Il sesso, l’amore e la morte

Il sesso risponde a stimoli elementari dell’animo umano. Esso, anzi, non distingue affatto l’uomo (e la donna) dall’animale. Ci sono delle realtà precise: parti anatomiche, richiami, gesti che pro-vocano direttamente l’attrazione sessuale. E’ un istante, un bagliore di eccitazione che chiede di essere soddisfatto: talune volte, la presenza fisica dell’altro non richiede affatto la sua collocazione in un ruolo o in un’identità. Soprattutto per gli uomini, ai quali la natura ha imposto un ruolo diverso da quello delle femmine, non sempre i sentimenti sono necessari per fare sesso: bastano i richiami del corpo e, talvolta, neppure la visione del viso è necessaria. Per i maschi, anzi, la sensazione di pericolo (di assenza di “copertura” sentimentale) che si lega alla sessualità, non soltanto non è un deterrente, ma spesso è addirittura uno stimolo.

La natura ha affidato a ciascun sesso un compito preciso: ai maschi è richiesto di auto-selezionarsi sulla base della maggiore o minora audacia, forza o anche aggressività. L’inconscio dell’uomo sa che deve vincere una concorrenza agguerrita se vuole fare sesso e che nessuna femmina sarà disponibile ad accogliere le sue attenzioni se egli non ha fatto nulla per meritarselo. Per i maschi, dunque, la sfera della sessualità si lega strettamente ad un pericolo di morte ed essi non possono che prestarsi di buon grado a questo gioco eterno, sottomettendosi ad una selezione drammatica fatta di scontri e di sangue, sotto gli occhi di femmine inflessibili e giudicanti. Ma questo non basta per dissuaderli: i maschi sono disposti a morire pur di assecondare il compito che la natura gli ha scritto, ossia riprodursi. È evidente: il fine della natura è quello di perpetuare la specie dando a ciascun sesso un ruolo specifico. Della felicità degli esseri umani, in quanto singoli, la natura non si cura affatto.

L’amore, invece, è tutta un’altra storia. Esso, infatti, non può essere affatto limitato a fatti di tipo fisico. Non riguarda esclusivamente, come nel caso del sesso, il proprio inconscio istintuale e la propria filogenesi di genere. L’amore è anzitutto un fatto storico e culturale e si manifesta a seconda delle epoche storiche in maniera differente. In ogni caso, e molto in generale, non si può parlare d’amore se non si presuppone un radicamento fortissimo di se stessi nell’identità dell’altro e di quella dell’altro nella propria: condivisione di progetti e tenerezza, smania di essere riconosciuti e voglia irrefrenabile di riconoscere, fame inesausta di crescere nell’intesa e desiderio di cucire sull’altro il proprio mondo. Insomma, quando si parla dell’amore si ha di mira ciò che fa dell’altro il proprio rifugio più intimo, laddove la comprensione diviene asilo estremo, capace di proteggere dalla fredda ed impassibile durezza del mondo.

 

56 commenti per “Il sesso, l’amore e la morte

  1. gino
    3 dicembre 2017 at 14:42

    la prima parte dell’articolo è completamente errata.
    il legame sesso-pericolo per il maschio è un costrutto culturale che si forma solo in società in cui, culturalmente, si crea un’artificiale scarsità di femmine tramite una, culturale, forte riduzione dell’offerta di sesso femminile.
    non ha nulla di naturale.
    nella specie homo sapiens le femmine non hanno un periodo di estro limitato e quindi, in natura, offrono sesso sempre, anzi, anche più di quanto i maschi domandano, data la maggiore potenza orgastica femminile.
    basta studiare un po’ di antropologia culturale per rendersene conto.
    la NOSTRA repressissima società ha costumi sessuali lontani anni luce dalla natura della nostra specie, costumi nati da una tribù del deserto mediorientale nel II millennio a.c. e poi esportati con la violenza.

    • Antonino Lomonaco
      3 dicembre 2017 at 22:02

      Caro Gino, basta studiare un po’ di antropologia culturale, come dici tu, per scoprire che, allo stesso modo di ciò che spesso avviene anche fra le altre specie animali, i maschi più “potenti” cercano di coprire e gestire quante più femmine possibili.
      Per cui la considerzione di Antonio Martone è adeguatamente ponderata 🙂

      • gino
        4 dicembre 2017 at 0:14

        se tu avessi letto non dico tanto, ma 20 pagine di antropologia culturale sapresti che:
        – in natura la specie umana si organizza in modo MATRILINEARE
        – anche se abbiamo fatto di tutto per ammazzarli, i matrilineari (come numero di culture) ancora qualche decennio fa erano maggioranza (levi-strauss: “antropologia strutturale”)
        – in una cultura matrilineare sicuramente NON ESISTE “coprire e gestire quante più femmine possibili” o comunque la cosa è reciproca
        – “le altre specie animali” sono migliaia, ognuna ha i suoi schemi, la tua affermazione non ha senso, consigliasi anche studiare etologia.

        • Fabrizio Marchi
          4 dicembre 2017 at 0:54

          Io (ti) consiglio anche un pizzico di umiltà…necessaria nella vita quanto lo studio dell’antropologia, della etnologia, della filosofia, della storia, della matematica, della fisica, delle lettere classiche, di quelle moderne, della biologia, della filologia, della geografia, e di tante altre cose ancora di cui naturalmente nessuno di noi sarà mai in grado di sapere quasi nulla…L’umiltà (un pizzico eh, mica tanto…) non c’è bisogno di studiarla, però forse è addirittura più difficile acquisirla…senza offesa eh…

          • gino
            4 dicembre 2017 at 1:13

            tranquillo, non mi offendo :))
            comunque i libri di malinowski e levi-strauss comprateveli…

        • Antonino Lomonaco
          4 dicembre 2017 at 8:16

          Quoto del tutto i consigli di Fabrizio Marchi, non mi dilungo in una polemica di principi, invece che di ragionamenti su dati, in questioni del tuitto aperte.

          Saluti

      • Antonio Martone
        4 dicembre 2017 at 10:48

        Caro Antonino, vedo con piacere che hai compreso perfettamente e sinteticamente il mio scritto e sono lieto di trovarti d’accordo. D’altra parte, come ricordava anche Fabrizio Marchi, il richiamo alle fonti (soprattutto quando queste sono lette in maniera parziale o inadeguata) diventano a volte piuttosto un ostacolo per la comprensione del reale che un autentico vantaggio. Per esempio, quando in Levi Strauss si evoca la cultura matriarcale si realizza uno studio assai importante e significativo teso a mostrare quella stessa cultura come emersa dalla necessità da parte delle donne di spezzare il cannibalismo padre-figlio nato per il possesso sessuale delle donne. Non si mette in dubbio, tuttavia, anzi la si rafforza, né l’attitudine poligamica da parte degli uomini né la tendenza da parte della donna ad offrire “sesso per carne”. Piuttosto, ciò che è centrale in Levi Strauss è lo studio sulla proibizione dell’incesto e qui si entra nella dimensione della pratica esogamica che però ci porta verso i territori della culturalizzazione. Ti ringrazio di cuore

        • Antonio Martone
          4 dicembre 2017 at 10:57

          E, ovvamente, “offrire sesso per carne” implica una selezione assai rigorosa da parte delle donne di coloro che meglio sapranno adempiere alla caccia predatoria. Inoltre, la matrilinearità in levi Strauss, come sa chiunque abbia appena aperto uno dei suoi libri e conosca anche in maniera apparossimativa l’etno-antropologia strutturalista, non cambia affatto la struttura di potere nella famiglia e fuori dalla famiglia: ffidato quasi esclusivamente ai maschi cacciatori. Si consideri, ad esempio, l’importanza della figura dello “zio”…

  2. Rino DV
    3 dicembre 2017 at 21:53

    1- L’articolo induce qui a dibattere l’argomento periglioso della natura umana (pulsioni, istinti, …) affrontando il duplice e ben noto paradosso: i materialisti – rigidamente darwiniani, mentre giurano sull’unità del vivente, e quindi sulla natura – negano l’esistenza di una natura umana. Tanto che, se vuoi venir subito liquidato e “ricacciato a Dx” non hai che da sostenerne l’esistenza. Sei finito. I Credenti, d’altra parte, mentre assegnano l’origine della specificità umana ad una dimensione metafisica, al tempo stesso giurano che la natura umana esiste. Sembra assurdo, ma è così. Tuttavia, oggi, l’unità del mondo biologico è un’acquisizione posta in dubbio solo da una minoranza degli stessi Credenti. Che gli umani siano “scimmie nude” (parlanti) non può essere oggetto di querelle scientifica.

    2- La negazione dell’esistenza della natura umana è un dogma per tutta la Sx da sempre. La ragione risiede nel fatto che tale asserzione è stata utilizzata nei millenni come strumento di legittimazione degli interessi delle classi dominanti. Non vi è altra ragione che questa. Ed è la stessa ragione per la quale la natura umana viene negata dal femminismo che legge l’intera storia come usurpazione maschile giustificata da quella tesi. Nel caso del femminismo però emerge subito una contraddizione, giacché mentre esso nega ogni differenza naturale (genderismo) afferma e giura che esistono le differenze (tutte a vantaggio delle femmine, questo è ovvio). E’ il c.d. “femminismo della differenza”.
    .
    Il presupposto è banale: tutto ciò che i miei nemici hanno affermato è falso ed è falso perché lo sostengono loro. Ciò garantisce della falsità dell’asserto. Ma vi è anche una utilità prospettica: se esiste una natura umana come ipotizzare una rigenerazione dell’umanità? La prospettiva della rivoluzione sociale esige che la si neghi. E perciò la si nega. Tale negazione dunque non ha alcun fondamento scientifico precisamente come non l’aveva la tesi contraria fino a Darwin (e non poteva averla). La ragione dell’una e dell’altra sta semplicemente nella opposta utilità politica. E’ dunque impossibile che la Sx riconosca mai l’esistenza della natura umana. Misconoscimento che è stato e sempre sarà una delle ragioni del suo eterno fallimento.

    3-Tra gli elementi costitutivi della natura umana c’è l’istinto sessuale. Su questo l’autore dell’articolo sostiene tesi corrette (scientificamente, dunque non politicamente) che possono solo essere integrate e completate.
    .
    Ad esempio non userei il termine “morte”, mi limiterei a qualificare il comportamento sessuale maschile dicendo che gli uomini sono costretti a mettersi in gioco, a spendersi, a rischiare, trascinativi appunto da quella forza invincibile (per la maggior parte di essi). Non userei neppure il termine “amore” ma lo denominerei “bisogno”. Vi aggiungerei una chiosa sul fatto che l’istinto sessuale femminile è di tutt’altra specie e va in tutt’altra direzione. In sintesi, il sesso è per l’uomo lo scopo, per la donna uno strumento.
    .
    L’uomo “amato” è colui che la donna autorizza a darle ogni cosa, compresa la vita. Per l’uomo il sesso è l’esito del dare, per la donna il calcolo del ricevere. Da questo stato di cose deriva quella che in passato veniva definita “naturale ritrosia femminile” (e siamo di nuovo nel politicamente scorretto).
    .
    Fra le molte implicazioni vi è questa, che – se c’è stato sesso – i due carabinieri di Firenze sono sicuramente colpevoli, al pari dei cinque de La Manada, ora a processo in Spagna. Giacché è impossibile che una donna sia consenziente al sesso con più uomini, sconosciuti, di classe sociale inferiore alla loro, esercitato per pure finalità ludiche, senza benefici, senza prospettive, senza legami, come invece è per gli uomini (etero e gay). E’ impossibile. Lo ha stabilito Darwin.
    .
    Certo, sarebbe bello se le cose stessero diversamente. Invece stanno come stanno.

    • gino
      4 dicembre 2017 at 0:06

      anche tu confondi ciò che avviene solo nella NOSTRA società con “natura umana”.
      consigliasi studiare etnologia. senza offesa eh…
      concordo comunque che l’inesistenza del concetto di natura umana è un gravissimo difetto della sx. ma non so se a causa della necessità politica di rivoltare la società o perchè la sx stessa è zeppa di “snaturati” che non sopportano di sentirsi tali.

    • Antonio Martone
      4 dicembre 2017 at 10:52

      Caro Rino, considero il tuo intervento un prezioso contributo parallelo al mio articolo. Direi che siamo d’accordo su tutto e sono lieto di verificare che su questo tema difficile vi sia da parte di molti (e tu ne sei un esempio significativo) un notevole grado di consapevolezza. Il fatto che ciò avvenga in un periodo di prevalenza culturale dell’ideologia femminista politicamente corretta rende il tutto ancora più prezioso. Un caro saluto da Napoli

  3. Aliquis
    4 dicembre 2017 at 8:18

    Sono d’accordo con Gino.

  4. Fabrizio Marchi
    4 dicembre 2017 at 8:29

    @Gino: ho letto qualcosa di Levi Strauss ma non è un autore che mi appassiona anche se condivido che abbia fatto degli studi interessanti in tema. Ciò detto, nessuno di noi può sapere tutto di tutto e di tutti, perciò ribadisco il mio consiglio: un po’ più di umiltà, perché se tutti ci mettessimo a consigliare agli altri le letture e gli studi che abbiamo fatto, scopriremmo tutti di conoscere ben poco. Quindi, calma e gesso, esprimiamo liberamente la nostra opinione ma evitiamo di dire agli ciò che dovrebbero leggere. Oltretutto, te lo dico in franchezza, sono giunto da un po’ di tempo alla conclusione che ciò che conta non è l’erudizione ma la nostra capacità di leggere la realtà con lucidità e di saperla capire e interpretare, con la stessa lucidità. E questa capacità, secondo me, ha ben poco a che vedere con l’essere eruditi. Hegel diceva che la filosofia è il nostro tempo appreso nel pensiero (poi secondo me lui l’ha compreso ben poco o forse anche troppo… dipende dai punti di vista, ma questo è un altro discorso…). Ecco, se è così, ed io sono convinto che sia così, i fatti mi dicono che non c’è bisogno di aver studiato Hegel o Levi Strauss (o chiunque altro) per capire come funziona realmente il mondo nel momento storico dato nel quale siamo stati gettati. Fior fiori di “intellettuali” (non parlo degli opportunisti, che sono la maggior parte, ma di quelli relativamente in buona fede) non hanno capito una beata mazza di come vanno le cose nonostante tutti i libri letti. Al contrario, mi permetto di dire che “operaiacci” del pensiero come noi (e non solo del pensiero, in alcuni casi, ma nel senso proprio del termine) che sicuramente hanno letto e studiato molto di meno rispetto a quegli intellettuali, lo hanno capito perfettamente.
    Per cui, ancora una volta, calma e gesso e un pizzico di umiltà, che è sempre sinonimo di saggezza.

    • gino
      4 dicembre 2017 at 10:32

      sì però perchè ad antonio martone non consigli la stessa umiltà, visto che gioca al piccolo antropologo?
      l’erudizione non è sufficiente, hai ragione, ci vuole anche:
      – onestà
      – capacità intellettiva di comprendere quello che studi
      – verifica sul campo di quello che studi.
      allora, io vivo in sudamerica da 20 anni (e lo frequento da 30) e certe cose studiate le ho pure verificate.
      ma senza erudizione, ovvero senza avere le armi conoscitive culturali, la sola osservazione ti porta a sparare bufale che poi il “nemico politico” usa per fregarti.

      riassumendo:
      – la visione di un passato tremendo fatto solo di lotta è una bufala
      – che in questo passato la nutrizione si basasse solo sulla caccia è una bufala
      – che le donne premiassero col sesso i migliori cacciatori è una bufala
      – che gli uomini lottassero fra loro per le donne è una bufala
      – che sia naturale che le donne scrocchino gli uomini è una bufala

      se uno conosce un minino di antropologia, meglio se verificata sul campo, sa che questa visione è una bufala. per questo mi indigno quando leggo certe cose.
      tra l’altro, se considerate naturali certe cose (che io considero artificiali) non vedo perchè lottare per un futuro migliore.
      tra l’altro sta visione dell’uomo che traspare dall’articolo è la stessa della destra… sapevatelo.

      • Fabrizio Marchi
        4 dicembre 2017 at 11:02

        A Martone non consiglio la stessa umiltà perché non è lui che è venuto qui a dire “Leggete questo e leggete quest’altro” con il sottinteso “Se non sapete le cose e se siete ignoranti in tema è meglio che tacete”… Ho sempre pensato che la democrazia è il confronto fra “ignoranti” e che se avessero diritto a parlare solo i “competenti”, l’intera umanità dovrebbe stare in silenzio. E ribadisco ancora, con convinzione, che la capacità di leggere la realtà con lucidità è una prerogativa di alcuni, purtroppo non di tutti, anzi, forse solo di una minoranza (anche se ciascuno è convinto di avere la chiave giusta…), e che questa capacità ha ben poco se non nulla o quasi a che vedere con l’erudizione. Di questo sono assolutamente certo. Chi ha vissuto una determinata esperienza storica, ad esempio, che so, il fascismo (ripeto che è solo un esempio a caso fra i tanti), non ha bisogno di aver studiato dei libri per capire che cosa è il fascismo, perché lo ha conosciuto direttamente, sulla propria pelle, mi verrebbe da dire. Dopo di che spettava e spetta a lui leggere quella realtà che lui ha vissuto con occhi lucidi. E questo non ha nulla a che vedere con i libri. E naturalmente il discorso vale per qualsiasi contesto storico e sociale.
        Per quanto riguarda la “destra e la sinistra”, è maldestro da parte tua (che peraltro, secondo questo schema, fai discorsi non di destra ma di ultradestra, come quello che l’omosessualità sarebbe una patologia o una dissociazione…) venirci a dire che certe considerazioni sarebbero di destra e non di sinistra. Intanto quello di Martone è un articolo di “cultura”, ha espresso la sua opinione che non è detto che sia quella di tutti noi. Un conto è un articolo politico, allora in quel caso è ovvio che debba in qualche modo rispecchiare la linea politica del giornale (anche se, per la verità, abbiamo lo spazio delle lettere e quello dei contributi, dove lasciamo spazio anche a chi non la pensa come noi), e un altro è un articolo culturale, come il suo nella fattispecie.
        Dopo di che, sappiamo perfettamente che la vulgata ideologica di “sinistra”, liberal, politicamente corretta, femminista ecc. oggi è del tutto omogenea se non organica al sistema capitalista dominante (come la destra, sia chiaro), quindi il problema non si pone proprio per quanto mi riguarda. A destra si sostengono alcuni concetti che a mio parere, marxista eretico e non ortodosso del XXI secolo, sono validi? Ben vengano, che problema c’è, se veramente ci sono. Dire che esiste una “natura umana” è di destra? Bah…secondo me è solo di buon senso, anche se io penso che è comunque estremamente difficile definirla proprio perché penso da sempre che natura e cultura siano indissolubilmente legate, che gli esseri umani sono esseri naturali e culturali nello stesso tempo (e dotati di linguaggio) e che questa è la loro peculiarità, ciò che li rende unici nel loro genere rispetto alle altre specie. E penso che sia la vulgata “culturalista di sinistra” che quella “ontologista di destra”, sempre per semplificare, siano in grave errore. Presunzione da parte mia? Può essere ma è ciò che penso e non posso farci nulla.
        Ciò detto, qui non stiamo a fare una gara tra chi è più di sinistra e chi è più di destra. Qui stiamo cercando di capire come funziona il mondo in cui siamo stati gettati, nostro malgrado, nella fattispecie il contesto storico, sociale e culturale nel quale siamo. Ci serviranno gli studi di Levi Strauss? Certo che sì, anche, come ci serviranno gli studi di tutti. Del resto, non c’è mai limite al sapere, meglio sapere di più che sapere di meno, questo è ovvio. Ma anche il sapere di più, se non è accompagnato da quella scintilla (non mi dire che origine ha perché non sarei in grado di risponderti, è come se mi chiedessi come fa Maradona a palleggiare in quel modo, e io non posso che rimandarti a quella peculiarità umana, cioè quella miscela di natura e cultura, estro, intelligenza, intuito, creatività ecc.) a cui facevo riferimento prima, potrebbe essere, come in effetti molto spesso è, del tutto inutile, per lo meno ai fini di quella critica dell’esistente che a quanto pare, sta a cuore a te quanto a noi…

        • Antonio Martone
          4 dicembre 2017 at 14:18

          Caro Fabrizio, sono assolutamente d’accordo con il tuo intervento il quale è capace di mostrare quanta differenza risiede fra un ricercatore vero e un presuntoso arrogante. Sulla natura differente fra uomo e donna, vorrei soltanto accennare al fatto che io ne ho parlato dal punto di vista etologico, con particolare riferimento ai mammiferi (che siamo noi: lo dico a beneficio di chi, a furia di studiare antropologia, non lo sapesse) e relativamente al solo ambito sessuale. per quanto riguarda poi il radicamento storico culturale, non l’ho affatto negato (e ci mancherebbe: che l’uomo sia un “animale storico” è un assunto irrinunciabile di tutta la cultura hegelo-marxista. E anche, nel mio piccolo, di tutti i miei libri. Non è un caso che, nella seconda parte dell’articolo (il pezzo dedicato all'”amore”) allude direttamente alla questione storico-culturale e alla sua difficile combinazione con gli “istinti”. Detto questo, caro Fabrizio, ti saluto con affetto e gratitudine e ti ringrazio per il tuo inesausto lavoro a favore dell’informazione e del confronto culturale democratico.
          E, ovviamente, grazie anche a coloro che hanno letto e commentato il mio articolo.

        • Antonio Martone
          4 dicembre 2017 at 14:28

          E grazie anche, mio caro Fabrizio, per avermi consentito di giocare al “piccolo antropologo”: mi sono molto divertito nonostante la soggezione che ho provato nel sentirmi al cospetto di un “grande antropologo”.

  5. Antonio Martone
    4 dicembre 2017 at 10:58

    Grazie per i graditi commenti e buon lavoro a tutti…

  6. Rino DV
    4 dicembre 2017 at 18:19

    A- Nel terzultimo msg Antonio svela la ragione della nostra convergenza. La mia lettura dei fatti umani (che ovviamente può non essere condivisa, è superfluo dirlo) è fondata, come la sua, sull’etologia umana, relativamente alla quale l’antropologia è complementare. Questa infatti cerca il diverso (la differenziazione culturale) nell’uguale (natura) mentre l’etologia umana cerca l’uguale nel diverso; ciò fa estendendo agli umani le acquisizioni dell’etologia vera e propria (che si riferisce, in termini tecnici, al comportamento dei soli animali non umani).
    .
    B- E’ ovvio, ma non è necessario sottolinearlo, che essendo gli umani scimmie nude parlanti, costruiscono, sopra le basi naturali universali, le loro culture che sono diversissime e in grado di valorizzare, estremizzare, comprimere, deformare, esaltare, inibire etc. gli orientamenti comportamentali, gli istinti, le pulsioni etc. che pur condividono con gli altri animali. Queste differenze sono appunto l’oggetto dell’antropologia. Ma sono anche una delle ragioni di esistenza della Grande Politica (quella che mira a modificare la società, non quella del piccolo cabotaggio) e che danno ad essa un senso ed un reale fondamento.
    .
    C- Quanto alla competenza, nostra e altrui, a trattare qualsiasi ramo dello scibile umano, concordo con Fabrizio. Nemmeno il pieno possesso di una disciplina garantisce in sé la corretta visione delle cose, né – tantomeno – la convergenza delle opinioni. Di ciò si possono dare letteralmente infiniti esempi passati e presenti, non solo nelle scienze umane, ma anche in quelle c.d. “esatte”. Non vi è praticamente asserzione scientifica, pur sostenuta da espertissimi, che non trovi immediatamente obiezioni contrastanti da parte di altri scienziati non meno competenti ed …espertissimi. Per non parlare di quel che accade in filosofia, sociologia, storia, psicologia etc. Mentre talvolta intuizioni rivelatesi esatte sono state appannaggio di persone meno istruite e marginali. Il che però non significa…più si è incompetenti e impreparati.. più si sa e si capisce…
    .
    Ora qualche parola provvisoriamente conclusiva (!) rispetto a quanto ho scritto nel mio primo commento.
    .
    Tra quelli che ho incrociato, Costanzo Preve è stato forse il primo filosofo marxista capace di sostenere l’esistenza della natura umana. La sua marginalità gli permetteva di farlo, o forse, viceversa, anche questa posizione (tra altre) è stata causa dell’ostracismo da cui fu colpito. Non ho approfondito il valore che egli diede a questo assunto, tuttavia lo prendo come spunto per la seguente considerazione.
    Affermare che esiste una natura umana non significa minimamente ipotizzare una politica che la assecondi, che la difenda, che da essa tragga i valori sociali. Comporta invece la presa d’atto della sua impossibile cancellazione e quindi del necessario e permanente suo contenimento, compensazione, reindirizzo. La vigilanza perpetua sulle sue espressioni antisociali e sulle tendenze regressive, violente, nocive, sempre latenti. Ciò ovviamente riguardo a quei suoi aspetti che sono orientati in quella direzione.
    .
    A ciò però va aggiunto questo, che spesso il positivo è adiacente al negativo e che addirittura qualcosa di male sia inestricabilmente legato al bene, qualsiasi cosa intendiamo con quei termini e che, nella vita sociale (come in quella individuale) nulla può venir incrementato indefinitamente senza che diventi antivitale (“Non esistono fuzioni mono-tòne” G. Bateson).
    .
    Se in quanto detto vi è qualcosa di vero, ne segue che la prospettiva adottata dal pensiero politico “progressista”, a partire dall’Illuminismo, va rovesciata. La Grande Politica di un possibile progresso (non tecnico) non ha per fondamento la bontà degli umani, né la negazione della natura, al contrario. Ha per fondamento il riconoscimento dell’esistenza irriducibile di pulsioni egoistiche, distruttive, irrazionali ineliminabili, a contenimento delle quali vanno create – o abolite – istituzioni, regole, e valori mai definitivi.
    .
    Se anche Preve la pensava così, siamo già in due.
    .
    Ricambio i cortesi saluti a Antonio, ma saluto volentieri anche Gino.
    Ho letto le sue come amichevoli provocazioni. Ottimi stimoli.

    • gino
      4 dicembre 2017 at 23:52

      ti ringrazio.
      preve non mi dispiace.
      io condivido gli obiettivi e (circa) la linea politica di questo sito. tuttavia ritengo che per poter contrastare gli avversari, e IN PRIMIS la falsa-sx di regime imperiale internazionale (di cui quella nazionale è solo il ventriloquo) bisogna rivoluzionare certe visioni, tornare alle scienze umane oneste di qualche decennio fa. onestà che oggi nelle università è difficile trovare (“tengono famiglia”).
      bisogna ritrovare idee vere, forti, di difficile impugnazione.

      lungi da me la visione rousseiana del buon selvaggio, ma falsa è anche quella del cattivo selvaggio, impregnata di narrative miopi occidentocentriche e funzionali alle “esportazioni di democrazia”.
      non solo 35 anni di studi ma anche 20 anni di vita in sudamerica mi hanno convinto di questo.

      qui ad esempio gli indios vivevano proprio dove oggi si concentrano i “civili”, lungo coste e fiumi dove abbondante è il cibo, è falsa la visione degli indios che muoino di fame come è falso che si cibino prevalentemente di cacciagione. sono le donne (raccolta e coltivazione) che forniscono a tutti l’80% del cibo e quindi sono gli uomini che si beneficiano del lavoro femminile. gli uomini forniscono solo ogni tanto i lussi (caccia, pesca).
      quindi non esiste la donna che vende il sesso per il cibo, semmai è il contrario.

      così come non esiste l’associazione sesso-violenza in quanto le donne sono abbondantissime e anche più libidinose degli uomini. l’associazione sesso-violenza è possibile solo in culture in cui la religione ha collegato inconsciamente il sesso col pericolo e la punizione per ridurlo quasi a zero.

      e non esiste l’interesse della donna per le capacità economiche maschili, perchè in culture matrilineari le donne e i figli sono protetti dal clan e non dai mariti/compagni/partners. anzi, al limite sono questi che, andando a vivere nel clan della partner, si beneficiano economicamente… mentre la loro produzione è più volta verso il proprio clan di origine.
      questo per quanto riguarda gli indios… ma questi costumi conservano evidenti elementi anche nel sudamerica “civile”.
      è per me incredibile che “ricercatori veri” non sappiano certe cose.
      e gli indios li abbiamo visti direttamente, poi circa popolazioni di migliaia di anni si possono fare poco più che illazioni fantasiose.
      le similitudini poi con gli animali sono da scartare a priori: le migliaia di specie esistenti fanno tutto e il contrario di tutto e ognuno prende solo le cose che più si confanno alla propria ideologia.

      una natura umana c’è e secondo me andrebbe più assecondata che schiacciata, anche perchè, come ho detto, non credo che sia così orrenda come dite. anzi penso che i maggiori orrori si formino a causa dello schiacciamento di questa natura.

  7. Stefania
    5 dicembre 2017 at 0:01

    Cari prof. Antonio Martone e Fabrizio Marchi, anche se spesso sono in disaccordo con voi a causa del vostro, a volte quasi “ostentato”, pregiudizio anti-femminista, la lettura dei vostri stimolanti scritti e le discussioni che da essi scatiriscono è per me, che mi sono formata alla scuola della vita, fonte di prezioso e continuo arricchimento. In particolare questo scambio di opinioni incentrato sull’esistenza o meno della “natura umana” e sulla sessualità mi ha offerto notevoli spunti di riflessione.

    • Fabrizio Marchi
      5 dicembre 2017 at 10:58

      Grazie Stefania, mi fa molto piacere (e sicuramente fa piacere anche ad Antonio Martone).
      Come puoi vedere, i più severi critici del femminismo non sono dei bruti maschilisti, trogloditi e fascisti, ma persone civili, democratiche e an che provviste di capacità raziocinanti. 🙂
      Un caro saluto e confido negli spunti di riflessione che ti forniamo.

    • Antonio Martone
      5 dicembre 2017 at 19:50

      Sono lieto di quello che hai scritto Stefania. E, oltretutto, ti sono grato della tua (a quanto dici) assidua attenzione. Un caro e affettuoso saluto…

  8. Fabrizio Marchi
    5 dicembre 2017 at 10:37

    @Rino e @Gino
    Dico la mia sulle questioni che avete posto, anche se Rino conosce già il mio punto di vista, dal momento che ci conosciamo ormai da molti anni.
    Proprio l’ultimo commento di Gino – sempre dal mio punto di vista, sia chiaro – dimostra quanto sia difficile arrivare ad una visione condivisa dello “stato di natura”. Consoliamoci, perché è una questione che ha dilaniato tutto il pensiero filosofico dai primi vagiti fino ai giorni nostri, e ancora non si è addivenuti (forse fortunatamente…) ad una posizione condivisa.
    Volendo banalizzare fino all’inverosimile e volutamente esasperare – me ne rendo ben conto (ma credo che ci capiamo…) – le vostre rispettive posizioni, potremmo dire che la concezione di Rino dello stato di natura (ammesso e non concesso che possa essere separato dallo “stato culturale”, per lo meno per ciò che riguarda gli umani, e per me come, sapete, questa separazione NON è possibile) è più vicina a quella hobbesiana, cioè il famoso “homo homini lupus” (anche se, ovviamente, le sue conclusioni sono tutt’altre rispetto a quelle a cui perviene Hobbes), e quella di Gino più vicino a quella roussoviana, in base alla quale l’uomo “felice”, il “buon selvaggio” nello stato di natura perde la sua condizione di libertà e di felicità proprio in seguito all’avvento della “cultura”, anzi, per dirla con le parole dello stesso Rousseau – tanto deprecato da Rino 🙂 – nel momento in cui “Il primo che, recintato un terreno, ebbe l’idea di dire:” Questo è mio, e trovò persone così ingenue da credergli, fu il vero fondatore della società civile…Guardatevi dall’ascoltare quell’impostore…”
    Ora, personalmente, anche se può sembrare paradossale, mi sento a metà strada fra i due, appunto perché partendo dall’assunto che la “natura umana” sia inscindibile dall’aspetto “culturale”, penso che quello stato di natura (mi riferisco agli esseri umani) non sia né quella terribile guerra di tutti contro tutti descritta da Hobbes né quello stato di serenità descritto invece da Rousseau, o meglio entrambe le due condizioni, anche se può sembrare paradossale. Ritengo, infatti, che la condizione naturale degli esseri umani sia una miscela complessa dove coesistono aspetti molto se non totalmente contraddittori che determinano, appunto, la (estrema) complessità di quella stessa condizione e della stessa umanità. In conseguenza di questa complessità, l’uomo è certamente uno “Zoon politikon”, cioè un animale sociale (e politico) ma è anche e nello stesso tempo un “homo homini lupus”.
    E’ quindi in parte in errore, a mio modesto avviso, Rino, quando dice che “La Grande Politica di un possibile progresso (non tecnico) non ha per fondamento la bontà degli umani, né la negazione della natura, al contrario. Ha per fondamento il riconoscimento dell’esistenza irriducibile di pulsioni egoistiche, distruttive, irrazionali ineliminabili, a contenimento delle quali vanno create – o abolite – istituzioni, regole, e valori mai definitivi”.
    La Grande Politica (come giustamente la definisce Rino per distinguerla dalla bassa, anzi bassissima, cucina attuale…) deve avere per fondamento, sempre dal mio punto di vista, la complessità della natura (umana) che, per nostra fortuna, non è data solo da quelle pulsioni egoistiche, distruttive e irrazionali (che pure ci sono, fanno drammaticamente la loro parte e nessuno, per lo meno non il sottoscritto, lo nega), ma anche la tendenza alla cooperazione, alla socialità (questa è più che una tendenza ma una condizione ontologica, a mio parere), e in fondo, diciamocelo, anche all’afflato etico e ad una certa aspirazione alla giustizia. E’ anche dall’incontro-scontro di queste polarità che è scaturita la storia (più conflitti verticali e orizzontali, conflitto di classe, fra stati, fra gruppi dirigenti ecc.).
    Naturalmente, e qui arrivo invece a Gino, questa complessità della questione “natura/cultura, già complessa di per sé, si è evoluta in modo diverso in base ai diversi contesti storici, culturali e sociali a anche in base a quelli naturali, ambientali, geografici. Per dirla sempre con degli esempi banalissimi (fino ad un certo punto poi, perché l’esempio che porto è in linea con il pensiero di Montesquieu che non era proprio uno sprovveduto in materia) è del tutto naturale che il capitalismo e la religione calvinista siano nate e si siano sviluppate nelle fredde terre del nord Europa e non ai Caraibi, per ovvie ragioni che non sto certo a spiegare a voi.
    Dalle stelle alle stalle (si fa per dire…), tornando a noi, cioè alla questione sessuale, posta da Gino nel suo ultimo commento, è quindi del tutto naturale che in un determinato contesto ambientale e naturale ma anche storico e culturale, quello degli indios sudamericani (o di quelli delle varie isole del Pacifico o altri contesti lontani da quello occidentale o anche asiatico), la sessualità sia stata vissuta senz’altro più liberamente, senza o con molti minori condizionamenti di ordine sociale, religioso e culturale, come è stato invece in altri contesti, quello occidentale o anche quello orientale, asiatico, arabo ecc. in tutte le loro numerose declinazioni storiche e culturali. E questo anche, e direi soprattutto, per le condizioni ambientali, climatiche, geografiche che hanno indubbiamente favorito una sessualità appunto più “naturale”. Fermo restando, questo è importante però ribadirlo, che a mio parere, anche in quel contesto molto più libero del nostro, e anche qualche millennio fa, maschi e femmine avevano (e hanno) comunque un approccio diverso al sesso. Perché io resto convinto che la pulsione maschile sia comunque di natura diversa da quella femminile, e questo anche a Tahiti duemila anni fa…(comunque un paradiso sessuale, sia chiaro, rispetto a come oggi viene vissuta la sessualità nelle nostre società malate e alienate).
    A conferma di ciò, anche io sono stato molte volte in America Latina (anche se non ci ho vissuto come Gino), e non c’è dubbio che in alcuni contesti – penso soprattutto all’area caraibica e in parte al Venezuela, alla Colombia e al Brasile, la sessualità sia vissuta in modo decisamente più disinvolto e libero rispetto al mondo occidentale, o a quello arabo-musulmano. E questo proprio perché il contesto attuale, per quanto condizionato culturalmente, risente ancora dei vecchi fasti dell’antico stato di natura. Molto diversa, infatti, la situazione in paesi come l’Argentina e l’Uruguay, che non a caso sono i paesi più “europei” del continente latino americano, o il Perù e, in parte, anche se in misura minore, il Messico, dove l’influsso della religione cattolica, con tutti i suoi condizionamenti, è stato fortissimo (e anche devastante) sotto diversi punti di vista e ovviamente anche sotto il profilo sessuale.
    Ora, io non sono un antropologo né un etologo, però provo ad ipotizzare che nelle steppe siberiane, o nella tundra, sugli altipiani del Tibet o nel deserto del Sahara, la sessualità, per ragioni di ordine climatico e ambientale (quindi naturale), anche migliaia di anni fa, prima dello sviluppo delle varie civiltà (fermo restando che la “cultura” è nata già da quando siamo scesi dagli alberi…) sia stata vissuta in modo diverso da come era vissuta nei paradisi tropicali e caraibici e delle isole del Pacifico, per evidenti ragioni che mi sembra superfluo spiegare.
    Ne consegue, se quanto detto ha una logica e un fondamento, che non esiste e forse non è mai esistita una ed una sola condizione naturale della sessualità, vissuta nello stesso modo da tutti gli umani in tutto il pianeta. E quindi non si possono prendere gli usi e i comportamenti sessuali degli indios sudamericani (poi detto così è generico, bisogna vedere quali indios e di quali regioni, ma non è questo il punto, ci siamo capiti…) come parametro di riferimento di una sessualità vissuta allo stato naturale. Perché molto probabilmente se non certamente, i comportamenti sessuali degli abitanti dell’isola di Sachalin o della Manciuria, anche migliaia e migliaia di anni fa, erano diversi da quelli in uso a Tahiti o a Cuba.
    Come vediamo, la questione vera – ma questo è il mio approccio alla interpretazione della realtà, non è detto che sia il vostro o quello di altri, altrettanto legittimo – non è tanto quello di andare alla ricerca delle origini storiche e antropologiche di un determinato fenomeno per capire se quel determinato comportamento sia naturale o sia il risultato di un condizionamento culturale, quanto quello di verificare (e non c’è nulla di più valido, sotto questo profilo, dell’esperienza empirica, per quanto mi riguarda) quanto quel determinato comportamento, uso o costume, produca sofferenza e alienazione. Sempre dalle stelle alle stalle che, metaforicamente parlando, sono quelle che preferisco, e sempre per capirci con esempi banalissimi (sono famoso per questo e ormai me ne faccio un vanto…), a me piacerebbe vivere il sesso in modo molto più realmente libero e giocoso, nella reciprocità e nella spontaneità, rispetto a come si vive realmente oggi nelle società capitaliste occidentali e, nella fattispecie, nel contesto di una società capitalista occidentale (dove il sesso è quindi nella sostanza mercificato) come quella italiana dove su di cultura cattolica, piccolo borghese e provinciale che fa parte della storia di questo paese, si è sovrapposto e incistato un femminismo sostanzialmente bacchettone, sessuofobico e criminalizzante dello stesso desiderio maschile.
    Ciò che conta, in ultima analisi, è quindi la mia condizione oggettiva (mia nel senso di qualsiasi altro uomo “normale”…). Come vivo questa condizione? Qual è la mia condizione di uomo gettato in questo contesto? Come mi sento? Sono soddisfatto o insoddisfatto? Felice o infelice?
    Porla in questo modo può sembrare banale ma non lo è affatto. Perché è dalle condizioni reali che si deve partire per trasformare la realtà, non per ragioni ideologiche ma per necessità. E qui faccio un altro esempio – e chiudo – che avevo già fatto in un altro post sempre in risposta a Gino, ma cambiando totalmente esempio. Chi è in grado di conoscere meglio il femminismo e i suoi effetti? Un accademico che si è letto tutta la letteratura femminista o un padre separato che è stato buttato in mezzo alla strada, espropriato dei figli, della casa, del reddito, ridotto in miseria e falsamente denunciato per molestie?
    La risposta è, per quanto mi riguarda: nessuno dei due, in linea teorica, perché sappiamo benissimo che la pressochè totalità degli intellettuali è allineata e coperta al femminismo, ma è altrettanto vero che ci sono tanti padri separati che pur vivendo condizioni durissime non hanno ancora preso coscienza della reale situazione e insistono con il prendersela con la “mala giustizia”…
    E quindi, si torna a quella “scintilla”, a quel “daimon”, non so come definirla, ciascuno la chiami come preferisce, che è fondamentale per fare quello scatto, cioè la conquista di quella consapevolezza, di quella coscienza (in grado di capire e respingere al mittente la “falsa coscienza”) che purtroppo, e sottolineo purtroppo, non è determinata solo dalle condizioni reali di esistenza.
    P.S. @Rino, no Preve non pensava che la natura umana fosse quella che descrivi tu. Preve era fondamentalmente un aristotelico (oltre che marxista) e pensava che la natura umana fosse appunto quella dell’uomo come “zoon politikon”.

    • gino
      5 dicembre 2017 at 15:16

      concordo su quasi tutto.

      1) c’è solo un’inesattezza: le popolazioni artiche, siberiane, molte popolazione del nepal, tibet, sichuan, ecc. hanno gli stessi costumi sessuali di quelle tropicali. perchè hanno la stessa struttura sociale (matrilineare) e quindi il parametro discriminante non è nè il clima nè la connessa difficoltà economico-alimentare.
      così come le culture limitrofe a quella ebrea del 1000 a.c. (ma anche la stessa cultura ebrea precedente ad “abramo”) avevano gli stessi costumi liberi, pur trovandosi nel deserto.
      così come la nostra cultura greco-romana è piena zeppa di indizi che mostrano un precedente substrato simile a quelle tropicali (bachofen).
      quindi quello mio degli indios era solo UN esempio entro una miriade di realtà.
      comunque l’importante è confutare la visione terroristica, assolutista e generalizzante del martone.

      2) non sono affatto rousseiano e l’ho scritto. l’uomo ha insieme pulsioni “belle” e “brutte” ed entrambe servono alla sopravvivenza e all’adattamento. il problema è che la NOSTRA cultura, per autoincensarsi, ha sempre fatto di tutto per nascondere quelle “belle” quando descrive il fantomatico “stato di natura”. e troppo spesso ci cascano pure i “ricercatori seri”.

      3) da pochi giorni scrivo qui, è impossibile spiegare un pensiero o una vita in pochi commenti. tra l’altro sono pure pigro e detesto scrivere molto.
      tutto quello che ho pensato e fatto nella mia vita è SEMPRE partito dalla realtà personale quotidiana.
      in campo sessuale ho sempre percepito la realtà italiana come castrante e, come già detto, fin dall’adolescenza previdi che il femminismo non avrebbe fatto altro che sostituirsi al cattolicesimo nel ruolo di castratore.
      solo DOPO, parallelamente ai viaggi, è venuto lo studio che semplicemente mi confermava certe intuizioni e mi prospettava l’esistenza di realtà diverse e più piacevoli.
      e così ad un certo punto, verificata l’impossibilità di migliorare le cose in italia (e comunque avendo avuto diverse donne in italia) me ne sono andato, accettando rischi (il paradiso non esiste) e una vita più povera. non me ne pento affatto perchè per una quindicina di anni ho fatto la vita che volevo (ovvero avere famiglia, anzi famiglie, più amanti, più avventure).
      a me piace vivere così, non sto proponendo a nessun altro di vivere così, non sto dicendo che questo è il modo migliore di vivere.
      ma poi le cose sono cambiate ed è per questo che sono tornato “in politica”: la libertà sessuale di certi paesi sudamericani, che per 500 anni aveva resistito all’attacco cristiano (peraltro qui blando e ipocrita) sta soccombendo sotto i colpi del PUPC (pensiero unico politicamente corretto)… ma che cavolo, sono scappato dall’italia per questo e ora il cagnaccio mi ha raggiunto pure qui?!?!

      p.s. hai ragione, in perù, cile, argentina e uruguai sono da sempre repressi come in italia. forse perchè lì, non essendoci agricoltura tropicale, è mancato il salutare afflusso di culture africane (non islamiche ovviamente) che nel resto del sudamerica bilanciò lo sterminio di quelle indios.

      • Fabrizio Marchi
        5 dicembre 2017 at 16:56

        No, un momento, io non ho detto e non penso affatto che l’approccio di Antonio Martone sia terroristico e assolutista. Così come non ho detto affatto che lo stato di natura (ammesso, RIPETO ANCORA, che possa essere concepito per gli umani uno stato di natura prima di uno “stato di cultura” perché per me gli esseri umani sono naturali e culturali nello stesso tempo fin da prima che si cominciasse a disegnare sulle pareti delle caverne, e questa è la benedizione/maledizione dell’essere umano, o comunque la loro caratteristica che li rende unici) sia quel paradiso dove il sesso si vive giocosamente e liberamente. L’ho anche scritto a chiare lettere nel mio ultimo commento, e ti invito a rileggerlo, perché può farmi piacere che tu dica di essere d’accordo con quanto ho scritto però non devi neanche darmi ragione omettendo quello che ho scritto…
        Io penso, lo ribadisco, che anche nel contesto più naturale o vicino ad un ipotetico stato di natura (che neanche Rousseau concepiva, quella del buon selvaggio era più che altro una metafora ma lui stesso era cosciente che quello stato di natura “puro” non era mai realmente esistito) e nelle migliori condizioni ambientali e climatiche, che so, Tahiti o Cuba di tremila anni fa, gli istinti sessuali di uomini e donne erano diversi, perché uomini e donne sono diversi, e questa diversità riguarda anche e soprattutto la sfera sessuale e anche e quindi psicologica, cosa che ovviamente il femminismo o una parte rilevante del femminismo deve negare. Tradotto in parole ancora più povere, erano i maschi, anche a Tahiti, ad andare dietro alle femmine. Certo non si dovevano “sbattere” come è per noi, ma in ogni caso loro erano sempre disponibili, mentre per le femmine non era altrettanto. Questa diversità, o meglio, questa asimmetria di bisogni, da queste parti lo abbiamo spiegato migliaia di volte (ma giustamente tu ci consci da poco…), non può non tradursi necessariamente in una relazione altrettanto asimmetrica dove c’è uno che chiede e un’altra che decide se…Con tutti i risvolti del caso. Perché – e qui torno a quanto diceva Rino sulla natura umana – è difficile pensare che un essere umano, che purtroppo nella sua natura ha anche l’egoismo e l’ottimizzazione della sua persona, una volta resosi conto di suscitare un determinato desiderio nell’altro, non sia portato ad esercitare quel potere che deriva da quella condizione di naturale (di asimmetria di bisogni)…
        E considera che io ho portato come esempio il contesto migliore dal punto di vista ambientale e climatico, dove per campare basta allungare una mano e cogliere un frutto su un albero oppure buttare una rete, anche rudimentale, nell’acqua, per raccogliere una montagna di pesce, il tutto in un ambiente paradisiaco dove tutti giravano più o meno nudi e per ovvie di cose il sesso era, anceh visivamente, alla luce del sole )cosa che non poteva esseere in altri contesti). E’ evidente che la sessualità, in un simile contesto, venisse vissuta in modo molto più libero che non in altri.
        Ma sappiamo benissimo che non tutti gli ambienti sulla Terra erano di quel genere. Anzi. La maggior parte erano estremamente ostili. Ora, come ripeto, io non me ne intendo, ma non credo che la vita sul pianeta Terra, primo dello sviluppo delle varie civiltà, fosse una specie di Eden, come mi pare tu stia di fatto sostenendo anche se dici di non essere roussoviano (il che non è una colpa, in un senso o nell’altro). Ripeto, io non sono un antropologo ma non mi sembra di bestemmiare se dico che la vita nelle varie età preistoriche non era proprio una passeggiata di salute. Con tutto ciò che questo comportava e con tutte le conseguenze del caso, anche dal punto di vista sessuale, cioè quello che stiamo analizzando noi. Insomma, l’esistenza del maschio alpha dominante in quei contesti e in quelle epoche, quello in grado di garantire cibo, riparo, sicurezza e protezione, non mi pare un’invenzione del sottoscritto, al contrario mi sembra un fatto acclarato anche dal punto di vista scientifico. E che il maschio alpha esercitasse un predominio sugli altri maschi anche dal punto di vista sessuale mi pare un altro fatto acclarato. E che le femmine tendessero ad accoppiarsi con quel maschio mi pare un altro fatto acclarato. Dopo di che, come ripeto ancora, tutto ciò avveniva all’interno di contesti ambientali e climatici diversi, ma dire, come dici tu, che pressochè l’intera umanità, prima dell’avvento delle civiltà, vivesse la sessualità in modo libero, giocoso, reciproco e spontaneo, mi pare francamente una forzatura del tutto simile a quella del buon selvaggio di Rousseau. Ripeto, tu sei uno studioso di antropologia e di etologia ed io no, però, insomma, Rino che da questo punto di vista è senz’altro più ferrato di me e non è uno (te lo dico perché lo conosco) che butta lì le parole tanto per buttarle (nel senso che parla a ragion veduta,e potremmo dire scientificamente), ha un’altra posizione nel merito. Quindi, come vediamo, torniamo anche in questo caso a quello che diceva lui prima, e cioè che è estremamente arrivare ad una Verità Condivisa, non solo sul piano filosofico ma anche addirittura su quello scientifico.

        • gino
          5 dicembre 2017 at 18:30

          no caro, non è per nulla acclarato. quello che dici è confutato da infiniti report di etnologi ODIERNI che hanno passato anni presso molte culture ODIERNE.
          ho scritto “molte” e non “tutte”. è una questione statistica. VOI ideate un modello e lo applicate a tutte le culture, io lo sto confutando mostrando che esistono (constatazione empirica diretta attuale) X culture con modello diverso o opposto.
          poi ripeto, le questioni rigurdanti culture di decine di migliaia di anni fa sono solo fantasie volte a soddisfare le libidini ideologiche di ciascuno.
          comunque ho capito, non c’è modo di scalfire certe vostre convinzioni, non c’è bisogno che in ogni commento me le ripeti.

          p.s. che l’approccio del “ricercatore vero” sia terroristico e assolutista lo dico IO, non ho mai scritto che l’hai detto tu. quindi dovresti tu leggere meglio quello che scrivo.

          p.p.s. se siete convinti delle storielle sul maschio alpha e le donne che lo scroccano e che hanno una libido più continente, non capisco perchè lottate, a meno che non credete che qualche decennio di interventi “miglioratori dell’umanità” possano battere milioni di anni di evoluzione. questo è uno dei grandi errori della sx, ma non solo della sx.
          per me una lotta possibile, razionale e lungimirante può solo andare in direzione del recupero della “natura” repressa, non certo in quella dell’aggiungere nuove repressioni e controlli culturali per schiacciare ancor di più la “natura” cattiva che voi vagheggiate.

          • Fabrizio Marchi
            5 dicembre 2017 at 20:27

            Ma quale natura “cattiva”…Ho scritto una lenzuolata per spiegare la mia posizione, pare che sia stato inutile..va bè, dai, tanto non se ne esce…
            Ciò detto, io non credo affatto che “qualche decennio di interventi “miglioratori dell’umanità” possano battere milioni di anni di evoluzione”, come dici tu, e non mi batto per questo. Mi batto perché la realtà, anche quella che abbiamo alle spalle, è stata manipolata, e in virtù di questa manipolazione il genere maschile è stato ed è sottoposto ad un processo sistematico di criminalizzazione. Quello stesso genere maschile che ha creato nella storia tutto ciò che era possibile creare, anche nel male certo, ma sicuramente anche nel bene. Quel “bene” che a mio parere è stato e continua ad essere oggetto di scambio, anche e soprattutto sessuale (oggi diminuisce la capacità/possibilità degli uomini di fare sesso in misura proporzionale alla loro “inutilità”, dovuta alla rivoluzione tecnologica che loro stessi hanno fatto, non immaginando che gli si sarebbe ritorta contro…). Per te non è così? Non posso farci nulla. Tutto ciò è dovuto alla natura? O alla cultura? Prima dell’avvento delle varie civiltà – e quindi dei condizionamenti sociali, religiosi, culturali ecc. (che certo hanno avuto il loro peso enorme, e chi lo nega, anzi…) le donne la smollavano alla grande anche perché erano loro che lavoravano e producevano più degli uomini e quindi non avevano il problema di scambiare e che casomai lo avevano gli uomini? Boh, sarà, che ti devo dire. Io ho dei dubbi ma non importa, non dobbiamo per forza convincerci.
            Anche perché sono quasi vent’anni che discutiamo di questo (del rapporto fra natura e cultura, intendo) e non ne siamo usciti (né secondo me è possibile uscirne). Anzi, ricordo bene che presi la decisione di fondare il Movimento degli Uomini Beta proprio in seguito a una di queste interminabili discussioni intorno al nodo “natura/cultura” (Rino se lo dovrebbe ricordare…).
            Tu pare invece che ne sei uscito grazie ai tuoi studi. Meglio per te, che ti devo dire, e non lo dico per fare dell’ironia.
            Andiamo avanti, anche per non fossilizzarci (e per razionalizzare energie e tempo), anche perché mi pare che non siamo avversari e che condividiamo l’esigenza di portare una critica radicale (in buona parte condivisa, come tu stesso hai detto) all’attuale stato delle cose.

          • gino
            5 dicembre 2017 at 20:59

            a proposito di flussi finanziari uomo-donna… hai presente l’india, quel piccolo villaggetto di 1.3 mld di persone, quello dove abortiscono i feti femmina? lo sai perchè lo fanno? perchè la femmina, se vuole sposarsi, deve COMPRARE il marito con una dote che non è come quella delle nostre nonne di quattro lenzuola e due tovaglie… ma è di entità tale che può rovinare una famiglia!
            in questo caso ndo sta la donna che approfitterebbe del maschio, economicamente parlando? e parliamo di una società patriarcale da millenni eh…

            chiedi al “ricercatore vero” se lo sa, eheheh…

            sì fabrizio, siamo dalla stessa parte della barricata e io non sono un perfezionista-gruppettista, mi alleo con tutti anche a costo di turarmi il naso… però se la battaglia la portiamo avanti su basi scientifiche serie, rinunciando a visioni errate, è meglio.
            gli errori offrono il fianco al fuoco nemico

  9. Fabrizio Marchi
    5 dicembre 2017 at 21:35

    @Gino:
    Amico mio, però, abbi pazienza, così non ne usciamo più…Se vuoi l’ultima parola te la lascio…però non puoi venirmi a fare questi discorsi sull’India…
    A parte il fatto che anche in India è in corso una campagna di criminalizzazione del genere maschile enorme, con treni per sole donne e con gli uomini che vengono fustigati (ci sono i video) in pubblico se salgono sulle carrozze per le donne.
    Ma a parte questo, e va bè, ammettiamo che in India sia come dici tu. E allora? In tutto l’Occidente non è così e in tantissimi paesi asiatici non è così.
    Dove vogliamo andare a parare? A mio parere tu vuoi andare a parare che tu sei quello che fa scienza e che parla a ragion veduta e noi siamo quelli che fanno chiacchiere prive di fondamento perché non scientifiche. Cosa vuoi sentirti dire? Che si scopa poco e male soltanto in pochi paesi del mondo per colpa dei condizionamenti culturali che hanno ucciso la natura e che in altri paesi invece si scopa alla grande, in primis in America Latina (dove le donne, come in tantissimi altri contesti, sono a caccia del turista da sposare ma lasciamo stare…) dove la smollano serenamente e liberamente? Io se vuoi ti dico che è così, tanto se provo ad approfondire tu o non mi leggi o leggi solo quello che ti pare (ho fatto una filippica inutile, come già ti ho detto).
    In tutta onestà mi sto anche rompendo abbastanza i coglioni. Oggi non avevo impegni particolari e ti ho praticamente dedicato la giornata. A Rino stai simpatico ma me cominci ad innervosirmi, non per le tesi che porti avanti che sono legittime, ma per come ti poni.
    Per cui io mi fermo qui. Se vuoi l’ultima parola, prenditela pure perché tanto non ha nessuna utilità continuare questo confronto. Se pensi di poterci dare una mano in questa battaglia inutile perché non scientifica, fai pure, oppure molla.
    P.S. sono fiero di essere anche un empirista, attribuisco moltissima importanza all’esperienza empirica (sono del resto in buonissima e autorevolissima compagnia…), specie perché penso che a fare scienza, soprattutto nel campo delle “scienze umane”, siano veramente pochissime persone al mondo (fra cui tu, ovviamente…) e ultimamente, devo dire, prendendo in mano per ragioni di lavoro (sto insegnando storia e filosofia nei licei), alcuni testi di Hume, pur essendone distante sul piano filosofico e politico (oggi potremmo considerarlo uno dei padri se non il padre del “pensiero debole” post moderno…), ho scoperto che ci sono alcuni aspetti del suo pensiero che mi convincono. Uno di questi è il concetto di “buon senso”, con il quale Hume rispondeva ai suoi critici che lo accusavano di essere un inguaribile scettico (cosa che in realtà era) e soprattutto che il suo pensiero conduceva ad una sorta di nichilismo, di impossibilità di raggiungere qualsiasi tipo di certezza. Ecco, Hume contestava questa critica, sostenendo che è il buon senso a guidarci, insieme all’ “abitudine”, riferendosi al fatto che quando certi comportamenti e certe modalità sono molto frequenti se non sistematiche, noi ne possiamo dedurre che questa abbiano in effetti un loro fondamento, anche se non siamo in grado di dimostrarle dal momento che lui arrivava anche a mettere in discussione la relazione fra causa ed effetto.
    Per cui credo molto nell’esperienza empirica, e naturalmente anche nel metodo analitico. Osservando ad esempio che la mia esperienza empirica è simile a quella di altri milioni e milioni di uomini, arrivo a fare delle deduzioni.
    Tu invece sei uno scienziato e in conseguenza di ciò, hai un altro approccio alla realtà. Buon per te e buon per l’umanità tutta, che annovera un altro scienziato ai pochissimi già esistenti.
    Dopo di che, arrivederci e grazie, come si suol dire. Continua a leggerci e a commentare, ci farà piacere, ma io mi chiamo fuori. Ci sono tanti altri, a cominciare da Rino, con cui potrai continuare il dibattito.

  10. Sandro D.
    6 dicembre 2017 at 1:01

    Il sistema di accoppiamento umano non assomiglia a quello di nessun altro animale.
    Il che non significa tuttavia che sfugga alle leggi che regolano i sistemi di accoppiamento, leggi documentate in centinaia di specie.
    Un gene che predisponesse un maschio a essere tradito, o una femmina a ricevere meno aiuto delle altre dal suo compagno, sarebbe rapidamente scartato dal pool genetico.
    Un gene che permettesse a un maschio di inseminare tutte le femmine, o a una femmina di partorire i figli più benaccetti del maschio migliore, prenderebbe rapidamente il sopravvento.
    Queste pressioni della selezione non sono da poco.
    La sessualità umana, se fosse una “costruzione sociale” indipendente dalla biologia, come vuole la concezione accademica popolare, sarebbe dovuta non solo sfuggire (miracolosamente) a queste potenti pressioni, ma anche resistere a pressioni altrettanto potenti di un altro genere.
    Se una persona si attenesse a un ruolo costruito socialmente, altri potrebbero plasmare quel ruolo per prosperare a sue spese: i potenti, per esempio, potrebbero sottoporre gli altri uomini a un lavaggio del cervello per convincerli a trovare piacevoli il celibato o il tradimento, lasciando così le donne a loro.
    Qualsiasi disponibilità ad accettare ruoli di genere costruiti socialmente sarebbe eliminata dalla selezione e i geni per resistere a questi ruoli prenderebbero il sopravvento…

    Che tipo di animale è l’Homo sapiens?
    Siamo mammiferi, quindi l’investimento genitoriale minimo di una donna è molto maggiore di quello di un uomo.
    Le dimensioni dell’uomo sono circa 1,15 volte quelle di una donna, il che ci dice che nella storia dell’evoluzione gli uomini sono stati in competizione fra loro: alcuni si accoppiavano con più femmine e altri non si accoppiavano affatto. (Ancora oggi è così…)
    A differenza dei gibboni, che vivono isolati, sono monogami e hanno un’attività sessuale relativamente scarsa, e dei gorilla, che vivono in piccoli gruppi, formano harem e, anch’essi, hanno un’attività sessuale relativamente scarsa, noi siamo esseri sociali: gli uomini e le donne vivono insieme in grandi gruppi e hanno continue occasioni di accoppiamento.
    Gli uomini, in proporzione alle loro dimensioni, hanno testicoli più piccoli di quelli degli scimpanzé, ma più grandi di quelli di gorilla e gibboni, il che indica che le donne ancestrali non erano sfrenatamente promiscue, ma nemmeno rigorosamente monogame.

    I bambini nascono inermi e a causa della grande importanza che hanno conoscenze e capacità per il nostro modo di vivere, restano dipendenti dagli adulti per una parte non indifferente dell’arco della vita umana.
    I figli hanno quindi bisogno dell’investimento genitoriale e gli uomini, grazie alla carne che ricavano(ricavavano) dalla caccia e ad altre risorse, hanno qualcosa da investire.
    Il loro investimento minimo è di gran lunga maggiore di quello al quale, per la loro anatomia, potrebbero tranquillamente limitarsi: essi nutrono i piccoli, li proteggono e li istruiscono.
    Il tradimento dovrebbe quindi essere (ed infatti è) un motivo di preoccupazione per gli uomini, e la capacità e disponibilità dell’uomo a investire nei figli un motivo d’interesse per le femmine.
    Poiché uomini e donne vivono insieme in grandi gruppi, come gli scimpanzé, ma i maschi investono nella prole, come gli uccelli, si è sviluppato il matrimonio, in cui un uomo e una donna stabiliscono un’alleanza riproduttiva volta a limitare i tentativi di terzi di ottenere accesso sessuale e investimento genitoriale.

    Questi aspetti della vita non sono mai cambiati, ma altri sì.
    Fino a epoca recente l’uomo cacciava e la donna raccoglieva.
    Le femmine si sposavano poco dopo la pubertà.
    Non esisteva la contraccezione, né l’adozione istituzionalizzata da parte di non parenti, né l’inseminazione artificiale.
    Sesso significava riproduzione e viceversa.
    Non c’erano alimenti provenienti da piante e animali domesticati, quindi non c’era il latte in polvere; tutti i bambini erano allattati al seno.
    Non c’erano neppure baby sitter a pagamento, né mariti casalinghi; i neonati e i bambini ronzavano attorno alle madri e ad altre donne.
    Tali condizioni sono rimaste immutate per il 99% della nostra storia evoluzionistica e hanno plasmato la nostra sessualità.
    I nostri pensieri e sentimenti sessuali sono adattati a un mondo in cui i rapporti sessuali davano figli, li si volesse o meno.
    E sono adattati a un mondo in cui i figli erano un problema della madre più che del padre.

    • gino
      6 dicembre 2017 at 11:56

      1) “Qualsiasi disponibilità ad accettare ruoli di genere costruiti socialmente sarebbe eliminata dalla selezione”… e infatti la civiltà occidentale, con 1.3 figli per donna, in 3 generazioni sarà azzerata, eheheh!
      darwin alwais wins… ma diamogli tempo!

      2) anche tu (come tutti) pecchi di generalizzazione a motivo scarsa informazione antropologico-strutturale. e ti contesto stavolta con le tue armi, sul piano genetico evolutivo.
      come spiegato da richard dawkins (“il gene egoista”) il fatto che in società matrilineari siano gli zii materni, e non i padri, a occuparsi dei bambini, è razionale dal punto di vista genetico-evolutivo… perchè in società del genere, dotate di notevole “mobilità” di partners sessuali, per un uomo è certo che i figli di sua sorella abbiano geni uguali ai suoi, mentre è incerto che ciò accada coi figli della sua partner.

      p.s. non stiamo parlando di eccezioni, le società matri- sono moltissime (secondo levi-strauss ancora negli anni ’50 erano la maggioranza)

      p.p.s. le società matri- esistono A CAUSA della grande libertà sessuale (che secondo me è Natura umana, anche femminile).

      • Fabrizio Marchi
        6 dicembre 2017 at 17:25

        Non volevo riprendere la querelle e confermo che non la voglio riprendere. Tuttavia mi sorge spontanea un riflessione anche leggendo il tuo ultimo commento.
        Insomma, volendo buttarla un po’ anche sull’ironia – se non altro per alleggerire un po’ il tutto – secondo la tua visione delle cose, l’umanità, prima dell’avvento delle diverse civiltà ad opera dei maschi, con tutto il loro carico di condizionamenti religiosi, culturali, sociali ecc. viveva in una specie di Eden (si fa per dire, ci capiamo…) a trazione e dominio matriarcale dove le donne lavoravano, anche al posto degli uomini, e non c’era nessuna forma di scambio (fra i sessi) dal momento che le donne la smollavano alla grandissima a tutti senza nulla in cambio, sia perché erano autosufficienti economicamente (e anzi erano gli uomini che dipendevano da loro sotto quel profilo) e sia perché la loro sessualità, liberata da ogni legaccio culturale, era ed è più o meno del tutto simile a quella maschile, anzi, molto più prorompente perché a differenza nostra possono provare molti più orgasmi, anche decine al giorno.
        Viene da chiedersi come mai, in questa sorta di stato di natura quasi felice (il quasi lo metto perché ancora si moriva per una influenza o per una banalissima infezione), gli uomini avrebbero dovuto rinunciare a tutto questo ben di Dio e a questa vita quasi felice per inventarsi tutto quel popò di “roba” che si sono inventati, dalla tecnologia alla filosofia, dall’arte alle religioni, dall’economia all’urbanistica, alla scienza, e via discorrendo. E resta da capire soprattutto perché avrebbero dovuto inventarsi delle civiltà così repressive e così pesantemente condizionate quando vivevano così felici.
        A questo punto non rimane che una risposta. Per sottomettere le donne, per una sorta di risentimento nei confronti delle donne. Però, anche questo ha poco senso, perché se si vive felici, le donne lavorano al posto degli uomini e si scopa alla grande e liberamente, non si capisce perché mai gli uomini avrebbero dovuto modificare tale situazione. A meno di non ricorrere ai soliti “kattivoni” che per pura malvagità e per sottomettere tutti gli altri e soprattutto tutte le altre hanno messo in moto tutto quel bordello.
        Ora, ovviamente l’ho buttata un po’ a ridere, però la sostanza è quella.
        Ti rendi conto che questa è, para para, come si dice dalle mie parti, la favoletta (Cappuccetto Rosso ha una maggiore complessità) che il femminismo ci ha raccontato e che è diventata ideologia dominante? E’ la narrazione femminista di sempre. Prima dell’avvento del patriarcato, cioè delle civiltà a trazione patriarcale, l’umanità viveva felice in un mondo a egemonia matriarcale dove vigeva la comunanza dei beni e anche del sesso. Poi sono arrivati i maski (col k), i barbari guerrieri cacciatori delle tribù del nord-est (chissà perché i “kattivi” arrivano sempre da lì, dalle steppe siberiane e dintorni…) e hanno distrutto quel mondo felice dominato dal matriarcato in cui tutti e tutte erano felici ed eguali.
        Questa è la favoletta femminista (ulteriore riduzione e semplificazione di “Le origini della famiglia e della proprietà di Engels”, opera ormai ampiamente datata), e ribadisco che è una favoletta buona forse per far prendere sonno ai bambini la sera. Io penso invece che le cose siano andate in modo molto diverso e che il mondo prima dell’avvento delle civiltà (con tutto il loro carattere di classe, repressivo ecc.) non fosse affatto quel quasi paradiso descritto dalle femministe. Al contrario penso che fosse non dico un inferno sulla Terra con i diavoli che ti pungono sul culo con le lance (sono stato, in gioventù, un grande lettore del fumetto “Geppo, il diavolo buono”) ma quasi. Di certo non il massimo dell’ospitalità. NON sono, e ci tengo a ribadirlo, un antropologo (del resto nessuno può sapere tutto di tutto, lo abbiamo più volte ribadito), ma a naso, a me che sono un empirista e un manovale del pensiero (ma anche un uomo di buon senso), questa favoletta pare proprio una grande stronzata, detto proprio “come se magna”, sempre come diciamo dalle mie parti (quadrante Roma sud-est della capitale).
        E penso altresì, sempre per parlare come se magna, che gli uomini (i maschi) si siano fatti un culo come un secchio, a tutti i livelli, per uscire da quell’ “ambientino” non proprio ospitale. E arrivo a dirti un’altra cosa, ancora più scandalosa. Che se non fosse stato per i maschi che si sono fatti quel culo, non so neanche se l’umanità sarebbe sopravvissuta, perché non so se le femmine sarebbero state in grado di “arare” il mondo, e di proteggersi dal mondo, cosa che hanno fatto i maschi (anche al loro posto), per uscire da quella condizione. Naturalmente questa è solo un’ipotesi, o una supposizione, sia chiaro, non c’è nulla di certo né di scientifico in quel che dico. Mi pare, al limite, che ci sia solo un pizzico di buon senso. Non tanto nella conclusione di cui sopra, perché può darsi che le femmine ce l’avrebbero potuta fare anche senza i maschi (e senza il lavoro e la fatica dei maschi); non lo so, non posso escluderlo. Però so che i maschi gli hanno dato una bella mano. E questo lo so per certo perché basta guardarsi intorno per scoprire che a tutt’oggi tutto ciò che ci circonda è stato costruito dai maschi. Figuriamoci a quei tempi…
        Sia chiaro che le mie sono solo chiacchiere in libertà, non c’è nulla di scientifico in quello che dico…
        Restano due quesiti. IL primo. Se la storia è andata come dici tu e come dice il femminismo, a questo punto, per liberarci da ogni forma di oppressione, sia essa religiosa, economica e politica, che evidentemente non può che essere stata maschile, non resta che aderire in toto e in massa al femminismo, che naturalmente liberando le donne libererà anche noi maschi, vittime di altri maschi e delle loro subdole invenzioni.
        Ergo, non abbiamo capito un cazzo. Credevamo di aver capito e invece non avevamo capito un cazzo. A questo punto, mi sorge spontaneo il terzo quesito. Hai detto che condividi i contenuti e la “mission” di questo sito (che poi è un giornale regolarmente registrato ma non è questo il punto). Perché?

        • Sandro D.
          6 dicembre 2017 at 19:12

          gino confonde la specie umana con i bonobo…
          http://www.paniscus.net/dewaal.htm

          e fa discorsi che nei miei 52 anni di vita ho ascoltato e letto… un milione di volte, tipo quelli sulle società matrilineari.
          Insomma, la solita noia mortale.
          Inoltre non fa che citare e consigliare di leggere le opere di Levi-Strauss, che evidentemente è per lui l’Oracolo di Delfi.

          ———————-

          P.S. Volendo qualcun altro potrebbe consigliargli di leggere Steven Pinker.

          • Sandro D.
            6 dicembre 2017 at 19:27

            In merito aggiungo dell’altro.

            1- Molte differenze fra i sessi si ritrovano in altri primati, anzi, in tutta la classe dei mammiferi. I maschi tendono a competere con maggiore aggressività e a essere più poligami; le femmine a investire di più nell’allevamento dei figli. In molti mammiferi un raggio territoriale più ampio si accompagna a una maggiore capacità di orientarsi usando la geometria della configurazione spaziale (invece che ricordando singoli punti di riferimento). E ad avere il raggio territoriale più ampio è più spesso il maschio, come avviene anche fra i cacciatori-raccoglitori umani. La superiorità degli uomini nell’uso delle mappe mentali e nella rotazione mentale tridimensionale non è forse casuale.

            2- I genetisti hanno scoperto che, in persone diverse, la diversità del DNA nei mitocondri (che uomini e donne ereditano dalla madre) è molto maggiore della diversità del DNA nei cromosomi Y (che gli uomini ereditano dal padre). Questo fa pensare che, per decine di millenni, gli uomini abbiano conosciuto una maggiore variazione nel successo riproduttivo rispetto alle donne: alcuni hanno avuto molti discendenti, altri nessuno (lasciandoci con un piccolo numero di cromosomi Y diversi), mentre un maggior numero di donne ha avuto un numero di discendenti più equamente distribuito (lasciandoci con un maggior numero di genomi mitocondriali diversi). Sono esattamente queste le condizioni che causano la selezione sessuale, in cui i maschi competono per le occasioni di accoppiamento e le femmine scelgono i maschi di migliore qualità.

            3- Il corpo umano contiene un meccanismo che fa che sì che il cervello dei bambini e quello delle bambine divergano durante lo sviluppo. Il cromosoma Y innesca nel feto maschio la crescita dei testicoli, che secernono gli androgeni, ormoni tipicamente maschili (come il testosterone) che hanno effetti duraturi sul cervello durante lo sviluppo fetale, nei mesi successivi alla nascita e durante la pubertà, ed effetti transitori in altri periodi. Gli estrogeni, ormoni sessuali tipicamente femminili, influiscono anch’essi sul cervello per tutta la vita. Oltre che nella corteccia cerebrale, i recettori degli ormoni sessuali si trovano nell’ipotalamo, nell’ippocampo e nell’amigdala nel sistema limbico del cervello.

            4- Gli androgeni hanno effetti permanenti sul cervello in sviluppo, non solo effetti transitori sul cervello adulto. Le femmine che soffrono di iperplasia adrenale congenita producono un eccesso di androstenedione, l’ormone androgeno reso famoso dal grande giocatore di baseball Mark McGuire. E anche se i loro livelli ormonali vengono portati alla normalità subito dopo la nascita, crescono come dei “maschiacci”, giocano di più a fare la lotta, mostrano più interesse per i camion che per le bambole, hanno maggiori abilità spaziali e, crescendo, sviluppano più fantasie sessuali e provano più attrazione per altre ragazze. Quelle trattate con ormoni solo a infanzia avanzata mostrano, divenendo giovani adulte, modalità sessuali maschili, come una pronta eccitazione di fronte a immagini pornografiche, un impulso sessuale autonomo centrato sulla stimolazione genitale e l’equivalente di polluzioni notturne.

            5- Un immaginario ma conclusivo esperimento per separare la biologia dalla socializzazione consisterebbe nel prendere un neonato, sottoporlo a un’operazione di cambiamento di sesso e farlo allevare dai genitori e trattare come una bambina. Se il genere è una costruzione sociale, dovrebbe avere la mente di una normale bambina; se invece esso dipende dagli ormoni prenatali, dovrebbe sentirsi un maschio intrappolato in un corpo femminile.
            L’esperimento è stato compiuto, non per curiosità scientifica naturalmente, ma in seguito a malattie e incidenti. Uno studio ha preso in esame 25 bambini nati senza pene (un difetto congenito noto come estrofia cloacale), poi evirati e allevati come bambine: tutti giocavano a fare la lotta come i maschi e avevano comportamenti e interessi tipicamente maschili; più della metà dichiaravano spontaneamente di essere dei maschi, uno a soli cinque anni di età.

            6- I bambini affetti da sindrome di Turner sono geneticamente neutri. Hanno un singolo cromosoma X, ereditato dal padre o dalla madre, invece dei normali due cromosomi X delle bambine (uno ereditato dal padre, l’altro dalla madre) o X e Y dei bambini (l’X ereditato dalla madre, l’Y dal padre). Siccome lo schema corporeo femminile è quello standard fra i mammiferi, essi hanno l’aspetto e il comportamento di bambine. I genetisti hanno scoperto che il corpo dei genitori può influire a livello molecolare sui geni del cromosoma X rendendoli più o meno attivi nel corpo e nel cervello in sviluppo del figlio. Una bambina con la sindrome di Turner che prende il cromosoma X dal padre ha probabilmente geni ottimizzati dall’evoluzione per una bambina (perché un X paterno porta sempre a una femmina), mentre una bambina con la sindrome di Turner che prende il cromosoma X dalla madre ha probabilmente geni ottimizzati dall’evoluzione per un bambino (poiché un X materno, se può portare all’uno come all’altro sesso, opererà senza incontrare opposizione solo in un maschio, che manca di corrispettivi dei geni X sul suo cromosoma Y).
            E infatti le femminucce che presentano tale sindrome differiscono psicologicamente a seconda del genitore da cui hanno ricevuto il cromosoma X. Rispetto a quelle che l’hanno ricevuto dalla madre (caso in cui esso è pienamente attivo solo in un maschio), le bambine che l’hanno ricevuto dal padre (caso in cui esso è destinato a una femmina) sono più brave a interpretare il linguaggio corporeo, a leggere le emozioni, a riconoscere i volti, a maneggiare le parole, nonché ad andare più facilmente d’accordo con gli altri.

            In definitiva, maschi e femmine sono intrinsecamente diversi e non hanno menti intercambiabili.
            Piaccia o meno.

          • Sandro D.
            6 dicembre 2017 at 19:33

            Per approfondire.

            BLAFFER HRDY S.,
            Mother Nature. A History
            of Mother, Infants and
            Natural Selection,
            Pantheon Books, New York, 1999.

            GEARY D. C., Male,
            Female: the Evolution of Human
            Sex Differences, American
            Psycological Association, 1998.

            FAUSTO-STERLING A.,
            Sexing the body. Gender
            Politics and the Construction of
            Sexuality, Basic Books, 2000.

            HINES M., Brain Gender,
            Oxford University Press, 2003.

            BUSS D. M., The Evolution of
            Desire: The strategies of human mating,
            Non Basic Stock Line, 2003.

            BLUM D., Sex in the Brain.
            The Biological Differences between
            Men and Women, Viking Press, 1997.

            DOMURAT DREGER A.,
            Hermaphrodites and the Medical Invention
            of Sex, Harvard University Press, 1998.

          • gino
            6 dicembre 2017 at 22:17

            e io le falsità che scrivi tu le ho sentite 2 milioni di volte

        • gino
          6 dicembre 2017 at 22:14

          non ti leggo più, scrivi troppo… e a mio avviso chi scrive troppo lo fa per “ammischiarla”.
          io ho riportato FATTI tratti dall’osservazione DIRETTA di società contemporanee.
          io NON dico affatto ciò che dice il femminismo, è una tua calunnia.

          • Fabrizio Marchi
            6 dicembre 2017 at 22:33

            lo vedi che sei aggressivo…parti dal presupposto che le nostre siano chiacchiere e la tua sia la verità tratta dalla osservazione scientifica della realtà. Dai, su, non può essere questo il modo giusto con cui porsi, specie quando si entra in contatto con le persone per la prima volta. Tu dici a Sandro D. che falsità come le sue ne hai ascoltate milioni. Sai quanti milioni di persone che approcciavano come te ho incontrato?…Dopo di che dici pure che scrivo troppo perché la voglio “ammischiare”…Sei un bel presuntuoso eh… 🙂 Si era capito, però, insomma…E poi, scusa, in fondo hai suscitato un bel dibattito, anche molto ricco, perché reagisci in questo modo, nessuno ti ha insultato, lo stai facendo tu ora…Rifletti su quanto accaduto. Al di là della forma, vieni in un sito e sostanzialmente esordisci dicendo al suo gestore e alla gente che lo frequenta che non hanno capito niente perché non hanno una conoscenza scientifica e non hanno un approccio scientifico che è quello che avresti tu. In virtù di ciò gli dici di mollare tutto e di seguire quello che dici tu perché la tua è scienza e tutte le altre sono chiacchiere. Nella sostanza (e in fondo anche nella forma) tu questo fai. Dopo di che mi dici pure che scrivo troppo invece di essere contento; se ti rispondo in quel modo e impiego anche tanto tempo nel risponderti vuol dire che in fondo penso che ne valga la pena…Comunque, fai un po’ come preferisci. A me se continui a seguirci e a partecipare al dibattito, non solo su questi temi ma su tutto il resto, non può che farmi piacere. Anzi, se hai delle idee per articoli, come credo che sicuramente uno come te abbia, non hai che da dirmelo…

          • gino
            6 dicembre 2017 at 23:22

            ma se non hai capito nulla di quello che scrivo, se scrivo A e tu presumi che abbia scritto Z per poi attaccarmi, come vuoi che ti risponda?
            “aggressivo, presuntuoso”… ma dove, quando?
            vabbè, ci sono abituato, non è un problema.

      • Fabrizio Marchi
        6 dicembre 2017 at 19:19

        P.S. Dimenticavo…Resta poi da capire il fenomeno della prostituzione, che è sempre stato fin dalla notte dei tempi, dal punto di vista sessuale s’intende, ovviamente, un fenomeno tutto al femminile, con la rara eccezione di qualche gigolò.
        A meno di non pensare che gli uomini siano talmente idioti da preferire pagare per avere una cosa che potrebbero avere gratis e che avevano gratis nell’Eden prima dell’avvento delle società patriarcali che loro stessi hanno creato, resta da svelare questo mistero.
        L’unica spiegazione è che i soliti maski kattivi, quelli che hanno sottomesso tutti gli altri maschi e tutte le donne – che naturalmente in tutto ciò sembrano essere solo una specie di minus habens capaci solo di sottomettersi ai suddetti maski dominanti (da che erano dominatrici…) – dopo aver preso il potere distruggendo il matriarcato in cui tutti vivevano felici e scopavano dalla mattina alla sera (tranne le donne quando lavoravano e che però erano felici lo stesso) hanno represso la sessualità con tutti i mezzi subdoli che conosciamo e poi l’hanno mercificata, così loro, detentori della ricchezza (e del potere) sono gli unici a fare sesso alla grande, prendendosi tutte le donne, comunque le più belle, o meglio comprandole (e quelle si sono lasciate comprare alla grande…), e lasciando a tutti gli altri le briciole. Anche in questo caso, dunque, ha ragione il femminismo. La colpa di tutto è di alcuni maski. Non resta, anche in questo caso, che aderire al femminismo e combattere insieme contro i maski kattivi che hanno oppresso tutte le donne e la gran parte dei maschi.
        Però, a questo punto, si aprono alcune contraddizioni. Perché il femminismo sostiene che tutti i maschi in quanto tali, all’interno della società patriarcale godono di una condizione di privilegio e di dominio su tutte le donne. Ma anche questo si potrebbe spiegare con il fatto che i maski kattivi, per poter meglio dominare preferiscono allargare la loro sfera di influenza e coinvolgere in qualche modo anche i maschi buoni (o incapaci di essere dominanti) e dargli un fettina delle loro ricchezze.
        In parte c’è anche del vero in questa ultima consdierazione, sia chiaro. A monte fa però capolino un’altra contraddizione. Perché a questo punto, dal momento che donne e uomini hanno lo stesso desiderio sessuale, anzi, le donne ne hanno addirittura di più, la prostituzione (sessuale), come fenomeno di massa, è sempre stato e continua ad essere un fenomeno esclusivamente femminile? Perché la prostituzione non è stata un fenomeno di massa anche maschile? Ma si pone un ulteriore quesito: se la sessualità è libera per tutti e tutte, e quindi diventa un po’ come l’acqua che si beve, come è stato possibile imbrigliarla in quel modo solo per le femmine? Ma imbrigliarla per le femmine significa imbrigliarla automaticamente anche per i maschi.
        E perché a quel punto non è stata imbrigliata e repressa anche la sessualità maschile sì da metterla a disposizione, attraverso la prostituzione (maschile) non solo delle donne appartenenti alle elite dominanti ma anche di tutte le altre donne non dominanti? (in fondo, in linea teorica, si raddoppierebbe il fatturato e il capitale). Forse, obietterà qualche sprovveduto ignorante che non ha studiato antropologia, perché le donne a differenza degli uomini, se vogliono farsi una scopata basta che fanno un fischio o fanno l’occhietto a qualcuno per la strada mentre ai maschi gli tocca farsi un culo così anche per farsi una scopata (quanto meno sottoporsi ad una recita e pagare un paio di cene…)? No, non può essere, perché abbiamo detto che sia i maschi che le femmine hanno tutti/e la stessa identica pulsione sessuale (e le femmine ancora di più…), quindi sarebbe una contraddizione in termini.
        Ma se il sesso è libero per tutti/e, è evidente che la prostituzione non ha senso di essere, perché tutti/e fanno sesso “aggratise” e liberamente. Quindi a soltanto uno dei due sessi doveva essere impedito di fare sesso liberamente, così da obbligare l’altro a pagare per fare sesso. Però, mi chiedo, ma il cane si morde la coda, anche i maski kattivi, dal momento che il sesso era già libero perché le donne la smollavano a tutti (così come gli uomini lo smollavano a tutte ma questa non è una novità…), che interesse avrebbero avuto ad ingabbiarlo? Per avere le donne più belle? Non ha senso perché quelle già le avevano prima, perché tutti/e trombavano alla grande perché il sesso era libero.
        Tutta questa filippica (è stato un divertissment…) per dire che io credo che non sia stato un caso che sia stata la sessualità femminile ad essere condizionata/ingabbiata entro determinate regole sociali e culturali, piuttosto che quella maschile. Per la semplice ragione che, dal mio punto di vista (che è quello di chi NON crede che i maschi e femmine abbiano la stessa identica pulsione e la stessa modalità di concepire e di vivere il sesso) ingabbiare/imbrigliare quella maschile sarebbe stato molto più difficile se non impossibile. Viceversa, ingabbiare quella femminile (cioè quella meno “bisognosa”) e tenere a stecchetto quella più “bisognosa” sarebbe stato molto più facile (come infatti è stato) e anche infinitamente più vantaggioso sotto il profilo economico (come infatti è stato e come è). Per una ragione molto semplice. Si priva di un bene di prima necessità chi ne ha un maggiore bisogno e quindi lo si costringe, obtorto collo, a stare al gioco che gli viene imposto. La carota si deve agitare davanti agli occhi di chi ha fame, non di chi non ce l’ha o ne ha di meno. E gli si deve dire che se la vuole la deve pagare, in un modo o nell’altro. Questo “gioco” non sarebbe potuto avvenire e non avverrebbe se donne e uomini avessero la stessa identica pulsione sessuale. E infatti, anche nei paesi dove la sessualità è relativamente più libera (America latina, Nord Europa e Est Europa), la prostituzione è comunque un fenomeno (femminile) dilagante, anzi, forse più che nei paesi dove la sessualità è più repressa. Come si spiega? (in realtà la risposta ce l’ho ma si fa per dire…)
        Bè, va bè, mi fermo, avrei tante altre questioni da porre ma insomma…

        • Sandro D.
          6 dicembre 2017 at 19:56

          Fabrizio Marchi
          >>>>>>>>>>>>>
          Questo “gioco” non sarebbe potuto avvenire e non avverrebbe se donne e uomini avessero la stessa identica pulsione sessuale. E infatti, anche nei paesi dove la sessualità è relativamente più libera (America latina, Nord Europa e Est Europa), la prostituzione è comunque un fenomeno (femminile) dilagante, anzi, forse più che nei paesi dove la sessualità è più repressa. Come si spiega? (in realtà la risposta ce l’ho ma si fa per dire…)
          >>>>>>>>>>>>>

          E’ così.
          Anni fa se ne parlò spesso anche su uomini3000 e le conclusioni erano sostanzialmente le stesse.

          Al riguardo aggiungo che a far luce sui diversi desideri dei due sessi sono i rapporti omosessuali.
          Quelli eterosessuali rappresentano un compromesso tra i desideri di un uomo e i desideri di una donna; e tendono quindi a minimizzare le differenze tra i sessi.
          Gli omosessuali, invece, non hanno bisogno di giungere a compromessi e la loro esperienza mette in mostra la sessualità umana in una forma più pura.
          In uno studio sugli omosessuali di San Francisco condotto prima dell’epidemia di AIDS (il primo caso ufficiale fu registrato il 5 giugno 1981), emerse che il 25% degli uomini gay aveva avuto più di mille partner sessuali; il 75% oltre 100.
          Viceversa, nessuna femmina lesbica risultò essere così promiscua, solo il 2% di esse dichiarò un centinaio di partner.
          Anche altri desideri dei gay, come quelli riguardanti la pornografia, la prostituzione e l’attrazione per partner giovani, rispecchiano o portano all’eccesso i desideri degli eterosessuali.
          (Tra l’altro, il fatto che i desideri sessuali degli uomini siano gli stessi a prescindere dal fatto che siano rivolti alle femmine o ad altri uomini confuta la tesi che si tratti di strumenti di oppressione della femmina.)
          Non è che gli uomini gay siano sessualmente “più calorosi”: sono semplicemente uomini i cui desideri maschili si incontrano con altri desideri maschili anziché con desideri femminili.

          • Fabrizio Marchi
            6 dicembre 2017 at 20:58

            “Non è che gli uomini gay siano sessualmente “più calorosi”: sono semplicemente uomini i cui desideri maschili si incontrano con altri desideri maschili anziché con desideri femminili”. (Sandro D.)
            Sono d’accordissimo, ovviamente, però Gino (e quelli che la pensano come lui) potrebbe risponderti che è così perché la sessualità maschile non è stata culturalmente condizionata. Io non la vedo come lui, naturalmente, ma al di là di questo, cioè al di là se sia stata condizionata oppure sia un fatto naturale (o entrambe le cose, come io credo…), ciò che conta è capire gli effetti di questa diversità nel modo di vivere il sesso. E’ questa la questione vera, per come approccio io le cose e la realtà. E ciò che conta è che in questa situazione (si data da ragioni naturali o culturali o entrambi) a chiedere sono gli uomini e a decidere sono le donne. Per le meno nella stragrande maggioranza dei casi. La relazione, come ben sappiamo, si capovolge completamente nel caso dei maschi Alpha, cioè di successo, affermati, potenti, famosi ecc. E’ dagli effetti che bisogna partire per svelare la narrazione femminista, non dai comportamenti sessuali dell’era jurassica. Perché se anche fosse vero che nelle ere pre-civiltà il sesso era libero e vissuto più o meno nella stessa maniera (cosa che io non credo affatto), resta il fatto che oggi la situazione è quella che è e determina un certo tipo di relazione fra uonini e donne.

          • Sandro D.
            6 dicembre 2017 at 21:51

            Anni fa, sempre su uomini3000, trattammo anche la questione del cosiddetto “matriarcato””.
            “Silverback” ero io.
            >>
            http://www.uomini3000.it/10069.htm

            >>>>>>>>>>
            silverback 22/1/2004, 04:43

            Nella seconda metà dell’Ottocento, lo storico svizzero Johann Jakob Bachofen, sostenne che l’umanità delle origini era basata sul matriarcato, vale a dire sulla supremazia della femmina.
            Si diffuse così la tesi che, prima di giungere all’organizzazione patriarcale, l’umanità avesse attraversato una fase matriarcale, in cui la vita era serena, pacifica ed egualitaria.
            Le implicazioni di questa teoria non sono di poco conto: essa, infatti, ipotizza una naturalità del predominio femminile, che sarebbe poi stato sconfitto nel corso della storia a prezzo di una dura lotta tra matriarcato e patriarcato.

            Essa, inoltre,”storicizza” il concetto di organizzazione sociale, dando al modello di famiglia un carattere culturale, determinato dalle condizioni socio-economiche prevalenti e non innato e universale.
            Molti studiosi, attratti da questa ipotesi, ne hanno ricercato la conferma nei reperti archeologici, nei miti e nei testi antichi, riconoscendole una certa validità.
            L’ipotesi matriarcale assegna alla femmina delle origini un ruolo di potere mai più riscontrabile nella storia, salvo in alcune piccole comunità cosiddette “primitive”, nelle quali si possono trovare ancora oggi, forme di “predominio” femminile.
            (Si narra pure che nella metà dell’Ottocento, esistesse in Africa centrale, una tribù di guerriere femmine che venne successivamente sconfitta e massacrata in una feroce battaglia, da dei guerrieri maschi. Le vittime sarebbero state oltre 2000.)

            La società matriarcale si sarebbe precisata in epoca Neolitica – all’incirca dal 12.000 al 3000 a.C., a seconda delle diverse aree geografiche.
            Mentre gli uomini si dedicavano alla caccia, le donne, che raccoglievano le erbe e i frutti commestibili, avevano modo di osservarne i cicli di crescita.
            Iniziarono così a conservare i semi e a tentarne la semina, sorvegliando lo sviluppo delle piante.
            Man mano che la produzione aumentava, diventò possibile utilizzare i cereali come alternativa-integrazione alla carne, passando a un controllo consapevole delle risorse naturali attraverso l’agricoltura, che si andò sempre più perfezionando.

            Le società nomadi dei cacciatori-raccoglitori si sono così progressivamente trasformate in società agricole stanziali, grazie anche all’introduzione dell’allevamento, attività, anch’essa inizialmente femminile, che garantiva alla comunità una sicura riserva di proteine.
            Il procacciamento del cibo cessava quindi di essere un’attività basata soprattutto sulla forza – come nella caccia – e diventava di pertinenza delle femmine, che ora erano in grado di sfamare tutta la comunità, acquistando tra l’altro competenze che gli uomini non avevano.
            Il monopolio delle riserve alimentari conferiva alla donna un nuovo potere all’interno della famiglia, che, come ipotizzano alcuni storici, si sarebbe dotata di un’organizzazione matrilineare, riconoscendo giuridicamente la discendenza materna, vale a dire il diritto di successione femminile.

            Di conseguenza, le donne godevano di un enorme potere all’interno della società, al punto che si parla di una fase di predominio decisionale e politico femminile, detta ginecocrazia, dal greco “guné”, donna e “kratos”potere o matriarcato, il “potere delle madri”.
            Secondo gli storici, le società matriarcali sarebbero state caratterizzate da un regime comunitario ed egualitario, basato cioè sulla messa in comune delle risorse economiche e sulla mancanza di gerarchie di potere e di distinzione dei ruoli.
            L’idea di un’associazione tra potere femminile e regime comunitario deve essersi conservata a lungo nella memoria collettiva, come testimonia, tra l’altro, la commedia di Aristofane “Le donne dell’assemblea” rappresentata ad Atene nel 391 a.C., vale a dire molti secoli dopo la scomparsa del potere matriarcale nell’antica Grecia.
            Nella commedia, le donne ateniesi, stanche delle continue guerre, decidono di prendere il potere e di cambiare le regole del gioco, come spiega la protagonista, Prassagora:”…farò che la terra appartenga in comune a tutti, e il denaro, e tutto ciò che ciascuno possiede. Poi, da questi beni comuni noi vi nutriremo, e metteremo tutta la nostra abilità ad amministrarli senza sprechi”.

            [ L’idea che la visione femminile del potere sia di tipo egualitario, non competitivo e pacifista e quindi non aggressivo, è emersa ripetutamente nel corso della storia, come dimostrano alcuni grandi movimenti ereticali del Medioevo, in cui l’orientamento comunitario si univa a una forte influenza delle donne.
            Le femministe degli anni Settanta hanno fatto proprio questo presupposto, sostenendo che l’identità ancestrale femminile ha un carattere ricettivo e protettivo, legato alla maternità e al bisogno di garantire sicurezza alla prole; da qui deriverebbe la maggiore disponibilità alla ricerca di soluzioni pacifiche nei rapporti interpersonali.
            In questa prospettiva (dicono le femministe), le manifestazioni irragionevoli e conflittuali, al limite dell’isterismo, espresse così spesso dalle donne sotto forma di litigi, sfuriate, attacchi di rabbia e di ira irrazionale,sarebbero da ricondurre a una condizione di frustrazione indotta, a un’esasperazione dovuta all’emarginazione imposta dall’ordine dominante maschile.
            Si tratterebbe dunque (dicono sempre le femministe) di una forma di compensazione reattiva, una pratica di adattamento a condizioni vissute come avvilenti e paralizzanti.
            Del resto (aggiungono le solite femministe), la mancanza di autocontrollo, così ripetutamente rimproverata alle donne, non può certo essere considerata un carattere esclusivamente femminile, come dimostrano le tante guerre che da sempre affliggono l’umanità, guerre decise e condotte dagli uomini.
            Dunque (concludono) l’irrazionalità femminile sarebbe soltanto una costruzione ideologica appiccicata alla femmina nel corso del tempo e non ascrivibile a una natura originaria.]

            L’aumentato potere decisionale conquistato dalle femmine con il controllo delle risorse alimentari si manifestò anche all’interno delle strutture religiose, che cominciavano a delinearsi proprio in quella fase.
            Sembra proprio che in molte aree del mondo le forme di religiosità più antiche fossero basate sui culti della Madre Terra o della Grande Madre e accompagnate da riti di propiziazione della fertilità monopolizzati dalle femmine.
            Tali riti sono testimoniati dalle statuette votive neolitiche, tra cui spiccano le Veneri steatopigie(dai grandi glutei) o le divinità dalle molte mammelle, che simboleggiano la fecondità femminile.
            Le donne diventavano così le uniche detentrici del rapporto con il soprannaturale, le esclusive depositarie dei misteri che legano Cielo e Terra.

            Il potere femminile venne sancito da istituzioni politiche e sociali in modi diversi e in epoche diverse, secondo le differenti aree geografiche.
            In particolare nel Mediterraneo esso sarebbe continuato fino all’età del bronzo e avrebbe caratterizzato anche la civiltà minoica, sviluppatasi a Creta dal III millennio e terminata attorno al 1500 a.C.
            Al centro della religione minoica vi era una donna potentissima, Potnia, simbolo della forza generatrice femminile.
            Il suo sposo, il “paredro”, svolgeva un ruolo puramente strumentale, in quanto aveva solo il compito di soddisfare sessualmente la Grande Madre, la vera tutrice della riproduzione della specie.

            Il fatto che la principale figura religiosa della Grecia minoica fosse una donna assume un significato importante, poiché la struttura religiosa di una società plasma in larga misura il suo sistema di valori; per conoscere il ruolo della femmina all’interno di una determinata civiltà è importante capire come venga definito dalle credenze religiose in essa prevalenti.
            E infatti, nella cultura cretese le femmine godevano di una posizione sociale privilegiata rispetto a quella loro riservata nelle altre civiltà coeve.
            Le donne minoiche fruivano di una certa libertà di movimento, avevano il ruolo privilegiato di sacerdotesse, potevano amministrare il proprio patrimonio anche dopo essersi sposate, potevano ereditare da un congiunto e divorziare dal marito conservando la dote.

            Non vi sono però tracce di una successione matrilineare, se non sporadiche.
            Col passaggio dalla civiltà minoica a quella micenea, sviluppatasi a Micene attorno al 1450 a.C. e con il conseguente emergere della figura del guerriero, i caratteri culturali del mondo greco vanno via via modificandosi, trasformando radicalmente lo statuto sociale femminile.

            Per concludere questa breve analisi su una supposta età dell’oro della femmina, nell’ambito della civiltà occidentale, bisogna ricordare che sulla sua effettiva consistenza esistono molti ma molti dubbi…
            Recentemente, infatti, gli storici si stanno orientando verso un RIDIMENSIONAMENTO dell’IPOTESI MATRIARCALE (perché sono IPOTESI…), ritenendo più corretto parlare di comunità matrilineari, basate cioè sulla discendenza materna e non paterna.

            Molti antropologi, poi, parlano del matriarcato in termini di “mito”, vale a dire di un’elaborazione fantastica, che rappresenterebbe proprio l’opposto della realtà, il suo inverso, una forma di appagamento immaginario, come quello espresso dalle favole..
            L’idea di una società dominata dalle femmine sarebbe quindi, in questa prospettiva, un’inversione mitologica, un “mondo alla rovescia” generato dal bisogno di compensare una realtà brutale e frustrante.
            Le donne, insomma, avrebbero elaborato una narrazione fantastica capace di ripagare, nell’immaginazione, le sofferenze subìte.

            Non è quindi facile stabilire se il matriarcato sia una leggenda o una realtà.
            Se è vero che in molte culture mediterranee si è a lungo mantenuta la memoria di un’ancestrale fase di predominio femminile che ritorna alla luce in occasione di alcuni riti misterici greci e romani riservati alle donne, è altrettanto vero che neanche nella società cretese vi sono sufficienti elementi per parlare di matriarcato; si può parlare, semmai, di condizioni che assegnavano alla femmina una considerevole libertà e dignità sociale.
            Lo stesso mito delle Amazzoni, da molti considerato una prova a favore di un’età d’oro matriarcale, deve essere attentamente riconsiderato.

            Il nome di queste femmine guerriere, che vivevano in comunità rigorosamente femminili, deriva da “a-mazos”, senza seno. Il mito, infatti, narra che esse tagliavano una mammella alle figlie affinché potessero maneggiare meglio la lancia e l’arco.
            Per generare figli, si univano a uomini stranieri, che erano ammessi nella comunità come schiavi.
            Se il neonato era maschio, veniva ucciso.
            Le Amazzoni erano considerate crudeli e prive di qualsiasi sentimento di umanità: la loro linfa vitale era l’odio verso l’uomo, che conferiva loro la rabbia necessaria per essere invincibili in battaglia.

            Recentemente, anche questo mito è stato letto come un racconto catartico, elaborato per esorcizzare il potere femminile e per impedire che la tensione tra i sessi si trasformasse in conflitto insanabile; è inoltre molto probabile che questa narrazione servisse a rappresentare un mondo selvaggio e barbaro – come quello formato da sole femmine -, contrapposto a quello armonioso della civiltà, fondato sulla coesistenza pacifica tra i sessi.
            Più che un residuo dell’era matriarcale, quindi, il mito delle Amazzoni attesterebbe una situazione esattamente opposta: la volontà di una società dominata dall’uomo di dimostrare l’innaturalità della separazione tra i sessi e l’incapacità delle donne di pervenire a una gestione equilibrata e stabile della società.
            >>>>>>>>>>>>>>

        • gino
          6 dicembre 2017 at 23:15

          ecco, la prostituzione “sempre esistita dalla notte dei tempi” o “il mestiere più vecchio del mondo” è l’ennesima fake news.

  11. Sandro D.
    6 dicembre 2017 at 1:14

    A proposito delle differenze esistenti tra i due sessi…
    Negli ultimi anni si sono andate accumulando prove che il testosterone influenzi non soltanto gli ornamenti e la corporatura, ma anche i cervelli.
    Il testosterone è un composto chimico antico, presente in forma pressoché identica in tutti i vertebrati.

    La sua concentrazione determina l’aggressività in modo così preciso che, negli uccelli con scambio di ruoli sessuali come i falaropi o nei clan a dominanza femminile delle iene, è la femmina ad avere livelli ematici di testosterone più alti.
    Il testosterone mascolinizza l’organismo (in sua assenza il corpo resta di tipo femminile, quali che siano i geni dell’individuo) e mascolinizza anche il cervello.

    Tra gli uccelli, in genere canta solo il maschio.
    Un diamante mandarino che non ha nel sangue un livello sufficiente di testosterone non canta.
    In presenza dell’ormone, la parte del cervello preposta alla produzione del canto cresce e l’uccello comincia a cantare.
    Anche una femmina di diamante mandarino può cantare, purché sia stata esposta al testosterone in una fase precoce della vita e poi da adulta.

    In altre parole, il testosterone prepara il cervello del nidiaceo a reagire di nuovo, più avanti nella vita, al testosterone e quindi a sviluppare la tendenza al canto.
    Se si può parlare di mente per un diamante mandarino, l’ormone è una sostanza che ne altera la mente.
    Lo stesso vale per gli esseri umani.

    In questo caso le testimonianze provengono da una serie di esperimenti, in parte naturali e in parte no.
    La natura ha dotato alcuni soggetti maschili e femminili di dosi alterate di ormoni e negli anni Cinquanta i medici hanno fatto lo stesso iniettando certi tipi di ormoni in alcune pazienti gravide.

    Le donne affette dalla sindrome di Turner nascono senza ovaie e quindi hanno meno testosterone nel sangue di quelle che le hanno (le ovaie producono un po’ di testosterone, sebbene non quanto i testicoli).
    Queste donne sono esageratamente femminili nei loro comportamenti, di solito hanno uno spiccato interesse verso i bambini, i vestiti, i lavori domestici e le storie d’amore.

    Gli uomini che da adulti hanno nel sangue meno testosterone rispetto alla norma, gli eunuchi per esempio, si riconoscono per l’aspetto e l’atteggiamento femminile.
    Gli uomini che durante lo stato embrionale sono stati esposti a un livello di testosterone inferiore alla norma, per esempio i figli di diabetiche che durante la gravidanza hanno dovuto assumere ormoni femminili, sono timidi, poco energici ed effeminati.

    Gli uomini con troppo testosterone sono bellicosi.
    Le figlie di donne che negli anni Cinquanta sono state trattate con iniezioni di progesterone (per prevenire un aborto spontaneo) dicono di essere state “maschiacci” da bambine; il progesterone non ha effetti diversi dal testosterone.

    Anche le femmine affette da iperplasia surrenale congenita o sindrome adrenogenitale, sono dei “maschiacci”: le loro ghiandole surrenali, poste vicino ai reni, anziché produrre cortisolo, come dovrebbero, producono un ormone ad azione simile a quella del testosterone.

  12. Rino DV
    6 dicembre 2017 at 19:17

    1.Non è vero che la natura umana sia solo cattiva. Gli umani sono esseri sociali e sanno anche collaborare. E’ poi un fatto che sappiano anche incivilirsi, ossia interiorizzare le norme e rispettarle anche in assenza di gendarmi posti a fianco di ciascuno. Tuttavia è bene predisporre argini molto alti ai fiumi, affinché, arrivando la piena (=potendo essi tracimare) …non tracimino. Scriveva su ciò Machiavelli:
    “Come dimostrano tutti coloro che ragionano del vivere civile, e come ne è piena di esempli ogni istoria, è necessario a chi dispone una republica, ed ordina leggi in quella, presupporre tutti gli uomini rei, e che li abbiano sempre a usare la malignità dello animo loro, qualunque volta ne abbiano libera occasione.
    .
    (Già in ciò si vede la superiorità del grande Mac rispetto alle idiozie seduttive di un Pelagio e del suo emulo Rousseau, propagatori di menzogne…)
    .
    Presupporre rei (potenzialmente) tutti gli umani. Perfetto. Infatti laddove ne abbiano la possibilità (=il potere) troppo spesso tracimano, anche con danni letali per i singoli o per le masse loro sottoposte. Ridicola perdita di tempo elencarne esempi.
    .
    2.Ma c’è ben altro. Una cosa infatti sono le pulsioni e gli istinti individuali, altra cosa le dinamiche di gruppo e quelle istituzionali, le quali prescindono dalla “bontà” dei singoli.
    Ad es. data una struttura gerarchica chiusa (carcere, esercito, casa di riposo, asilo nido…) è data anche la certezza del verificarsi colà di ogni sorta di violenze, soprusi, pestaggi, abusi, torture, e infine omicidi. Ciò in misura ed in estensione variabile in relazione al grado di chiusura della struttura stessa e (=libertà di stampa) della società in cui è immersa. Ciò a prescindere in modo assoluto dalle condizioni economiche, dalla struttura sociale, dai modi di produzione, dalle epoche e dai luoghi etc.
    .
    3.Vi è poi tutto il resto, tra cui il fatto che una forza, per quanto buona o buonissima, se non ne trova un’altra che le si oppone, dilaga senza fine su tutto il pianeta. Materialmente e psicologicamente. Gli scoiattoli grigi sono buoni come quelli rossi. Ciononostante, in Europa, stanno sterminando questi ultimi. E via discorrendo per alcune centinaia di pagine.
    .
    4. Natura vs cultura. Se ne verrà a capo forse tra secoli.
    .
    5.Non prendo le mie opinioni come definitive, né esatte. Li considero modelli che spiegano qualcosa di importante, senza essere perfetti. Anche Newton (si parva licet!) sbagliava, e di grosso. Ma le sue equazioni – pur se errate – descrivono il cosmo in modo più che adeguato a moltissimi fini.

  13. Sandro D.
    7 dicembre 2017 at 0:07

    gino
    >>>>>>>>
    e io le falsità che scrivi tu le ho sentite 2 milioni di volte
    >>>>>>>>

    Ma certo, come no.
    Statti bene, gino.

  14. Fabrizio Marchi
    7 dicembre 2017 at 11:26

    Nonostante quello che lui può pensare, non ho affatto accolto negativamente i commenti di Gino, al di là dei suoi atteggiamenti, al contrario, penso che abbia comunque stimolato la discussione.
    Vorrei fare una considerazione che secondo me a lui e a quelli che la vedono come lui, sfugge.
    L’economia si fonda sulla legge della scarsità, non dell’abbondanza. Le dinamiche che hanno portato all’accumulazione delle risorse, allo sfruttamento e alle guerre si fondano su quella legge della scarsità. Oggi si fanno guerre per il petrolio e per il gas, in altri tempi (ma in parte anche oggi) si facevano guerre per l’acqua. Non è da escludere che un domani si faranno guerre per le cosiddette “terre rare” (quelle con cui si fabbrica tutto ciò che riguarda la microelettronica ecc.). Poi si fanno tuttora guerre per le pietre preziose (o per l’oro), che non servono ad una beata minchia (se non, guarda caso, a regalarle alle signore) ma noi, per convenzione e per stupidità, gli abbiamo attribuito un enorme valore.
    Ora, mutatis mutandis, il discorso che facevo ironicamente (per lo meno quella era l’intenzione…) sui “maski kattivi” ha una suo fondamento di veridicità (poi io non credo che i “kattivi” siano soltanto i maschi, ma questo è ancora un altro discorso). Perché i maschi dominanti, data sempre la legge della scarsità, tendono ovviamente ad accaparrarsi la maggior quantità di un determinato “bene”. Se di quel “bene” ce ne fosse in abbondanza per tutti è lecito pensare che quel bene non sarebbe oggetto di accaparramento né di compravendita né di conflitto.
    Non mi pare di stare dicendo chissà quale eresia. Mi pare anzi la famosa scoperta dell’acqua calda…
    Sempre tornando agli esempi banali per i quali sono diventato famoso, le guerre per l’acqua non si fanno dove c’è abbondanza di acqua, così come non si è mai vista una guerra fra le tribù del Sahara per accaparrarsi la sabbia…Le guerre per il petrolio si fanno perché si prevede che fra una cinquantina di anni tenderà ad esaurirsi. E così via…
    Ora, l’antropologia è una branca di studio importantissima, ma anche l’economia lo è. E io penso che le questioni sessuali, nonostante quello che si possa pensare, abbiano molto a che fare con l’economia politica. E naturalmente anche con la psicologia. Direi anzi che non esiste un ambito dove tanti diversi aspetti entrano in ballo come quello sessuale (economia, psicologia, politica ecc.).

    • gino
      7 dicembre 2017 at 14:37

      concordo sul discorso economico! solo che io dico che la scarsità di donne, o della loro offerta di sesso, non è affatto naturale o generalizzata… e gli antropologi da secoli portano PROVE in tal senso. tutti gli esempi che ho fatto (e potrei farne molti altri) sono FATTI inoppugnabili che è possibile contrastare solo se:
      – non si sanno le cose (ed ecco allora il mio invito allo studio, che voi avete interpretato come una mia “violenza”)
      – le si sanno ma non le si vuole ammettere

      il martone nell’articolo non faceva distinzioni, parlava di tutta l’umanità, per questo ho scritto che generalizza e assolutizza (il che è un FATTO, perchè salta a piè pari tutte le società di cui ho parlato).

      insomma, che esistano società, anche contemporanee, in cui NON funziona come dite voi è un FATTO. dovete accettarlo. perchè se si fanno battaglie fondate su visioni errate, le battaglie le perdete.
      se andate a un dibattito, dite ste cose ed è presente un’antropologa femminista, vi annichilisce in un nanosecondo!

      io personalmente voglio evitare che gli uomini siano comandati e derubati dalle donne, e voglio una sessualità ampia e libera… se voi pensate che è naturale che le donne ci derubino allora i femministi siete voi.
      e proprio per la legge domanda-offerta di cui hai parlato, il loro potere e il loro rubare è possibile solo se la loro offerta di sesso viene ARTIFICIALMENTE ridotta.
      è questo che dovete capire.
      se invece pensate che la loro offerta di sesso è ridotta per motivi naturali, allora non c’è nulla da fare, dite loro zi badrone e mettete mano ai portafogli..

      • Fabrizio Marchi
        7 dicembre 2017 at 15:11

        No, non ci siamo forse non ci capiamo o forse non mi sono spiegato bene.
        Intanto la mia posizione è diversa sia da quella di Antonio Martone sia da quella di Rino Della Vecchia (e naturalmente anche dalla tua), come spero si sia capito.
        Ciò detto, io accetto quella quota di diversità biologica, sessuale e quindi psicologica (quella che tu neghi o non riconosci) che distingue e diversifica le femmine dai maschi e non ne faccio un dramma se una donna non ha un approccio diretto, immediato e giocoso al sesso, come è per me. Fermo restando che la cultura fa la sua parte, e cioè in alcuni contesti meno culturalmente condizionati il sesso è vissuto in modo sicuramente più (ma non totalmente) disinvolto e spontaneo. Ma io questo l’ho detto fin da subito e NON l’ho MAI negato. Peraltro, a differenza tua e di altri non opero affatto una cesura netta fra natura e cultura; ma su questo non mi ripeto altrimenti non la facciamo più finita.
        Quello che non accetto è di essere criminalizzato e colpevolizzato in quanto maschio. Oggi la maschilità è stata ridotta a maschilismo e anche la sessualità maschile è colpevolizzata e criminalizzata. Questo perché, come al solito, c’è una sola campana a suonare, ed è quella femminil-femminista che detta l’agenda e lo spartito. E mentre io riconosco la femminilità nella sua diversità, è la mia diversità di maschio che NON viene riconosciuta. In parole ancora più povere, io posso anche accettare di fare la parte di quello che ci deve provare perché è maschio, anche se penso che eguaglianza significhi superare questi ruoli stereotipati. Però, ripeto, lo posso anche accettare nel momento in cui penso che determinati comportamenti siano in parte naturali, perché se io sono stato creato da madre natura con l’esigenza di bere due litri d’acqua al giorno e un’altra è stata creata con l’esigenza di berne solo un litro ogni tre giorni e in determinate circostanze (o al limite di berne anche lei due litri al giorno ma con modalità e circostanze diverse dalle mie) ci sta che sia io a fare il primo passo. Però vorrei che questo passo fosse accettato e riconosciuto e anche apprezzato (perché non è facile essere quello che deve fare il primo passo…), vorrei che il mio desiderio non venisse criminalizzato. Se ci fosse questo riconoscimento reciproco, pur nella diversità biologica (che per te non esiste ma per me sì) la relazione fra i sessi sarebbe molto, ma molto, ma molto migliore di come è oggi. Perché a quel punto io sarei libero di provarci in modo sereno, esplicito, libero e disinvolto senza crearmi troppi problemi e senza fare chissà quali recite o tripli salti carpiati (e senza mettere mano al portafogli), e la donna sarebbe molto più libera di accettare o anche ovviamente di negarsi, ma anche in questo caso in modo del tutto normale, come se io le avessi chiesto che ore sono e lei mi avesse risposto dicendomi l’ora oppure che non ha l’orologio.
        Mi sono spiegato? Se ci fosse un clima e una cultura diversa, fondata sulle reciprocità e sull’accoglienza, anche i problemi legati alla diversità biologica, fisica e sessuale, verrebbero meno o comunque verrebbero vissuti con molta più grande serenità.
        Questo è ciò che penso. Tu pensi invece che uomini e donne siano sostanzialmente “uguali” ci capiamo…) e che quella condizione di libertà (sessuale) e di eguaglianza che c’era una volta (tanto tempo fa…) sia stata distrutta dalle culture, dalle religioni ecc. ecc. Io penso invece che le cose siano a metà strada, che le culture, le religioni, i sistemi sociali ecc. abbiano sicuramente portato alla repressione della sessualità, ma che questi condizionamenti sociali, culturali, religiosi ecc. abbiano potuto attecchire e soprattutto proliferare su aspetti che attengono a quella diversità biologica di cui sopra.
        Mi pare che ci siamo spiegati a sufficienza.

        • gino
          8 dicembre 2017 at 9:15

          “io accetto quella quota di diversità biologica, sessuale e quindi psicologica (quella che tu neghi o non riconosci) che distingue e diversifica le femmine dai maschi e non ne faccio un dramma se una donna non ha un approccio diretto, immediato e giocoso al sesso, come è per me”

          eh sì, non ci capiamo, continui ad affibbiarmi idee non mie. io non ho mai detto che non ci siano differenze fra i sessi!!! io ho SOLO contestato sti 2 o 3 ambiti di cui parla martone in quest’articolo!!!

          e nella fattispecie, ci sono culture in cui le donne l’approccio attivo e giocoso al sesso ce l’hanno eccome, lo vuoi capire o no?

          • Fabrizio Marchi
            8 dicembre 2017 at 10:21

            “ci sono culture in cui le donne l’approccio attivo e giocoso al sesso ce l’hanno eccome, lo vuoi capire o no?” (Gino)
            Appunto, culture, lo hai detto tu stesso… 🙂
            E in ogni caso lo capisco e so perfettamente, ma lo avevo già detto e stradetto nei miei numerosi e lunghissimi commenti che forse hai letto in modo disattento proprio perché troppo lunghi (ma non sono lunghi per buttarla in caciara, come pensi tu, ma per cercare di essere il più possibile esaustivo).
            Ho avuto la fortuna, le possibilità, le circostanze e il privilegio di viaggiare molto in lungo e in largo per il mondo. Solo in America Latina sarò stato una ventina di volte ma forse più, fra cui tre volte in Però, tre volte a Cuba, due in Brasile e quattro in Messico, e ho visitato quasi tutti gli altri paesi sudamericani, quindi conosco molto bene la situazione ed io per primo, come ricorderai, ho stilato una sorta di classifica dei paesi dove il sesso è più libero. Però, a parte Cuba, che è un caso UNICO al mondo – te lo posso garantire perché ho viaggiato molto anche in tutta l’Europa dell’est e del nord, negli USA, in Asia e nel mondo arabo – dove il sesso è veramente vissuto in modo molto libero (fermo restando che la nostra impressione è molto condizionata dal fatto di essere comunque stranieri che rappresentano una sorta di carta moschicida per le donne…quindi il meccanismo che ben conosciamo si ripropone anche in quel contesto…), nel resto del mondo, con differenti gradazioni, questo è ovvio, il sesso non è vissuto in modo così libero, al di là delle apparenze. A meno che non vogliamo considerare libertà sessuale una sorta di semiprostituzione non dichiarata, diffusissima in tanti paesi (fra cui anche Cuba, anzi, a Cuba è diffusissima…), e in parte anche in Occidente. Direi anzi che in Occidente è solo meno palese mentre in altri contesti è più esplicita.
            La tua posizione è diversa. Tu pensi che in natura, in un ipotetico o forse stato di natura pre-civiltà, la sessualità fosse completamente libera, o meglio, che le donne vivessero la sessualità in modo del tutto libero, e del tutto simile o quasi a quello degli uomini. Io questo non lo credo. E non lo credo – insisto – non solo perché penso che maschi e femmine siano biologicamente diversi (e quindi anche psicologicamente) ma anche e soprattutto perché credo che per quanto concerne gli esseri umani, per lo meno la specie homo sapiens, non si sia MAI dato uno stato di natura antecedente alla cultura (ma forse anche prima del sapiens), perché la peculiarità, lo ripeto ancora, degli esseri umani è quella di essere naturali e culturali nello stesso tempo. Per cui NON può neanche essere concepito un essere umano del tutto libero da condizionamenti culturali, immerso in uno stato di natura “puro”.
            Comunque, non è che dobbiamo incaponirci su questo punto. Tu la vedi in un modo e io la vedo in un altro. Tu ritieni che la tua tesi sia certa perché a tuo dire scientificamente dimostrata. Io non la vedo così (e penso che pochissimi al mondo in tutta la storia abbiano fatto scienza, si contano sulle dita di qualche mano…) e la vedo in un’altra maniera che è quella che ho cercato faticosamente di spiegare. Io direi che questa discussione possa essere serenamente e pacificamente chiusa senza la necessità di ribadire da parte di nessuno che l’uno è il portatore della Verità e l’altro di chiacchiere a ruota libera. Semplicemente, come molto speso accade, si hanno posizioni diverse. Si può accettare, penso, senza il bisogno a mio parere un po’ malsano di dire che gli altri sono degli ignoranti sprovveduti.
            P.S. io leggerei il commento di Armando Ermini perché mi pare che contenga alcune considerazioni, in risposta alle tue tesi, a mio parere molto pregnanti.

  15. Armando
    7 dicembre 2017 at 16:20

    Leggo solo l’articolo e lo stimolante dibattito che ne è seguito, che ho scorso rapidamente.
    Salvo ritornare successivamente sul merito, per ora mi limito a osservare in ordine sparso:
    1) E’ credibile che fra corpo e psiche non via sia alcuna relazione, per cui i modi di pensare, concettualizzare il mondo, rapportarsi con l’altro/a, intendere e vivere la sessualità, preferenze e passioni siano solo un costrutto culturale sovrapposto (o imposto) a esseri che altrimenti non avrebbero manifestato nessuna costante nelle diversità ma queste sarebbero solo individuali e casuali, come vorrebbe il genderismo e una parte del femminismo? Sinceramente non credo. Sesso maschile fuorisce dal corpo, è proiettato verso il fiori, l’esterno, il sesso femminile è all’opposto. Quello maschile è fatto per penetrare, quello femminile x accogliere.
    2)matrilineità non è uguale a matriarcato.
    3)Il matriarcato sociologico deve essere distinto dal matriarcato psichico, come ben mise in evidenza Erich Neumann. Per cui una società sociologicamente maschile o maschilista può rivelarsi psichicamente matriacale. Esempio la Mafia, come evidenziò Silvia di Lorenzo (La Grande Madre mafia).
    4)Uomini e donne, in modo diverso ma sempre e ovunque, hanno sempre posseduto modelli comportamentali ben separati. Tutta cultura, sempre e ovunque? E soprattutto tuttta responsabilità delll’oppressione patriarcale? Credo che se constatiamo che esiste da sempre un’invariante in certi comportamenti, l’onere della prova spetti a chi sostiene che tali invarianti sono acquisizioni culturali, peraltro ultramillenarie.
    5) Bachofen parlò di stadi di civlità successivi a)eterismo, ovvero una fase di sesso”libero” da condizionamenti 2)matriarcato o ginecocrazia 3)patriarcato.
    La cosa singolare rispetto a questa discussione è che per lui il passaggio dalla prima alla seconda fase fu opera femminile, causa il fatto che col sesso eterico i maschi finivano per abusare delle femmine (il che indica con chiarezza che esistevanpo attitudini sessuali diverse fra m. e f.). Solo nella fase matriarcale si formò, diceva sempre Bachofen, il primo concetto di famiglia monogamica con prevalenza femminile. Per Bachofen comunque, che considerava il demetrismo ginecocratico con grande rispetto, il passaggio al patriarcato fu un salto positvo per diversi aspetti.
    6)Si tende a spiegare il deperimento delle civiltà matriarcali vicine allo stato di natura con l’invasione dei popoli guerrieri nordici. Ma perchè quei popoli erano tali e non anch’essi matriarcali se quello stadio fosse stato quello originario di tutta l’umanità? Si dirà perchè si erano già allontanati dallo stato di natura. Ma perchè loro e non mediterranei? Che abbia a che fare col fatto che quella natura fosse minacciosa e disagevole per cui da essa ci si diveva “difendere” allontanandiosene?
    Un’altra annotazione. nella discussione nessuno, mi sembra, ha tirato in ballo l’elemento spirituale come intrinseco al genere umano, ossia la ricerca di senso e di assoluto. Marie Luise Von Franz, allieva prediletta di Jung, racconta di tribù indios matriarcali , egemonizzati dalle donne e in cui vigevano costumi liberio in fatto di sesso. E chiosava che erano società sessualmente soddisfacneti ma spiritualmente morte. Questo per dire che per parlare delll’evoluzione delle civiltà non si può limitarsi solo agli spetti della riproduzione materiale e dellla sessualità, che pure esistono e sono importanti, ma anche agli aspetti psichichi e spirituali. In questo senso il già ricordato Neumann parla di coscienza simbolicamente maschile e inconscio simbolicamengte femminile e sostiene che la coscienza egoica è emersa poco a poco nei millenni come distinzione fra io e tu, uomo e natura, e loro oggettivazione, al netto di eccessi etc. etc. , rispetto ad una situazione di “indistinzione” o “partecipation mistique” dell’uomo primitivo.
    Mi fermo quì, per ora, non prima di aver fatto due precisazioni
    1)La dote femminile era quanto doveva la sposa (o la sua famiglia) in cambio del mantenimento successivo da parte del marito. Insomma una sorta di bilanciamento fra prestrazioni (alle volte simbolico, altre più oneroso, ma con identica ispirazione) Quindi in una situazione in cuio era poi al marito che toccava lavorare etc. etc.
    2)La prova di allevare un maschio come femmina è stata fatta, sull’onda delle teorie del dott. Money. Basta andare su internet e digitare storia di Brenda. >Fu un totale disastro prima di tutto umano. Quel bimbo fini suicida, .

    • gino
      8 dicembre 2017 at 12:34

      ti rispondo su alcuni punti.
      1) tra corpo e mente c’è relazione. ma c’è anche nel senso opposto a quello che dici tu (come provato dalla psicoanalisi): anche la psiche può modificare il corpo; ad esempio una donna, cui la cultura ha instillato terrore per il sesso/pene/maschio/orgasmo, può modificare il proprio corpo, diventando brutta/grassa/secca al fine di non attrarre maschi
      2) 3) esatto
      4) vero, però spesso si considerano invarianti cose che invece sono varianti, vedi questo articolo e mie critiche
      5) bachofen non è dio, nessuno è dio; io prendo da ogni autore ciò che mi sembra utile e vero e rigetto il resto. il merito di bachofen è stato quello di riconoscere la vasta diffusione delle culture matri- e l’esistenza di reminescenze matri- anche nella nostra cultura patri-, per il resto le sue ricostruzioni del profondo passato sono ipotesi e illazioni
      6) come ho già ricordato, è pieno di culture “nordiche”, quindi sviluppate in una natura minacciosa-disagevole, che non sono guerriere nè sessualmente represse.
      6a) le “società sessualmente soddisfacenti ma spiritualmente morte” della von franz: questo è un suo giudizio arbitrario decisamente ascientifico. un antropologo sul piano personale ha la sua cultura e i suoi gusti, ma sul piano scientifico dovrebbe essere asettico. altri studiosi, coi quali io concordo, hanno una visione più rispettosa: ogni cultura decide i suoi obiettivi, i suoi mezzi, la sua etica e nessuno ha il diritto di giudicare. se per “morte” si intende “senza i rapidi cambiamenti tipici di noi occidentali”, beh io direi che magari a quei popoli non interessava il cambiamento, erano soddisfatti così e magari loro vedevano noi come dei pazzi nevrotici sempre alla ricerca di non si sa cosa. pure io se mi dai una capanna e 7-8 amanti sto bene così e me ne frego del “progresso”.
      allora tu mi dirai “e perchè quei popoli sempre più si fanno coinvolgere dalla modernità?”… semplice, perchè gli abbiamo reso la vita impossibile, li abbiamo violentati, sterminati e in genere il violentato si identifica col violento (psicoanalisi).
      allora tu mi dirai “allora questa è la prova che la società occidentale è meglio delle altre, visto che vince”… certo, nel breve termine è così, poi quando avremo distrutto tutto però non so come si metteranno le cose. e poi c’è il lievissimo problema che non fate più figli, con una fecondità di 1.3 per donna la civiltà occidentale il 3 generazioni si estinguerà. alla fine darwin vince, chi sbaglia viene eliminato.

    • gino
      8 dicembre 2017 at 15:37

      armando,
      aggiungo una cosa? hai presente l’antico testamento^
      – adulterio: pena di morte
      – perdita verginità prima del matrimonio: pena di morte
      ecc. ecc. ecc.
      e dopo di 3000 anni di sta robaccia mi venite a dire che la “continenza” femminile è genetica/naturale?
      quante ragazze hanno fatto fuori in 3000 anni?
      se sta cosa fosse naturale ci sarebbe bisogno di certe regole?
      pensateci.

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