Il posto del padre e la deriva post–moderna

Su Il manifesto del 9 marzo, due pagine dedicate all’8 marzo festa della donna, titolo a carattere cubitale “Sciopero e cortei eco–trans femministi da Milano a Napoli. Manifestazioni in 38 città italiane indette dalla rete <<Non una di meno>>. Contro il “sistema patriarcale e il capitale”. Partendo dall’ultima affermazione ho provato ad analizzare la relazione esistente tra “patriarcato e capitalismo” soffermandomi sul posto del padre rispetto all’attuale deriva post–modernista. In un passaggio dell’articolo, a firma Giulia D’Aleo, leggo: <<Già dalla mattina, molte città avevano dato un’anticipazione dei cortei pomeridiani, con manifestazioni tematiche portatrici di una visione nuova della società, libera da un sistema patriarcale e capitalista basata sullo sfruttamento dei corpi, dell’ambiente, del sistema scolastico e di quello sanitario (…) oltre diecimila attiviste e attivisti hanno poi preso parte al ricordo delle vittime del naufragio di Cutro e assistito al flashmob finale, sull’autodeteminazione della donna e la liberazione dallo sfruttamento del lavoro produttivo e riproduttivo>>. A mio parere, tutto ciò non è altro che un pout–porri senza né capo, né coda. Mi ha particolarmente colpito il riferimento critico al sistema patriarcale che, evinco dall’articolo,  è per gli organizzatori delle numerose manifestazioni il principio di tutti i mali.

Insomma, Patria, Dio e famiglia sono stati sostituiti dai sinonimi: Patriarcato, Capitalismo, Maschio bianco eterosessuale.

Partendo dall’articolo, ho provato a ragionare sulla base del significato etimologico di “Padre”. Ai fini dell’economia del ragionamento che mi appresto a sviluppare, ritengo fondamentale prendere l’abbrivio dal significato etimologico del termine padre. Va subito detto che per quanto la radice etimologica del termine non sia del tutto chiara, si può dire che, anche tenendo conto delle principali letture, che il termine richiami il concetto di “ protezione”. Alcuni studiosi, tra questi il linguista Jost Trier, ritengono che la radice di “po”, escludendo la genesi da “pa”, ossia dal latino pascere, significhi nutrire, proteggere. La ragione della molteplicità delle interpretazioni è da ricondurre al fatto che, anticamente, almeno 4000 anni prima della nascita di Cristo, gli uomini non mettevano in connessione l’aspetto riproduttivo con l’atto sessuale.  Una tale usanza è ancora oggi riscontrabile in alcuni popoli della Nuova Guinea e del Borneo. La fecondazione della femmina veniva attribuita ad incontri con divinità, fiori o roba simile. L’uomo quindi non era il padre, almeno nelle società primitive, ma solo colui che all’interno della tribù si prendeva cura durante i primi anni di vita del bambino al fine di proteggerlo. La funzione sociale, per così dire, non era legata al gruppo ristretto rappresentato dal nucleo familiare ma da una sorta di dovere sociale verso il gruppo sociale allargato rappresentato dalla tribù.

Alcuni studiosi come il giurista e antropologo svizzero J. J. Bachofen[1] si sono spinti fino al punto di sostenere come le società primitive si fondassero sul matriarcato. Le sue tesi vennero fatte proprie dal movimento femminista degli anni 70. Le opere di Bachofen  vennero tradotte in inglese e nutrirono le opere di diversi esponenti del femminismo americano quali Elisabeth Gould Davis[2] e Elaine Morgan.[3] La teoria matriarcale di Bachofen è stata acquisita anche da esponenti di destra come Julius Evola ad esempio, o a sinistra da Friedrich Engels. Il fatto che l’uomo in quanto padre non avesse un ruolo predominante fino al punto di dover parlare di società patriarcali, almeno nelle società primitive, è dimostrato dal fatto che, raggiunta una certa età, l’educazione del bambino venisse affidata ad un fratello della madre, cosa questa rintracciabile in molte società primitive contemporanee – penso agli studi condotti da Goether–Abendroth Heide[4], nei quali l’autore analizza le varie forme di matriarcato presenti  in diverse parti del globo: dall’Asia, all’Africa, dall’Oceania fino alle Americhe. Sempre rispetto al matriarcato di recente lo studioso Ricardo Coler[5] ha raccontato in un suo saggio la civiltà Mosuo nella regione cinese dello Yunnan. Nel saggio, dal significativo titolo Il regno delle donne, Coler ha potuto osservare una civiltà dove gli uomini vivono all’ombra delle donne e il matrimonio non esiste. Questi esempi solo per dire che dal punto di vista storico il ruolo del Padre dipende dal contesto storico. La società matriarcale, almeno per come è stata teorizzata da Bachofen, è stata messa in discussione dalla storica del diritto antico Eva Cantarella.[6]

Al netto delle diverse interpretazioni, tutte supportate da analisi, per ragionare da quale momento in poi è possibile pensare il “posto” del padre nella società, bisogna far riferimento agli studi di Dieter Lenzen[7]  e al saggio di Maurizio Quillici[8] Storia della paternità. Dal pater familias al mammo pubblicato da Fazi Editore. In sostanza, è possibile affermare che il posto del padre inizia ad essere definito dal momento in cui si scopre che, ai fini della riproduzione, il padre è parte attiva e che la “femmina” dell’Uomo non viene fertilizzata da divinità, fiori, acque di un fiume o del mare. Gli storici e gli antropologi fanno risalire questa scoperta alla trasformazione delle società umane da nomadi in stanziali. L’aspetto riproduttivo viene via via acquisito attraverso l’osservazione degli animali ma soprattutto attraverso la costruzione di relazioni stabili. A partire da questa fase, quindi, la promiscuità sessuale cede il passo alla stabilità delle relazioni umane e quindi alla civiltà. Il grande filosofo della storia Giambattista Vico[9] attribuisce a questo passaggio un ruolo fondamentale per il sorgere della civiltà. E’ la fine della promiscuità: l’atto sessuale tra un uomo e una donna viene consumato in privato e ciò costituisce uno dei fatti che segnano il passaggio dall’età primitiva alla prime forme di civiltà. Il “posto“ del padre, pertanto, è storicamente condizionato dal sistema produttivo e insieme riproduttivo. Dalla Grecia antica, passando per Roma, il “posto” del padre è fondamentale nei sistemi sociali dell’epoca. Assistiamo ad un capovolgimento dei ruoli che determina il passaggio da sistemi matriarcali a sistemi patriarcali. Nella Roma antica il padre era il capo della famiglia intesa questa come un aggregato allargato che ricomprendeva non solo la madre legittima dei figli ma anche i figli illegittimi, le concubine, i servi e gli schiavi che appartenevano tutti al pater familias. Per quanto la società romana  avesse nel Pater Familias il fondamento, già a partire dalla conquista della Grecia, il sistema sociale romano inizia ad indebolirsi e, non a caso, assistiamo all’azione condotta dai vari censori della vita pubblica e privata dell’antica Roma. In età imperiale, data la libertà di condotta delle donne, la facilità con la quale si divorziava, il ruolo politico svolto da diverse donne, la famiglia patriarcale e quindi la centralità del padre appare indebolita al punto tale che, soltanto con l’affermazione del Cristianesimo, la famiglia tradizionale riceve di nuovo impulso e con essa quindi il ruolo del padre torna ad essere quello del pater familias.

Durante il Medio Evo, il ruolo paterno è dunque fondamentale. I figli non sono da considerare completa proprietà del padre ma, come testimoniano Le lettere di Abelardo ad Eloisa,[10] l’importanza del ruolo del Padre continua ad essere considerato pressocché assoluto.

La modernità, con la trasformazione  del sistema da feudale in borghese, non modifica la centralità del padre. Ci sono comunque alcuni aspetti che meritano di essere sottolineati e riguardano il ruolo che la Riforma Protestante e la Controriforma hanno avuto sulla famiglia e sul ruolo del Padre in essa. A differenza di quanto sosteneva F. Engels il Protestantesimo non indebolisce la famiglia Patriarcale. Il ruolo del Padre venne rafforzato: <<Il protestantesimo incoraggiò certamente il patriarcato. Oltre che rimettere in discussione la dottrina consensualistica del matrimonio e introducendo la norma che i nubendi dovevano avere il consenso dei genitori, lo fece con l’esaltazione del ruolo e del potere del maschio, marito e padre, capofamiglia. A quella dello Hausvater (capo della famiglia), Lutero e altri riformatori protestanti aggiunsero altre due figure di autorità: il Landesvater (capo politico) e il Gottesvater (capo religioso); essi rappresentano i  “tre ordini della società cristiana: ecclesia ( Chiesa), politica ( Stato) e economica (famiglia”)>>[11],  . Il modello sociale e politico preso a riferimento dal Protestantesimo è  l’antica Israele dei re e dei patriarchi. Secondo altri studiosi il Protestantesimo rafforzò il Patriarcato dal momento che trasferì alcune funzioni della Chiesa in ambito familiare, nello specifico il ruolo del sacerdote al Pater familias. La Riforma Protestante, a differenza della Riforma Cattolica riveniente dal Concilio di Trento, postulò la possibilità di divorziare. In merito all’istituto del divorzio, bisogna soffermarsi su due aspetti: il primo è che il matrimonio, con il Protestantesimo, cessa di essere un sacramento: il matrimonio finirà con l’essere regolato da leggi civili che sostituiranno il Diritto Canonico. Altra questione è che il Protestantesimo nasce nella Mitteleuropa, molte di quelle aree sono state convertire al Cristianesimo in età relativamente tarda per cui, memori degli usi precedenti, erano ancora vive pratiche quali il matrimonio in prova e che a scegliere il marito fosse la donna e non viceversa.  <<Riferiva nel secolo X Ibn Ya’ qub : quando una giovane si innamora di un uomo, va alla di lui casa per soddisfare il proprio desiderio. E quando un uomo, sposata una fanciulla, la trova vergine , le dice: “ Se alcunché di buono ci fosse in te, gli uomini ti avrebbero voluta e di certo ti saresti recata da qualcuno che ti prendesse la verginità”. Indi la ripudia e se ne sbarazza. La stessa rivendicazione d’indipendenza ritroviamo in Ucraina fino al secolo XVII, negli scritti del cavaliere de Beauplan – valente ingegnere francese per diciassette anni al servizio del re di Polonia. In un gustoso capitolo dal titolo Come le ragazze fanno l’amore ai ragazzi si legge : “Là dunque, contrariamente ai costumi di tutte le altre nazioni, si vedono le giovani fare l’amore ai ragazzi che piaccion loro, e una superstizione che hanno e osservano con gran cura fa sì che non falliscano il colpo; e sono più convinte della riuscita di quanto lo sarebbero i maschi semmai fossero loro a cercarle…” >>[12].[13]

Per restare nel Medio Evo si ha traccia di accordi pre-matrimoniali redatti davanti al notaio con il quale i nubendi riconoscevano il reciproco diritto ad avere degli amanti. Il passaggio dal Medio Evo all’Età Moderna rispetto al ruolo avuto dal cattolicesimo e dal protestantesimo è però fondamentale. Come evidenzia Raffaella Sarti[14] <<Rispetto alle tradizioni e, non di rado, anche rispetto a quanto stabilito dalle leggi civili, la Chiesa dunque proponeva un matrimonio tutto incentrato su un solo momento, lo scambio dei consensi, piuttosto che allungato in una serie di tappe ( …) Nel contempo, permettendo ai giovani di sposarsi senza l’approvazione dei genitori, sottraeva il matrimonio al controllo delle famiglie, per le quali esso tradizionalmente era un mezzo per stringere alleanze e per creare parentele in base a motivi di interesse, spesso senza tener conto dei desideri dei figli>>.

La Controriforma Cattolica rappresenta un passaggio fondamentale rispetto alla concezione della famiglia, al ruolo del padre e della madre come a quello dei figli. Come dicevo, la Chiesa con il Concilio di Trento ribadisce la sacramentalità del matrimonio e la sua indissolubilità; di avviso diverso era il Protestantesimo. Pensare che le due prospettive possano essere ricondotte ad una disputa di ordine solamente teologico mi sembra riduttivo. Il Protestantesimo  coincide con l’ascesa del modello economico capitalista e con l’affermazione sul piano della teoria politica del Liberalismo e del patto/contratto come fondamento della società civile come dello Stato. Il Patriarcato come sistema, e il  padre nell’ambito della famiglia, si appresta a diventare il borghese. La borghesia, dopo aver acquisito prima il potere economico e dopo anche quello politico, si sostituisce all’aristocrazia di origine feudale, perpetuando l’idea del matrimonio come strumento funzionale all’accumulazione del capitale: il “posto” del padre diventa quello del “capitano” che organizza e amministra la famiglia in quanto azienda.  Più che la Riforma Cattolica messa a punto con il Concilio di Trento, è il Protestantesimo[15] la leva per lo sviluppo del capitalismo.

Il XIX secolo rappresenta il tempo del trionfo della borghesia, della Rivoluzione industriale e anche la nascita delle prime istanze miranti al suo superamento o alle riforme da apportarvi. Tra i principali critici al sistema capitalista è da ascrivere, senza ombra di dubbio, F. Engels[16] e, rispetto al tema che sto trattando, il saggio dal titolo L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato. A proposito dei dimostranti a cui facevo riferimento iniziando questo articolo, devo presumere che, almeno alcuni di loro, facciano riferimento a quanto esposto da Engels nel suo saggio ma soprattutto al post-modernismo ormai egemone tanto a Sinistra quanto a Destra: per molti versi il post-moderno è quanto di più funzionale ci sia al liberalcapitalismo contemporaneo che fa dell’esaltazione dell’individualismo il suo credo.

Engels[17] ispirandosi al lavoro di Bachofen scriveva: <<Il rovesciamento del matriarcato segnò la sconfitta sul piano storico universale del sesso femminile. L’uomo prese nelle mani anche il timone della casa, la donna fu avvilita, asservita, resa schiava delle sue voglie e semplice strumento per produrre figli. Questo stato di degradazione della donna come si manifesta apertamente, in specie tra i Greci dell’età eroica e, ancor più, dell’età classica, è stato poco per volta abbellito e dissimulato e, in qualche luogo, rivestito di forme attenuate, ma in nessun caso eliminato ( …) Il primo effetto del dominio esclusivo degli uomini, fondato allora, si mostra nella forma intermedia della famiglia patriarcale, che affiora in questo momento (…)>> Continua poi Engels: <<E quando, col prevalere della proprietà privata sulla proprietà comune e con l’interesse dell’eredità, il diritto patriarcale e la monogamia ebbero il sopravvento, tanto più la conclusione del matrimonio divenne dipendente da considerazioni economiche. Sparisce la forma del matrimonio a compra, ma la cosa si estende sempre più, sicché non solo la donna, ma anche l’uomo, riceve un prezzo che non dipende dalle sue qualità personali ma dal suo possesso. Che l’inclinazione reciproca dei contraenti dovesse essere il motivo prevalente nella conclusione delle nozze, nella pratica delle classi dominanti, fin dal principio, era rimasto un fatto inaudito: cose simili avvenivano al massimo nel romanticismo o… tra le classi oppresse che non contavano nulla. (…) Questo era lo stato di cose che la produzione capitalistica trovò quando, dopo l’epoca delle scoperte geografiche, si accinse a dominare il mondo, grazie al commercio diffuso su scala mondiale e alla industria manifatturiera. Si deve dunque pensare che una tale maniera di concludere i matrimoni le si dovesse adattare in modo eccezionale; e così era infatti. E tuttavia (l’ironia della storia è imperscrutabile) fu proprio la produzione capitalistica ad aprire una breccia decisiva in quella maniera di concludere matrimoni. Trasformando tutte le cose in merci, essa dissolse tutti gli antichi rapporti tradizionali, e mise al posto del costume ereditato e del diritto storico, la compravendita e il «libero» contratto. E così il giurista inglese H. S. Maine credeva d’aver fatto un’enorme scoperta, dicendo che tutto il nostro progresso, rispetto alle epoche anteriori, consiste nell’esser passati from status to contract, da condizioni tradizionali ereditate a condizioni liberamente contratte. Ma questo, nella misura in cui è esatto, si trova già nel Manifesto dei comunisti[18]. Ma per la conclusione di un contratto occorrono uomini che possano disporre liberamente della propria persona, delle proprie azioni, dei propri possessi, e che stiano l’uno di fronte all’altro forniti di uguali diritti>>. Per Engels, l’ordine patriarcale sarà spazzato via dalla fine del sistema di produzione capitalista. Scrive Engels in merito: << Quello che noi oggi possiamo dunque presumere circa l’ordinamento dei rapporti sessuali, dopo che sarà spazzata via la produzione capitalistica, il che accadrà fra non molto, è principalmente di carattere negativo, e si limita per lo più a quel che viene soppresso. Ma che cosa si aggiungerà? Questo si deciderà quando una nuova generazione sarà maturata. Una generazione d’uomini i quali, durante la loro vita, non si saranno mai trovati nella circostanza di comperarsi la concessione di una donna col danaro o mediante altra forza sociale; e una generazione di donne che non si saranno mai trovate nella circostanza né di concedersi a un uomo per qualsiasi motivo che non sia vero amore, né di rifiutare di concedersi all’uomo che amano per timore delle conseguenze economiche. E quando ci saranno questi uomini, non importerà loro un corno di ciò che secondo l’opinione d’oggi dovrebbero fare; essi si creeranno la loro prassi e la corrispondente opinione pubblica sulla prassi di ogni individuo. Punto>>. Purtroppo il pronostico di Engels si è rivelato errato. Ad essere stato spazzato non è il Capitalismo e con esso il Liberalismo ma il sistema patriarcale. A ciò ha contribuito in modo rilevante il post-modernismo. F. Lyotard[19]  che è diventato funzionale alla logica propria del mercato dove contano gli individui e l’uguaglianza formale tra di essi. Scrive Lyotard: << L’oggetto di questo studio è la condizione del sapere nelle società sviluppate. Abbiamo deciso di chiamarla “ post-moderna” (…) Essa designa lo stato della cultura dopo le trasformazioni subite dalle regole dei giochi della scienza, della letteratura e delle arti a partire dal XIX secolo. Tali trasformazioni saranno messe qui in relazione con la crisi delle narrazione>>[20], continua oltre: <<Semplificando al massimo, possiamo considerare “post-moderna” l’incredulità nei confronti  delle meta-narrazioni. Si tratta indubbiamente di un effetto del progresso scientifico ;  il quale tuttavia presuppone a sua volta l’incredulità ( …) La funzione narrativa perde i suoi funtori, i grandi eroi, i grandi pericoli, i grandi peripli ed i grandi fini>>.

Le trasformazioni tecnologiche, aggiungo io, in combinato disposto con la necessità del capitalismo di riposizionarsi alla ricerca di nuovi mercati, ha fatto sì che le funzioni tradizionali, tra queste il “posto” del padre, diventassero superflue. Il capitalismo post-moderno è fluido, globale, precario, flessibile, non ha più bisogno di un sistema patriarcale. La famiglia patriarcale con il padre modello educativo, autorevole, punto di riferimento dei figli diventa una esternalità secondo la logica del capitalismo liberale o, come si chiama da qualche tempo, neoliberale. L’idea che il patriarcato fosse legato a quella della famiglia come unità produttiva e riproduttiva che, attraverso la divisione sociale del lavoro all’interno dell’unità produttiva famiglia massimizzasse il sistema economico anch’esso capitalista, è diventata obsoleta. L’idea stessa della proprietà tradizionale è venuta meno trasformandosi. La ricchezza immobiliare elemento fondamentale della famiglia patriarcale è andata in crisi. Oggi la ricchezza, per le classi sociali proprietarie, è prevalentemente mobiliare ( partecipazioni azionarie, titoli del debito pubblico ecc. ) l’Italia che è una società legata ancora alla proprietà immobiliare ha visto negli anni la proprietà privata trasformarsi da immobiliare a mobiliare: oltre il 50% della ricchezza privata appartiene ormai alla seconda categoria. Oggi, più che la ricchezza del singolo individuo, conta l’indebitamento di ciascuno. Quindi, se la famiglia come unità produttiva è diventata una esternalità che crea problemi al funzionamento naturale del mercato, stessa cosa dicasi della famiglia come unità riproduttiva. Che sia andata in crisi lo prova la riduzione del numero di figli per nucleo familiare. Nei Paesi avanzati, si parla ormai di “inverno demografico”. Crescere un figlio è diventato un costo per il sistema economico e contestualmente è limitante della libertà individuale. La riproduzione è diventata più o meno, a seconda dei casi, una libera scelta che prescinde persino dall’aspetto strettamente sessuale. La riproduzione è una scelta individuale che può scaturire tanto da una relazione sessuale quanto da forme di riproduzione indipendenti dall’atto sessuale. Pratiche come quella dell’utero in  affitto o, come si dice seguendo il linguaggio politicamente corretto, la G.P.A, il riconoscimento di benefit quali il “congelamento degli ovuli” per le donne lavoratrici, inoltre, sono tutti indicatori assai chiari del mutamento della struttura sociale ed economica dell’ultimo mezzo secolo che sta progressivamente trasformando l’aspetto produttivo e riproduttivo della famiglia tradizionale comportando la fine della famiglia patriarcale. Al sistema liberal–capitalista servono individui liberi, flessibili, disponibili, fluidi.  Con l’abbattimento della struttura famigliare propria della modernità e con il superamento delle differenze sessuali in nome del genere, per cui la stessa identità sessuale, o meglio il genere, diventa una pura e semplice costruzione culturale legata a fattore produttivi e riproduttivi. Il sistema liberal–capitalista ha certamente liberato l’uomo e questo è vero. È ancora più vero che lo abbia reso schiavo ancora più massicciamente legandolo alle esigenze imperiture del capitale.

Scrive appunto Donna J. Haraway[21]: << Le identità appaiono contraddittorie, parziali e strategiche. Genere, razza e classe non possono più essere posti alla base di una fede in un’unità “ essenziale” , dopo di che si è fatto tanto per affermare la loro costituzione storica e sociale. Non  c’è nulla nell’essere “ femmina” che costituisca un legame naturale tra le donne: non esiste neppure lo stato di “essere “femmina: anche questa è una categoria altamente complessa, costruita attraverso discorsi sessuali e scientifici, pratiche sociali di vario genere (…)>> Se le identità sono fratturate al punto che persino l’identità dell’essere femmina è venuta meno, allora possiamo dire che il liberal-capitalismo ha raggiunto il suo obiettivo: costruire individui incapaci di produrre antagonismo reale. Per cui, scendere in piazza per manifestare contro qualcosa che nelle società post–moderne occidentali non ha più cittadinanza politica e culturale, equivale ad assecondare il sistema di sfruttamento capitalista a difesa della libertà delle élites, quelle sì consapevoli e in grado di gestire il sistema o meglio il non–sistema, contro masse prive di qualsiasi coscienza ridotte a semplici fattori di produzione, in molti casi a semplici consumatori.

In conclusione, dunque,, nel capitalismo post–moderno non c’è più posto né per il padre e nemmeno per la madre per la semplice ragione che la funzione produttiva e riproduttiva è stata talmente atomizzata e individualizzata: le identità e i ruoli sopra richiamati sono il retaggio di una modernità ampiamente superata.

Dio, Patria e Famiglia è stato sostituito da Mercato, Capitale e Fluidità!

 

[1] J.J. Bachofen. Il matriarcato.Ricerca sulla ginecocrazia del modo antico nei suoi aspetti religiosi e giuridici. Piccola Biblioteca Einaudi Vol. I – II .1988

[2] E.G. Davis . The first sex . 1971

[3][3] E. Morgan. L’origine della donna . Ed. Einaudi 1972

[4] H. Goettner – Abendroth. Le società matriarcali Studi sulle popolazioni indigene nel mondo. Venexia 2013

  1. Leonelli . Le Società matriarcali e il loro significato politico. Tesi di Laurea Anno accademico 2013 – 14 Università degli studi di Torino. Consultabile in rete

[5] R. Coler. Il regno delle donne. Ed. nottetempo 2021

[6] E. Cantarella. Come uccidere il padre. Genitori e figli nel mondo antico. Ed. Feltrinelli 2018

  1. Cantarella . Gli inganni di Pandora. L’origine della discriminazione di genere nella Grecia antica. Ed Feltrinelli 2022
  2. Cantarella. Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico. Feltrinelli 2022
  3. Cantarella. L’amibiguo malanno. La donna nell’antichità greca e romana. Feltrinelli 2013.

[7] D. Lenzen. Alla ricerca del padre Ed. Laterza 1994

[8] M. Quillici[8] Storia della paternità. Dal pater familias al mammo Fazi Editore 2010

[9] G. Vico . La Scienza Nuova. Ed. Bompiani 2012

[10] Abelardo ed Eloisa – Lettere . Ed. BUR 1996

[11] cit. da Storia della famiglia in Europa. Dal Cinquecento alla Rivoluzione francese a cura di M. Barbagli e D.I. Kertzer Ed Laterza 2001 pag. XXVI

[12] F. Conte. Gli Slavi. Le civiltà dell’Europa centrale e Orientale, Giulio Einaudi Editore, 1991 pag. 172

[13]

[14] R. Sarti in Vita di casa. Abitare, mangiare, vestire nell’Europa moderna, ed. Laterza 1990, pag. 13:

[15] M. Weber, L’Etica protestante e lo spirito del capitalismo. Ed Sansoni 1991

[16] Archivio Marx – Engels .L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato. Traduzione di Dante della Terza   1950

[17] Ibidem nota 14 cap. II La famiglia

[18] K. Marx – F. Egels . Manifesto del Partito Comunista. Ed. Laterza  1999

[19] F. Lyotard. La  condizione postmoderna. Ed. Feltrinelli 1981

[20] Ibidem nota 15 pagg. 5 e 6

[21] D. J. Haraway. Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo. Ed. Feltrinelli 1995 pag. 47

Nessuna descrizione disponibile.

Fonte foto: da Google

2 commenti per “Il posto del padre e la deriva post–moderna

  1. Giulio larosa
    25 Marzo 2023 at 9:32

    Molto interessante grazie

  2. 25 Marzo 2023 at 16:16

    Questa frase fornisce la chiave interpretativa di alcune notizie di questi giorni e risolve l’enigma dell’attuale condizione maschile:
    “Il capitalismo post-moderno è fluido, globale, precario, flessibile, non ha più bisogno di un sistema patriarcale. “

Rispondi a Giulio larosa Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dichiaro di essere al corrente che i commenti agli articoli della testata devono rispettare il principio di continenza verbale, ovvero l'assenza di espressioni offensive o lesive dell'altrui dignità, e di assumermi la piena responsabilità di ciò che scrivo.