Un caso clinico?

Come ha ben sottolineato il sociologo americano Richard Sennett il consumatore contemporaneo non è un soggetto consapevole. La frenesia di consumare non deriva dalla conoscenza tecnica del prodotto, dalla consapevolezza delle fasi di produzione o dalla reale utilità che quella merce arrecherà alla propria esistenza. Oggi il marketing ha la necessità di rendere gli oggetti, i medesimi oggetti, continuamente sostituibili. Per cui le tecniche di persuasione si concentrano su aspetti minimali del prodotto, accessori che non mutano la piattaforma sostanziale dello stesso. La forza pubblicitaria si sostanzia in quella che viene definita “doratura” dello scheletro, che resta sempre identico. Allo stesso modo le aziende contemporanee si lanciano nel mercato seguendo lo stesso schema. Diversificano le proprie attività – anche quando non ce ne sarebbe alcun bisogno – solo per dare l’impressione di offrire al pubblico l’idea di dinamicità. Per questo non servono lavoratori affidabili o con particolari abilità specifiche, anzi potrebbero risultare dannosi, in quanto troppo attaccati al processo che conoscono. Si preferisce coinvolgere, ma mai assumere, lavoratori che spiccano per attitudini caratteriali. Resilienti e pieni di potenzialità future.
La nuova era liberale ha reso la politica un centro di sperimentazione di queste tecniche manipolatorie. La locuzione “offerta politica”, tanto di moda in questi anni, è particolarmente significativa. Si offre al mercato una merce che si differenzia dalle altre per aspetti del tutto secondari che magicamente sono trasportati al centro del dibattito. Così come il consumatore contemporaneo non ha la minima conoscenza delle caratteristiche tecniche del prodotto che acquista, oggi i militanti politici non sono affatto interessati alla sostanza politica. Non conoscono la storia del pensiero politico, i movimenti storici, il funzionamento delle istituzioni. Sono indirizzati a snocciolare opinioni in serie. Seguendo un canovaccio consolidato pensano che la politica si riduca al chiacchiericcio momentaneo sul fatto del giorno. In una scimmiottatura continua dei talk show televisivi. L’appartenenza politica nella nuova era liberale è mobile, non duratura, poiché le varie compagini si differenziano appunto solo per la “doratura”.
Tutti i partiti oggi sono costruiti con queste modalità di comunicazione. Si affidano al cosiddetto “marketing della personalità”. Tanto non c’è nulla di fondamentale da discutere una volta soffocato e nascosto il conflitto di classe. Anzi così si sono convinte le classi popolari che appunto non esistono bisogni non omogenei, si è tutti cittadini. La democrazia si sostanzia solo nel voto. E nell’esasperare la voglia di esprimere opinioni ovviamente. Per questo le carriere politiche contemporanee – soprattutto in quelle che sono diventate le nuove colonie dei mercati come l’Italia – sono così volatili. Se si punta alla doratura del prodotto, il pubblico vivrà di attrazioni momentanee, che passano di moda.
Matteo Renzi non solo si è adeguato a queste linee di condotta. Ne rappresenta il figlio. E’ talmente addentro a queste modalità di espressione che ne costituisce il prototipo. Ha introiettato così pienamente l’inconsapevolezza tipica del consumatore o del militante da rendersi impermeabile al proprio fallimento. Non è capace di concepire la scadenza del proprio prodotto. La sua “doratura” non ha più nulla di allettante per il pubblico, ma ne resta inesorabilmente imprigionato. Le vicende dell’ex Presidente del Consiglio si caratterizzano ormai in un percorso psicotico. Continua a sfornare il consueto abbecedario preso in prestito dalla manualistica del marketing in un’estensione robotica. Prigioniero del colpo di scena. Ossessivamente calca la mano in cerca della ribalta data dallo Spettacolo. Renzi rappresenta il modello enfatizzato della commedia politica dei nostri tempi. Un caso clinico da studiare in profondità. Esprime in purezza ciò che il resto della classe politica cerca di estrinsecare con minor spavalderia. Il vuoto delle tecniche di comunicazione che circondano il pubblico nella finta competizione della nuova era liberale.
 L'ultimo politico che può accusare di accentramento dei poteri è Matteo  Renzi - Wired

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