Sogni d’oro

Un imperativo di comando indispensabile per condurre un’esistenza resiliente e accomodante consiste nell’invito a sognare. L’educazione del cittadino erasmussino, spinto dall’etica imprenditoriale alla continua ricerca di esperienze auto-rigeneranti in un territorio privato di Storia e di contraddizioni sociali, in un Eden immaginifico e psichedelico, è incentrata su un’onirica liberazione personale. La cultura acquista valore solo se è capace di fortificare l’individuo contro le intemperie e gli imprevisti della vita di mercato. Perché la società sia del tutto spoliticizzata appare essenziale questa pedagogia sul buon senso comune che costringe all’inconcludenza dei pensieri belli, ricchi di civiltà. I luoghi comuni diventano progressisti perché siano combattuti nemici invisibili o costruiti artificiosamente.
Un campionario dei sogni tollerati dalla nuova morale, tutta concentrata nel far dimenticare all’essere umano la propria coscienza di classe e la propensione al conflitto collettivo che dà corpo sostanziale alla democrazia, è stato snocciolato a più riprese in questi giorni da vari esponenti della politica d’avanspettacolo. Quella che si scervella di continuo per trovare la soluzione migliore nel lasciare le cose esattamente dove il capitalismo concorrenziale le ha portate.
Così Enrico Letta sogna una donna alla guida del Partito Democratico. Tanto per far capire che la guerra tra sessi, dei sessi contro i generi, dei generi contro le inclinazioni, delle inclinazioni contro i gusti sono i soli conflitti auspicabili dal perbenismo libertario. Una donna qualsiasi. Magari un dittatore in gonnella che spezza le reni alla Grecia. Non importa. Ne abbiamo avuti di esempi virtuosi. Dalla Thatcher a Condoleezza Rice, dalla Merkel alla sanguinolenta Hillary. Per non parlare delle implacabili rappresentanti del cinismo frugale che dispensano dosi illuminate di macelleria sociale. Direttamente dai troni del sogno europeo si materializzano la Principessa Lagarde e la Marchesina von der Leyen. Quest’ultima – fortuna sua – dotata di affascinanti minuscole che donano signorilità e indiscutibile credibilità al cognome.
Contemporaneamente il prode Di Battista sogna un limite perentorio per rappresentare la nazione. Due mandati e poi a casa. D’altronde cos’è la politica se non diligente servizio razionale. Lo Stato è impresa. Quindi non occorrono sentimentalismi passionali o ideologici. Il buon governo è buona amministrazione. Intatto va lasciato il quadro generale. La questione si riduce a particolarità tecniche. Principio che correda l’idea dell’impiegabilità precaria. Nella quale i vademecum valutativi sui lavoratori sono costruiti dall’arbitrario giudizio sulle loro potenzialità future. Disciplinati automi con carattere aperto alle novità e soprattutto propositivo. I parlamentari dovranno seguire la medesima disciplina. Due mandati di Erasmus istituzionale. Esperienza evolutiva in cui si impara a decodificare con diligenza lo spirito dei mercati. L’importante è non rubare la mela dell’Eden.
Chi con improvvido spirito arcaico, ancora legato a poco illuminate superstizioni novecentesche, si permette di citare i diritti sociali o di lottare contro il capitalismo della concorrenza che venne incontro alle esigenze di liberazione individuale dei ragazzi borghesi del ’68, così oppressi dalle loro famiglie castranti nelle quali si doveva far troppo sforzo per contrastare la gerarchia, viene immediatamente tacciato di fascismo dai flaneur dell’impegno sociale. Anzi di rosso-brunismo. Stigma buono per tutte le stagioni. Questi gagà del socialismo, educati dal sogno della fantasia al potere, sempre attratti dalle lussuose campagne di marketing orchestrate dal capitalismo filantropico e caritatevole, fanno squadra con i vari Rockefeller per salvare il mondo dell’anarchia finanziaria. Insieme sognano un mondo libero da Stati, Chiese e ortodossie di partito, dove tutto è mercificabile. Dove le loro piccole associazioni godranno delle privatizzazioni dei beni pubblici ai quali per non sfigurare nei salotti affacciati sulle strade dei buoni quartieri si darà il nome di beni comuni.
Senza far mancare puntuali appelli all’unità dei sognatori. Kermesse nelle quali si riciclano di continuo vecchi palchi dove gli ormai brizzolati ragazzi sessantottini potranno condividere stanche omelie sul vecchio Stato burocratico sempre in procinto di limitare le loro fascinose vite. Solo per caso non oggetto di buoni spunti per romanzi di formazione. Parate dove l’unità della sinistra funziona da camomilla. Per augurare a tutti un’anestetica buonanotte e sogni d’oro.
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