“Le virtù del terrorismo” e l’impunità statunitense

‘’Potere troppe volte delegato

Ad altre mani, sganciato e restituitoci

Dai tuoi aeroplani, io vengo a restituirti

Un po’ del tuo terrore…’’ Fabrizio De Andrè

 

Il termine terrorismo deve essere collocato nella sua corretta dimensione storica e sociale considerando che la pratica di incutere terrore non appartiene a questo e a quel movimento politico o religioso ma è un comportamento tipico degli essere viventi. Il libro di Sandro Clementi – Le virtù del terrorismo, Editore Zambon 2016 – ci permette di capire che le motivazioni del terrore sono tutt’altro che neutrali ma rispondono alla necessità, molto spesso, di sopravvivenza degli uomini e delle donne.

L’uso del terrore è ricorrente nell’evoluzione umana, i testi religiosi sono densi di pratiche terroristiche. Sandro Clementi riporta un passo del Libro di Giosuè dove gli israeliti rivendicano, senza imbarazzo, come: ‘’votarono poi allo sterminio, passando a fil di spada ogni essere che era nella città ( Gerico, nda ), dall’uomo alla donna, dal giovane al vecchio, e perfino il bue, l’ariete e l’asino’’ ( pag. 27 ). Quindi Clementi può concludere che: ‘’L’organizzazione del terrore è anch’essa operazione antica e non conosce differenze di razza, di classe e di religione. Il terrore si concretizza come metodo di azione già nel passato remoto che ha visto sorgere e operare numerose organizzazioni o pratiche terroristiche’’. La setta guerrigliera ‘’El Assassin’’, faceva parte della componente più integralista e sanguinaria del fondamentalismo islamico che praticava gli assassinii selettivi degli avversari politici. Ugualmente sanguinari furono gli Zeloti, di religione giudaica, impegnati negli omicidi di funzionari romani durante l’occupazione della Giudea.

Il mondo antico conduce la categoria di terrorismo ai metodi di dominio delle tre grandi religioni monoteistiche: ebraismo, cristianesimo e la religione islamica. Ilic Ramirez Sanchez ce lo ricorda con grande puntualità:

‘’Le esecuzioni sui roghi di migliaia di ‘’nemici di Dio’’ da parte del Tribunale della Santa Inquisizione ( Il Sant’Ufficio ), con sfilate in abiti terrificanti dietro la Croce era guerra psicologica. L’ultima di tali esecuzioni è avvenuta a metà dell’XIX secolo negli Stati Pontifici, poco prima della riunificazione dell’Italia da parte di Garibaldi. Le esecuzioni pubbliche in Arabia Saudita, all’uscita della preghiera del venerdì, in conformità alla Sharia, rientrano anch’esse nella guerra psicologia’’ ( pag. 7 ). Domanda: perché i media di regime si dimenticano la collusione della Chiesa cattolica con il fascismo e il colonialismo ?

Lo stesso si potrebbe dire del terrorismo dei coloni israeliani e della propaganda islamofoba portata avanti dai media sionisti. Siamo davanti ad una nuova guerra psicologica – Ilic Ramirez Sanchez lo sa molto bene – ancora più complessa e micidiale.

Soltanto nella modernità compare l’uso politico del terrorismo come ‘’terrorismo di Stato’’ e la pratica rivoluzionaria del terrore. Quindi è importante seguire Clementi che riporta una citazione di Lenin: ‘’Noi non abbiamo mai rinunciato e non possiamo rinunciare al terrorismo. E’ una operazione militare che può perfettamente servire, ed essere necessaria, in un determinato momento della battaglia, quando le truppe si trovavano in una determinata situazione ed esistono determinate condizioni’’ ( pag. 29 ). La citazione di Lenin deve essere contestualizzata e Clementi fa una doverosa differenzazione fra violenza e terrorismo: ‘’La violenza e il terrorismo, benchè concetti affini, non sono di per sé sovrapponibili. La violenza ha innumerevoli fini e altrattante cause, agisce sulla paura ma non la persegue come obiettivo esclusivo. Il terrorismo utilizza la violenza per realizzare il fine principale di scatenare il terrore. La violenza è un modo  dell’azione mentre il terrorismo è un metodo’’. Da qui il problema giuridico che dal terrorismo, inteso come concetto ancora molto vago, risale alla differenzazione fra terrorismo ( mi ripeto ) e guerriglia, ritenendo, dopo una attenta valutazione analitica, legittimi non solo gran parte dei movimenti di liberazione nazionale sudamericani ed arabi ma anche movimenti indipendenti come l’IRA e l’ETA basca. Un’ interpretazione democratica del diritto internazionale non può eludere questo problema dove il grande avvocato francese Jacques Verges ( difensore di molti guerriglieri del FLN algerino ) ci fa da indiscusso maestro.

Il terrorismo ha un orientamento politico ed ideologico – molte volte anche rispettabile, pensiamo ai marxisti turchi ( TKP-ML, ecc… ) – mentre la violenza non ha nessun orientamento sociale. Sandro Clementi è un giurista, quindi, da studioso del diritto internazionale, prende atto di quanto sia difficile definire la categoria di terrorismo. Le sue coordinate riguardano il campo, ancora più complesso, della Filosofia del diritto, materia alquanto ostica per i non addetti ai lavori:

‘’Non può negarsi che l’individuazione o la scelta di quali comportamenti umani debbano ritenersi illeciti, e quindi vietati e punibili, viene comunemente fatta rientrare nella ‘’politica criminale’’ che è attribuita, appunto, al Potere Politico. L’elaborazione del corpo giuridico di una qualsiasi società è un atto politico che si fonda su precise valutazioni ideologiche. Siamo appunto nel campo dell’interpretazione del Diritto, luogo, secondo taluni ‘’dei disaccorsi più antichi e più violenti’’, per l’evidente ragione che i problemi a esso connessi si legano ai temi più controversi della filosofia e dell’etica e ha innegabili implicazioni sociopolitiche. Ovvero coinvolge emozioni, principi etici e morali non meno che ideali’’ ( pag. 30 )

Il diritto non basta per spiegare un fenomeno complesso come il terrorismo, non lo inquadra socialmente anche perché il positivismo giuridico – adottato dai modelli sociali tanto capitalistici che socialisti – è permeato da una visione autoritaria e conservatrice. Clementi, quindi, scrive un libro interdisciplinare: parte dalla scienza giuridica ma discute tematiche politiche, economiche e sociali insieme. Il merito dell’autore è quello d’aver individuato il carattere ‘’falsamente democratico’’ del giusnaturalismo mentre il cinico Carl Schmitt ‘’ha il pregio di aver sviluppato il concetto positivista attribuendo alla politica il compito esclusivo di dettare l’indirizzo capace di informare le norme di diritto e la conseguente funzione di trasformazione sociale degli individui’’ ( pag. 33 ). Quindi il legislatore emana norme partendo dalla sua ideologia politica, il politico si sovrappone al giuridico, ed anche il terrorismo non è esente da ciò. Un legislatore reazionario non avrà problemi a classificare come terroristici movimenti di liberazione nazionale come le FARC, mentre la giurisprudenza democratica considera legittima la lotta armata contro il colonialismo e l’imperialismo.

Il diritto naturale e quello positivo danno vita al realismo giuridico inteso come una precisa dottrina giurisprudenziale la quale attiene ad una interpretazione fattualistica del concetto di diritto. Clementi inizia a sviluppare una sua lettura – da teorico del diritto – del fenomeno. Leggiamo:

‘’Una prima e istintiva obiezione potrebbe essere che presupposto logico dell’esistenza di un comune sentire sociale è l’identità culturale e ideologica. E’ intuibile che popoli, o classi sociali, prive di identità comune e ideologiche affini, non potranno mai esprimere un comune sentire in ordine ai confini del lecito e dell’illecito. Le norme di diritto, nella descritta diversità e conflittualità, non hanno, e non possono avere, nessuna giustificazione della loro cogenza’’ ( pag. 36 ).

La definizione di terrorismo non sfugge a questa regola interpretativa ed i giuristi sono in grande difficoltà: ‘’E’ intuibile che l’incapacità o l’inadeguatezza del legislatore di cogliere il sentire sociale della comunità sia foriera di precetti invisi e del tutto inefficaci. Il legislatore, in definitiva, deve conoscere e saper interpretare, e quindi anch’esso condividere, il sentire dei soggetti sociali ai quali sono destinati i precetti normativi’’ ( pag. 37 ). Domanda: il legislatore è riuscito a cogliere, fino ad ora, il ‘’sentire comune’’ dei popoli sottoposti ai bombardamenti umanitari dell’Occidente? La risposta non può che essere negativa.

 

Il Terrorismo di Stato contro le Resistenze antimperialistiche

La Convenzione di New York, nel 1999, dà una definizione imperiale di terrorismo: ‘’atti di violenza, da chiunque compiuti nel corso di un conflitto armato, contro militari attivamente impegnati nelle operazioni di conflitto’’ ( pag. 42 ). Clementi giustamente obietta: ‘’L’occupazione dell’Irak da parte delle forze armate Usa e alleate è un’aggressione militare che non ha giustificazione alcuna nel diritto positivo. La reazione a siffatta aggressione militare fa leva sul diritto naturale alla legittima difesa, ossia alla resistenza armata all’occupazione’’ ( pag. 43 ). Questo ci fa capire che esistono due dottrine giuridiche in contrasto fra di loro; una concezione imperiale del diritto internazionale che legittima l’imperialismo ed una interpretazione democratica delle norme che legittima le Resistenze antimperialiste come ad esempio quella del popolo palestinese.

Non è un caso che l’ONU nel 1979 approvava un emendamento che recitava: ‘’L’attuale Convenzione ( quella contro la cattura di ostaggi, nda ) non si applicherà alla cattura di ostaggi nel corso di un conflitto armato tramite il quale una popolazione, nell’esercizio del proprio diritto di autodeterminazione si trovi a combattere contro un’occupazione coloniale o straniera e contro regimi razzisti’’ ( pag. 44 ). La giurisprudenza democratica non si ferma qui ed abbiamo la proposta proveniente da alcuni governi arabi che proposero di comparare l’occupazione straniera alla ‘’peggiore forma di terrorismo’’, interpretazione giusta, anzi giustissima a dispetto della falsamente democratica cultura giuridica anglostatunitense. Sandro Clementi denuncia l’ipocrisia dell’occidente con grande eloquenza: ‘’Non solo gli Stati e i governi appaiono in serio difetto quando si tratta di ripudiare il terrorismo, ma anche le organizzazioni e le istituzioni internazionli, quali appunto l’Organizzazione delle Nazioni Unite, mostrano non poche ambiguità’’ ( pag. 45 ). La critica alla dottrina giuridica anglosassone – ora anglostatunitense – è il punto forte del libro e riempie un vuoto nelle biblioteche di Filosofia del diritto in Italia. L’autore si muove con grande maestria in un campo avverso a molti giornalisti e storici, dimostrando onestà intellettuale e una notevole cultura.

Lo scontro è fra il Terrorismo imperialistico degli Stati e la reazione – a volte organizzata ( guerriglie ), altre volte istintiva ( terrorismo ) – dei popoli, il non cogliere questa contrapposizione significa, dal punto di vista del filosofo del diritto, fare a pezzi la teoria del sentire comune e – dice Clementi – ‘’con essa la pretesa di codificare il lecito e l’illecito nell’agire umano laddove interessi e posizioni sono inconciliabili’’. Sulla base di ciò, la “giurisprudenza imperiale” ne esce totalmente screditata. Perde di credibilità perché non ha più i presupposti scientifici che dovrebbero appartenere al legislatore democratico. Clementi ha il merito di cogliere, tutti o quasi, gli aspetti cruciali della questione.

Ripercorrendo le varie sentenze – Clementi ne cita delle altre nel suo studio – notiamo che dopo il 2001 abbiamo avuto un’ offensiva della giurisprudenza imperiale, facilitata dalla caduta dell’Urss, che ha bollato qualsiasi Movimento di Resistenza, anche contro regimi razzisti e totalitari, come ‘’terrorismo’’. La realtà è ben diversa e proprio dal 2001 in poi, l’imperialismo Usa ed il sionismo hanno commesso crimini contro l’umanità. Domanda: sarà un caso? Il 1991, data in cui l’Urss cadde, rappresenta uno spartiacque nella storia del diritto internazionale contemporaneo ed i cittadini europei hanno vissuto, purtroppo senza capirci molto, l’americanizzazione integrale dei loro sistemi giuridici. Il diritto alla resistenza, con la sua antica genesi storica che parte da Aristotele, è stato del tutto cancellato.

Clementi denuncia queste ipocrisie:

‘’Il ‘’terrorismo funziona’’, ben potrebbe essere un appropriato slogan pubblicitario dei quali gli Stati ne sarebbero i perfetti testimonials.

E i coerenti promotori.

Il terrorismo, quindi, è stato ed è un modo di governare proprio degli stati.

Il terrorismo è anche una tattica, un metodo di combattimento.

La tattica fatta propria da coloro che non hanno altri mezzi per combattere’’ ( pag. 72 ).                     

Il terrorismo, sulla base di ciò, si configura come un ‘’comportamento umano’’, ma anche una prassi, inalienabile, degli Stati capitalistici che per sopravvivere hanno bisogno di fare continue guerre; non c’è nulla di più violento – e in questo caso utilizzo un linguaggio rigorosamente marxista – delle dinamiche dell’accumulazione capitalistica con finalità imperialistiche. E’ la propaganda imperiale a bollare le Resistenze come ‘’terrorismo’’ destoricizzando questa scivolosa categoria. Il Terrorismo degli Stati, invece, resta sempre impunito.

Il libro viene impreziosito da un saggio di Ilic Ramirez Sanchez il quale si sofferma sul terrorismo psicologico degli Stati contro i civili. Si tratta di una prassi antica risalente agli Imperi romano ed ottomano. Sanchez spiega che, da questo punto di vista, i nazisti e gli Usa non hanno inventato niente. L’imperialismo Usa ha, con una certa perversione giuridica e politica, reso più sofisticati i metodi di dominio contro il mondo del lavoro. Leggiamo cosa scrive il guerrigliero venezuelano:

‘’Le esecuzioni negli Stati Uniti, nelle stesse camere a gas, avvengono alla presenza dei giornalisti e dei famigliari delle vittime.

Le esecuzioni dei resistenti nei Paesi occupati durante la seconda guerra mondiale da parte delle Forze armate tedesche, erano filmate e proiettate nel notiziario prima dei films. Per contro la deportazione di milioni di innocenti è stata mantenuta nascosta dai nazisti, maestri all’epoca, della guerra psicologica. Joseph Goebbels, il geniale Ministro dell’Informazione e della Propaganda del Terzo Reich, è ancora oggi ineguagliato come maestro della guerra psicologica.

Con la moltiplicazione delle grandi rete dell’informazione immediata, le immagini e i testi della propaganda divergono uno strumento della guerra psicologica a disposizione di tutti…’’ ( pag. 8 ).

Gli Stati – Usa in testa – non possono sfuggire alle loro grandi responsabilità, nonostante abbiano il pieno controllo della (falsa) scienza giuridica. Falsa, perchè il diritto cessa di essere una scienza e diventa un’arma del potere, di un potere imperiale che schiaccia la democrazia. Il libro di Clementi chiarisce anche questo passaggio, smontando nel campo del ‘’nemico di classe’’ – non tutti si cimentano in trattazioni giuridiche – una delle peggiori costruzioni ideologiche del potere che ci opprime.

 

 

1 commento per ““Le virtù del terrorismo” e l’impunità statunitense

  1. armando
    22 dicembre 2016 at 13:38

    la vedrei in modo piuttosto semplice, a costo di apparire semplicistico. E’ terrorismo un’azione diretta allo scopo di uccidere la popolazione civile, non è terrorismo qualsiasi azione diretta contro forze militari avversarie.
    L’autobomba di Nassyria non fu terrorismo, le Torri Gemelle si. I bombardamenti indiscriminati sulle città che non abbiano obbiettivi militari diretti sono terrorismo, da chiunque perpetrati. Hiroscima e Dresda furono terrorismo non meno di Guernica. Mi sembra l’unico criterio oggettivo, non ideologico o di parte, e non soggetto a quelle sottigliezze giuridiche che finiscono per essere al servizio delle ideologie contrapposte. le quali hanno come danno collaterale quello della scomparsa del senso etico e morale che anche in guerra dovrebbe valere; se sono un militare o un guerrigliero non posso non aspettarmi di essere attaccato, se sono un civile invece si.
    Ovvio che la faccenda è complicata dalle “vittime collaterali”, ossia quei civili rimasti uccisi durante azioni di guerra volte a colpire obbiettivi militari. ma ciò è, purtroppo, ormai parte ineliminabile della guerra moderna con aerei, missili, etc. etc. , perchè nel degrado generale della modernità non la si combatte più solo fra militari.

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