Suona musicista! di Yuri Vologodsky, poeta del Donbass, Tirteo della Wagner

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

 

Presento qui la prima traduzione in italiano di “Suona musicista!”,una delle ultime poesie di Yuri Vologodsky, morto in ospedale la notte del 7 aprile scorso per l’esito delle gravissime ferite riportate nella guerra che Russia e NATO stanno combattendo in Ucraina. Il predetto poeta era infatti anche un soldato, che nella primavera del 2014 si arruolò come volontario nelle milizie popolari del Donbass per difendere la sua gente dal genocidio messo in atto dal governo criminale di Kiev.

Originario di Slavyansk, Vologodsky aveva sangue cosacco nelle vene e decise di prendere in mano il fucile, oltre che la penna, esattamente 9 anni fa, quando le popolazioni del Donbass iniziarono ad opporsi apertamente al Colpo di Stato di Euromaidan che si era consumato a Kiev, dal 13 novembre 2013 al 23 febbraio 2014, per opera di gruppi armati filonazisti, organizzati dai servizi segreti americani e finanziati da Poroshenko, l’oligarca scelto da Washington per sostituire il legittimo presidente Yanukovich, politico filorusso che fu, allora, destituito con la violenza di piazza dalla carica di Capo dell’Ucraina. Pochi giorni dopo l’immediata insurrezione della Crimea, che sfociò il 27 febbraio 2014 negli scontri di Simferopol, anche nel Donbass scoppiò una rivolta contro le forze “filoatlantiche” di Euromaidan. Un’istantanea operazione militare speciale della Russia, eseguita dai paracadutisti della 56^ brigata e dai marinai della Flotta del Mar Nero, permise alla Crimea di passare subito sotto la protezione del governo di Mosca. Quasi 3 settimane dopo, attraverso un referendum popolare, la Crimea scelse poi di staccarsi dall’Ucraina, esercitando il legittimo diritto all’autodeterminazione dei popoli che l’ONU prescrive al punto 1) della sua Carta ma, assurdamente, rifiuta ancora di riconoscere in via formale al popolo russo di Crimea.

Di fatto, la mancata approvazione dell’ONU è stata cosa del tutto irrilevante, perché la Crimea da quel giorno si è reintegrata alla sua vera madrepatria, la grande Nazione russa, di cui aveva fatto parte dal 1784 al 1991, anno in cui ne fu separata a seguito di quel decreto irrazionale e scellerato con cui Gorbaciov sciolse la struttura statale dell’URSS con un “semplice” atto amministrativo di natura autoritativa (lo definisco “irrazionale” poiché, per quanto fosse stata ridotta a un carrozzone super-burocratizzato da Krushev e da Breznev, l’URSS non era affatto sul punto di crollare né era agitata da alcuna protesta sociale; anzi, nel 1989-1991, sotto il profilo geopolitico era ancora la seconda potenza economica mondiale, oltre che una superpotenza militare).

Al contrario della Crimea, per motivi che qui non è il caso di analizzare (dico solo che non fu davvero per un errore di Putin), le due regioni russofone del Donbass in rivolta (Luhansk e Donetsk), che erano anche le due regioni più ricche dell’Ucraina, non si ricongiunsero alla Russia. Provarono invece la via dell’indipendenza statale. A Donetsk, la regione in cui viveva Vologodsky, il 6 aprile 2014 la gente occupò gli edifici del governatorato regionale e il giorno dopo fu autoproclamata la nascita della nuova Repubblica popolare di Donetsk, con un Atto di sovranità convalidato dal popolo, l’11 maggio 2014, attraverso un referendum dall’esito plebiscitario.

Si può dire che inizia qui il conflitto del Donbass. Inizia qui la sua resistenza popolare contro il regime repressivo dell’Ucraina di Poroshenko, che vietò ai russofoni del Donbass una libertà democratica fondamentale: quella di poter parlare ed esprimersi liberamente nella propria madrelingua, cioè in russo. Divieto della libertà di espressione linguistica, divieto di intrattenere relazioni economiche, commerciali e sociali con la confinante Russia che, grazie a Stalin, ha civilizzato i bisnonni e i nonni di queste genti cosacche del Donbass, discendenti dai  nomadi delle steppe, che erano ancora adusi al saccheggio predatorio e ai pogrom nella Russia zarista del 1905 e che, durante la Guerra Sociale del 1918-1921, costituirono la cavalleria controrivoluzionaria che combatté con le armate bianche contro i bolscevichi. Fu Stalin che li civilizzò educandoli, nell’URSS multietnica, al rispetto dei valori della pacifica convivenza civile; e poi li rese ricchi costruendo, nelle valli del fiume Don, le più grandi centrali idroelettriche d’Europa (energia pulita!) e grandi industrie d’estrazione mineraria. E’ per questo che oggi la gente del Donbass sente di appartenere alla civiltà russa e dal 2014 combatte per difendere, contro il nazismo banderista di Kiev, la propria identità etnico-culturale, che in realtà non è innata, bensì è un risultato storico prodotto dall’immenso lavoro politico che fece Stalin per edificare il Socialismo.

In questo contesto del 2014, come già detto, Yuri Vologdsky iniziò a combattere con le milizie popolari di autodifesa. Passò poi a militare nell’11° reggimento della Repubblica Popolare di Donetsk. Le milizie popolari sconfissero l’Ucraina di Poroshenko, ufficialmente battezzato presidente dagli USA il 7 giugno 2014. Ma, per Kiev, il Donbass era ormai perduto. Così, nel corso del 2016, i burattinai di Washington (gli stessi che oggi dirigono la guerra: Biden, Blinken, Victoria Nuland ecc.) cambiarono strategia, approfittando della tregua stabilita con gli accordi truffaldini di Minsk. Da un lato, iniziarono a militarizzare l’Ucraina, inviando istruttori NATO ad addestrare l’esercito, corpi speciali come il battaglione d’Azov, a costruire trincee ecc. in vista di una più dura offensiva contro il Donbass momentaneamente vittorioso. Dall’altro lato, screditarono Poroshenko e puntarono a costruire un nuovo leader nazionale, un personaggio proveniente dal basso e non dagli Oligarchi. Un umile comico dal dente avvelenato, che rappresentava per estrazione familiare la diaspora ebrea dell’Ucraina dei ghetti; che parlava il russo piuttosto che l’ucraino; che non aveva preso parte al golpe di Euromaidan; e che era divenuto un attore popolare (come Beppe Grillo, ma ben più malefico del genovese) grazie a una serie televisiva finanziata nello stesso 2016 dalla famiglia Biden (Sleepy Joe era, allora, il vice di Obama). Mi riferisco, chiaramente, a Zelensky, che poi fu eletto presidente nel 2019 carpendo, con false promesse e sotto mentite spoglie, addirittura il voto elettorale delle genti del Donbass.

A spiegare chi è e cosa rappresenta, realmente, Zelensky, dedicherò prossimamente uno specifico articolo che – sono sicuro – il Dott. Fabrizio Marchi, direttore di questo colto giornale, avrà la bontà di pubblicare.

Ho richiamato qui l’antefatto costitutivo del regime di Zelensky, perché è da questo punto che, per il Donbass, i rapporti di forza rispetto a Kiev si capovolsero a seguito dell’intervento diretto, benché dietro le quinte, degli istruttori di guerra della NATO. Ciò avvenne già durante l’ultimo anno in cui rimase al potere Poroshenko, nel 2018. Sicché il Donbass da represso divenne oppresso. E l’oppressione, sotto il regime dell’ebreo-nazista Zelensky, andò via via crescendo. Al di là di tutte le testimonianze dirette o dei reportage sul campo realizzati da giornalisti moralmente integri e intrepidi come Giorgio Bianchi, ne dà una recentissima informativa, addirittura, il Dipartimento di Stato americano che, per quanto riguarda l’essere al soldo di Putin, è sicuramente al di sopra di ogni sospetto. E’ facilmente reperibile in rete il dossier “Rapporti nazionali sulle pratiche in materia di diritti umani per il 2022: Ucraina“, compilato dall’Ufficio per la democrazia (del Dipartimento di uno Stato, come gli USA, che non è democratico per Costituzione !). Il succitato dossier attribuisce al regime di Zelensky – che, secondo l’Oca starnazzante in veste di Orsettina von der Leyen, starebbe combattendo per difendere i “valori dell’Europa” – i seguenti crimini: corruzione dilagante nel cuore stesso dello Stato (magistratura, gestione del demanio pubblico ecc.); abusi d’ufficio commessi dai funzionari statali in un clima di impunità; omicidi politici commessi da agenti dei servizi segreti di Kiev; sparizioni di persone in un numero tale (15.000 da marzo 2019 a novembre 2022) al cui confronto anche un Totò Rijna appare un santo; arresti illegali; torture per ottenere confessioni durante processi giudiziari;abusi fisici sui detenuti; totale repressione contro i media dell’opposizione politica con il pretesto che rappresenterebbero una minaccia per la sicurezza nazionale; e infine strage di civili inermi per mezzo di bombardamenti di artiglieria su città, paesi e villaggi del Donbass.

Il poeta Yuri Vologodsky ha preso in mano il fucile, oltre che la penna, proprio per combattere questa barbarie nazista perpetrata dal governo criminale di Zelensky, ora (nel 2023) aggravata dalle costanti persecuzioni religiose contro la Chiesa ortodossa (a tutto vantaggio del Vaticano ancora diretto da un Camerlengo sui generis come José Mario Bergoglio). Lo ha fatto, a differenza dei tanti (presunti) poeti che seguono la guerra seduti in salotto. Lo ha fatto agendo come Arthur Rimbaud, il più grande poeta francese, che scese in strada a combattere col moschetto, dietro le barricate, nella Rivoluzione comunarda che avvenne nel 1871 a Parigi.

Quando, sotto direzione NATO, dal 2019 i bombardamenti ucraini sul Donbass si intensificarono, Vologodsky lasciò l’esercito della Repubblica Popolare di Donetsk (da settembre 2022 divenuta una regione della Federazione Russa), per combattere contro il nazismo banderista di Kiev,entrando a far parte della formazione militare più importante del mondo, quella che come i 300 di Sparta spregia il pericolo: l’esercito Wagner, un gruppo militare creato da Putin e da Evgenij Prigozhin, proprio nel 2014, in risposta ai battaglioni di mercenari, detti contract fighters, reclutati tra il sottoproletariato di tutto il mondo dalle aziende americane di lavoro interinale accreditatecon il governo di Washington. Tornerò a parlare più estesamente di questo aspetto e, soprattutto, della Wagner quando pubblicherò, a breve, un’altra poesia di Vologodsky.

Mi sono dilungato già abbastanza, per dover scrivere solo un articolo di giornale. Rimando perciò alla pubblicazione prossima di un’altra poesia di Vologodsky anche l’esplicazione, che già qui sarebbe stata necessaria, del metodo critico-esegetico che ho utilizzato nella mia traduzione. Il lettore mi scuserà se terrò per un po’ in sospeso la sua curiosità sulla questione. Lo faccio perché, non essendo www.linterferenza.info una rivista di saggistica, scrivere gli articoli con una certa brevità è quasi un obbligo, che io ho già trasgredito abbastanza. Mi astengo, pertanto, anche dal commentare la poesia “Suona musicista !”. Mi pare fin troppo ovvio che, dato che il nome scelto da quest’esercito parastatale è quello del compositore Richard Wagner, i soldati wagneriti siano denominati musicisti.

Ritengo, perciò, necessario aggiungere qui solo una rapidissima indicazione, che svilupperò nel mio prossimo contributo su Vologodsky: la Wagner è un piccolo ma fortissimo esercito, che combatte secondo la filosofia spartana. Sparta elaborò, infatti, una sorta di filosofia orale, non scritta, che oggi, in base alle tesi dimostrate dall’Emerito Prof. dell’Università di Perugia Livio Rossetti, possiamo catalogarla come parte della Preistoria della Filosofia. Sparta sviluppò, indubbiamente, anche una sua Poesia epico-lirica, che Platone le invidiava.

Tirteo fu il suo maggior poeta, un poeta-soldato che cantava e combatteva per Sparta. Yuri Vologodsky, totalmente coinvolto dalla filosofia spartana della Wagner, ne ha poetato la forza militare ed è, ad oggi,il suo maggior poeta. Ripetendomi, assicuro che tornerò a scrivere qui sull’Interferenza.info per delucidare il lettore su questi aspetti. Soprattutto, pubblicando altre 2 o 3 poesie di Vologodsky, toccherò anche questioni finora neanche accennate, che ritengo molto importanti: prima tra tutte, la rivalutazione dei poeti-soldati russi e sovietici, come Semeyon Gudzenko e altri., che sono stati ingiustamente sminuiti, sul piano della critica artistica e letteraria, a causa della balorda ideologia della calunnia – denigratoria a prescindere – dettata dall’antistalinismo.

Si può fare giustizia di tanta calunniosa balordaggine antistalinista solo guardando, senza preconcetti, alla storia dell’arte e della letteratura russo-sovietica degli anni 1917-1954. Infine, fatto questo, ossia dissezionata la questione dalla sua valenza politica, potremmo passare anche ad affrontare un dilemma ancora più grande, quello del rapporto tra arte e vita.

E’ quello che intendo fare.

La poesia “Suona musicista!”, che ora finalmente offro alla fruizione del lettore, fu firmata da Yuri Vologodskycon lo pseudonimo di Yuri Volk, durante una pausa in trincea, nel corso della feroce battaglia di Popasnaya.

 

Giuseppe Casamassima

 

 

SUONA MUSICISTA!

 

Il Paese sarà sempre orgoglioso di te, o musicista !

Non per il suono della tromba, non per l’arpeggio dell’arco…

Ma perché tu suoni per noi sinfonie di battaglia,

Le rapsodie di morte della Wagner combattente.

 

Note musicali di ottave e di proiettili,

Tu le suoni al nemico con il piombo caldo.

Wagner suona così le note della musica.

Un soldato Wagner non è un semplice soldato.

È un guerriero diverso. Sa essere malvagio

E allegro, focoso e spericolato,

E la morte suona con lui un accordo intonato.

 

Musicista, la guerra spargerà petali sotto i tuoi piedi,

Quando il fiore della tua vita sarà un giorno spezzato.

 

Il nuovo combattente conosce la scala del solfeggio,

E’  il musicista che suona dentro l’orchestra Wagner.

O musicista, apri le Porte della Vittoria

Sparando in chiave maggiore di violino

Nessuna descrizione disponibile.

 

 

9 commenti per “Suona musicista! di Yuri Vologodsky, poeta del Donbass, Tirteo della Wagner

  1. Stella Rossa
    15 aprile 2023 at 22:07

    Vergognatevi, pubblicando una celebrazione dei nazisti della Wagner siete riusciti a scavare anche oltre il fondo dell’aberrazione rozzobruna.
    D’obbligo per tutti i compagni applicare la discriminante anti-nazifascista nei vostri confronti.

    • Fabrizio Marchi
      16 aprile 2023 at 15:25

      Diciamoci la verità, come molti altri della cosiddetta “sinistra radicale o pseudo antagonista” non aspettavi che un appiglio per poterci attaccare. E’ uno stanco rituale al quale siamo ormai abituati. A differenza dei gruppuscoli intolleranti ai quali quelli come te fanno riferimento, da queste parti c’è libertà di opinione e di parola. Come avrai già visto l’articolo è stato pubblicato come un “contributo” che abbiamo scelto di pubblicare. La linea politica, la strategia e l’orizzonte culturale e politico del nostro giornale si evincono dagli articoli pubblicati nello spazio degli editoriali, degli esteri e, appunto, degli articoli. Le rubriche “contributi” e “lettere” sono state create proprio per dare la possibilità ai nostri lettori di esprimere la loro opinione, anche quando noi non la condividiamo. Se vuoi anche tu esprimere la tua opinione, e se ne sei in grado al di là e oltre gli insulti, puoi inviarci un articolo che pubblicheremo negli spazi appositi (lettere o contributi, a seconda della loro voluminosità) senza alcun problema. A differenza, ripeto, di quello che accade negli spazi della “sinistra”, sia essa liberale, radicale o antagonista, dove vige la più totale intolleranza nei confronti del pensiero critico. E lo si evince anche dal tuo commento che è soltanto un becero e scontato insulto. Non so se tu abbia mai praticato l’antifascismo militante (non credo perchè can che abbaia non morde…) ma il sottoscritto sì, senza sconti e soprattutto non a chiacchiere. Quindi prima di parlare di antifascismo al sottoscritto, è necessario sciacquarsi ripetutamente la bocca e fare dieci bei respiri prima di far fare ginnastica alle corde vocali.

  2. Giuseppe Casamassima
    16 aprile 2023 at 17:14

    E’ forse opportuno diradare a qualcuno qualche tenebra dell’ignoranza, chiarendo che:

    1) Vologodsky era iscritto al partito comunista di Donetsk.

    2) Vologodsky è morto combattendo CONTRO le forze armate dell’Ukro-Nazismo, palese e dichiarato, che ha oppresso dal 2014 e ancora bombarda il Donbass,

    3) Se da comunista della ex Repubblica Popolare di Donetsk ha lasciato la milizia popolare DPR per entrare a far parte della Wagner è perché la Wagner non ha nulla a che fare con il nazismo, al netto del fatto che la guerra è sempre ed inevitabilmente violenta e distruttiva. Ma questo vale per ogni esercito che combatte sotto qualsiasi bandiera.

    4) I simboli della Wagner non si ispirano per nulla a quelli del nazismo, ma a quelli dell’antica Sparta e dei pirati. Ne ho fatto cenno nell’articolo, ma evidentemente c’è sempre chi apre bocca e dà fiato senza neanche aver letto quello che presumerebbe criticare.

    5) La falsa etichetta di “nazista” alla Wagner è stata diffusa dalla propaganda della Commissione europea, tramite i suoi canali di disinformazione. Venerdì la Wagner è stata inserita infatti anche nella lista nera della von der Leyen.

    6) Se c’è un nazismo in Europa, oltre che a Kiev, è quello che sta nei centri di comando dell’Unione Europea, come mostrerò in articoli che pubblicherò qui sull’Interferenza.

    7) Ho appena terminato la traduzione di una seconda poesia di Vologodsky, la seconda di cinque, che a breve chiederò che sia pubblicata di nuovo qui sull’Interferenza. Ho iniziato un discorso politico e culturale, pubblicando “Suona musicista !”, che devo sviluppare. Comprendo che non è tutti riescono a seguirlo a causa di preconcetti.

    8) La guerra è una cosa dura e fosca. Non riluce come la bijotteria che piace alle signorine. Però è l’extrema ratio che ha sempre cambiato il mondo. E se la Wagner, pur con i suoi chiaroscuri, distrugge le forze dell’ordine imperialistico dominante, significa che va operando, per il momento, nella direzione giusta.

    9) Per chi capisce di politica, questo è un assioma. Chi vive nell’ignavia troskista, ovviamente, non lo può capire.

  3. Spartakus
    17 aprile 2023 at 17:14

    La compagnia di mercenari Wagner è stata fondata da Dmitry Utkin, ex ufficiale nazista russo tatuato con simboli delle SS (foto in allegato) insieme con altri ex ufficiali nazisti russi, dando al gruppo il nome del compositore preferito di Hitler.
    La compagnia di mercenari nazisti è stata messa al servizio di Putin che l’ha usata in Ucraina, Siria, Africa e ha decorato Utkin e i suoi comandanti Wagner con medaglie della Federazione Russa (foto in allegato).
    Nell’operazione militare speciale in Ucraina la Wagner ha raggiunto i 50mila uomini dopo gli arruolamenti massicci nelle carceri, e ora disputa ai comandi dell’esercito regolare la direzione delle operazioni belliche anche con polemiche pubbliche.
    Utkin, con i suoi comandanti, è sempre il vertice operativo militare che ha ai suoi ordini le truppe della Wagner.
    L’oligarca Prigozhin, detto “il cuoco di Putin”, gestisce i soldi e i rapporti esterni del gruppo. Di recente ha dichiarato che non ci sono nazisti in Ucraina – proprio mentre l’Azov sta crescendo di nuovo – e che la guerra è nazionale tra Russia e Ucraina, per togliere dal tavolo un tema controproducente per la Wagner come per l’Azov.

    https://images.app.goo.gl/wUwj7GZGkqkhf8SRA

    Della Wagner è entrato a far parte, con una certa autonomia, il gruppo speciale d’assalto Rusich, anche nazista, con nel simbolo la Kolovat Svastika a 8 bracci, il sole nero delle SS e un paio di rune usate dai nazisti (foto del simbolo nell’allegato).

    https://en.m.wikipedia.org/wiki/Rusich_Group

    Il comandante del gruppo Rusich della Wagner, Alexey Milchakov, in un suo video del 2020 ha detto “io sono nazista”, ma era ovvio visto che si faceva fotografare con la bandiera nazista (foto in allegato).

    https://unherd.com/thepost/rusich-russias-neo-nazi-militia-with-broader-ambitions/

    Collegati alla Wagner – in competizione con l’esercito regolare russo – vi sono anche altri reparti filo-nazisti. Per esempio Roman Vorobyov, comandante del battaglione Somalia del Donetsk, mentre viene decorato dal capo della repubblica di Donetsk, esibisce sull’uniforme il simbolo di una divisione delle SS e il simbolo Valkanut usato dai nazisti (foto in allegato).

    https://romea.cz/en/world/speaking-of-nazis-the-donetsk-leader-of-pro-russian-separatists-honored-a-russian-soldier-with-nazi-symbols-on-his-uniform

    Sui gruppi armati nazisti ucraini e russi ha fatto un articolo il sito dell’ANPI “Patria Indipendente”:

    https://www.patriaindipendente.it/persone-e-luoghi/inchieste/di-qua-e-di-la-del-fronte-i-gruppi-armati-neonazisti-di-ucraina-e-di-russia/

    La Wagner non ha simbologie riferite a Sparta, che sono invece presenti nel battaglione Sparta, che opera spesso in modo coordinato con la Wagner. Nel simbolo del battaglione Sparta (riportato nel link dell’ANPI) vi sono i colori bianco-giallo-nero dell’impero zarista e delle armate bianche con sopra una “M” stilizzata tratta dal romanzo e videogioco “Metro 2033”, dove combatte un “Ordine di Sparta”. La simbologia di Sparta – come società aristocratica e militarizzata – fa parte, insieme a quella vikinga (utilizzata da Azov), della mitologia fondativa nazista:

    https://www.jstor.org/stable/27094360

    Il sito dell’ANPI ha prodotto anche un secondo articolo inerente i rapporti tra questo nazifascismo russo e il nazifascismo italiano:

    https://www.patriaindipendente.it/persone-e-luoghi/inchieste/eterni-fascisti-e-russia-eterna/

    La presenza nazifascista in campo ucraino (tendenza nazional-irredentista) e in campo russo (tendenza imperial-tradizionalista), benchè con numeri crescenti in particolare di Azov e Wagner, ultimamente è stata oscurata dalla propaganda di entrambe le parti con una sorta di tacito accordo reciproco.

  4. Spartakus
    17 aprile 2023 at 18:11

    Forze politiche di classe hanno fatto riferimento simbolico a Spartaco, a capo della più importante rivolta degli schiavi dell’antichità, non certo a Sparta dove l’èlite degli Spartiati possedeva la maggior parte delle terre vivendo come un esercito permanente e dominando sui più numerosi Peri, liberi assoggettati, e sugli ancor più numerosi Iloti, servi della gleba obbligati a lavorare le terre degli Spartiati consegnando loro una buona parte dei frutti del loro lavoro.

  5. Giulio Bonali
    18 aprile 2023 at 8:10

    Grazie, Spartakus per le documentate informazioni.

    I fatti accertati che i governanti ucraini siano miserabilissimi criminali di guerra e contro l’ umanità nazisti, che la guerra (civile per la “pulizia etnica” del Donbass e per lo sterminio degli onesti e degli antifascisti di tutta la nazione, oltre che internazionale per collaborare allo smembramento della Russia tentato dalla NATO) l’ abbiano iniziata loro nel 2014 e che il governo di mosca combatte (anche; probabilmente soprattutto, ma non ne sarei troppo sicuro) giustamente per tutelare, oltre alla sua integrità territoriale e la sua stessa esistenza, anche i russofoni del Donbass e gli antifascisti ucraini non ci deve fare mai dimenticare che si tratta comunque di una potenza imperialistica (benché oggi “sulla difensiva”, cosa di cui non dobbiamo certo disinteressarci come se fosse per noi irrilevante) con tutte le implicazioni del caso, anche le peggiori.

  6. Spartakus
    20 aprile 2023 at 21:44

    Un reparto della task force d’assalto Rusich della Wagner si è fatto una foto e la ha pubblicata sui social, dopo di che la foto ha fatto il giro dei media.

    https://images.app.goo.gl/JTcf11Gx8RjsGv2eA

    A parte i commenti propagandistici dei media occidentali sui “brutali” e altro mercenari, pochi si sono accorti che nella foto messa dagli stessi Wagneriti viene esibita la bandiera con la Valknut Valhalla usata dai nazisti:

    https://www.pngegg.com/it/png-ntqgm

    Tra i simboli nazisti esposti nel sito, oltre alla Valknut Valhalla, nella Wagner vengono usate anche la Tyro Runa (freccia verticale) e la Othala Runa – era il simbolo di Avanguardia Nazionale – mentre nell’Azov venno per la maggiore altri simboli usati dai nazisti con la ridicola giustificazione che è esoterismo vikingo.

  7. Spartakus
    20 aprile 2023 at 22:27

    Video della task force d’assalto Rusich della Wagner con il loro inno e il loro stemma, la Kolovrat Svastika a 8 braccia, simbolo dell’arianesimo slavo usato anche tra i nazisti ucraini:

    https://youtu.be/ZSFCRlVyevI

    • Spartakus
      20 aprile 2023 at 22:37

      Iniziale “excusatio non petita” di condanna del nazismo da parte dell’autore in presenza della Kolovrat Svastika.

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