Mascolinità tossica: il velo di Maya del femminismo neoliberale

Il capitalismo assoluto necessita di catalizzatori di consenso per conservare l’espansione imperiale. Le disparità e l’immobilismo sociale, gli effetti irreversibili dello sfruttamento del pianeta, a cui si associa la proletarizzazione culturale ed economica di fasce sempre più ampie della popolazione, sono la verità del sistema capitale da occultare mediante il mito del progresso; l’emancipazione femminile è parte della inarrestabile narrazione del progresso. E’ interpretato in senso unidirezionale, è la liberazione da ogni vincolo etico e legame comunitario.  L’ostracismo culturale verso qualsiasi forza katechontica[1] capace di segnare il limite al desiderio ed al consumo rivela la verità del capitale: l’illimitato. La figura maschile si identifica nella cultura occidentale nella forza razionale capace di dare forma, limite ed ordine al reale. Ulisse nell’Odissea è il simbolo vivente della razionalità ordinatrice contro gli eccessi della smoderatezza: l’episodio dei Proci con cui si confronta nel suo ritorno ad Itaca è paradigmatico di ciò, i Proci non solo ambivano al trono di Ulisse, ma ne dilapidavano i beni. Ulisse riporta la legge della ragione e della misura dove regna la hybris[2].

L’aggressività mediatica verso il genere maschile è organica ai bisogni del capitale: il lassismo etico, la destrutturazione del carattere a favore di una cultura lasca e permissiva è funzionale alla sproporzione tra bisogni e desideri. L’asimmetria è il carattere del capitalismo assoluto. Per incentivare i desideri smodati, di cui l’ipertrofico mercato si nutre, bisogna abbattere la razionalità, la quale è calcolo etico della misura per sostituirla con le voglie indotte dal mercato. In tale contesto il maschile archetipo dell’autorità ed dell’autorevolezza dev’essere respinto, reso marginale. Ogni equilibrio dev’essere trasceso, frantumato sotto le forze espansive del mercato. Il maschile  è superfluo, per cui per destabilizzarlo  è perennemente accusato di autoritarismo irrazionale. Per respingere il maschile, i suoi simboli e le sue pratiche si trasformano gli uomini in eterni adolescenti in fuga da ogni responsabilità. I riti di passaggio che simbolicamente significavano l’entrata nell’età adulta con l’assunzione responsabile di ruoli sociali sono solo un ricordo legato ad un passato vituperato, al suo posto vi è un adolescente che deve inseguire sogni di un’impossibile  giovinezza e deve ripetere come un mantra che femminile è meglio. Al posto del maschile vi è il femminile accogliente e servo del capitale. Il genere femminile è idolatrato dal circolo mediatico, lo scopo è usare le donne per la conservazione. Il capitalismo non conosce che la ragione strumentale, per cui i soggetti umani che sostiene nelle sue “campagne acquisti” non sono che mezzi per il suo consolidamento. L’accondiscendenza di molta parte del genere femminile  è dovuta al fatto che  occupare ruoli di responsabilità è conquista recente, per cui si ha un atteggiamento di sottomissione verso “il liberatore”, è ancora vivo il ricordo culturale delle passate disuguaglianze, e questo non sollecita atteggiamenti critici.  Si utilizzala la violenza del passato nel circo mediatico per poter neutralizzare il pensiero critico, per indurre all’accettazione passiva del presente che risulta essere  il migliore dei mondi possibili, in cui la libertà è difesa da ogni autoritarismo. In realtà il genere maschile e femminile sono egualmente resi strumenti dal capitale, si includono le donne, le si svuota delle loro specificità e risultano, così, docilmente asservite ai bisogni del capitale mediante il ricordo demonizzato del passato che rimuove le contraddizioni del presente. Le donne liberate sono, in realtà, a misura del capitale:

In questa nuova versione della differenza tra i sessi, gli uomini sono adolescenti scanzonati, fuori legge, mentre le donne si mostrano dure, mature, serie, ligie e punitive. Le donne, oggi, dall’ideologia dominante non sono richiamate alla subordinazione: sono esortate e quanto ci si aspetta da loro è diventare giudici, amministratrici, ministre, amministratrici delegate, insegnanti, poliziotte, soldate. Nelle strutture pubbliche per i servizi sociali, una scena paradigmatica a cui si assiste quotidianamente è quella di un’insegnante/giudice/psicologa che si prende cura di un giovane delinquente immaturo e asociale…Così fa la sua comparsa una nuova figura femminile, un’agente del potere fredda e competitiva, seduttiva e manipolatrice , che attesta un paradosso: <<L’idea che le donne non solo possono fare tutto quello che fanno gli uomini, ma che, nelle condizioni del capitalismo possono farlo meglio>>. Questo, naturalmente, non rende affatto le donne meno sospette in quanto agenti del capitalismo; indica soltanto che il capitalismo contemporaneo ha inventato una sua propria immagine ideale di donna, una figura che rappresenta il freddo potere amministrativo dal volto umano[1]”.

                              

Il capitale signore del tempo

Se gli uomini sono sospinti verso una improbabile ed eterna adolescenza, le donne sono sollecitate ad una precoce maturità sociale, devono ricoprire i ruoli sociali e professionali lasciati dal declino del genere maschile. Si mette in pratica per entrambi i generi un’operazione di manipolazione del tempo della coscienza che inibisce i processi di consapevolezza: si allunga l’adolescenza degli uomini, si accelera la maturità femminile, in entrambi i casi l’accelerazione forma esseri immaturi, privi degli strumenti emotivi e cognitivi per poter capire il presente. Ogni reale processo di formazione non può che avvenire nel rispetto dei tempi psicologici  individuali e specialmente l’elaborazione dell’autocoscienza necessita di tempi che sottratti all’iperstimolazione possano dialettizzare le informazioni in concetti. Il capitale è il signore del tempo, accelera e decelera a seconda del suo imperio. La violenza impalpabile è la nuova pratica del dispositivo capitalista, la più insidiosa, ancora oggi non sufficientemente problematizzata. Il fine del capitale è annichilire ogni forma di comunità e stabilità in nome di un individualismo atomistico e disperato; per raggiungere tale obiettivo deve governare il tempo delle coscienze:

“Anni fa Alain Badiou ammoniva sui pericoli del crescente ordine  nichilista post-patriarcale che si propone come l’ambito di nuove libertà. La dissoluzione di una base etica condivisa della vita è segnalata chiaramente dall’abolizione della coscrizione militare  obbligatoria in molti Paesi  sviluppati: la stessa idea di essere disposti a rischiare la vita in nome di una causa comune è sempre più insensata e anzi sfiora ormai il senso del ridicolo, sicché le forze armate, concepite come il corpo a cui ogni cittadino partecipa allo stesso modo, stanno diventando via via una forza mercenaria. Tale dissoluzione incide in maniera diversa sui due sessi: gli uomini scivolano lentamente verso una condizione di perpetua adolescenza, senza che un chiaro rito di passaggio, di iniziazione che segni l’ingresso nell’età adulta (il servizio militare, l’acquisizione di una professione e persino la scuola hanno smesso di svolgere questa funzione). Non meraviglia, allora, che per rimpiazzare questa mancanza, proliferano le bande giovanili  post-paterne che favoriscono una Ersatz-iniziazione (un’iniziazione sostituiva)  e un’identità sociale. A differenza degli uomini, le donne, oggi, raggiungono una maturità sempre più precoce, sono trattate come piccole adulte e ci si aspetta che badino a se stesse e pianifichino la loro carriera[1]”.

                                                       

Mascolinità tossica

Il nemico è il capitalismo assoluto, solo con la consapevolezza del nemico è possibile avviare una stagione di riforme, affinché questo avvenga la conflittualità dev’essere verticalizzata, per cui bisogna uscire dalle contrapposizioni orizzontali che non sono che l’ennesimo inganno del capitalismo assoluto.  Uscire dalla caverna del capitale è, anche, un problema metodologico, in quanto il capitalismo forma all’astratto, per cui elimina le differenze per acclamare le uguaglianze, bisogna operare, invece, in senso concreto, comprendere che non esistono uomini e donne in generale, ma gruppi umani all’interno del modo di produzione con interessi contrapposti, e da tali posizioni riportare la concretezza dove vige l’ideologia.

La medicalizzazione del maschio a cui si contrappone il femminile come modello del salubre in senso assoluto, palesa l’ingabbiamento ideologico nel quale si è caduti, per cui l’esodo deve iniziare rompendo la logica dell’esemplificazione e della contrapposizione che rafforza il capitalismo. Non esiste la mascolinità astratta come la femminilità in generale, ma uomini e donne nelle loro condizioni materiali, medicalizzare un intero genere è la dimostrazione della violenza totalitaria dell’astratto:

“Ai tempi della normatività eterosessuale, l’omosessualità era considerata alla stregua di una malattia – basti pensare al trattamento crudele a cui furono sottoposti Alain Turing e molti altri. Ora è la stessa mascolinità a essere medicalizzata, trasformata in una malattia da combattere; non ci sarebbe di che meravigliarsi se vendessero presto delle cure chemioterapiche contro la mascolinità tossica[2]”.

La malattia è il capitale, se non si parte da tale assunzione non vi potrà essere esodo alcuno, ma solo una lunga ed indefinita decadenza, il cui esito non può essere che la barbarie. La grande domanda da cui ricominciare deve avere come centro la libertà, bisogna interrogarsi sulla libertà e sui suoi modelli plurali per capire l’attuale libertà e volgerci ad essa in modo critico. In attesa che questo accada si constata che l’assenza dei padri, è parte dell’attacco al principio di realtà ed ha l’effetto di produrre il complesso di Telemaco: le nuove generazioni come il figlio di Ulisse sono alla ricerca di padri nelle famiglie e nelle istituzioni, non per amore dell’autoritarismo, ma per essere aiutati a mettere  ordine al caos che ogni giovane reca con sé, a tale bisogno ineludibile il mercato risponde sollecitando il caos dei bisogni e provocando tragedie che appaiono nelle cronache solo nel loro terribile epilogo. Il padre protegge il figlio, perché disegna il limite al principio di piacere che strumentalizza ogni ente ed esperienza per il proprio piacere acefalo, naturalmente il mercato che ha fatto del principio di piacere la sua finalità è ostile ad ogni figura paterna-maschile, in quanto coscienza critica e pedagogica del capitalismo assoluto. Il padre è l’umanità della legge che l’attuale sistema rifiuta in nome del principio di piacere, in quanto rappresenta la parola, il logos, con cui discernere il bene dal male. Padre è chiunque insegni l’equilibrio tra il principio di realtà e principio di piacere. La parola umanizza, perché è comunicazione ed ascolto dell’altro che appare nell’orizzonte percettivo non come ente da consumare, ma come presenza con cui confrontarsi, in tal modo si scopre un’altra tonalità del desiderio, nel quale l’altro è soggetto e non oggetto da manipolare. L’abbattimento del maschile ha come conseguenza lo smantellamento del padre, delle istituzioni, delle patrie, non resta che il mercato e le merci che possono divorare ogni piano dell’esistenza lasciando solo il totalitarismo del nulla. Il bene è fragile e necessita delle energie di tutti gli uomini e le donne di “buona volontà” che non accettano la fine della storia con il nichilismo delle merci.

 

[1] Katechontico da katéchon, dal greco antico τὸ κατέχον ciò che trattiene, dà il senso del limite.

[2] Hybris, in greco antico: ὕβϱις, hýbris tracotanza

[3] Slavoj Zizek  Dal punto di vista comunista: Trentacinque interventi inattuali Ponte delle Grazie 2020 pag. 258

[4] Ibidem pp. 257 258

[5] Ibidem pag. 254

La guerra alla "mascolinità tossica" diventerà una lotta politica

Fonte foto: Oltre la Linea (da Google)

2 commenti per “Mascolinità tossica: il velo di Maya del femminismo neoliberale

  1. armando
    20 luglio 2020 at 15:42

    semplicemente eccellente! il maschio e il padre sono GLI OSTACOLI da abbattere affinché il capitslismo assoluto celebri la sua vittoria definitiva. In questo alle donne e alle loro “rivendicazioni ” è assegnato un ruolo specifico con ciò confermando che ogni vera e autentica trasformazione, nonché ogni vera e autentica resistenza al potere, provengono sempre e solo dal maschile. Si mettano l’anima in pace le donne: o riconoscono questa verità che è tale da sempre, con tutte le conseguenze del caso…., oppure riconoscano onestamente di essere diventate le agenti privilegiate della penetrazione dell’ideologia capitalistica in ogni ambito della vita. Altro che sciocchezze sulla mascolinità tossica, altro che lamentazioni sul ruolo di eterne vittime dei maschi cattivi. Se hanno potuto pensarsi tali è solo perché nell’odiato patriarcato i maschi si sono assunti per intero l’onere dell’uso della forza e della violenza (con le inevitabili degenerazioni), esentandone le donne. È ora di una comune assunzione di responsabilità, se davvero si vuole una reale liberazione dell ‘umanità

  2. Alessandro
    29 luglio 2020 at 15:27

    https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/1240100/puglia-doppia-preferenza-di-genere-presentati-2mila-emendamenti-alla-proposta-di-legge.html

    Tra non molto si andrà a votare per il referendum sulla riduzione dei parlamentari. Si sentirà parlare di attacco alla democrazia, ci si straccerà le vesti in maniera bipartisan parlando di riduzione della rappresentanza, benchè i buoi siano scappati da molto tempo (giusto per sentirsi per un giornata paladini della democrazia), eppure c’è qualcosa di molto più grave ed è la porcata poco sopra, che non è andata in porto ieri, ma che verrà imposta dal Governo centrale nonostante sia palesemente incostituzionale( ma guarda un po’, evidentemente è più importante che intervenire d’urgenza sulle porcherie regionali in materia di liste d’attesa infinite nella sanità). Ciò testimonia come ormai della Costituzione non freghi più niente a nessuno, a parte qualche recita di tanto in tanto. Svuotare di valore il voto imponendo a un elettore la scelta di votare un donna o un uomo che sia o cassandone il voto se non rispetta il diktat si commenta da solo, è un vero attentato alla democrazia, ma nella società degli eterodiretti diventa addirittura progresso.
    Ci rifaremo tutti il 20 settembre. Avanti compagni!

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