Crisi di civiltà e offensiva sacerdotale del Vaticano

Foto: chiesaepostconcilio.blogspot.com

La lotta contro il modernismo aveva squilibrato troppo a destra il cattolicesimo, occorrenuovamente «incentrarlo» nei gesuiti, cioè dargli una forma politica duttile, senza irrigidimentidottrinali, una grande libertà di manovra. (Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere, Ed. critica Einaudi, Torino, 1975, p.550)[…]

 

Vari sociologi ed esperti (Daniel Bell, Samuel P. Huntington), funzionari del Dipartimento di Stato nordamericano (Francis Fukuyama) e filosofi postmoderni (Jean-François Lyotard) sono andati insistendo da tempo su «l’esaurirsi della politica» e «la fine delle ideologie» (Daniel Bell), «la fine della storia» (Francis Fukuyama), «la fine delle metanarrative e delle grandi narrative storiche» (J.-F. Lyotard).

Di tutti costoro, in genere consustanziali al capitalismo – alcuni più sottili, dal lessico filosofico di gusto libertario, altri più scoperti, che ricorrono a terminologie mercantili, e infine altri ancora diretti apologeti del capitale finanziario – chi ha posto maggiormente l’accento sui problemi religiosi è stato Huntington, membro del Consiglio di Sicurezza nazionale della Casa Bianca statunitense.

In un’opera molto celebrata dalle cerchie più accentrate della destra nordamericana, Huntington diagnosticò quasi un ventennio fa la rinascita religiosa dei giorni nostri. Sulla scia di Gilles Kepel,[2] la definì «la rivalsa di Dio». La tesi centrale del libro sostiene che «la gente vede il comunismo unicamente come l’ultimo Dio laico crollato e in, assenza di nuove divinità laiche convincenti, si rivolge con sollievo e passione a quella autentica. La religione ha preso il posto dell’ideologia».[3]

Ancorché le argomentazioni di Huntington siano chiaramente apologetiche e a sostegno del capitalismo, contengono pur sempre un grano di verità. La comparsa negli ultimi anni di fondamentalismi estremisti, ove non siano invenzioni artificiali della Cia o del Mossad destinate a colpire “Stati nemici” e a disintegrare politicamente il tessuto sociale di zone con allettanti risorse naturali, esprimono particolarismi di identità frammentate. In questo clima mondiale, assistiamo all’ibridazione di modernismi propri del mercato mondiale e dell’american way of live [modello di vita americano] consumista e scialacquatore, postmodernismi di identità comunitarie indebolite, che rimpiazzano l’assenza di alternative politiche socialiste e comuniste con l’offensiva sacerdotale propria delle chiese istituzionali, tra cui spicca, notevolmente, il Vaticano romano (uno dei pilastri dell’egemonia occidentalista – mascherata da “universalismo” – su scala mondiale).

In un simile contesto di scarsità di alternative anticapitaliste radicali, di assenza di “Stati-guida”, di eclettismo ideologico e indebolimento delle scelte antimperialiste, fa la sua comparsa… il papa Francesco (Bergoglio). La lotta di classe, come la natura nei testi di Aristotele, ha orrore del vuoto. Se la seggiola è vuota, qualcuno la occupa.

L’offensiva sacerdotale del papato vaticano romano cui stiamo assistendo in questi anni fa parte di una disputa intestina, all’interno all’egemonia del capitalismo occidentale. Roma puntella Washington e Berlino e, al tempo stesso, è in contesa con loro. Nello “scontro mondiale di civiltà”, il Vaticano vuole dirigere l’orchestra occidentale ed è costretta ad uscire fuori dal Tempio e a riprendere l’iniziativa che aveva perso o che si era indebolita.

Nel momento di valutare e riflettere sul ruolo politico di protagonista del papa Francesco-Bergoglio e sull’attuale “rinascita vaticana”, non pensiamo alla discussione di carattere metafisico, ambito in cui rientra la sua prima enciclica Lumen Fidei (La luce della fede], (promulgata e firmata il 29 giugno 2013), in diretta continuità con le riflessioni metafisiche del suo predecessore Benedetto XVI-Ratzinger. Meno ancora poniamo al centro le accuse sull’oscuro passato di Bergoglio (quando faceva parte delle alte gerarchie ecclesiastiche durante la dittatura militare genocida argentina).[4]

La nostra riflessione si incentra sul presente, non sul passato, e sulla politica e non sulla metafisica. Secondo gli insegnamenti di Antonio Gramsci, interpelliamo i prelati romani in quanto politici di Roma e dello Stato Vaticano, non come metafisici dell’animo umano.

Visto che non crediamo nei miracoli, qualcuno che storicamente si colloca nelle frange gerarchiche più affini al conservatorismo della Chiesa argentina (strettamente legata a Roma) difficilmente si trasforma, all’improvviso e per magia, in un capo carismatico “progressista” e addirittura, come qualcuno lo definisce, “socialista.

Michel Löwy individua nella Chiesa latinoamericana quattro tendenze: a) il gruppo ultra-fondamentalista, dove si situa l’embrione protofascista di «Tradizione, famiglia e proprietà»; b) la corrente tradizionalista conservatrice e potente, legata alla Curia romana, dove si collocherebbe il CELAM [Consiglio episcopale latinoamericano, creato nel 1955]; c) la tendenza riformista e moderata, disposta entro certi limiti a sostenere i diritti umani e le richieste dei poveri (tendenza che avrebbe inciso nella Conferenza di Puebla del 1979 e in quella di Santo Domingo nel 1992); infine, d) la corrente minoritaria che simpatizza con la teologia della liberazione e i movimenti di lavoratori e contadini. In seno a quest’ultima corrente, il settore più avanzato sarebbe rappresentato dai cristiani rivoluzionari, il “Movimento dei Cristiani per il socialismo”, le varianti affini ai sacerdoti ribelli e al marxismo cristiano.[5]

Jorge Mario Bergoglio-Francesco nella traiettoria precedente la sua nomina a papa, si collocò nella seconda corrente indicata da Löwy. Occupando le più alte gerarchie della Curia, ad esempio, fu due volte presidente della Conferenza episcopale argentina (UCA), che come è notorio esprime le posizioni più conservatrici ed elitarie della Chiesa argentina. A partire dalla sua assunzione a capo del Vaticano, ha spostato quel conservatorismo che lo ha portato a diventare papa verso una posizione più moderata, rinnovatrice e modernista (la terza corrente di Löwy), ma è ben lungi dal rappresentare o condividere le passioni, radicali e critiche del capitalismo, della quarta corrente.

Ad esempio, la sua seconda enciclica, Laudato si [Sia lodato], promulgata e firmata il 24 maggio 2015), incentrata sull’ambiente e lo sviluppo sostenibile, rientra in un orizzonte “post-neoliberista”, senza appartenere in alcun modo e neanche per sogno all’arco dell’ecologismo anticapitalista. Riflette qualche nozione vaga e generica sul cambiamento climatico che potrebbe sottoscrivere qualsiasi ONG politicamente corretta, ed anche Greenpeace. Che sia stata interpretata come una “svolta radicale” nella Chiesa, forzando la lettera di quanto espresso dal papa e pretendendo di scoprire in timidi gesti modernizzanti una “voce rivoluzionaria” la dice lunga piuttosto sulle carenze diffuse, l’eclettismo e i desideri remoti della sinistra che non sull’ideologia vaticana in quanto tale.

Francesco-Bergoglio arriva per modernizzare. Intende chiudere con il capitalismo? La risposta è più che scontata. Dal nostro punto di vista, il suo stile comunicativo e diplomatico esprime un’offensiva politica sacerdotale che riforma per restaurare, modernizza per aggiornare, rinnova per conservare, disputandosi l’egemonia all’interno dell’Occidente capitalistico. Le sue critiche generiche al “sistema” e in difesa della famiglia esprimono certo qualcosa: la mondializzazione del mercato capitalista ha distrutto legami comunitari, ha approfondito la solitudine dell’individuo pur nel bel mezzo di grandi masse, sotto il mantello dell’iper-connettività gli individui sono più isolati che mai, con identità collettive sommamente indebolite e prive di radicali alternative a portata di mano. In questo deserto della realtà, il messaggio vaticano interviene a reclamare un allerta comunitario, ma all’interno dell’ordine capitalistico. Francesco-Bergoglio riattualizza l’antica dottrina sociale della Chiesa, che fa appello a conciliare il capitale con il lavoro.

Il suo ruolo di mediatore tra Cuba e Stati Uniti non si discosta da un simile proposito. Si tratta di alleviare l’embargo a Cuba, a condizione che il progetto socialista radicale e internazionalista della Rivoluzione cubana venga archiviato una volta per tutte. Allora non diciamo che si continua a promuovere la rivolta a livello e su scala continentale. La pace di Francesco-Bergoglio è la pace del capitale. Parlatore suadente, diplomatico, ma nel quadro capitalistico. Addio a Che Guevara. Addio alle Pantere Nere. Addio alla Rivoluzione degli umili e degli sfruttati. Integrazione di Cuba nella comunità ispanoamericana e difesa dell’immigrazione dentro gli Stati Uniti… dentro l’ordine stabilito. Inteso?

Per il marxismo grezzo, rudimentale e schematico della vecchia sinistra tradizionale, più prossimo all’economicismo e alla metafisica materialista che non alla filosofia della prassi, i fenomeni e le esperienze legate alla spiritualità popolare sono sempre stati un enigma, un’ideologia occultatrice (intesa come “falsa coscienza” o anche volgare manipolazione) e una “cortina fumogena” borghese cui non valeva neanche la pena di prestare attenzione.

Quel marxismo da manuale, nel migliore dei casi ingoiava senza masticarlo né digerirlo il no al famoso inconcludente “dialogo tra cattolici e marxisti”[6] (formula diplomatica di trattativa interstatuale, durante gli anni Sessanta, tra Mosca e Roma, tra il PCUS e il Vaticano, tra il PCI e la Democrazia cristiana, culminata suggellando il “compromesso storico”[7] del settembre 1974 – sottoscritto un anno dopo il colpo di Stato del settembre 1973, animato dalla Democrazia Cristiana contro Salvador Allende e l’Unità Popolare cilena). Quel “compromesso” era promosso da una Democrazia Cristiana italiana che si impegnava (pur disponendo di 15.000 terroristi di Gladio-Cia) a non ricorrere a un colpo di Stato se il PCI avesse vinto le elezioni, e da un PCI eurocomunista che, per mano di Enrico Berlinguer, garantiva di non cercare di prendere il potere per via insurrezionale, né per alcun’altra via, se avesse ottenuto la maggioranza del consenso popolare.

Pur accettando totalmente quel patto istituzionale tra due Stati, il marxismo da manuale, che si vantava sul piano dottrinario del suo presunto “ateismo scientifico”, respingeva in blocco e senza mediazioni, tutti i dibattiti connessi alla teologia della liberazione latinoamericana che, ben lungi dai patti istituzionali e diplomatici del Vaticano romano, tentava seriamente di fondere il messaggio profetico-apocalittico delle comunità di base e la critica al feticismo del mercato capitalistico[8] e del suo “vitello d’oro” [il denaro] con quella condensata nei Manoscritti economico-filosofici del 1844, i Grundrisse Il Capitale di Karl Marx. Credendosi ingenuamente “rossissimo” e “ortodossissimo”, quel marxismo economicista non si curava della lotta di classe in seno al cristianesimo latinoamericano e mondiale. Curiosamente, mentre accettava senza alcun problema le trattative diplomatiche con il conservatorismo eurocentrico del Vaticano romano (stretto alleato degli Stati Uniti nella lotta al comunismo, così come espressa senza infingimenti da Giovanni Paolo II-Karol Woityla), diffidava dei guerriglieri cristiano-marxisti latinoamericani-.

[Il marxismo da manuale] coerente con questa linea storica di incomprensione della lotta ideologica per l’egemonia socialista e comunista sul terreno popolare, così come rifiutava prima goffamente e in blocco tutto il dibattito con il marxismo cristiano, oggi [2015], adeguandosi pragmaticamente alla realpolitik e alla ragion di Stato, accetta anche l’intero pacchetto, ma al rovescio. Mentre in passato diffidava dei rivoluzionari cristiani che si pronunciavano per il Socialismo, guardava in cagnesco i sacerdoti ribelli e storceva il naso nei confronti del Movimento di Sacerdoti per il Terzo Mondo (che in vari paesi e in peculiari versioni tentavano di saldare il comunismo di Marx al messaggio profetico-apocalittico, comunitario e ribelle di Gesù e i suoi discepoli),[9] oggi questa stessa sinistra istituzionale accoglie ingenuamente ed applaude acriticamente il Vaticano e il papa Francesco-Bergoglio. Lo festeggia quasi fosse un bolscevico di estrema sinistra per aver pronunciato appena due frasi timide e insipide sulla povertà, il clima e il capitalismo, senza percepire come quelle frasi mediatiche, quei gesti e quei sorrisi calcolati di fronte alla fotocamera e senza concrete conseguenze sulle strutture di potere reale del sistema capitalista mondiale, non fanno che aggiornare la dominazione, ammodernando il messaggio gerarchico-sacerdotale[10] e rilanciando all’arena dei movimenti sociali il vecchio progetto politico chiamato in origine “partito popolare”, poi nel dopoguerra “democrazia cristiana” e che adotterà oggi qualche nuova denominazione secolare, per contendersi in campo politico, non solo con il marxismo radicale ma anche con il cristianesimo profetico e rivoluzionario, il cuore e la volontà delle masse oppresse e sfruttate, puntando a togliere loro l’iniziativa e l’autonomia che né Giovanni Paolo II né Benedetto XVI erano riusciti a spezzare. L’influenza di Francesco-Bergoglio su alcuni dirigenti del Movimento dei Senza Terra brasiliano e alcuni movimenti sociali in Bolivia dovrebbe rientrare, se non andiamo errati, in quest’offensiva del progetto sacerdotale (istituzionale e gerarchico) destinato a schiacciare il messaggio profetico-apocalittico, che tanta ripercussione ebbe in Brasile e in America Latina per oltre un trentennio.

Senza fare un bilancio inventariale di quel marxismo da manuale, un’analisi critica degli schemi invecchiati, senza capire questa nuova controffensiva papa-sacerdotale sul terreno politico-sociale latinoamericano, difficilmente si potrà costruire una mappa delle attuali e future dispute ideologiche del movimento rivoluzionario e antimperialista. Se non creiamo urgentemente un cambio di orientamento nelle discussioni dei movimenti sociali e popolari latinoamericani, il Vaticano (punta di lancia ideologica dell’occidentalismo capitalista) darà agevolmente scacco matto al marxismo radicale.

Dobbiamo predisporci ad affrontare i nuovi rapporti di forza e i nuovi gattopardismi. Con il vento in poppa o controvento. Ci serve come l’aria, il pane e la bellezza ricostruire un’alternativa antimperialista e anticapitalista di respiro mondiale. Ricreare il comunismo, non come sinonimo di burocrazia corrotta, con doppia vita e doppia morale, opportunista e mostruosamente gerarchica, ma con quello che Che Guevara definì con autenticità, convinzione e assoluta sincerità, che tuttora ci emoziona: «gli ideali più nobili dell’umanità!» Gli stessi ideali ugualitari per i quali lottarono migliaia di anni fa alcuni pazzi con i sandali ai piedi, perseguitati dall’Impero romano, all’epoca il più potente della Terra.

Di fronte all’eclettismo che ci disarma, ci disorienta e ci lascia nudi per via, il marxismo latinoamericano ha bisogno di spingersi oltre ogni progressismo, ogni “neosviluppismo” e ogni critica al neoliberismo. Proporre il socialismo come progetto storico e il comunismo come identità politica, comunitaria e personale, integrando varie richieste e proteste dei movimenti sociali, ma puntando, senza transigere, senza tradire, a spezzare la spina dorsale al mercato e al sistema mondiale capitalista.

 

Buenos Aires, ottobre 2015

(in un nuovo anniversario del Che)

 

Traduzione di Titti Pierini



[1] Néstor Kohan è ricercatore e professore della Universidad de Buenos Aires (UBA), Argentina. Fa anche parte della Cattedra Che Guevara.

[2]Accademico e politologo francese, specialista di Islam e mondo arabo [Ndt].

[3]V. Samuel P. Huntington (1996), tr. It: Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, Garzanti, Milano, 2000.

[4]Al di là della propaganda ufficiale che oggi costruisce un’immagine angelica e innocente di Bergoglio, come figura impegnata sui diritti umani – versione scarsamente credibile per chi abbia vissuto in Argentina e conosca minimamente quel che è successo tra il 1976 e il 1983 ai tempi del generale Videla… – , chiunque volesse acquisire una documentazione affidabile sul ruolo di complice attiva nella “guerra antisovversiva” che svolse l’alta gerarchia della Chiesa argentina dovrebbe consultare il testo imprescindibile del sacerdote, filosofo e teologo della liberazione Rubén Dri (1987): Teologia e dominazione, Editorial Roblanco, Buenos Aires (una documentazione successivamente riedita con altri titoli da parte dello stesso autore in Argentina per la casa editrice Biblos; si veda soprattutto la seconda parte, zeppa di documenti e testimonianze inoppugnabili e demolitori – pp. 143.436). Un libro imperdibile, scritto a partire dalle coordinate dello stesso cristianesimo. Nella stessa direzione, si può consultare il lavoro di Emilio FermÍn Mignone (1986), Chiesa e dittatura: il ruolo della Chiesa alla luce dei suoi rapporti con il regime militare (Ediciones del Pensamiento Nacional, Buenos Aires). Si tratta, in entrambi i casi, di indagini effettuate da personalità legate al cattolicesimo militante e, nel caso di Mignone, anche di una persona che ha interceduto presso il generale Videla e l’ammiraglio Massera per la liberazione di due sacerdoti gesuiti sequestrati dalla dittatura militare. Dei due libri, pensiamo che quello di Rubén Dri, meno noto e diffuso, sia molto più interessante perché, oltre alle informazioni pratiche che contiene, fornisce una riflessione teorica sul ruolo reazionario del progetto sacerdotale della gerarchia della Chiesa vaticana, in Argentina, in America Latina e in tutto il mondo.

[5]Si veda M. Löwy (1999), Guerra di dei. Religione e politica in America Latina, (Siglo XXI, Messico, pp. 54-55). Nelle ultime edizioni della sua classica antologia Il marxismo in America Latina (1980) (terza edizione ampliata in portoghese, Perseu Abramo, San Paolo, 2012, pp. 519-529, 596-598), l’autore riproduce vari documenti della teologia della liberazione come parte del marxismo latinoamericano.

[6]Si vedano Lombardo Radice, Gozzini, Gruppi, Orfei ed altri, Il dialogo alla prova. Cattolici e comunisti italiani, Vallecchi, Firenze, 1964.

[7]Sul contesto politico e le ragioni del “compromesso storico” tra la Democrazia Cristiana e il PC italiano si veda N. Kohan (2002), Toni Negri e gli equivoci di Impero, Massari Editore, Roma, 2005.

[8]Per ricostruire l’appropriazione marxista da parte di alcuni teologi della liberazione della critica del feticismo, asse assolutamente centrale nel Capitale di Marx, si può vedere IlIl ritorno del soggetto redento(Caminos,  L’Avana, pp. 239.260). Si veda anche Enrique Dussel (1993), Le metafore teologiche di Marx (Ed. Verbo Divino, Navarra).

[9]Per una valutazione marxista del messaggio profetico-apocalittico del cristianesimo rivoluzoionario raccomandiamo tre testi classici. Due sono di Engels. Il primo è: F. Engels (1850), Le guerre contadine in Germania, disponibile in Internet: http://www.resistenze.org/sito/ma/di/ce/mdce9m20.htm. Il secondo è F. Engels (1894), “Sulla storia del cristianesimo primitivo” (http://it.scribd.com/doc/129422853/Engels-Friedrich-Sulle-Origini-Del-Cristianesimo#). Il terzo è di Rosa Luxemburg (1905), Il capitalismo e le chiese,https://www.google.it/search?q=Rosa+Luxemburg+(1905)%2C+Il+capitalismo+e+le+chiese&oq=Rosa+Luxemburg+(1905)%2C+Il+capitalismo+e+le+chiese&aqs =  in cui Rosa si diffonde con notevole chiarezza ed enorme semplicità pedagogica su analogie e sfumature tra il comunismo dei primi cristiani e il comunismo di Marx.

[10]Per una distinzione chiara e notoria del messaggio profetico apocalittico (di ispirazione comunitaria e finalità rivoluzionarie) e il messaggio sacerdotale (conservatore, legato al potere e al Tempio, all’ordine, alla gerarchia e alla istituzione, anche se contiene gesti “modernizzanti” o populisti), si può utilmente vedere l’opera del teologo Rubén Dri (1987), L’utopia di Gesù (Ed. Nueva América, Buenos Aires (riedito più volte da Ed. Biblos, Buenos Aires), pp. 35.42, 211-213.

Questo articolo è stato tratto da:

Apuntes sobre cultura, ideología y revolución

(Aportes para una posible estrategia)

di Néstor Kohan

 

Indice

Sistema mundial, crisis y dependencia

El imperialismo, algo más que un tigre de papel

Orfandad teórica, eclecticismo y ausencia de “Estados-guía”

Formaciones ideológicas, cuestionamientos

al marxismo y cooptación académica

La crisis del “neodesarrollismo”, los gobiernos progresistas

y la disputa por el movimiento popular

Crisis de civilización y ofensiva sacerdotal del Vaticano

Fonte: http://antoniomoscato.altervista.org/index.php?option=com_content&view=article&id=2395:crisi-di-civilta-e-offensiva-sacerdotale-del-vaticano&catid=8:lamerica-latina&Itemid=16

 

1 commento per “Crisi di civiltà e offensiva sacerdotale del Vaticano

  1. alfio
    26 Agosto 2016 at 1:47

    l’articolo coglie perfettamente a mio parere quella che e’ la reale intenzione politica di
    papa bergoglio e cioe’ crearsi uno spazio di consenso politico personale grazie anche alla
    sua notevole capacita comunicativa, cercando di distinguersi dal suo predecessore
    benedetto xvi, e smarcarsi dal suo conservatorismo, facendo cosi apparire il vaticano piu’
    aperto su determinate questioni sociali o politiche diventate ormai ragioni di senso comune,
    probabilmente anche in risposta ad alcune richieste del mondo cattolico sociale che va riconosciuto
    e’ anche molto articolato e frastagliato.
    da notare pero’ e questo mi sembra realmente importante e significativo che l’attuale papa
    e’ a livello teologico dogmatico molto in continuita’ con i suoi predecessori.

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