Chi scrive è un maschio (Questione “Weinstein”)

Questo articolo ci viene segnalato da un nostro lettore e volentieri lo pubblichiamo:

 

Chi scrive è un maschio, bianco, occidentale, anzi peggio, europeo, non indigeno, non appartenente a fedi religiose orientali, di mezza età, single, con un’educazione occidentale, anzi classica, – che altro devo dire per anticipare con i distinguo le classificazioni bio-politiche senza le quali non ho diritto a parlare di questa faccenda? – ho varie tessere, arci, feltrinelli, amici della musica, palestra e piscina, sono abbonato ad alcuni quotidiani cartacei e online oltre che alla metro milanese.

 

Ecco la tiritera delle appartenenze che mi rendono inadeguato a parlare di cose che hanno a che fare con l’affettività e con il sesso. Ancora una volta Simone De Beauvoir, che sostiene che non esistono uomini capaci di parlare di se stessi come appartenenti a un sesso. Ho scritto sulla questione una risposta proprio alla De Beauvoir in forma di libro, Modi Bruschi, antropologia del maschio (Eleuthera) e un altro qualche anno dopo Il punto G dell’uomo, desiderio al maschile (Nottetempo).

 

Eppure nella contingenza post-weinstein, com’è stata battezzata, ho molto ritegno a parlare. Ho dietro le spalle una vita affettiva e sessuale di quattro decadi e quindi sono a rischio perché dal passato può emergere qualunque presenza che ho sicuramente in un modo o nell’altro fatto soffrire. Ho lasciato male, sono stato lasciato male, ho corteggiato e sono stato corteggiato, ho sedotto e sono stato sedotto, ho desiderato e sono stato desiderato con successo e infelicità da entrambe le parti, ripeto ho vissuto e vivo sapendo che sentimenti e sessualità non sono un campo semplice e lineare, ma pieno di malintesi, fraintendimenti, singulti e ripicche. E non è un caso che una delle scrittrici femministe più interessanti di questi anni, Eva Illouz, abbia scritto un libro che si chiama Perché l’amore fa male (Il Mulino). Eh sì, l’amore, il sesso, soprattutto il desiderio fanno male. Solo una stupida letteratura online e i film di Hollywood possono permettersi di raccontare il contrario. E questi dolori non datano da ieri, ma da sempre, pare, se un’altra scrittrice come Martha Nussbaum ha scritto vari volumi sulla terapia dal desiderio nel mondo classico.

 

E poi lo sappiamo tutti, no?, quanto sia difficile essere corrisposti nei propri amori e desideri e quanto nell’incontro tra esseri desideranti, che siano uomini e donne, uomini e uomini o donne e donne, ci sia una sperequazione che produce frizioni, lacerazioni e dolori, insieme a qualche felicità però. Solo una concezione all’americana dei rapporti tra sessi, una concezione alla “Tinder” e alla “Ok Cupid”, può credere che si tratti di un innocuo “compagnonnage”, di un “agreement” tra amici. L’idea della coppia come una compagnia amicale è tutta della spaventosa trasformazione dell’amore in coppia produttiva negli anni ‘50 del Novecento, quella che viene creata per consumare elettrodomestici, alloggi e ascensori. Il desiderio c’entra poco con la democratica trattativa sul desiderio.

 

Lo dice anche Eva Illouz, che dopo avere parlato dell’importanza del sesso consensuale si chiede se questo “dire” e “pre-dire” cautelativamente tutto ciò che si vorrebbe fare e che l’altro vorrebbe aver fatto, si domanda se tutto ciò non spenga il desiderio. Proprio perché chi trasforma il desiderio in “detto” si rende subito conto che buona parte di esso non può essere espresso. Lo diceva anche Freud, un ributtante maschio europeo: “Il desiderio è un eccesso”, qualcosa di molto poco realistico che va molto al di là della possibile soddisfazione e dell’oggetto stesso del desiderio.

 

Ph Ren Hang.
La questione “Weinstein” ha scatenato giustamente uno sdegno collettivo, incanalato nelle casse di risonanza apparentemente neutre di Facebook, dei Social e nelle casse più segrete degli avvocati.  Lui o quelli come lui che vogliono sesso in cambio o nella promessa di favori. O che si servono del proprio potere per ottenerli. È stato l’inizio delle denunce di massa da parte delle donne, anche se subito dopo sono emerse quelle da parte di uomini nei confronti di altri uomini e di uomini nei confronti di donne (ad es.Mariah Carey che chiede sesso al suo bodyguard). Le denunce fanno sospettare che non basti il maschilismo e il patriarcato, ma che ci sia una questione più generale di potere, forse anche nei sacrosanti LGBT ci sono questioni simili.

Sacrosanta crociata per donne e uomini (lo dico sapendo che non ho il diritto di dirlo, ma dovrei dirlo per dovere). Perché le donne che vengono umiliate sono oggetto di violenza e gli uomini vengono trascinati da questo malcostume nella veste di complici.

 

Il problema con Weinstein, con Berlusconi, con Trump e chiunque altro somigli loro, è che se la sessualità viene misurata con il loro livello criminale, se essa viene cioè confrontata con questi comportamenti, è l’insieme della sessualità che viene messo in gioco. Una certa linea femminista radicale lo dice chiaramente: “Dietro ogni donna c’è un possibile stupratore”, o meglio “Ogni donna è oppressa da un uomo che potrebbe trasformarsi in stupratore”. E recentemente un articolo su “The Guardian” di Laura Penny, ripreso da “Internazionale”, metteva in guardia proprio le donne rispetto al proprio consenso, invitandole a dubitare della loro sessualità, del loro stesso desiderio. Una certa linea simile a questa vuole che sulla sessualità in generale si stenda un velo di dubbio. Essa è “sbagliata” sia quella maschile che quella femminile. Con modi che somigliano alle battaglie degli Ugonotti o alle prediche puritane del 1600. La Chiesa, le chiese, hanno sempre invitato i propri fedeli ad avere in sospetto le proprie istintive emozioni e soprattutto il campo del desiderio. Se il desiderio maschile è qui alla sbarra, vergognoso, impudico, porco, incapace di contenersi, quello femminile è altrettanto in crisi perché si fida o si abbandona troppo. Ce n’è per rovinare la sessualità alle prossime due generazioni. Tutta la sessualità è abbassata al livello di Weinstein. Di questo pericolo si rendono conto moltissime donne che stanno intervenendo in queste settimane nel dibattito, che è molto più articolato di quello che i media presentano. Anche se le donne che non “ci stanno” alla radicalità femminista di ultimo grido vengono additate come traditrici, e quindi non veramente donne.

 

Nella civilissima Francia qualcuno vuole introdurre il “reato di sguardo per strada”. Un certo “eye contact” sarebbe automaticamente considerato al pari di una molestia. Qualcosa che arriva direttamente dagli Stati Uniti e dal puritanesimo sempre riemergente, anche se travestito da femminismo o da correttezza politica. Ce lo ha raccontato vent’anni fa Human Stain (La macchia umana), il romanzo di Philip Roth (un maschio, ahinoi e quindi non qualificato a parlare) che racconta la storia di un professore universitario che viene espulso dall’accademia per avere usato un aggettivo per nominare studenti che non si erano mai presentati, aggettivo che significa fantasma, ma anche “nero”. E ha la sfortuna che gli assenti sono degli studenti neri. Ritiratosi viene perseguitato perché ha una storia d’amore con una ragazza nera più giovane di lui e che viene da un modesto ambiente – è chiaramente un uso che lui fa di lei agli occhi di tutti.

È Le efferatezze nei confronti della vita di molte persone si contano a migliaia e oggi continuano a perpetuarsi con la scusa che “la rivoluzione è in corso” e ovviamente ci sono vittime innocenti, ma la causa deve prevalere, un ragionamento tipicamente stalinista o se volete cattolico-missionario.

 

Una delle cose che però comincia a emergere dal dibattito negli Stati Uniti e da noi è che c’è qualcosa di losco nell’uso che di questa crociata viene fatto: che sia Facebook, la fogna che ha portato Trump al potere, a essere il canale della crociata, che siano le Iene (mai nome fu più autogol) e che sia il mondo dei lawyers, il mondo del business giuridico, a essere quello che per primo si giova della crociata. La rivoluzione sembra essere affidata alle vie legali e in questo, come ogni campagna, somiglia al maccartismo o a qualunque tipo di santa inquisizione. In fin dei conti i processi agli eretici erano pur sempre processi, e alla loro base stava l’abitudine alla delazione, la lotta per il potere travestita da religione, denunciare chi è più potente, più attraente, chi ha fatto successo o soldi, chi è emerso dalla massa sconosciuta. Non è un caso che l’accanimento delle denunce di molestie è sempre fatto nei confronti di chi ce l’ha fatta, ha avuto successo – salvo poter infierire proprio quando ha un rovescio economico e da lui non si può ottenere più nulla.

 

Nel meccanismo della delazione si nasconde qualcosa di ancora più sottile. La violenza di chi vuole sesso in cambio di posti di lavoro, di parti in film o nell’arte, corrisponde al ricatto di chi minaccia di denunciare di molestie chi questi favori non li concede. E nei mondi del potere accademico una buona denuncia per molestie leva di mezzo un concorrente scomodo: una famosa antropologa indiana che insegna in un’università scandinava ha usato questo metodo per fare ostracizzare qualcuno che non voleva nel proprio dipartimento.

 

Giustamente una parte del dibattito femminile ha cominciato a fare i distinguo. Un conto è un’accusa di stupro (che è un’accusa, non una condanna provata da un processo, anche se l’accusa da sola è infamante, come lo era essere accusato di comunismo negli anni ’50), un conto è un’accusa di molestie, la cui definizione è molto vaga, ampia e varia da cultura a cultura. Ripeto, per fortuna c’è un grande distinguo che si sta profilando. Però è l’effetto generale che ha ben poco a che fare con i singoli casi. Ed è la criminalizzazione del sesso, non solo di quello maschile, ma anche quello femminile, ma anche gay o transgender.

 

La criminalizzazione del sesso è qualcosa che, anticipato da Foucault, oggi si profila all’orizzonte. La sua dissezione da parte dei media e degli avvocati, la voglia ossessiva con cui me-too ha scatenato una specie di voyerismo al contrario, come se in faccende simili non fosse importantissimo in mano a chi tu metti il racconto della tua intimità. Viene il sospetto che questa non sia già più una battaglia femminista o femminile, ma una resa dei conti di altro tipo, una rivoluzione per la presa del potere biopolitico. Il sesso è diventato tutto intriso di violenza reale o potenziale e quindi tutto strumento per il potere. Il sesso è diventato l’arma del ricatto e non solo il sesso, ma anche il campo delle molestie e il campo del desiderio – che può essere denunciato come molestia; il solo fatto di essere oggetto del desiderio di qualcuno diventa una molestia.

 

È questa “volontà di sapere” che sembra si sia scatenata come un’isteria collettiva, questa volontà di dissezionare la vita sessuale propria e di tutti. Nel fatto stesso di avere una vita sessuale c’è qualcosa di sospetto, perché il desiderio non è mai innocente, soprattutto se è maschile, ma è complice se è femminile, perché si fa irretire da qualcosa che non gli appartiene. Ne viene fuori un’immagine di santità femminile, di esclusione delle donne dalla sfera dell’interazione con gli uomini. Come se il mondo fosse tutto fatto e deciso dagli uomini e le donne fossero solo “oggetto”, una delle più grandi mistificazioni del desiderio, come se il desiderio femminile per un uomo non avesse gli stessi caratteri oggettivanti. Qui è messa in discussione tutta la costellazione delle attrazioni e le donne trasformate in vergini anziane che ragionano come nonne senza più desideri. A meno che i desideri non siano solo tra donne e come se questo tipo di desiderio non fosse altrettanto oggettivante. C’è una mescolanza di puritanesimo, cattolicesimo pietistico e impero avvocatizio, tutto il contrario di una rivoluzione progressista.

 

Ph Ren Hang.
Lo fa notare in un articolo Slavoj Žižek, un altro maschio che non avrebbe diritto a parlare (i maschi possono parlare solo se si allineano alla crociata). C’è nella costruzione del vittimismo – di una metà del mondo, quella rappresentata dalle donne, la dimissione totale di soggettività, di essere agenti della storia, il trasformare le donne in oggetto passivo della storia, il non capire che le società si fanno con una negoziazione continua tra uomini e donne. Il vittimismo è la tentazione di trasformarsi in “minoranza” quando si è invece maggioranza.

 

“La caratteristica fondamentale della soggettività di oggi è proprio la bizzarra combinazione del soggetto libero che si ritiene responsabile ultimo del suo destino e del soggetto che fonda l’autorità del suo discorso sul proprio status di vittima di circostanze fuori del suo controllo. Ogni contatto con ogni essere umano viene vissuto come una potenziale minaccia: se l’altro fuma, se l’altro mi lancia uno sguardo carico di desiderio mi sta già facendo male” (Žižek).

 

Nell’idea dell’universale dominazione maschile c’è una forma di essenzialismo che proprio il mondo dei women’s studies americano aveva rifiutato (Susan Carol Rogers: se pensiamo che la dominazione maschile sia un universale finiamo in una specie di legge naturale) ci sono società in cui la dominazione maschile non c’è – molte società polinesiane ad es. – e ce ne sono altre in cui c’è una fluttuazione tra i poteri dei domini maschili e di quelli femminili. Il matriarcato ad esempio è una forma di potere femminile potentissimo delle generazioni anziane di donne nei confronti di quelle più giovani e delle donne più giovani in particolare: l’escissione in molti paesi islamici e africani è praticata dalle mamme sulle figlie.

 

Žižek lo dice con chiarezza: è il campo del potere che qui è in gioco e nulla come la sessualità ha a che fare con esso, dall’appuntamento a cui la desiderata non si presenta dando buca (era un esempio di Foucault), al bonding al sado-masochismo.

 

“Alcune femministe hanno osservato parecchio tempo fa che se cerchiamo di immaginare un corteggiamento in tutto e per tutto politicamente corretto arriviamo curiosamente vicini a un normale contratto commerciale” (Žižek).

 

Quello che in questa crociata viene spazzato via dalla vita delle persone – quelle che non fanno parte del campo del potere mediatico – è proprio l’ambito magnificamente fluttuante del desiderio, del corteggiamento, della seduzione. Infatti questi campi non hanno proprio spazio di fronte alle urla e alle annotazioni dell’avvocato o del cronista.

 

Viene il dubbio che quello che sta avvenendo sia il trionfo di un politically correct proprio come ideologia di un nuovo regime, di un’ideologia delle nuove classi dominanti. Già i Social sono diventati questo: uno se ne rende conto sempre di più nell’impossibile coda da impeachment di Trump. I Social sono la trasformazione della chat in pensiero dominante. Lo racconta magistralmente Jonathan Friedman in un testo che sarà nelle nostre librerie tra qualche giorno

Politicamente Corretto, il conformismo morale come regime (Meltemi ed.).

Qui quello che è in ballo è una trasformazione dei rapporti umani in cui entra ben poco la voglia sacrosanta di giustizia delle violentate. È strumentalizzandola che si fa avanti un nuovo regime morale.

 

Osservo con molta preoccupazione la deriva sempre meno critica di persone rispettabilissime come Rebecca Solnit – qualche giorno fa su “The Guardian”, una giornalista recensiva il suo Gli uomini mi spiegano le cose (Ponte alle Grazie) come un libro interessante, ma molto superficiale proprio perché spinto dall’urgenza della “lotta”. La Solnit da qualche tempo è diventata una bandiera per il nuovo femminismo radicale. Ha lanciato una campagna contro la letteratura che secondo lei incita alla violenza di genere e ha proposto di proscrivere Lolita di Nabokov. E il suo Gli uomini mi spiegano le cose, parte dall’assunto che tutti gli uomini si comportano con le donne come chi debba spiegar loro le cose. Certamente ha ragione per la sua esperienza, ma nel suo ragionamento c’è una forma di essenzialismo, cioè di idea che le identità siano fisse, la stessa per cui i tedeschi sono tutti potenzialmente nazisti, cioè una forma di razzismo, se questo significa attribuire a una parte dell’umanità un’attitudine fissa e costante.

 

Quello che sul fondo si muove è il pericolo di essere sprofondati in una sabbia mobile che ci risucchierà tutti, che mescolerà colpevoli e vittime e che cancellerà la magnifica costellazione del desiderio di cui è fatta l’umanità. Pensavo qualche giorno fa a un collega che insegna, e che è un uomo molto bello, giovane e simpatico. Le sue studentesse nel proporgli delle tesine di ricerca gli portano (è una istituzione dedita all’arte e alla comunicazione) dei portfolio con delle foto di sé piuttosto spinte e soprattutto gli chiedono degli appuntamenti per approfondire gli spunti di ricerca. Il mio collega è per fortuna felicemente fidanzato, sicuro di sé e prende queste avances con molta ironia. Cosa dovrebbe fare? La sua ironia dimostra che il campo dell’attrazione tra uomini e donne è un campo scivoloso, ma che se lo si trasforma in un’aula di tribunale la vita prende tutto un altro colore, diventa un radicalismo islamico della sessualità.

 

Abbiamo bisogno di essere liberati da uno sguardo che criminalizza ed espropria la sessualità come ambito prezioso e fluttuante (chi decide cosa è una perversione? A leggere alcune di queste accuse di perversione viene da pensare che la battaglia di quel maschio bruto che era Freud per liberare le perversioni e farle comprendere come parte di un’ampia sessualità sia stata tempo perso). Stiamo regredendo di un secolo e più e qualcuno parla di rivoluzione.

 

I moralismi, il puritanesimo, le inquisizioni non hanno mai fatto progredire l’umanità. Hanno solo sostituito al desiderio la paura. È questo che vogliono le donne oggi, essere temute al punto da non essere più desiderate o essere desiderate in quanto temute, un tipico escamotage di chi ha il potere (cioè i maschi)? È questo che vogliono gli uomini di oggi che non hanno smesso di pensare che il proprio compimento fisico sta nell’incontro con la fisicità e la profondità del mondo femminile?

 

Ecco, ho detto cose chiaramente fuori dal corretto, mi sono esposto a tutti i possibili attacchi, alla furia di questi giorni. Lo faccio perché c’è bisogno di rimpolpare il dibattito, di arricchirlo di voci e di contradditori. Mi sono permesso di farlo da maschio, occidentale, single se volete la mia definizione biopolitica. Se questa vi sta stretta allora diciamo che mi sono permesso di farlo in quanto testimone di un’epoca, come soggetto desiderante e come studioso della magnifica fenomenologia sessuale umana.

Fonte: http://www.doppiozero.com/materiali/chi-scrive-e-un-maschio

12 commenti per “Chi scrive è un maschio (Questione “Weinstein”)

  1. ARMANDO
    11 dicembre 2017 at 14:24

    bell’articolo, e bello il libro Modi Bruschi che lessi quasi vent’anni orsono.
    Il politicamente corretto femminista sta uccidendo tutti, i maschi in primo luogo ma poi anche le Donne e le Femmine con la maiuscola, non quelle impoverite e incanaglite, nonchè profondamente insoddisfatte, che sfogano la loro frustrazione proiettandola sul maschio oppressore per definizone, sul sesso e le sue infinite sfumature che va eliminato, sostituito da una contrattazione pseudogiuridica in cui però i due contraenti non sono affatto alla pari.

  2. gino
    11 dicembre 2017 at 15:37

    piccolo dettaglio: non concordo con l’idea in apertura che in amore i dolori soverchino i piaceri… è così solo se si è abituati da una cultura a considerare dolori cose assolutamente normali (la cultura può distorcere o inventare di sana pianta perfino i sentimenti) ed è così solo in culture in cui la disponibilità di “oggetti” è artificialmente scarsa.
    per il resto concordo su TUTTO. direi che con questa fase si chiude definitivamente un periodo di progressiva liberalizzazione, intesa come riavvicinamento alla natura pulsionale, durato un paio di secoli e culminato col 68 e si ritorna alla sessuofobia cristiana, ma con una virulenza mai vista. e del resto già non fate più figli… tanto vale farla finità pure con la sessualità e buonanotte. altri popoli e altre culture più sane porteranno avanti la specie.

    • Aliquis
      12 dicembre 2017 at 10:18

      Gino,ma quali sarebbero gli altri popoli e le altre culture più sane?
      Purtroppo io sul pianeta oggi non le vedo……..
      Sarò troppo pessimista, ma mi sembra che le metastasi abbiano ormai invaso tutto lo spazio planetario e, a sentire oggi Trump, anche oltre il pianeta………..
      Solo dove l’uomo non è ancora giunto rimane una speranza (al di là del Sistema Solare, e auguriamoci che nessuno trovi il modo di raggiungere le stelle….)

      • gino
        12 dicembre 2017 at 13:03

        anche io non ne vedo (almeno fra le culture più numerose in termini di individui appartenenti)… diciamo che la mia era una constatazione di fatto “darwiniana”, nel senso che chi fa tanti figli si espande e vince.

  3. io
    11 dicembre 2017 at 17:18

    l’ho letto con attenzione vivida. Una bella riflessione un articolo lungo anche difficile da leggere, ma che osserva a 360 gradi questo fenomeno mondiale e depravante che sono queste isterie postmoderne.

  4. Rino DV
    11 dicembre 2017 at 20:36

    Per gli UU del movimento maschile italiano La Cecla è una vecchia conoscenza.
    Rispetto ai tempi andati si notano un approfondimento e una estensione della critica. Ma oggi come decenni fa, all’analisi manca la parte compromettente.
    Quella impegnativa, che rischia – se svelata – di bruciati e ridurti al silenzio.
    .
    Da dove trae origine questa deriva?
    Quali ne sono le cause?
    Quali gli obiettivi inconsci?
    A chi giova?
    Perché quasi nessuno la contrasta?
    Come si spiega che proceda senza ostacoli da decenni?
    .
    Una malattia ammorba l’Occidente. Ma non si sa da dove venga.
    Non si ipotizza un virus, un batterio, un qualche agente.
    Un terminale sociale che ne sia promotore. Né nella dimensione orizzontale (classe)
    né in quella diagonale (magari…un sesso). Né una dinamica economica (società del Quaternario). Non si adombra niente.
    .
    Non resta che prendercela con le stelle.
    Sul solco di Don Ferrante.

    • gino
      12 dicembre 2017 at 13:30

      a me pare che gli obiettivi inconsci convergano tutti verso una volontà di autoestinzione dell’occidente.
      da dove trae origine? la sinistra ha molte responsabilità recenti, ma le basi già erano state poste dalla cultura giudaico-cristiana. basi momentaneamente aggirate dal fatto che le donne erano costrette per sopravvivere a venderla e quindi procreare. ma oggi con l'”uguaglianza” i nodi sono venuti al pettine. con l’indipendenza economica possono “finalmente” liberare l’odio per il maschio e per il sesso che covava da molti secoli.

      “scarsa fecondità, frequente celibato e freddezza sessuale degli spiriti più alti e coltivati: il pericolo di una discendenza nervosa è molto grande” (nietzsche)

      “beato il ventre che non ha generato e il seno che non ha allattato” (vang. tommaso 86)

      “ogni donna che diventerà maschio entrerà nel regno dei cieli” (vang. tommaso 121)

      • Fabrizio Marchi
        12 dicembre 2017 at 18:26

        Gino mi ha comunicato con un post che non ho pubblicato che non vuole più parlare con il sottoscritto però io sono ovviamente libero di commentare le sue parole dal momento che mi rivolgo a tutti e i suoi commenti (ancorchè zeppi di contraddizioni) offrono inevitabili spunti di riflessione. Se vuole è liberissimo di rispondermi, ovviamente, però a quel punto verrebbe meno alla sua decisione, a meno che non decida di rispondermi non rivolgendosi a me ma a tutti. A quel punto però dimostreremmo (uso il plurale maiestatis per carità di patria…) un livello di maturità pari a quello dei bambini dello Zecchino d’Oro…
        Fatta questa premessa, dice Gino:”Ma oggi con l’”uguaglianza” i nodi sono venuti al pettine. Con l’indipendenza economica possono (le donne) “finalmente” liberare l’odio per il maschio e per il sesso che covava da molti secoli”.
        Quindi questo odio non può che essere motivato dal fatto che sono state oppresse (dal momento che il riferimento è ai secoli scorsi, non a 20.000 anni fa) dalle religioni monoteiste create dai maschi e dalle società civili dominate da quelle religioni monoteista a trazione maschile e patriarcale che le hanno oppresse (vado semplicemente a logica, sia chiaro, non a fantasia).
        Il che è la riproposizione “para, para” della narrazione femminista. La quale contiene anche delle verità, sia chiaro, altrimenti non sarebbe credibile, se non fosse che omette di dire che in quelle stesse società era sempre la stragrande maggioranza degli uomini (cioè degli oppressori tout court) a crepare sul lavoro e in guerra, a sobbarcarsi ogni genere di sacrificio, di incombenza, anche brutale e a sottoporsi al peggiore sfruttamento. Ma questo già lo sappiamo.
        A meno di non pensare che quell’odio non sia il risultato di quell’oppressione dovuta alle religioni, al patriarcato e alle società civili con tutti il loro carico di condizionamenti sociali e culturali (che peraltro colpivano tutti, non certo solo le donne…) ma sia di altra natura.
        E qual è o quale sarebbe quest’altra natura? Le donne odierebbero gli uomini per ragioni non di derivazione socio-culturale ma per ragioni naturali? Allora ciò significherebbe che è esistito uno stato di natura in cui le donne odiavano gli uomini. Il che cozza completamente con il discorso che in quello stato di natura le donne facevano sesso liberamente e serenamente come e più degli uomini (il che non sarebbe potuto essere in una situazione di odio antimaschile).
        Come se ne esce? Non lo so.
        Nel primo caso siamo di fronte alla riproposizione della narrazione femminista, condita con una dose di pensiero nietzschiano. Durante l’era del dominio giudaico-cristiano (che in fondo è anche quella attuale) le donne erano costrette a venderla, in mille modi diversi, non solo con la prostituzione spicciola ma anche e soprattutto con il matrimonio ecc. Ragazzi, questo è femminismo. Nulla di male, sia chiaro, ciascuno ha diritto alle sue idee, però è bene non camuffarle.
        Nel secondo caso siamo di fronte ad una contraddizione in termini. Perché se quell’odio non ha origini culturali e sociali è evidente che stiamo parlando di un odio di natura “ontologica” che le femmine nutrirebbero nei confronti dei maschi. Freud parlava di invidia del pene (che personalmente non ho mai condiviso), ma anche questa aveva derivazioni culturali e non, o comunque non solamente di natura ontologica.
        Quindi? Qual ‘è l’arcano? Come la mettiamo? Forse entrambi i fattori (naturali e culturali) convivono? Forse è impossibile (cosa che credo) andare alla ricerca di origini perdute nel tempo di un mondo che fu per cercare di capire (o per stabilire) che in quelle lontane ere non esisteva nessun tipo di conflittualità fra i sessi, oppure invece esisteva?
        E’ o sarà mai possibile sciogliere questi nodi? E soprattutto, come sarà l’evoluzione di questa relazione (fra i sessi) nel futuro prossimo e remoto? Qualcuno è in grado di prevederlo? E come ci poniamo nel qui ed ora? (a parte le micro soluzioni individuali per cercare di arrabattarsi al meglio?)
        Io credo che la relazione fra i sessi sia una relazione dialettica, fatta di due polarità opposte in relazione dialettica. Per lo meno finchè c’erano le condizioni per questa relazione. Potremmo arrivare al punto che queste condizioni potrebbero non esserci più laddove si potranno concepire dei figli con gli uteri artificiali. Resterà però il desiderio sessuale maschile che lascerà i maschi in una condizione di dipendenza dalle femmine (naturalmente Gino non la pensa così perché ritiene che non ci siano sostanziali differenze dal punto di vista sessuale fra maschi e femmine).
        A quel punto però non sarà più una relazione dialettica (cioè due polarità in relazione, sia pur conflittuale, fra loro) ma un’altra cosa che non so neanche come definire. Diciamo che la condizione dei maschi sarà più o meno simile a quella di “vibratori “viventi, in carne ed ossa, alla bisogna, che non si acquistano nei sexy shop ma poco mci manca. Sto estremizzando, naturalmente, ma ci capiamo…
        P.S. Gino, non sei assolutamente obbligato a rispondermi, sia chiaro. Però capisci bene che sul giornale da me fondato e diretto debbo essere libero di scrivere quando voglio e su cosa voglio, indipendentemente da tutto il resto. Peraltro, come ripeto sempre, parlo a suocera ma per lo più per dire a nuora. I tuoi commenti, che dal mio punto di vista sono un coacervo di contraddizioni, sono comunque stimolanti e mi(ci danno l’opportunità di approfondire alcuni temi…

      • ARMANDO
        16 dicembre 2017 at 22:28

        La Cecla dice una cosa che si è sempre saputa, ossia che il rapporto fra i sessi , e l’amore sono contraddittori, da una parte piacevoli e soddisfacenti, dall’altro problematici. Normale, siamo umani e non robot. Se poi si pensa che le origini dell’umanità fossero una specie di paradiso terrestre dove tutto filava liscio , dovd fra maschi di femmine non ci fossero problemi, dove la sessualità era libera e beata, dove i figli crescevano tranquilli nei clan matrilineari ( o matriarcali se si preferisce, ma comunque senza conoscere il padre), si accomdi. Ma non esiste nessuna prova fosse così. Sulle radici giudaico cristiane della sessuofobia: forse che nella Grecia classica non esistevano le prostitute sacre? Evidente che non ce ne sarebbe stato bisogno se la sessualità familiare non fosse stata normata per il semplice fatto che c’era l’esigenza di dare una forma al succedersi delle generazioni. Quanto alle citazioni se ne possono trovare di ogni tipo e contraddittorie. Per esempio “crescete e moltiplicatevi”, che in assenza di procreazione assistita significava “fate l’amore”. O no?

  5. ndr60
    13 dicembre 2017 at 12:46

    Se si dà retta agli studi di eco-tossicologia, entro qualche decennio il problema del conflitto maschio/femmina sarà risolto alla radice. L’industria immette ogni anno migliaia di composti chimici molti dei quali sono interferenti endocrini: il loro effetto è (tra gli altri) di “femminilizzare” il maschio, con accorciamento del pene e riduzione del numero di spermatozoi. Esperimenti condotti su pesci e rettili esposti a questi inquinanti hanno dimostrato una trasformazione completa da maschio a femmina, con soddisfazione (si presume) per tutte le femministe e/o le lesbiche anti-Trump.

  6. Alessandro
    9 gennaio 2018 at 23:36

    https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=2&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwjnhP_79svYAhXHuBQKHQ4FBksQqUMILTAB&url=http%3A%2F%2Fwww.repubblica.it%2Fspettacoli%2Fpeople%2F2018%2F01%2F09%2Fnews%2Fcatherine_deneuve_lasciamo_agli_uomini_la_liberta_di_importunarci_-186158566%2F&usg=AOvVaw1K1uNR6pJ5EbQEK2PI8kc3

    Fa piacere leggere che non tutte le persone si sono bevute il cervello e si lasciano travolgere dalla campagna d’odio in corso. La speranza è che sia solo l’inizio di una presa di coscienza più diffusa, anche se il controllo dei media da parte del “femminismo che assume il volto dell’odio verso gli uomini e la sessualità”, come definito dalle intelligenti firmatarie, non consente molto ottimismo a riguardo.

    • Fabrizio Marchi
      10 gennaio 2018 at 8:22

      Si, l’avevamo già vista e pubblicata ieri su Facebook. Naturalmente non si tratta certo di una seria critica al femminismo (che certo non può arrivare da donne come Catherine Deneuve…) però è comunque uno spiraglio di luce, come scrivevo ieri, in questa sorta di clima di neo inquisizione che è stato creato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dichiaro di essere al corrente che i commenti agli articoli della testata devono rispettare il principio di continenza verbale, ovvero l'assenza di espressioni offensive o lesive dell'altrui dignità, e di assumermi la piena responsabilità di ciò che scrivo.