Di lavoro non ce n’è più bisogno

orario di lavoro

Alla fine degli anni ’70, dopo dieci anni di scioperi selvaggi, la direzione della FIAT convocò gli ingegneri perché introducessero modifiche tecniche utili a ridurre il lavoro necessario, e licenziare gli estremisti che avevano bloccato le catene di montaggio. Sarà per questo sarà per quello fatto sta che la produttività aumentò di cinque volte nel periodo che sta fra il 1970 e il 2000. Detto altrimenti, nel 2000 un operaio poteva produrre quel nel 1970 ne occorreva cinque. Morale della favola: le lotte operaie servono fra l’altro a far venire gli ingegneri per aumentare la produttività e a ridurre il lavoro necessario.

Vi pare una cosa buona o cattiva? A me pare una cosa buonissima se gli operai hanno la forza (e a quel tempo ce l’avevano perbacco) di ridurre l’orario di lavoro a parità di salario. Una cosa pessima se i sindacati si oppongono all’innovazione e difendono il posto di lavoro senza capire che la tecnologia cambia tutto e di lavoro non ce n’è più bisogno.

Quella volta purtroppo i sindacati credettero che la tecnologia fosse un nemico dal quale occorreva difendersi. Occuparono la fabbrica per difendere il posto di lavoro e il risultato prevedibilmente fu che gli operai persero tutto.

Ma si poteva fare altrimenti? chiederete voi? Certo che si poteva. Una piccola minoranza disse allora: Lavorare meno per lavorare tutti, e qualcuno più furbo disse addirittura: lavorare tutti per lavorare meno. Furono attaccati come estremisti, e alcuni li arrestarono per associazione sovversiva.

Nel 1983 nel paese più brutto del mondo c’era un governo infernale guidato da una signora cui piaceva la frusta. Aveva detto che la società non esiste (there is no such thing as society) per dire che ognuno è solo e deve combattere contro tutti gli altri col risultato che uno su mille può far la bella vita e scorrazzare in Roll Royce, uno su cento può vivere decentemente e tutti gli altri debbono fare la vita di merda che più di merda non si può immaginare. Ma ritorniamo a noi, mica sono pagato per parlar male dell’Inghilterra. Un bel giorno la signora decise che di miniere non ce n’era più bisogno e neanche di minatori. Cosa fareste se la vita vi fosse andata così male da ritrovarvi a fare il minatore in un paese di merda dove in superficie piove sempre e c’è la Thatcher, e sottoterra è anche peggio?

Non so voi, ma nel caso io facessi il minatore e qualcuno mi dicesse che non c’è più bisogno di miniere ringrazierei il cielo e chiederei un salario di cittadinanza. Non così Arthur Scargill che era il capo di un sindacato che si chiamava Union Miners. Un sindacato glorioso che organizzò una lotta eroica contro i licenziamenti come direbbe Ken Loach. So bene che c’è poco da fare gli spiritosi perché fu una tragedia per decine di migliaia di lavoratori e per le loro famiglie: naturalmente i minatori persero la lotta il lavoro e il salario, ed era solo l’inizio. La disoccupazione è oggi in crescita in ogni paese d’Europa. Metà della popolazione giovanile non ha un salario, o ha un salario miserabile e precario, mentre i riformatori europei hanno imposto un rinvio dell’età pensionabile da 60 a 62 a 64 a 65 a 67. E poi?

C’è qualcuno che possa spiegarmi secondo le regole della logica aristotelica il mistero secondo cui per curare la disoccupazione dilagante occorre perseguitare crudelmente i vecchi che lavorano costringendoli a boccheggiare sul bagnasciuga di una pensione che non arriva mai? Nessuno che sia sano di mente mi risponde, perché la risposta non si trova nelle regole della logica aristotelica, ma solo nelle regole della logica finanziaria che con la logica non c’entra niente ma c’entra moltissimo con la crudeltà.

Se la logica finanziaria contraddice la logica punto e basta, cosa farebbe una persona dotata di senso comune? Riformerebbe la logica finanziaria per piegarla alla logica, no? Invece Giavazzi dice che la logica vada a farsi fottere perché noi siamo moderni (mica greci).

Animal Kingdom è il nome di un’azienda di Saint Denis che vende ranocchie e cibi per cani. Candelia vende mobili per ufficio. Sembrano aziende normali ma non lo sono affatto, perché l’intero business di queste aziende è finto: finti i clienti che telefonano, finti i prodotti che nessuno produce, finta perfino la banca cui le fake companies chiedono falsi crediti.

Come racconta un articolo del New York Times del 29 maggio, da cui si deduce che il capitalismo è affetto da demenza senile, in Francia ci sono un centinaio di aziende finte, e pare che in Europa se ne contino migliaia.

Milioni di persone non hanno un salario e milioni perderanno il lavoro nei prossimi anni per una ragione molto semplice: di lavoro non ce n’è più bisogno. Informatica, intelligenza artificiale, robotica rendono possibile la produzione di quel che ci serve con l’impiego di una quantità sempre più piccola di lavoro umano. Questo fatto è evidente a chiunque ragioni e legga le statistiche, ma nessuno può dirlo: è il tabù più tabù che ci sia, perché l’intero edificio della società in cui viviamo si fonda sulla premessa che chi non lavora non mangia. Una premessa imbecille, una superstizione, un’abitudine culturale dalla quale occorrerebbe liberarsi.

Eppure economisti e governanti, invece di trovare una via d’uscita dal paradosso in cui ci porta la superstizione del lavoro salariato insistono nel promettere la ripresa dell’occupazione e della crescita. E siccome la ripresa è finta, qualcuno ha avuto questa idea demente di creare aziende in cui si finge di lavorare per non perdere l’abitudine e la fiducia nel futuro, poiché i disoccupati di lungo corso (il 52.6 dei disoccupati dell’eurozona sono senza lavoro da più di un anno) rischiano di perdere la fede oltre al salario.

Ma torniamo al punto. Dice il giovane presidente del consiglio che il reddito di cittadinanza è una cosa per furbi perché in questo paese chi lavora duro ce la può fare. Forse qualcuno sì, non me la sento di escluderlo, ma qui stiamo parlando di ventotto milioni di disoccupati europei. E a me risulta che la disoccupazione non è destinata a diminuire ma ad aumentare, e ti dico perché. Perché di tutto quel lavoro (duro o morbido non importa) non ce n’è più bisogno. Lo dice qualcuno che è più moderno di Renzi e di Giavazzi messi insieme credete a me. Lo dice un giovanotto dotato intellettualmente che si chiama Larry Page. In un’intervista pubblicata da Computer World nell’ottobre del 2014 questo tizio, che dirige la più grande azienda di tutti i tempi dice che Google investe massicciamente in direzione della robotica. E sai che fa la robotica? Rende il lavoro inutile, questo fa. Larry Page aggiunge che secondo lui solamente dei pazzi possono pensare di continuare a lavorare quaranta ore alla settimana. Si stringe nelle spalle e dice: Renzi, lavorare duro d’accordo, ma per fare che?

Il Foreign Office nel suo Report dell’anno scorso diceva che il 45% dei lavori con cui oggi la gente si guadagna da vivere potrebbe scomparire domattina perché non ce n’è più bisogno. Caro Renzi qui si tratta di cose serie, lascia fare ai grandi e torna a giocare con i video game: occorre immediatamente un reddito di cittadinanza che liberi la gente dall’ossessione idiota del lavoro.

La situazione infatti è tanto grave e tanto imprevista, che occorre un’invenzione scientifica che non è alla portata degli economisti.

Ti sei mai chiesto cosa sia una scienza? Diciamo per non farla troppo lunga che è una forma di conoscenza libera da ogni dogma, capace di estrapolare leggi generali dall’osservazione di fenomeni empirici, capace di prevedere quello che accadrà sulla base dell’esperienza del passato, e per finire capace di comprendere fenomeni così radicalmente innovativi da mutare gli stessi paradigmi su cui la stessa scienza si fonda. Direi allora che l’economia non ha niente a che fare con la scienza. Gli economisti sono ossessionati da nozioni dogmatiche come crescita competizione e prodotto nazionale lordo. Dicono che la realtà è in crisi ogni qualvolta non corrisponde ai loro dogmi, e sono incapaci di prevedere quel che accadrà domani, come ha dimostrato l’esperienza delle crisi degli ultimi cento anni. Gli economisti per giunta sono incapaci di ricavare leggi dall’osservazione della realtà in quanto preferiscono che la realtà sia in armonia con i loro dogmi, e incapaci di riconoscere quando mutamenti della realtà richiedono un cambiamento di paradigma. Lungi dall’essere una scienza, l’economia è una tecnica la cui funzione è piegare la realtà multiforme agli interessi di chi paga lo stipendio degli economisti.

Dunque sta ad ascoltarmi: non c’è più bisogno di Giavazzi di tutti quei tristi personaggi che vogliono convincerti che l’occupazione presto riprenderà e la crescita anche. Lavoriamo meno per un reddito di cittadinanza, curiamoci la salute andiamo al cinema insegniamo matematica, e facciamo quel milione di cose utili che non sono lavoro e non hanno bisogno di scambiarsi con salario. Perché sai che ti dico: di lavoro non ce n’è più bisogno.

* Pubblicato sul numero di luglio della nuova serie di “Linus”.

Fonte: http://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/5479-franco-berardi-bifo-di-lavoro-non-ce-ne-piu-bisogno.html

6 commenti per “Di lavoro non ce n’è più bisogno

  1. Lorenzo Voroshilov Altobelli
    24 luglio 2015 at 12:37

    Attenzione, perchè l’Urss cadde proprio e perchè la redditività delle aziende scese. Che cosa creerebbe un reddito di cittadinanza per tutti i disoccupati? Una grossa gabella che cadrebbe su stato e quindi sui cittadini (proletari ED IMPRESE PRODUTTIVE).
    Quindi bisogna dare si un salario a tutti, ma esso deve portare una redditività sostenibile al sistema di oggi.
    O al limite il reddito di cittadinanza (di grillina memoria. quindi non socialista tout court) può essere usato solo temporaneamente per rilanciare il commercio interno.
    La disfida odierna quindi è proprio questa. Creare lavoro retribuibile e che non gravi sulle aziende. Poi in una società socialista il tutto sarebbe diverso.

  2. bernardo
    24 luglio 2015 at 19:48

    Di lavoro non c’è più bisogno, ma c’è un enorme bisogno di consumatori, perché se un addetto produce per cinque, con il suo salario non può consumare quando produce. Se il conto è ancora vantaggioso per il capitale (per capirci un operaio produce per cinque, viene pagato per uno e l’imprenditore vende due pezzi e mezzo), presto non lo sarà più e gli imprenditori affogheranno nell’invenduto. Di conseguenza il reddito di cittadinanza è utile soprattutto agli imprenditori che potrebbero tornare a vendere, spalmando l’onere del salario di cittadinanza sulla collettività.
    Il problema è d’altro tipo, nello specifico sociologico, per prima cosa l’articolo 1 della Costituzione dà centralità fondativa al lavoro e non a caso, secondo voi, quanti cittadini sono in grado di fare quel che vogliono in forma costruttiva per la società? Molti finiranno per abbrutirsi non essendo capaci di trovare una loro strada senza essere costretti dalla necessità o da un’autorità, questo per mancanza culturale e formativa che se pur recuperabile richiederebbe una azione da parte dello stato che porterebbe alla creazione di uomini coscienti e liberi, ma nessun potere vuole masse coscienti e libere e allora?
    L’unica soluzione che riesco a vedere è la creazione di una serie di lavori di pubblica utilità volti al recupero del territorio e dell’enorme quantità di materiali sprecati e accumulati in giro per le discariche abusive e non di tutta Italia. Un enorme progetto che possa utilizzare milioni di lavoratori ad impazzo zero, ovvero volti al recupero ambientale, urbanistico e strumentale.
    Questo passaggio che imponendo una visione ambientale, al contempo ne alimenta il lato sociale e politico utile per costruire nell’animo individuale il desiderio di scegliere la propria strada e la propria libertà.
    Naturalmente sempre se si riesce a rientrare nella realtà, dato che ormai l’economia finanziaria come la comunicazione e l’informazione sono nelle nuvole, sono “cloud” e li si fanno girare i soldi, gran quantità di soldi che anche loro non sono reali, non hanno valore sono “cloud”, non c’è lavoro, quindi tutti a giocare a monopoli all’interno di confortevoli nuvole (Fuksas è un genio, ha realizzato un oggetto architettonico che assomiglia a tal punto a una nuvola che per questo non riesce a farsi conclusa e palpabile). Forse presto un vento secco e forte tornerà a spazzare le nubi e allora il sole illuminerà la realtà per quella che è e tutti potranno vederla.

  3. armando
    24 luglio 2015 at 20:28

    Dico solo, per ora, che a parte l’osservazione che l’aumento della composizione organica del capitale, (lavoro morto su lavoro vivo), comporta la caduta del saggio di profitto, con importanti implicazioni, ormai anche la cura della salute, gli svaghi e tutti gli altri aspetti della vita, rientrano nel processo di riproduzione del capitale. Non vorrei che si spostasse semplicemente il problema. A me sembra che, detta così, la fine del lavoro dovuta alla tecnica, perchè di questo si tratterebbe, sottende la concezione secondo cui il capitale (mediante la tecnica) avrebbe preparato interamente le condizioni per il suo superamento. Si tratterebbe “solo” di ribaltare un rapporto politico ormai inutile per realizzare il sogno del comunismo in cui al mattino pesco, alla sera passeggio, dopo pranzo dormo, a piacimento. Quindi la rivoluzione sarebbe alle porte, lì sotto gli occhi di tutti, nascosta solo per un’illusione ottica. almeno nei paesi sviluppati. Ho qualche dubbio, sinceramente. E poi, come la mettiamo coi paesi non ancora sviluppati?

  4. garbage
    27 luglio 2015 at 10:41

    L’argomento mi sta particolarmente a cuore, mi permetto di lasciare qualche link per ampliare gli spunti di riflessione.

    Consigliatissimo questo docu-film del network tedesco sul basic income:
    https://www.youtube.com/watch?v=jqu_dWgOLa4
    (sottotitoli italiano)

    da vedere anche:

    – dossier di Le Monde Diplomatique, maggio 2013.
    http://ilmanifesto.info/wordpress/wp-content/uploads/2013/12/17/lemonde2013_05.pdf

    http://www.rsi.ch/news/svizzera/cronaca/130000-firme-per-un-reddito-di-base-61636.html
    http://www.nytimes.com/2013/11/17/magazine/switzerlands-proposal-to-pay-people-for-being-alive.html
    http://www.alfabeta2.it/2014/03/29/reddito-base-come-campo-battaglia/
    http://www.uninomade.org/il-reddito-di-base-come-remunerazione-della-vita-produttiva/
    http://temi.repubblica.it/micromega-online/rodota-il-reddito-di-cittadinanza-e-un-diritto-universale/
    http://www.controlacrisi.org/notizia/Lavoro/2011/6/8/13438-Luigi-Ferrajoli:-Reddito-di-cittadinanza,-Il-diritto/

    Al feudalesimo che si sta preparando bisogna opporre una sterzata di 180 gradi, non basta più elemosinare brandelli di diritti ma ripensare un nuovo paradigma di società
    Abbandonare il lavorismo ottocentesco e considerare il reddito come diritto umano, non solo una remunerazione di una prestazione ma un prerequisito per poter lavorare.
    Al netto delle utopie, finalmente liberare il lavoro e l’uomo dal ricatto del bisogno e dalla altrimenti inevitabile tragedia deflattiva conseguente all’automazione, dovrebbe essere, in questo secolo, la pietra angolare di ogni movimento che si definisca di sinistra.

    • armando
      27 luglio 2015 at 12:42

      Io peferisco volare basso piuttosto che pensare a nuovi paradigmi. Sarebbe sufficiente che al reddito di cittadinanza o comunque lo si voglia chiamare, corrispondesse il dovere di prestazioni socialmente utili (per le quali le istituzioni spendono fior di soldi dati a coop di alcune delle quali è lecito mettere in dubbio la serietà, o a ditte esterne.) lavori, però, davvero utili a tutti, non fare buche per poi riempirle. Credo ce ne sarebbero. I diritti senza doveri, per me, sono una sciagura. Sarà che sono di un’altra generazione ma per me è così.

      • Adriano
        10 agosto 2015 at 22:09

        Armando, capisco il tuo senso pratico e “etico”, e molto probabilmente si dovrà iniziare esattamente come tu proponi. Un cambiamento di paradigma abbisogna comunque di un periodo di transizione (generalmente lungo quanto un cambio generazionale… una ventina di anni). Ma dobbiamo anche volare alto… e pensare verso quale modello di economia e di società vogliamo andare. Insomma, progettare il futuro: http://www.youtube.com/watch?v=LS3BpqTTbGQ

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