Galimberti e Leopardi

Galimberti è, senz’altro, una delle cose più stimolanti e creative che appaiono nel web…Mi viene da pensare cosa sarebbe l’Italia se vi fosse un insegnamento a tappeto della filosofia, disciplina in discredito presso le menti governative di bottega aziendalista che hanno nel pragmatismo tecnologico e produttivistico (naturalmente sulle spalle di chi lavora) il loro asse strategico indirizzato verso un vuoto morale e spirituale, in assenza di un ampio quadro spazio-temporale in cui si possa ipotizzare quello che dovrebbe essere lo scopo primario dell’esistenza: la felicità degli esseri viventi.

Naturalmente non tutti i professori di filosofia dispongono delle competenze creative, del bagaglio culturale di un Galimberti o di uno Scardovelli, tuttavia è certo che un insegnamento della disciplina che partisse dalla scuola media, con alcune suggestioni da inserire negli ultimi anni delle classi elementari, potrebbe formare il cittadino ad una riflessione approfondita su se stesso e sulla società nella quale gli è capitato di esistere, ad avere una maggiore autostima e con essa una propensione alla socializzazione e non all’atomismo liquido imposto con durezza dal capitalismo neoliberista…

Da ex insegnante che ha trascurato non poco i suoi studi sulle teorie semiologiche della letteratura e del cinema, trascinato per i capelli a ritornare alla politica, a causa della disumanità della finanza, del militarismo, dello sfruttamento e delle bubbole infantili di chi vorrebbe opporsi alla poderosa macchina da guerra del denaro con teorizzazioni carnevalesche, non posso fare a meno di ringraziare Galimberti (direi anche Scardovelli ed altri) perché riportano nel web modalità di dibattito, di riflessione che vanno a cozzare contro la passività e la sonnolenza concettuale degli abitanti virtuali, restituendoli così ad una dimensione umana che possa trasformarsi in consapevolezza di sè e dell'”aiuola che ci fa tanto feroci”.

Leopardi. Giustamente Galimberti nota un residuo cristianizzante nell’ateo Leopardi quando nella sua stupenda composizione “Che Fai tu, Luna, in ciel…” il poeta si lamenta degli inganni della Natura che prima promette e poi non mantiene…
In “A Silvia” il tradimento della Natura risulta più che mai evidente “O natura, o natura/ perché non rendi poi/quel che prometti allor? perché di tanto/inganni i figli tuoi?/

Giusta osservazione ma va ricordato che il divino Giacomo, nel corso della sua vita, ha modificato spesso il suo concetto di natura, a volte benigna, a volte matrigna, e la sua stessa poesia si é modellata secondo la sua partecipazione alla natura benigna o alla natura maligna. E’ assolutamente vero ciò che afferma Umberto Galimberti sulla permanenza del concetto di natura benigna (perché così creata da Dio, secondo il modello giudaico-cristiano) nel grande poeta di Recanati…Così come è vero che la stessa ossessione sulla natura matrigna nasconde il dolore per la delusione che comporta il “vero” volto della natura benigna cristiana: “Perché di tanto inganni i figli tuoi?”

Ma nel suo ultimo capolavoro “La ginestra”, i dubbi sulle tracce cristianizzanti vengono meno. La Natura, nella sua enorme immensità, appare in tutta la sua indifferenza, né benevola né malevola. Perché se essa “veramente è rea, che de’ mortali/ madre è di parto e di voler matrigna/… nulla si aspetta più da essa Leopardi, se non il godimento della partecipazione ad essa, quasi direi “come un corpo estraneo”.

Si aspetta invece qualcosa dalla possibile e sperata fratellanza tra esseri umani accomunati dalla tragedia della loro solitudine contro l’indifferenza della Natura. Scristianizzazione (certo, forse solamente in parte) e umanesimo “”…l’umana compagnia,/ tutti fra sé confederati estima/ gli uomini, e tutti abbraccia/con vero amor, porgendo/valida e pronta ed aspettando aita/ negli alterni perigli e nelle angosce/della guerra comune..”

Acquiescenza laica davanti al limite ultimo. “E tu, lenta ginestra,/ che di selve odorate/ queste campagne dispogliate adorni/anche tu presto alla crudel possanza/ soccomberai del sotterraneo foco,/…

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1 commento per “Galimberti e Leopardi

  1. gianni
    29 luglio 2022 at 12:33

    Leopardi ha avuto una educazioine cattolica ed è quindi ovvio che egli conservi il concettodi natura benigra che proviene dalla Bibbia, ma il grande recanatese, dopo aver letto dli Illuministi e Voltaire in particolare, si convertì alla concezione del “male che ci fu dato in sorte”, male voluto dalla “dura nutrice”, dalla madre matrigna. Nella Ginestra la sorte degli uomini è destinata a cadere sotto le forze immani della natura, di cui lo “sterminator Vesevo” è il simbolo. Non c’è scampo né speranza per l’uomo che, come la ginestra, deve soccombere “non renitente”. Ma l’uomo leopardiano muore con dignità senza piegarsi a supplicare la natura o la divinità che le sta dietro di risparmiarlo, e senza vantarsi come gli uomini del suo tempo di poterla sconfiggere con la tenica e la sua ragione.

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