L’onda di piena

Un ricorrente surplus di 3-5 mila nuovi contagiati rispetto a quelli censiti come tali il giorno precedente: l’Italia non è più un’isola meno infelice delle altre nel mare infido della pandemia, visto che le cifre si avvicinano inesorabilmente a quelle di Francia, Spagna e Gran Bretagna, che a loro volta non smettono di crescere. Può darsi che già prima il gap percepito fosse da imputarsi al minor numero di tamponi eseguiti da noi, ma questo conta relativamente: è la rappresentazione del rischio piuttosto che il rischio in sé a determinare reazioni e comportamenti. L’abbattersi fin troppo annunciato della seconda ondata atterrisce, e poco senso ha chiedersi a quanto ammontino effettivamente i contagi, la cui stima è senz’altro lacunosa: tornano a far fede le dichiarazioni urbi et orbi delle ore diciotto.

La macabra contabilità quotidiana è inaffidabile nel suo complesso: anche i dati su decessi e terapie intensive si prestano a interpretazioni divergenti. Qualche sera fa il giornale radio del Friuli Venezia Giulia ha dato notizia di due vittime del Covid nelle 24 ore: una aveva 95 anni, l’altra 91. La morte di un essere umano è sempre un dramma, indipendentemente dall’età raggiunta, ma nella c.d. quarta età essa è un evento “normale”, iscritto nell’ordine delle cose (lo affermò già Schopenauer): basta una febbriciattola e anche meno, addossarla all’odierna peste serve solamente a intorbidare le statistiche. Quanto ai ricoveri conteggiati e dichiarati chi ci garantisce che il coronavirus sia per tutti la causa unica o principale? Nessuno, né noi ascoltatori siamo in grado di appurarlo: prendiamo nota di quel che ci dicono e stop. Certo sarebbe utile sapere di quanto sia aumentato, da febbraio-marzo, il tasso di mortalità legato alle principali patologie “ordinarie”, ma i media glissano, guardano altrove, snobbano il problema. La realtà sfugge, scolora, cede il passo alla percezione e diventa irrilevante in questa sgangherata ridda di numerali che non provoca ilarità ma sgomento.

Ciò che non si conosce fa più paura, e a distanza di molti mesi dalla sua comparsa il Covid-19 resta un oggetto misterioso: troppo variegati i sintomi (talora persino assenti!) e le conseguenze dell’infezione, che può stroncare, stendere o sfiorare come un’ambigua carezza.

Molto meno letale di altre storiche epidemie il Covid-19 sbigottisce perché è una malattia nuova e soprattutto – mi si passi il termine – “mediatica”: radio, televisione e social gli consentono di intrufolarsi ovunque e anzitutto nella testa delle persone. Crea angoscia specialmente perché in un mondo dove le notizie invecchiano in poche ore lui – il virus – si è preso la scena e non la vuole lasciare: la prospettiva che ci faccia compagnia fino alla prossima estate per poi riapparire in autunno risulta intollerabile, ma al contempo realistica. Subentra una palpabile rassegnazione, assai diversa tuttavia da quella diffusasi da marzo in poi perché più cupa e intrisa di pessimismo: allora si accettò la pesante clausura come un sacrificio ragionevole perché limitato nel tempo, ora le certezze vacillano e sono in molti a paventare un susseguirsi di confinamenti intervallati da brevi periodi di libertà condizionata. Riuscirebbero le masse a tollerare una siffatta negazione di presente e futuro? Se lo stanno domandando in parecchi, governanti compresi.

Fra i nostri v’è chi, come Speranza (nomen non est omen), sembra aver perso la tramontana e lancia pazzeschi inviti a chiudere tutto e alla pratica odiosa della delazione, chi come la ministra Azzolina si spende coraggiosamente per restituire al Paese una parvenza di normalità. Il premier Conte, illusosi a giugno di averla sfangata, ostenta pensosa cautela: le misure approvate il 18 ottobre sono assai più blande di quanto ci si aspettasse. Il problema è che dal punto di vista sanitario hanno tutta l’aria di cure palliative: non incidono su un quadro che appare in rapido peggioramento. Il (temporaneo) rifiuto di prendere in considerazione una seconda chiusura totale ha però solide motivazioni: il tessuto economico non reggerebbe, perché un’infinità di piccoli e medi imprenditori getterebbe la spugna, milioni di famiglie finirebbero sul lastrico, fame e disperazione produrrebbero sommosse. Anche i meno disgraziati (penso a chi per il momento ha uno stipendio sicuro) cederebbero alla prostrazione o alla rabbia: l’assenza di vie d’uscita offusca una razionalità nutrita di abitudini e presunte sicurezze. Il lockdown può essere disciplinatamente sopportato una tantum, le repliche no: la mini-insurrezione napoletana della notte scorsa è solo un antipasto di ciò che potrebbe succedere e sta già capitando all’estero (in Israele e Spagna). Lodato anche dagli osservatori internazionali per le scelte primaverili, Giuseppe Conte è assurto a “eroe” – forse per caso – di una stagione, ma rischia adesso di cadere nella polvere assieme al suo governo: il gradimento in calo è un primo campanello d’allarme. D’altra parte egli stesso è prigioniero della narrazione catastrofista del Covid come minaccia epocale, e tosto o tardi sarà costretto a prendere decisioni impopolari o a sconfessare quelle passate. In entrambi i casi la sua maggioranza si troverà a fronteggiare proteste e resistenze, e non è detto che regga: qualcuno è già tentato di sfilarsi.

L’esecutivo paga, più che la propria, l’inerzia delle Regioni durante la tregua estiva: alla prova dei fatti il potenziamento della sanità pubblica si rivela una promessa non mantenuta.

Tutta colpa di Conte? Non scherziamo: se il coronavirus impazza e fa vittime è perché un’altra, ben più esiziale pestilenza gli ha spianato la strada, facilitandogli il lavoro. Quest’ultima non è di origine naturale, ma umana: parliamo del neoliberismo che in trent’anni ha spolpato la sanità pubblica, regalando al privato i bocconi più prelibati, tagliato inesorabile i fondi a bilancio, sfoltito i ranghi del personale sanitario, chiuso con la scusa delle tre E (efficienza, efficacia, economicità) i presidi ospedalieri territoriali. Gli ospedali pubblici rimasti erano già al collasso prima dello scoppio dell’emergenza, che ha dato loro il colpo di grazia: la domanda di cura non poteva né può più essere soddisfatta, poiché attrezzarsi per fronteggiare un’epidemia non è redditizio. In tre mesi non si poteva riparare al danno fatto in trent’anni.

Per sottrarsi al bagno di realtà le forze sistemiche si rifugiano nell’ideologia: l’imperiosa richiesta da parte di PD e sodali (FI, LeU, radicali ecc.) di ricorrere al MES sembra surreale, ma non lo è affatto. Chi ribatte che è irragionevole contrarre un prestito che espone a condizionalità malamente dissimulate quando risorse equivalenti sono reperibili quasi a costo zero sul c.d. mercato (i BTP trentennali sono andati a ruba, pur garantendo bassissimi interessi) non ha capito il nocciolo della questione: per i partiti europeisti, PD in testa, l’adesione al Fondo “Salvastati” è essenzialmente una professione di fede nel globalismo americanocentrico e nei suoi dogmi, una scelta di campo contro i popoli e a favore dell’élite finanziaria che li spoglia di diritti, sostegni e dignità. Pretendono il MES per la sua valenza simbolica e per quello che comporta e comporterà, così come cancellarono l’articolo 18 per lanciare un ammiccamento a chi governa i mercati. Mi si obietterà che il Recovery plan è un’analoga fregatura, e non stento a crederci visto che si tratta pur sempre, per la maggior parte, di denari concessi in prestito da uno strozzino, ma quei 36 inutili miliardi valgono di più poiché hanno una “tradizione” alle spalle (Graecia docet) e richiederli equivale a un cosciente atto di sottomissione e a un successivo commissariamento “scacciapensieri”: questo ha di mira la petulante insistenza di Zingaretti e compagni neoliberisti sul MES, che pare aver fatto breccia nell’opinione pubblica perché su un uditorio spaesato la ripetizione a tamburo battente di slogan rassicuranti e facilmente assimilabili ha sicuro effetto. Si chiama lavaggio del cervello, e lo stiamo passivamente sperimentando da decenni.

L’esecratissimo Conte e i 5stelle, sbeffeggiati a ogni piè sospinto da destra e manca, hanno finora resistito alle pressioni – domenica scorsa, in tivù, il premier ha pronunciato frasi sul MES che mi sono piaciute. Questa mia ammissione – ne sono consapevole – strapperà un sorriso di sufficienza a molti compagni versati in dietrologia: loro li fiutano all’istante i raggiri.

Io, più modesto, mi accontento di evidenziare certe ovvietà.

Coronavirus. Giuseppe Conte risponde alle polemiche: «Non è il momento del “libera tutti”» - Normanno.com

 

 

5 commenti per “L’onda di piena

  1. Alessandro
    27 ottobre 2020 at 21:44

    Articolo in gran parte condivisibile, anche se bisogna sempre rimarcare che il problema non è il coronavirus, bensì una sanità che non riesce a far fronte ai bisogni dei malati in una condizione normale, figuriamoci in una pandemica. Si chiude quindi perchè non siamo minimamente attrezzati a fronteggiare l’emergenza. Non puoi rimettere in piedi una macchina scassata in tre mesi.
    Si muore principalmente dove la sanità fa acqua da tutte le parti: Italia, USa, Brasile, UK..mentre accade molto meno dove è ancora in grado di offrire un servizio decente, vedasi Germania. Il paradigma economico è quindi il primo responsabile di ciò che stiamo vivendo, così come chi ha gestito il settore, in primis le Regioni. Prendersela con Conte, come giustamente è scritto nell’articolo, è ridicolo, anche se i nullafacenti a capo delle Regioni cercano di scaricare su di lui le loro responsabilità. E tanti abboccano.
    su un punto sono in disaccordo con l’articolo, ossia quando definisce l’Azzolina coraggiosa. Io ho difeso l’Azzolina quando era giusto farlo, ossia nella fase del lockdown ( per quanto abbia anche in quella fase commesso ingenuità anche gravi, come quando a marzo ha parlato di promozioni generalizzate, cosa che avrebbe dovuto affermare non prima di metà-fine maggio), ma oggi non posso non evidenziare che la persona sembra piuttosto avulsa dalla realtà, prima intestardendosi su un concorso la cui tempistica è ovviamente assurda, non prevedendo neanche una prova suppletiva, e sorvoliamo sulla tipologia delle prove, poi chiudendosi a riccio in una difesa a oltranza della didattica in presenza per mero partito preso. E’ ovvio che la didattica distanza è un ripiego, che ha tanti limiti, ma nella vita ci sono situazioni eccezionali che necessitano di adeguamenti eccezionali. Ce n’eravamo dimenticati, il covid ce lo ha ricordato, alla faccia della nostra boria di specie. Mi chiedo che scuola sia quella di chi deve sopportare cinque ore una mascherina scomodissima, immerso in una nebbia continua se porta gli occhiali, costretto a igienizzarsi continuamente le mani, mantenendo distanze come tra appestati, senza potersi scambiare una fotocopia, ecc., ecc..Ma molto meglio organizzare qualcosa di serio ognuno a casa propria, dotando tutti di un pc e della connessione se mancanti. L’unico ordine che potrebbe non essere interessato dalla didattica a distanza è quello della scuola primaria, ma forse anche in quel caso con il supporto di un adulto si potrebbe ovviare al problema.
    E allora perchè si fatica a chiudere le scuole che sono sicuramente gli unici posti in cui il contagio è garantito?La risposta va ricercata non tanto nell’arroccamento della ministra, quanto nella scelta di chi comanda, tra i quali non possiamo non citare la lobby femminista, che ha posto il veto, dal momento che ritiene che la chiusura delle scuole spinga le madri di famiglia a starsene a casa. Ci troviamo quindi nella situazione paradossale di chiudere ciò che non sappiamo veicoli il contagio, con ulteriore aggravio sulle casse dello Stato, mentre lasciamo aperti i luoghi che lo fanno decollare e che possono in questa situazione d’mergenza trovare con un minimo di organizzazione delle alternative passabili.
    Sul Mes: è vero che rientra nella visione eurodemenziale del PD, ma c’è anche qui un non detto e non scritto: il partito di Montalbano, ma sotto sotto anche il partito della Lega fallita, vogliono il MEs perchè devono appianare i debiti della loro malagestione della sanità. Costoro sono stati in grado di sprecare tanti soldi pubblici peggiorando il servizio, non so se mi spiego, visto che i direttori sanitari, fortemente responsabili dello sfascio sono di nomina regionale.

      • Fabrizio Marchi
        29 ottobre 2020 at 11:22

        Sì, capisco e condivido quello che vuoi dire (la solita filippica sulle donne discriminate sempre e comunque…), tuttavia devo dire che ho molte perplessità sulle misure adottate dal governo in questa fase che ritengo molto contraddittorie e fra queste anche la DaD. La DaD (parlo per esperienza diretta) è già di per sè fortemente limitante per tante ragioni nelle quali ora non entro. Al limite, ma proprio al limite, si può fare quando già conosci una classe da tempo e hai costruito un rapporto con gli studenti (fermo restando che ti seguono quelli che già ti seguivano e ti perdi tutti gli altri), ma iniziare un anno scolastico con delle classi che non conosci con la didattica a distanza è semplicemente impossibile.
        In generale, come ripeto, non condivido le misure adottate dal governo e dalle regioni. Peraltro ciascuna marcia per conto suo e indipendentemente dalle indicazioni centrali e già questo comporta una gran confusione. C’è stato un grande pressapochismo e soprattutto ci si è addormentati, prima dell’estate, non capisco perché. Era ampiamente prevedibile una ripresa del virus, a me non ha sorpreso affatto, perché davo per scontato che dopo il lockdown totale e aver dato il via libera a tutti, in autunno ci sarebbe stata una ripresa. E trovo stupefacente che non ci si sia preparati a questo. Ora, come al solito, si ricorre alle solite misure, cioè la chiusura delle attività, degli esercizi commerciali, delle palestre, delle scuole, dei ristoranti, dei bar ecc. mettendo in ginocchio un sacco di gente fra commercianti e lavoratori. Si doveva fare ben altro e non parlo dei trasporti perché è evidente che in pochi mesi non si può certo triplicare il fabbisogno di mezzi pubblici e di linee metropolitane, però ci si doveva preparare e organizzare preventivamente e invece non è stato fatto nulla. Si doveva organizzare un servizio sanitario a domicilio per evitare l’intasamento degli ospedali, aumentare i reparti per il covid e di terapia intensiva, evitare ogni assembramento e imporre il distanziamento (anche con sanzioni dure) ma consentire agli esercizi pubblici di restare aperti, certo, perdendo una gran parte degli introiti però meglio questo che chiudere del tutto. Il coprifuoco poi è del tutto inutile se si lasciano che milioni di persone ogni mattina si ammassino sui bus o sulle metropolitane, non so francamente quale incidenza sui contagi possa avere il proibire alla gente di circolare per la strada la notte e di fatto la sera dopo le 22 (perché se chiude tutto e a mezzanotte devi comunque rientrare a casa è ovvio che di fatto stai proibendo alla gente di uscire la sera). Non conosco la situazione nelle scuole ora però, a quanto ne so, mi pare che si siano organizzate per la prevenzione, l’igienizzazione e il distanziamento e pare (a quanto dicono le fonti ufficiali) che non siano un ricettacolo di focolai. In tutto ciò hanno lasciato che si svolgessero i concorsi pubblici, una contraddizione macroscopica. Fra poco ci sarà il concorso ordinario per la scuola con circa 430.000 candidati e senza possibilità di prove suppletive (pensiamo a chi è in quarantena e non potrà partecipare o a chi inevitabilmente si contagerà durante queste prove, magari pochi ma avverrà per forza di cose).
        In tutto ciò si danno 6,3 miliardi di euro alla FCA che peraltro ha la sede legale in Olanda, noto paradiso fiscale; la cosa ha suscitato polemiche financo nel PD, figuriamoci un po’…E se con quei 6,3 miliardi si fossero realizzati altri reparti di terapia intensiva non sarebbe stato meglio, data la situazione? Ma sappiamo che in questo paese la FIAT (ora FCA) ha sempre fatto il bello e il cattivo tempo, dettando legge, prendendo sistematicamente soldi dallo stato e nel contempo delocalizzando gli stabilimenti e portando la sede fiscale all’estero dove non paga le tasse.
        Mi pare che si vada avanti all’arma bianca, senza una vera strategia e, ripeto, con delle contraddizioni enormi. E la cosa drammatica è che si andrà avanti ancora per molto tempo in queste condizioni, con il rischio molto concreto di stremare tanta gente, la maggioranza, perché poi, come sappiamo, a pagare le conseguenze sono sempre i più deboli. Anche l’approccio alla pandemia mi pare francamente sbagliato. Si tratta di una patologia sicuramente grave ma non di un flagello, per fortuna. Si tratta di preservare le persone più fragili ed esposte (anziani e malati) ma con politiche e misure di prevenzione più mirate rispetto ai lockdown più o meno totali che coinvolgono tutti. Mi pare che questo intervento di Marco Rizzo sia condivisibile nella sostanza: https://youtu.be/mKLpxVzeF3Q

  2. Alessandro
    29 ottobre 2020 at 19:09

    Io condivido quasi tutto quello che hai scritto. Il problema è che in tre mesi non puoi riparare ai danni o alla malagestione di almeno tre decenni, soprattutto se coloro che sono parte del problema dovrebbero trovare anche la soluzione. E sono perfettamente d’accordo anche sui limiti dell’ultimo decreto, che scade nel ridicolo quando parla di coprifuoco notturno dalle 23 alle 5 nei giorni feriali, visto che avrebbe un senso nel fine settimana e stop. Sono provvedimenti spot che servono a dimostrare all’opinione pubblica che si sta facendo qualcosa. Grave poi è fermare interi settori del terziario in maniera generalizzata dovendo poi rimborsare cifre esorbitanti, attingendo ai soldi di tutti, senza che sia realmente dimostrabile, al contrario di quanto avviene per la scuola dove carta canta, che siano realmente luoghi di trasmissione massiccia del virus.
    Sulla scuola si combatte una battaglia meramente ideologica e questo confonde le idee, come sempre. Chiudono classi e scuole a ritmi impressionanti ovunque. Ma questo ci sta. Non ci sta invece, come sta accadendo sempre più spesso, che anche la presenza di un positivo non comporti la quarantena per tutta la classe, sia perché le pressioni del Ministero sono quelle di passare quanto più possibile sotto silenzio i casi, sia perché c’è una tale confusione che non si capisce chi deve fare cosa.
    Siamo anche d’accordo che la DAD è limitante, è un mero ripiego, ha tante criticità, ma in una situazione come questa torna utile (d’accordo anche sul fatto che si dovesse aprire in presenza, anche perché allora la situaizone lo consentiva, e che partire subito con la DAD per le nuove classi sarebbe risultato quasi impraticabile, ma a distanza di circa un mese dall’apertura viviamo una fase meno delicata).
    Sospendere le atttività didattiche in presenza almeno per tre settimane-un mesetto, per quanto doloroso, è l’unica carta da giocare prima del lockdown generale. E anche qui bisognava pensarci prima nel dotare le famiglie economicamente più disagiate del necessario per praticarla, ma si è ancora in tempo, perché comunque, a parte i bambini della primaria, sono quasi tutti super tecnologizzati. Dispiace, ma se c’è la volontà di tutti ( e in questo caso i genitori sarebbero chiamati a fare la loro parte) si può lavorare proficuamente anche così, come d’altronde si lavora spesso infruttuosamente in presenza, che comunque rimane l’unica opzione in una condizione di normalità, non vorrei essere frainteso.
    Sorvolo sulle difficoltà di svolgere una professione come questa anche in presenza a causa delle inevitabili limitazioni, perchè puoi facilmente immaginarlo, dal momento che, se ho ben capito, non sei al momento impegnato sul campo.

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