L’attualità politica e culturale di “Roma Moderna” di Italo Insolera

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Foto: www.einaudi.it

La polemica recentissima (6 agosto 2016) tra Roberto Giachetti e Paolo Berdini pare riprendere l’essenza delle problematiche affrontate in “Roma moderna”. Rinvio integralmente, senza entrare nel merito, al link che pubblica attacco e risposta. Mi pare un ottima premessa di cronaca politica per introdurre un capolavoro storico.

http://www.sinistrainrete.info/politica-italiana/7805-roberto-giachetti-vs-paolo-berdini-roma-botta-e-risposta.html

 Libro evolutivo

Quasi 40 anni fa un caro amico, che poi avrebbe studiato architettura, mi suggerì la lettura di Roma moderna di Italo Insolera. Allora la lettura distratta e ideologica di qualche pagina si limitò alle parti riguardanti gli sventramenti fascisti e la nascita delle borgate; in compenso quelle sparse nozioni caddero in un contesto militante di lotta per il verde e nella stagione di grandi speranze per la città, aperta a metà degli anni 70 con i sindaci Argan e Petroselli. Fu, quindi, un pallido sorgere di coscienza urbanistica.

Ora riprendo in mano quel libro, nel frattempo aggiornato dei 40 anni trascorsi. L’edizione che lessi allora fu quella del 1976, la prima era stata del 1962, quella di oggi è l’edizione del 2011 “ampliata con la collaborazione di Paolo Berdini”, proprio alla vigilia della morte di Insolera del 2012. In quest’ultima edizione c’è peraltro una grande innovazione: la periodizzazione viene retrodatata al 1809 (dal 1870 delle altre edizioni) cioè ai 4 anni di occupazione francese, nei quali si progetta un organica modernizzazione, negata poi da quella post 1870. Ciò crea un modello di riferimento “reale” e non solo “teorico”, una possibilità che c’è stata ed è stata scartata. Ho riaffrontato il libro per tre motivazioni  fondamentali: primo la curiosità per la proposta, e poi la designazione, di Paolo Berdini ad assessore all’urbanistica della giunta Raggi; secondo, il mio quotidiano girovagare ciclistico, per necessità e per diletto, per le strade della città dal centro alla periferia, alla provincia; terzo, il confronto con mia figlia, Elisa, studentessa di Architettura cui ho regalato il libro.

Libro militante

Forse per questo bagaglio “anziano” con il quale l’ho affrontato mi è parso un testo di valore assoluto.

Lascerei alle parole dell’autore e dell’ampliatore la sintesi della struttura del libro, in questo prezioso video della RAI dove oltre il riassunto c’è una valutazione storiografica del testo da parte di Paolo Berdini.

http://www.arte.rai.it/articoli/la-roma-moderna-di-italo-insolera-e-paolo-berdini/13997/default.aspx

Insolera scrive il testo  quando ha 30 anni: negli anni ’60 dove si raggiunge il picco di cementificazione di Roma  entro il contesto “spensierato” del boom economico , e di quella battagliera e isolata posizione di allora -nel video parla di “case, case, case…”-  possiamo ora apprezzare la preveggenza che solo i saggi di 30 anni possono avere. Poi, dopo il diluvio della speculazione, la grandine dal ’70 dell’abusivismo, come aggiunge Berdini. Qui c’è il primo nodo e l’interesse vivo: Berdini, che nello spirito militante del libro afferma esplicitamente “quegli agglomerati vanno abbattuti e ricostruiti” ora è Assessore all’Urbanistica: il dire può diventare il fare.

Ciò conferma, coerentemente, lo spirito ispiratore del testo: la militanza, la sua funzione d’intervento ma aggiungerei “etica”. Militanza etica nel senso di progetto entro la specifica densità antropologica-sociale-istituzionale di una città “eterna”, cioè con uno spazio complesso (antica-medievale-rinascimentale-barocca)  che ha sprecato l’incontro con la modernità diventando un labirinto. La militanza del testo è evidente in primis dalla presenza di “tesi”: 1) priorità dell’urbanistica sull’architettura, 2) intangibilità del centro storico, 3) necessità dello sviluppo moderno al di là del centro in un sistema direzionale tangenziale, 4) rigidità dei piani regolatori e dunque supremazia del pubblico sul privato. Queste tesi –politiche e culturali- sono diametralmente opposte all’egemonia reale che ha guidato, quasi sempre, lo sviluppo di Roma dal 20 settembre 1870 e con tale direzione, quindi, creano un conflitto. La denuncia politica dei gruppi dirigenti di questa operazione è la prima e potentissima voce che si leva nel libro: la speculazione fondiaria dell’aristocrazia nera, l’intervento della finanza “oscura” internazionale e poi vaticana (si ricordi lo scandalo “dei fondi falsi” della Banca Romana uno dei modus operandi fondativi e truffaldini dell’intera imprenditoria italiana) , il ruolo dirigente della Società Generale Immobiliare (si ricordi che dopo avere appestato la città per oltre un secolo finì nello scandalo di Sindona). Il presupposto per affrontare la corruptio romana è la battaglia aperta, culturale e politica.

Libro epico

Quasi sempre Roma è nelle mani di questo potentissimo gruppo di potere ma come ricordano le 4 citazioni in esergo del libro ci sono stati 4 eroi che hanno tentato di resistere e indicare un’altra strada: Luigi Pianciani (nov 1872-lug 1874), Ernesto Nathan (nov 1907-dic 1913), Giulio Carlo Argan (ago 1976 – set 1979), Luigi Petroselli (set 1979 – ott 1981). Sono meno di 13 anni in quasi 150 (dal 1870) ma nella narrazione del libro, questi episodi, creano un legame tra analisi del disastro e proposta di speranza.

Mi sia concesso un apprezzamento di estetica letteraria. La tensione realtà-prospettiva, il conflitto degli eroi, la fermezza morale delle tesi, intrecciano un racconto appassionante. A mio avviso ricorre qui il principio “crociano”, che in qualche maniera Berdini individua (nell’intervista RAI citata) nella genialità giovanile “alla Mozart” di Insolera, di una Storia scritta da una mano sola, di un esporsi prendendosi tutte le responsabilità ma offrendo al lettore una chiarezza unica di argomentazioni. Insomma la lettura è appassionante, paragonabile al tessuto complesso di un romanzo, per la quantità di piani che tocca (politico, sociale, artistico, antropologico e ovviamente architettonico e urbanistico), e non è un caso che accenna e anticipa i temi “neri” che sono stati popolarizzati, “romanzati” ad esempio da Giancarlo De Cataldo con “Romanzo Criminale” e “Suburra”.

Libro di Storia

Ciò non significa che il libro sia “romanzato”, cioè manipoli e approssimi le fonti. Tutt’altro, il libro è una miniera di dati: nel vasto apparato note si possono trovare, come nel caso della nota15 a p 286, documentazioni al dettaglio dell’unità dell’abusivismo di tutte le zone di Roma oppure, come nella nota 35 p 255, i surreali  51 passaggi (min 226 gg- max 514) per ottenere una licenza edilizia- un archivio. Dunque un archivio ma organizzato e spiegato con chiarezza, tanto da divenire un prezioso manuale, peraltro corredato da una sterminata bibliografia sugli argomenti affrontati.

Per tale intreccio, narrazione-documento, Roma Moderna è un testo di Storia, nel senso alto e proprio del termine riuscendo a dare al documento la profondità del senso che ebbe allora nell’agone della battaglia e dopo, ora, a riflettere sull’entità dei risultati. Certamente il suo principio ordinatore è quello urbanistico ma ciò, affrontando la “specie” città-urbe, è il necessario presupposto materialistico: la storia di una città struttura nello spazio conflitti di vario livello a partire  dallo scontro politico tra pubblico e privato. In  quello spazio, nei palazzi e nelle vie, sono effigiate materialmente le vittorie dell’uno o dell’altro campo:

nella distruzione della maggior parte delle Ville storiche (su tutte Villa Ludovisi p 69-75) così come nell’edificazione delle borgate (“significato spregiativo al sostantivo borgo” dice Insolera nel glossario p. 380) si può vedere il progetto delle classi alte e la condanna alla deportazione per il popolo.

Così le mura e le strade vengono arricchite dall’umanità che le ha abitate e percorse: questo moto di penetrazione  apre una nuova consapevolezza della città. Da ciclista urbano sono passato migliaia di volte in via XXI Aprile verso piazza Bologna ma solo dopo aver letto a p.154 che lì “… viene costruita forse la più gigantesca <casa convenzionata>…comprendente ben 1500 vani…” me ne sono accorto. Cosi come, poi, ho notato i “canyon” (come li chiama Insolera) degli “intensivi”, i casermoni di 9-10 piani, dietro San Giovanni, su via Magna Grecia . In definitiva ho conosciuto lo spazio non come vuoto contenitore (assoluto nel senso di Newton) del “mio” veloce passare ma come “campo” (nel senso della fisica  quantistica) come luogo intessuto dalle forze sociali, dal persistere ora di conflitti che furono.

Guida tra i luoghi e le genti escluse

Perciò il libro è anche una “guida” ma di genere particolare, in grado di dare base “materialistica” ad un personale, intimo, itinerario  come avviene con la cronaca del terrorismo nella nota 35 p 308, quando quei sussulti oramai nebbiosi, ripercorsi dalla propria memoria impressionistica, vengono collocati nei luoghi dove avvennero e paiono nuovamente visibili, “a fuoco”. Questa quadridimensionalità, cioè una spazializzazione del tempo,  permette di costruire una guida capace di rendere interessanti ambienti lontani dall’arte e vicini alla sopravvivenza quali borgate e baraccopoli, intensivi e abusivismi. Da queste incursioni emerge, con differente approccio da quello poetico di Pasolini, il catalogo (“Il monumento della plebe romana” lo scrisse con i sonetti G.G. Belli della Roma premoderna) del popolo romano. Pasolini si immerse per incarnarsi nel popolo più offeso delle borgate per renderne il bruciare della loro vita e offrirci la fine di quella civiltà, mentre il distacco “urbanistico” (alle cose, case-strade) di Insolera né rende la “genesi”. Entrambi, con sguardi differenti, offrono alla ricostruzione antropologica della città una documentazione “compassionevole”.  Anche in ciò Roma Moderna è sintesi raccogliendo  e segnalando oltre l’opera di Pasolini, quelle di Albino Bernardini, “il maestro di Pietralata”, di Don Franzoni con la comunità di San Paolo e i “mali di Roma” e di Don Roberto Sardelli tra i baraccati degli acquedotti.

In questo ambito, in questo solco “antropologico”,  segnalo sempre con piacere il recente lavoro di Sandro Iazzetti “I quartieri di Don Bosco e Appio Claudio” che approfondisce la ricerca sulle zone adiacenti l’Appia Antica sviluppando un tema centrale nell’opera di Insolera,

Libro classico: la ricerca e la proposta

Inoltre per offrire un quadro totale, Insolera  dettaglia “gramscianamente” non solo lo schieramento dei dominanti, come segnalato, ma ne analizza la cultura e le realizzaioni. Vi è infatti un piano di discussione delle correnti del dibattito architettonico e urbanistico, organizzato attorno alla ricostruzione dei piani regolatori e dell’intricato sistema di  “deroghe”. In questo ambito c’è la costante presenza di un interrogativo sul ruolo dell’urbanistica, come disciplina, nell’ambito di una città cresciuta negando ogni “disegno urbano”.

L’urbanistica di Insolera, come ancora di Berdini, accoglie i risultati di tale negazione, che sono il contenuto del libro stesso. Urbanistica che mette in discussione il ruolo astratto di tecnica attraverso il limite politico del “rispetto e risparmio di territorio”, cioè il problema della gestione del limite e della crisi dello sviluppo della metropoli. Ciò significa  architettura di servizio e quindi battaglia allo spettacolo “Archistar” e alle “grandi opere”; modulazione delle tipologie intensive (il lineare alla Corviale) o estensive (città giardino) entro quadri direzionali; forte concentrazione del programma,  nella creazione del parco archeologico dell’Appia Antica, riprendendo la battaglia di Antonio Cederna per il “futuro di Roma” come recita il XXX capitolo. Un punto solo per prospettare – operativamente e simbolicamente – una nuova fruizione della città attraverso l’asse verde dell’Appia: far rientrare il popolo “a piedi”  verso il centro mentre la direzionalità centrifuga esterna delle funzioni produttive espelle  traffico automobilistico dal centro.

Infine (ciò è la specifica e urgente frontiera per Berdini) intervento decisamente censorio sull’abusivismo per riguadagnare territorio vivibile  nella cintura  che soffoca il centro-periferia e ostacola il rapporto con l’agro.

Roma Moderna è una lettura indispensabile, obbligatoria, per sopravvivere alla morte della metropoli e per intravedere la bellezza attuale e possibile di Roma: un classico capace di ispirare ulteriore ricerca  e un riferimento in grado, come dimostrano le sue numerose riedizioni e ampliamenti, di seguire la vita della città.

 

 

 

 

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