria “sortale” e non affatto la bontà o la malvagità etica di chi la compie.
    L’ equivoco nasce secondo me dalla confusione fra la libertà da impedimenti o forzature estrinseci delle scelte (le quali ovviamente sono incompatibili con la valutabilità etica di chi passivamente le subisce; la libertà dalle quali é una conditio sine qua non perché una valutazione etica sia attribuibile ai soggetti -in questo caso attivi- delle scelte stesse) e la libertà da condizionamenti deterministici intrinseci (cioé da parte della natura più o meno eticamente buona oppure malvagia che é propria del soggetto di scelta non subita obtorto collo, per causa di forza maggiore; natura eticamente più o meno buona ne viene infatti dimostrata).
    Una scelta apparentemente buona ma non deterministica (intrinsecamente, com’ é ovvio, certo non per un forzatura esterna passivamente subita) bensì casuale non é in realtà eticamente buona ma casomai contingentemente fortunata (oppure non cattiva ma contingentemente sfortunata), esattamente come quella di chi rubasse dell’ uva, a insaputa di tutti avvelenata (da parte di un terzo soggetto), a colui che col suo onesto lavoro l’ avesse coltivata, e la mangiasse, morendo e così rendendo edotto il legittimo proprietario dell’ avvelenamento del frutto stesso, e salvandogli conseguentemente la vita: azione apparentemente ma del tutto falsamente buona e anzi eroica, in realtà malvagia.
    Come Gino, sono convinto che le qualità morali (oltre che intellettive) delle persone sono determinate epigeneticamente dalle circostanze (chimiche aleatorie -gnoseologicamente- del loro sviluppo embrionale, e successivamente esperienziali micro- e macro- -sociali da loro vissute; in particolare secondo le modalità descritte dal materialismo storico di Engels e di Marx per quanto riguarda quelle socialmente e non individualmente rilevanti), e non certo dai loro genomi, come antiscientificamente pretenderebbero ideologie reazionarie oggi ampiamente diffuse (“in ogni epoca le idee dominanti sono tendenzialmente le idee delle classi dominanti” – Ideologia tedesca di M ed E) fra filosofi e soprattutto scienziati; anche di fama e competenti nella loro angusta specializzazione -ma spesso iperspecializzazione- professionale di ricerca; e di solito ottimamente inseriti fra i ceti socialmente dominanti e privilegiati).
    In ogni caso, poiché non siamo divini, nessuno di noi é “causa sui” (anche ammesso che si tratti di un concetto sensato) e dunque in ultima analisi autenticamente responsabile delle sue scelte (anche se si decide di cambiare se stessi -di “convertirsi come sogliono dire i seguaci delle religioni- lo si fa comunque ineluttabilmente in conseguenza deterministica di come si era, non per una propria scelta libera da condizionamenti estrinseci passivamente subiti ma invece “per costrizione estrinsecamente subita”, al momento dell’ opzione del cambiamento).
    Ma questo non mi turba minimamente: semplicemente così stanno le cose, e diversamente da così nemmeno potrebbero stare (anzi, nemmeno si potrebbero sensatamente immaginare!).
    E tutto questo non impedisce affatto a chi sia buono e virtuoso (non per merito proprio, in ultima analisi) di lottare, anche con titanica determinazione e forza di volontà (deterministicamente causata dalla sua natura etica da lui passivamente subita), per il bene (né a chi a chi sia malvagio -non per demerito proprio, in ultima analisi- di lottare, anche con titanica determinazione e forza di volontà, per il male: semplicemente così va il mondo e diversamente da così non potrebbe andare (né si potrebbe sensatamente immaginare che andasse): siamo attori che recitano un copione non scritto da noi; ma nulla ci impedisce di recitarlo al meglio, con impegno e di ricercare un pieno appagamento e soddisfazione dalla nostra prestazione recitativa.
    Questo spiega fra l’ altro come mai spessissimo chi crede fortemente al determinismo, anziché cadere in un fatalismo passivo come si potrebbe essere indotti erroneamente a pensarem si comporti attivissimamente, non di rado da rivoluzionario “determinatissimo” (per l’ appunto), la cui determinazione nella lotta é appunto rafforzata e non affatto fiaccata dalla sua incrollabile convinzione nella ineluttabilità della “vittoria finale”, anche attraverso tappe durissime e dolorosissime).
    Ma dirò di più.
    Poiché solo rarissimamente, eccezionalmente uno scopo viene raggiunto immediatamente da una determinata azione, mentre la regola é che lo si consegua solo attraverso mezzi più o meno difficoltosi e complessi (da conoscersi e da praticarsi), anche solo per questo il determinismo é un’ ineludibile conditio sine qua non dell’ eticità.
    Infatti solo un divenire naturale ordinato, deterministico consente proporsi il conseguimento del bene o del male (a seconda dei casi) potendo intenzionalmente servirsi dei mezzi adeguati alla realizzazione attiva di scopi più o meno buoni oppure malvagi: un inerte fatalismo sarebbe invece la logica conseguenza di un divenire naturale disordinato o caotico, che impedirebbe completamente di sapere che cosa si va a realizzare con qualsiasi eventuale azione si scegliesse di compiere.

  4. Giacomo
    10 novembre 2021 at 20:40

    Vorrei chiarire un momento in che termini io parlo di “libero arbitrio”. Come ho scritto sopra è evidente che il mondo è deterministico. Le stesse strutture complesse emergono dal caos c.d. deterministico non da una sotterranea casualità indifferenziata. Bisogna ricordare che la complessità fa si che il sistema non è identico ai modelli semplificati per cui possiamo scrivere e risolvere un numero finito ragionevole di equazioni, e a maggior ragione non lo è nelle previsioni euristiche che possiamo fare, in assenza di modelli, sulla storia sia quella nostra personale che quella universale. 
Quello che resta fuori è quello che in fisica viene detto a volte “rumore” (le farfalle del noto effetto non sono altro che questo). Per cui la prevedibilità diventa probabilistica perché la divergenza esponenziale delle traiettorie è impossibile da controllare in modo preciso come il moto di un pianeta intorno ad un unico centro di attrazione. Ma tutto resta sempre deterministico su questo non c’è dubbio. Questo accade anche nella meccanica quantistica: il rumore, ovvero il “resto del mondo”, ovvero quello che non abbiamo messo nel modello ridotto che ci interessa, influenza l’evoluzione distruggendo la coerenza quantistica (il motivo di fondo per cui il computer quantistico non è ancora nato, esistono solo circuiti dimostrativi, è che la decoerenza indotta dal rumore è troppo forte per i sistemi di migliaia di qubit che occorrerebbero per la computazione). 
Per battere il rumore abbiamo solo alcune possibilità, non essendo nemmeno facile calcolare delle probabilità su modelli spesso sono “ideologici” e parziali o nemmeno esistono e dobbiamo basarci sull’euristica: fare delle scelte che spostano il sistema su una diversa traiettoria, introdurre cioè una risposta al rumore, ma anche questa biforcazione è perfettamente deterministica, sebbene all’osservatore che la fa sembri frutto di quello che definiamo libero arbitrio. Ed è evidentemente indotta da i suoi stati mentali che a loro volta sono influenzati dal rumore in mille modi (ad esempio dal fatto che oggi ha piovuto e non ho fatto quello che volevo fare oggi, e domani la situazione potrebbe essere diversa, oppure per motivi interni a me: senza saperlo sto sviluppando un cancro al cervello e questo influenza il mio modo di pensare senza che io me ne renda conto, un po come accade per le dipendenze). 
Ho scritto sopra “battere il rumore”, ma perché vogliamo batterlo? E’ evidente che qui sotto c’è anche una scelta etica (che sia buona o malvagia). L’etica appare solo a questo livello di complessità, gli elettroni non hanno morale. Nell’articolo non ho voluto di proposito entrare in giudizi legati all’etica perché è un aspetto della complessità che crea una ulteriore sovrastruttura (che a sua volta ne crea altre come il diritto), ma non significa ovviamente che non ci sia nel fondo una motivazione etica nella meccanica delle scelte che facciamo.

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