Contro la “sinistra” elitaria

Foto: www.beppegrillo.it

Fra gli effetti positivi ed imprevisti del referendum sulla Brexit c’è un certo effetto di “cartina di tornasole” che ci rivela quel che pensa effettivamente una certa sinistra, che in Italia possiamo identificare nel  Pd e nei suoi alleati.

Ha iniziato un alleato come Monti (quello che Renzi, in un momento di baruffa, si lasciò andare e definì “illuminato”, ecco… appunto) che ha rimproverato Cameron del delitto di lesa maestà per aver dato la parola al popolo con il referendum, un vero “abuso di democrazia” (parole testuali dell’illuminato uomo politico e statista).

Poi ci si è aggiunto anche Giorgio Napolitano, altro illuminato progressista, che ha sentenziato che su argomenti così complessi non si può interpellare il popolo che evidentemente non ha gli strumenti per capire. In effetti la stessa cosa si può dire della Costituzione, del nucleare, del codice penale o civile, della responsabilità dei magistrati, e, in fondo anche divorzio, aborto o, diciamola tutta, anche decidere fra Repubblica e Monarchia non sono temi semplici alla portata del popolo bue.  Magari questo lo pensò, nel giugno 1946, Umberto II di Savoia e, si sa, il sangue non è acqua.

Poi è giunto il verbo dell’eccelso storico e politologo Roberto Saviano che, dall’alto dei suoi studi, ha decretato che quelli che hanno votato Brexit sono tutti fascisti e nazisti!

E Saviano è una delle teste più lucide dell’intellettualità di sinistra, anche se dovrebbe perdere ancora un po’ di capelli per giungere alla lucidità integrale.

Poi la Melandri ha ritwittato con simpatia la massima di un tale: “Ma perché anziché negare il voto nei primi 18 anni non lo togliamo negli ultimi 18 di vita?”. Giusto, solo che c’è un problema: fissare il termine a quo calcolare i 18 ultimi, visto che la gente si ostina a morire a casaccio nelle età più disparate. Certo, si potrebbe fissare per legge il “fine vita” (e l’evoluzione ideologica del Pd va in questa direzione “giovanilistica”), però non credo converrebbe tanto all’on Giovanna Melandri che, insomma, proprio una ragazzina non è più ma solo una ex bella donna. Potremmo proseguire con gli esempi.

Sta venendo fuori tutta l’anima ferocemente classista, elitaria, antipopolare di questa sinistra dei salotti.

Io appartengo ad un’altra sinistra, che sa perfettamente di dover affrontare le sfide del mondo della globalizzazione, ma che non dimentica il Psi che organizzava le scuole di alfabetizzazione per insegnare agli operai a legge e scrivere per conquistare quel diritto di voto che questi oggi vorrebbero togliere; che non dimentica il “cafone” Peppino Di Vittorio, che un titolo di studio non lo prese mai ma che insegnò ai braccianti a non togliersi il cappello davanti ai “signori” e che a questi intellettuali di “sinistra” avrebbe potuto insegnare molte cose; che non dimentica le scuole delle repubbliche partigiane come quella organizzata nell’Ossola da Gisella Floreanini; non dimentica intellettuali dome Umberto Terracini, Antonio Gramsci, Concetto Marchesi, Vittorio Foa, che erano veri grandi intellettuali (non come questi cialtroni della gauche caviar) che non nutrivano nessuna spocchia intellettuale e la vita l’hanno spesa per emancipare culturalmente, economicamente e politicamente le classi popolari.

La mia sinistra non ignora i problemi dell’oggi, ma non si piega all’idea che la migliore sinistra è … la destra elitaria e classista.

Lo confesso, questa sinistra al chachemire, la sinistra delle terrazze romane , ebbene si, mi fa schifo non solo politicamente, ma più ancora moralmente ed umanamente, perché la “sinistra” neoliberista ed elitaria non esiste: è solo una ignobile truffa. Il Pd? E’ più spregevole della Lega e dell’Ukip, credetemi.

Fonte: Contro la “sinistra” elitaria http://www.aldogiannuli.it/contro-sinistra-elitaria/

5 commenti per “Contro la “sinistra” elitaria

  1. ARMANDO
    8 luglio 2016 at 22:03

    Sono d’accordo con le conclusioni, ovviamente. Solo che, piaccia o meno, ormai tutta la sinistra è diventata “elitaria”, anche quella che vanta il suo “antagonismo” sia nelle versioni più movimentiste dei centri sociali, sia nella versione intellettualistica alla Manifesto. E’ per questo che Jean Claude Michea è arrivato alla conclusione che la parola “sinistra” non è più spendibile per un progetto di vera trasformazione in senso socialista o anticapitalista. Neanche la “sinistra della sinistra”, argomenta, perchè proprio quella è diventato il veicolo principale del “liberalismo culturale” , indissolubilmente legato e funzionale a quello economico. A meno che, scrive, quella “sinistra della sinistra” non cambi radicalmente prima che sia troppo tardi. Personalmente credo che sia già troppo tardi, e il tempo scaduto. Tanto che dovremmo i inventare un altro lessico, e quindi anche altri significanti e significati, per ridare fiato a tutti coloro che non si riconoscono in questa società maercificata. Ho scritto qualcosa quì http://www.ilcovile.it/scritti/COVILE_908_Michea.pdf

  2. Aliquis
    13 luglio 2016 at 8:39

    Nella sinistra elitaria metterei anche Giuliana Sgrena.
    Reduce dal rapimento in Iraq, in cui fu assassinato dagli americani il
    suo liberatore Calipari (vero obiettivo, centrato, dell’agguato), la Sgrena ha tenuto conferenze non tanto per denunciare il fondamentalismo islamico (che sappiamo essere una creatura USA) ma proprio per condannare l’identità e la cultura di popoli “non occidentali”, “non liberali”, quindi tutte le tradzioni dei popoli arabi nel loro insieme.
    Un esempio significativo di ciò è il modo in cui ha condannato la pratica, sicuramente ingiusta, dei matrimoni combinati. E’ chiaro che le persone devono essere libere di scegliersi tra di loro, senza interferenze di nessun altro, ma il modo in cui la Sgrena descrive e condanna la pratica non porta a esiti di “libertà per tutti”, vale a dire di libertà paritaria tra i due che si scelgono. Dice infatti la Sgrena: “I ragazzi non si danno da fare per trovarsi una ragazza e aspettano la decisione dei genitori”. Ecco quindi il vero problema per la Sgrena: il fatto che i ragazzi maschi siano “dispensati” da un dovere che spetta loro e che devono essere obbligati a assolvere!
    Il fatto che la combinazione dei matrimoni possa essere uno svantaggio anche per i maschi non sfiora neanche per un attimo la mente della Sgrena. No, nella sua mente quel sistema è soltanto un indebito vantaggio per il maschio, è soltanto la donna a essere svantaggiata. Nella sua mente nella nostra civiltà occidentale deve essere solo e soltanto il maschio a impegnarsi per la nascita e il mantenimento di una relazione; la donna non ha impegni, non ha doveri. Quindi una relazione asimmetrica, dove tutti i diritti stanno da una parte e tutti i doveri dall’altra. Non c’è male, una bella concezione della libertà!
    Non è una concezione molto diversa da quella del fondamentalismo.

    • Fabrizio Marchi
      13 luglio 2016 at 9:14

      Sottoscrivo completamente, caro Aliquis. Aggiungo che se fosse stata una donna veramente evoluta e soprattutto dotata di sensibilità, dopo quanto le è accaduto, o meglio, dopo quanto è accaduto a colui che si è immolato per salvarle la vita, avrebbe quanto meno dovuto avviare una fase di ripensamento. Invece nulla di nulla, anzi, ha ddirittura accentuato il suo femminismo estremista. Un personaggio disgustoso ma certo non è la sola. L’elenco sarebbe lunghissimo (sia di donne che di uomini…).

  3. armando
    13 luglio 2016 at 16:34

    la Sgrena è parte della sinistra elitaria intellettualistica radical chic, e quindi tutto torna. Invece che ringraziare il poliziotto maschio morto al suo posto, continua a denigrare gli uomini. Io non la conosco personalmente, ma mi fu riferito da chi era stata a contatto con lei all’epoca degli anni ruggenti del femminismo (una donna), che aveva un atteggiamento di superiorità nei confronti dei non intellettuali come lei molto sgradevole.

  4. Aliquis
    18 luglio 2016 at 9:13

    Un esempio di sinistra elitaria l’ho trovato anche sul Manifesto di Sabato 16 Luglio, un articolo di Andrea Ranieri sulle diseguaglianze in penultima pagina. Parlando sulla differenza di classe tra i centri storici benestanti e le periferie disagiate, l’ articolista dà credito a una ricerca dell’ Università di Torino sulla differenza di aspettativa di vita causata dalla diversità nei titoli di studio. Secondo tale ricerca chi è laureato campa di più di chi si è fermato alla scuola dell’ obbligo. E continuando nell’ articolo pare che la differenza tra chi sta peggio e meglio sia tutta dovuta alla mancanza di studio, sapere e intelligenza da parte di chi sta peggio e si propongono metodi per far studiare queste persone. Certo, l’articolo poi parla anche del disgao dei laureati italiani che non vengono valorizzati per l’ intelligenza che hanno.

    Tutto questo mi pare riduttivo. Anche mia solrella docente e precaria, plurilaureata, lo trova un ragionamento distorto.

    Cultura e sapere, ma anche intelligenza, sono indipendenti dal curriculum scolastico di una persona. La scuola può stimolare l’intelligenza, non la può creare. Semmai, più facilemnte, la può reprimere. Essendo una entità controllata dal potere, dai poteri dominanti, essa tende a forgiare, a selezionare, le persone che sono più congeniali a tale sistema di potere. Per questo l’istituzione scolastica è selettiva. In una società libera e egalitaria la scuola dovrebbe trasmettere il sapere a tutti, magari adattandosi alle specificità e tendeneze di ogni individuo, soprattutto nei suoi gradi più bassi. Le intelligenmze sono tante e di diverso tipo. Se uno è carente in una cosa può eccellere in altro. Comunque, anche nei pochi casi in cui uno è carente quasi in tutto, la società deve trovare un posto anche per lui.
    Una scuola asservita al sistema è invece una scuola che tende a standardizzare, a omologare, e a rifiutare chi non rispetta i canoni.
    Se poi, come dice l’ Università di Torino, il fatto che uno campi di più o meno a seconda del suo successo scolastico, bè, se ciò fosse vero allora siamo già nella stessa logica dei lager nazisti dove le persone venivano selezionate e eliminate sulla base della loro possibile utilità da parte di chi comandava.

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