Il “vecchio” e il “nuovo”

Questo in corsivo è il commento del nostro amico Anio Fusco Celado (che ringrazio per il contributo) che replica a questo mio articolo  https://www.linterferenza.info/attpol/gay-pride-e-family-day-progressisti-e-conservatori/

 “La prima deduzione non è automatica, e non è dimostrata dai successivi passaggi: l’inferenza deduttiva che SE “la famiglia tradizionale rappresenta, in quanto microcosmo familiare, l’ordine sociale dominante nel macrocosmo sociale”, ALLORA “dovremmo necessariamente e conseguentemente giungere alla conclusione che la famiglia non tradizionale, sia essa gay, lesbica, trans, allargata ecc. verso la quale si sta marciando a passo spedito, null’altro è se non la rappresentazione del macrocosmo sociale ultracapitalista attualmente dominante”, è solo una estrapolazione di comodo, sicuramente non necessaria né conseguenziale, poiché è altrettanto valida e legittima ALLORA la deduzione opposta, ovvero che tale nuova famiglia è invece un momento di rottura degli schemi intrafamiliari precedenti riproducenti il macrocosmo sociale vetero capitalista, nonostante tale nuova famiglia formalizzata giuridicamente veda la luce nell’era del dominio ultracapitalistico. Non entro nel merito delle due deduzioni, non so quale sia quella vera e quale quella falsa, dico soltanto che nessuna delle due possiede caratteristiche di necessità logica e quindi forma apodittica. Concordo che molta della fenomenologia familiare attuale (anche quella ancora non normata) è l’espressione sovrastrutturale del dominio strutturale capitalistico, ma la famiglia in sé esiste come fenomeno NATURALE da tempo immemore, sia pure sempre plasmata dal periodo storico e dalla cultura di riferimento. Personalmente sono convinto che tale aspetto naturalistico del fenomeno vada maggiormente rispettato, ed in questo solco mi pongo al di là di ogni considerazione sociologica e politica per affermare il mio rispetto e sostegno a tutti coloro che si battono per il diritto a formare alla luce del sole, ed in piena legalità, famiglie non tradizionali, siano esse unioni di fatto tra etero, tra gay, trans eccetera…”. (Anio Fusco Celado).

Di seguito, la mia controreplica:

Caro Anio, delle due l’una. Il tuo discorso può anche essere valido se ammettessimo che non ci sia o non possa esserci alcuna relazione (o solo molto parziale) fra il macrocosmo sociale e il microcosmo familiare, cosa secondo me impossibile. E questo non ha nulla a che vedere con il fatto – come dici tu giustamente –  che la famiglia sia un fenomeno naturale. Certo che lo è, è sempre esistita fin da quando eravamo dei primati che vivevano sugli alberi, se è per questo. Ma allora se così è dovremmo anche dare ragione a coloro che sostengono che la “famiglia naturale”, da che mondo è mondo, è formata da un maschio e da una femmina, da un paterno e da un materno che a loro volta generano dei figli, e non certo dall’unione fra omosessuali, maschi o femmine che siano. Lo dico sulla scorta del tuo ragionamento, sia chiaro, sempre che la logica non sia acqua fresca.

Io penso che la famiglia, come tutte le cose del mondo, sia un fenomeno naturale e culturale nello stesso tempo, a meno di non operare appunto una separazione netta (a mio parere IMPOSSIBILE) fra natura e cultura. Perché è vero che la famiglia è un fatto naturale ma è altrettanto vero che questo fatto naturale va ad inserirsi all’interno dei vari contesti storici, sociali e culturali.

Ora, la “famiglia tradizionale borghese” (che, come scriveva  Marx nel Manifesto del Partito Comunista, rispondendo alle ipocrite obiezioni dei pensatori borghesi che lo accusavano scandalizzati  di voler abolire la famiglia,  esiste solo nella misura in cui è stata distrutta quella proletaria) non è un’invenzione del sottoscritto,  bensì è stata un fenomeno sociale e culturale dato, cioè esistita in una determinata fase storica. Prima ancora abbiamo avuto altre tipologie di famiglia, comunque inserite all’interno di altri contesti storici, sociali e culturali (ma sempre tutte rigorosamente formate dall’unione fra un maschile un femminile).

Come sappiamo, nel campo delle scienze sociali è sempre molto difficile stabilire con certezza assoluta le cose perché, come sappiamo, la realtà sociale non può essere rispecchiata come si può fare con la natura. Questo è stato a mio avviso uno degli errori del materialismo dialettico post marxiano, sia quello engelsiano che quello della seconda e della terza Internazionale, passando anche per Lenin e la sua polemica con gli empiriocriticisti (fortunatamente grandi pensatori marxisti come Gramsci e Lukacs, per citare solo i più noti, hanno aggiustato, e di molto, il tiro…). Capisco quindi per primo che il sillogismo operato dal sottoscritto (modesto portatore di opinioni e non certo di certezze o verità assolute) nell’articolo di cui sopra, possa in linea teorica (e anche pratica) essere sottoposto a critica. Tuttavia, mi sembra di poter dire che quello stesso sillogismo abbia probabilità assai elevate di corrispondere al vero.

Intanto, se seguissimo il tuo modo di procedere, se cioè la famiglia gay o lesbica rappresentasse una rottura con l’ordine sociale capitalista, allora ne dovremmo necessariamente concludere che anche la famiglia tradizionale borghese (e capitalista) rappresentava una rottura rispetto al modello di famiglia preesistente nel vecchio ordine sociale preborghese e precapitalistico. Ma, come vedi, il cane torna a mordersi la coda. O la famiglia è una variante esogena e del tutto o anche parzialmente indipendente dal contesto sociale e culturale oppure invece, pur essendo un fatto naturale, è comunque interna ad esso, come io, da marxista, sia pure non “ortodosso”, sono convinto che sia.

Ora,  che la “nuova” famiglia gay, lesbica ecc. sia un momento di rottura rispetto al vecchio ordine sociale borghese e capitalista, non c’è alcun dubbio, ed è proprio ciò che io sostengo.   Ma è un momento di rottura che avviene all’interno di un processo di trasformazione del sistema capitalistico stesso che, come sappiamo e abbiamo spiegato tante e tante volte, si è disfatto del vecchio sistema valoriale e ideologico (il famoso Dio, Patria e Famiglia su cui si fondava l’ordine sociale vetero borghese, cioè la vecchia falsa coscienza necessaria) giudicato ormai obsoleto e addirittura potenzialmente di ostacolo al suo pieno dispiegarsi nella sua fase ultramatura (cioè quella attuale, non possiamo sapere come si evolverà nel futuro remoto), per assumere il nuovo, cioè l’ideologia politicamente corretta di cui anche la nuova concezione della famiglia è parte integrante. A tal proposito rimando chi lo volesse (rendendomi conto dello sforzo che chiedo ai lettori ma non si può fare altrimenti) alla lettura dei seguenti articoli: https://www.linterferenza.info/editoriali/il-capitalismo-alloffensiva-su-tre-fronti/

https://www.linterferenza.info/editoriali/il-nuovo-orizzonte-del-capitalismo/

https://www.linterferenza.info/attpol/la-nuova-falsa-coscienza-delloccidente-e-del-capitale/

Ciò detto, avresti ragione nel sostenere che la famiglia post tradizionale è un momento di rottura rispetto all’ordine sociale capitalista esistente, se questa istanza fosse stata portata avanti all’interno di un processo di trasformazione sociale, economico, politico e culturale più ampio che avesse messo radicalmente in discussione o anche semplicemente sottoposto a critica il sistema capitalista stesso . Non mi pare che le cose siano andate e stiano andando in questo modo nè tanto meno mi sembra di aver assistito negli ultimi trenta o quarant’anni ad un processo rivoluzionario che sia andato nella direzione della costruzione di una società comunista o comunque postcapitalista. Mi pare anzi di poter affermare esattamente il contrario, come è evidente peraltro a tutti. Il capitalismo, ahinoi, ha dimostrato di essere ancora in una fase “rivoluzionaria”, di essere vivo e vegeto, nonostante la crisi economica strutturale, e di avere una grandissima flessibilità e capacità di auto trasformazione. Oggi viviamo in una società ultracapitalista al punto tale da non avere più necessità del soccorso del vecchio apparato sociale “vetero borghese”, appunto il famoso “Dio Patria e Famiglia”, che è diventato la bandiera ideologica, ormai fuori tempo, di quei settori della borghesia “tradizionalista” – ancora però capaci di esercitare una certa egemonia culturale e ideologica su ampi settori popolari – che “resistono” o per meglio dire, reagiscono, al processo di globalizzazione capitalista che li ha, per così dire, messi politicamente ai margini. Ora che sotto i colpi del “politicamente corretto” anche il loro alleato di sempre, cioè la Chiesa cattolica, comincia a scricchiolare, la situazione si fa per loro sempre più precaria. Il “family day” è la risposta vetero tradizionalista all’incalzare del “nuovo” (cioè della nuova ideologia del capitale, dal mio punto di vista) che avanza. Un passaggio di consegne fra un’ ideologia/falsa coscienza ad un’altra (che ovviamente necessita dei suoi tempi fisiologici per compiersi), naturalmente camuffato sotto le spoglie dello scontro epocale fra il “vecchio” e il “nuovo”, tra l’ oscurantismo da una parte e il progresso dall’altra. Altamente simbolica, in tal senso, l’immagine della Casa Bianca (che non è propriamente la cabina di regia né tanto meno la centrale operativa dell’Internazionale comunista…) illuminata  con i colori arcobaleno subito dopo la sentenza della Corte suprema USA in favore delle nozze omosessuali.

Alla luce di tutto ciò, è possibile considerare la “nuova famiglia” post tradizionale come un momento di rottura rispetto all’ordine sociale capitalista? A me, in tutta franchezza, pare proprio di no.

Il che non significa affatto essere contrari alle unioni gay. Personalmente non ho nulla in contrario in linea di principio (e anche de facto), anzi. La parità dei diritti per tutti e per tutte è fuori discussione, per quanto mi riguarda.  A patto però di non scambiare questa rivendicazione, tutta interna all’ordine sociale dominante, con chissà quale processo rivoluzionario, come la fanfara mediatica celebrativa “laicista, progressista e politicamente corretta” (peraltro trasversale sia alla”sinistra” liberal e radical che alla destra laicista e liberista)  vorrebbe far credere.  A mio parere si tratta invece di un processo di sostanziale omologazione, come ho spiegato in questo articolo http://www.uominibeta.org/articoli/gay-dal-diritto-alla-diversita-allomologazione-borghese/   che vede il movimento omosessuale retrocedere e ripiegare significativamente  rispetto a quelle che erano le sue istanze originarie, che effettivamente contenevano degli elementi di sostanziale rottura con l’ordine sociale dominante. Basti pensare che il matrimonio, etero o omo,  veniva allora considerato come una istituzione borghese e in quanto tale da rifiutare. Oggi il movimento gay sostiene l’esatto contrario. Difficile non scorgere in questo capovolgimento di posizioni un processo di sostanziale arretramento nonché di integrazione/omologazione, a meno di non pensare che il diritto alla ereditarietà dei beni (che nessuno qui disconosce) sia un fatto rivoluzionario. O era forse questo che Marx intendeva quando parlava di superamento della famiglia borghese? Oppure ancora il superamento della polarità maschile/femminile considerata dal “nuovo” che avanza come un mero “costrutto culturale”?

Mi permetto di sollevare più di qualche dubbio senza per questo sentirmi un reazionario, fascista, omofobo e sessista.  Viceversa, respingo al mittente e con gli interessi tali ridicole e infamanti ingiurie con cui puntualmente viene ricoperto chi osa avanzare anche solo una pallida critica o una semplice perplessità all’impianto ideologico politicamente corretto.

 

17 commenti per “Il “vecchio” e il “nuovo”

  1. Animus
    1 febbraio 2016 at 15:36

    >Ma è un momento di rottura che avviene all’interno di un processo di trasformazione del sistema capitalistico stesso

    Certo, per dirla con “Il Gattopardo” – Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi (anche la famiglia), o per dirla con Nicce (in senso e valenza ancora più generale), “la verità è, che la verità cambia!”.

    Il palo a i cui si impiccano i “promotori del nuovo” – io li considero solo “nuovi utili idioti” del capitalismo “mutante”, ma solo perché sono mutati i mezzi (grazie ai nuovi conseguimenti della Tecnica) con cui puo fare nuovi (e immensi) profitti – il palo dicevo, è quello di considerare il capitalismo come se stesse ancora su uno sfondo immutabile (sfruttamento del lavoro, classi etc.) mentre questo si è mosso e si muove, ad una velocità decisamente superiore, sicuramente a quella … del loro pensiero (e scarsa intelligenza).

    Se questi sono i “nuovi rivoluzionari” …(siamo rovinati).
    Sic!

  2. Animus
    1 febbraio 2016 at 16:52

    Mi sento un po’ in colpa per aver definito costoro soltanto come “idioti” (utili al capitalismo), c’é anche un altro aspetto che gioca, questa volta a loro vantaggio e che dà loro ragione, quello “utilitaristico”, e quindi, da questo punto di vista, che chiude il cerchio, se loro sono utili al capitalismo, questa forma di capitalismo è utile per loro!
    E’ qui che c’é la vera saldatura tra determinati soggetti/categorie è il tecnocapitalismo: un matrimonio di convenienza, e dove c’è la convenienza, non valgono né ragioni né teorie (astruse) né altre prospettive..

    Insomma, ricordate quella scena di matrix (il primo), che ha per protagonista Cypher (che è il traditore, ma sorvoliamo su quest’aspetto “morale”) e il suo punto di vista?

    CYPHER: Vede… io so che questa bistecca non esiste.
    So che quando la infilerò in bocca Matrix suggerirà al mio cervello che è …succosa e deliziosa.
    Dopo nove anni …. sa che cosa ho capito?
    Che l’ignoranza è un bene.

    Ecco, le cose purtroppo stanno (e sono sempre state) così: a me la bistecca piace, “matrix” me la da, e io me la mangio..

  3. armando
    1 febbraio 2016 at 17:09

    Noi possiamo girare mille volte intorno al problema, segmentarlo, parcelizzarlo, costruirci sopra riflessioni logiche e intelligenti sui nessi fra natura e cultura, ma occorre sempre partire dalla realtà. Finora, sempre e comunque, i figli nascono da una unione sessuale fra un uomo e una donna, e su questo dato di realtà si sono strutturati tutti i sistemi educativi, per quanto diversi siano stati uno dall’altro, ma mai nessuno edificato sulla negazione di questo dato. La conseguenza “naturale” di ciò è sempre stato il riconoscimento dei principi maschili e femminili come archetipi in sé reali ma anche come apporti necessari entrambi alla strutturazione identitaria dei bambini. Ne consegue che 1)o si sostiene che questa realtà è meglio sia superata per costruire un’altra realtà artificiale (procreazione assistita, uteri in affitto, eugenetica come selezione della specie per far nascere esseri non difettosi, insessenzialità dei principi materni e paterni e in definitiva maschili e femminili), oppure 2)Tutte le leggi sulla famiglia che in un modo esplicito o surrettizio implicano il disconoscimento di tale principio, sono sbagliate e alla lunga nefaste. Non esiste una terza via veritiera se non è rigorosa su questo, e solo dopo prende in considerazione i diritti dei singoli soggetti, etero o omo che siano. Ogni compromesso che non parta da qui sarebbe anch’esso nefasto perché in realtà significherebbe la rottura sul piano simbolico e quindi anche immediatamente concretissimo, della realtà naturale (in qualsiasi modo, ripeto, essa si concretizzi nelle realtà sociali).
    Ora, si può anche ritenere valida la scelta 1) ma a) E’ un fatto che in tal senso spingano i paesi a capitalismo più avanzato. E in essi non il popolo, bensì le elites dirigenti e i poteri economici forti. Spetta a chi è a favore l’onere di provare che le elites e i poteri forti sono diventati improvvisamente rivoluzionari anticapitalisti. Su questo spazio e altrove , il sottoscritto e altri hanno tentato di spiegare che esiste un nesso fra questa nuova stagione dei “diritti civili” e le necessità concrete di creare nuovi mercati da un lato, ma anche e soprattutto per stimolare l’illusione che tutto sia possibile, che ogni desiderio sia esaudibile, anzi diventi immediatamente un diritto, insomma tutto ciò che costituisce il motore psicologico del capitalismo . Motore che ovviamente consiste anche in una parte non detta e non dicibile perché altrimenti sarebbe svelato l’inganno, e cioè che mai e poi mai quei desideri così tanto invocati, stimolati, fatti crescere smisuratamente, si potranno realizzare davvero per tutti, anche per la parte più povera della popolazione, ossia per la grande maggioranza. b)Se si assume il punto 1) si abbia il coraggio, allora, di dire che il capitalismo è il sistema migliore, quello che assicura più diritti per tutti e che + in grado di soddisfarli, ed anche quello in grado di costruire realtà virtuali e artificiali nelle quali saremmo tutti più felici perché avremmo spazzato via, finalmente, i vecchi e obsoleti legami col corpo sessuato, la vecchia e obsoleta antropologia che considera corpo e psiche come intimamente interconnessi, che si ostina ancora a pensare che un bambino ha bisogno del corpo materno e della guida e della parola autorevole paterna.
    Lo si dica, finalmente, e si elevi il capitale, la sua logica, i suoi principi , a benefattore supremo. Altrimenti ci si fermi un attimo a pensare. Credo sarebbe meglio.

    • mcc43
      3 febbraio 2016 at 17:35

      Armando, apprezzato il ragionamento e anche la chiarezza dell’esposizione.

  4. Anio Fusco Celado
    1 febbraio 2016 at 18:40

    Caro Fabrizio Marchi, sono contento che la mia critica abbia prodotto questo bel tuo scritto di approfondimento in risposta (sono un po’ meno contento di coloro che commentando non hanno perso occasione di attaccarmi, definendomi “utile idiota” in quanto non sono un pedissequo osservante dei sacri teoremi discendenti dalle sacre premesse dei sacri testi marxisti). In ogni caso ribadisco il concetto da me espresso in forma più semplice: da un punto di vista logico possiamo ricavare da una premessa tutte le deduzioni legittime possibili, e la tua è sicuramente legittima, ma come hai fatto notare nella tua sapiente risposta non possiamo stabilire con la sola logica le verità sociali, ergo, concedimi il beneficio del sospetto: io sospetto che le cosiddette nuove famiglie possano essere un momento di rottura nei confronti non solo del vecchio capitalismo ma anche del nuovo ed imperante e trionfante capitalismo globale. A mio avviso, e per “riflessioni” intuitive che non ho ancora elaborate a livello consapevole (ma lo farò al più presto se emergeranno) , sospetto che questa cosa epocale della regolamentazione di forme mai viste di unioni in un paese particolare come l’Italia sia non tanto la solita sortita stravagante della sovrastruttura capitalistica ma piuttosto il risultato delle contraddizioni del capitalismo che stanno finalmente emergendo in formazione di rottura di alcuni delicati equilibri di potere (limitati al belpaese, ovviamente), ma potrei anche sbagliarmi…

    • Fabrizio Marchi
      1 febbraio 2016 at 19:05

      Caro Anio Fusco Celado, mi dispiace se qualcuno ha alzato i toni. Credo però che quegli “apprezzamenti” non fossero rivolti a te personalmente quanto a un certo “ambiente” largamente maggioritario a “sinistra” e non soltanto a “sinistra”. D’altronde abbiamo lasciato lo spazio dei commenti volutamente libero proprio per dare a tutti la possibilità di esprimersi. Ciascuno lo fa come sa. Censuriamo solo quei commenti palesemente offensivi o che contengano affermazioni dichiaratamente inneggianti al razzismo o al nazifascismo. In ogni caso ti chiedo scusa per ciò che è accaduto. Ciò detto, apprezzando la tua ulteriore replica, resto delle mie opinioni. La verità non ce l’ha in tasca nessuno, però personalmente faccio del mio meglio per cercare di avvicinarmi quanto più possibile al vero. Il mio metodo, come sai, è quello logico-dialettico. Naturalmente esperiamo il mondo e la realtà non solo con la logica ma anche con i sensi, il sentimento, la passione e quant’altro. Però credo che non sia con questi ultimi che si possa, per ovvie ragioni (il sentimento è necessariamente soggettivo) articolare un’analisi delle cose e della realtà stessa. Ho portato le mie argomentazioni sulla base di un procedimento logico e, se vuoi, di un postulato (marxiano). Dopo di che permettimi di dirti che il tuo punto di vista, che rispetto, potrebbe anche scivolare nel relativismo assoluto. Io non sono certo un dogmatico, come sai bene (anzi..) ma non sono neanche un relativista assoluto. Ritengo altresì che la realtà sia sicuramente complessa, che entrino in ballo come dicevo tanti altri fattori (tra cui anche quello psicologico) di fondametnale importanza ma alla fin fine è solo con il logos che possiamo addivenire ad un minimo di sintesi condivisa, o potenzialmente condivisibile e, aggiungo io, anche di possibilità di convivenza. Fuori dal logos non c’è salvezza   ma solo volontà di potenza, homo homini lupus, fanatismo ideologico/religioso o appunto relativismo assoluto (anticamera del nichilismo e di tutto ciò che ho già elencato)

    • Animus
      1 febbraio 2016 at 20:40

      Caro Anio, c’è stato un terribile equivoco , e ti chiedo di accettare le mie scuse più sincere.
      Non riuscendo assolutamente a capire il motivo per cui ti sei sentito oltraggiato (a questo punto giustamente), ora sono andato sul tuo profilo e allora ho letto la parola “rivoluzionario”.
      Ti assicuro che ciò che ho scritto (e le parole che ho usato) non erano assolutamente riferite a te , ma come ha detto correttamente Fabrizio Marchi (che mi conosce da tempo, e a propriosito, se tu “non sei un pedissequo osservante dei sacri testi marxisti”, io non lo sono per nulla, anzi, ne sono estremamente distante, in antitesi addirittura , quindi pensa un po’ se sono io quello che può rimproverarti di non essere un marxista ortodosso…Emoticon smile ) a certi “baracconi mediatici” carnevalate di uomini vestiti con piume di struzzo, che vanno a braccetto con parate di “Eumenidi” che usano la maschera di “diritti e violenze (presunte)” “per creare quella falsa coscienza che servirà loro per il cattivo gioco che si apprestano a giocare” : discorso cmq lungo e complesso che non è il caso di iniziare qui..

      Ecco, spero con ciò di aver chiarito, quando dicevo “se questi sono i nuovi rivoluzionari (visto che cmq hanno un bel seguito, una massa critica l’hanno già formata) mi riferivo a loro.

      Ti chiedo ancora scusa per l’inconveniente/equivoco lessicale.
      Ciao!

    • Andrea Boari
      12 febbraio 2016 at 22:28

      Chi ha posto in cima alle agende ed alla narrazione mediatica matrimoni ed adozioni gay iperfemminismo e gender? Le elite anglofile euroatlantiche o le masse dominate?
      Questi nuovi “modi” di essere sono l’espressione o delle forze dissolutorie del capitalismo globale o più semplicemente le scelte delle elite cosmopolite, per garantirsi una società indifesa , priori deprivata dalla possibilità di formare un soggetto collettivo.
      Non c’è rottura in tutto questo. E in ogni caso la rottura come liberazione o emencipazione portata al parossismo si esaurisce in niente.
      Alla fine saremo liberi anche la vincolo della nostra sessualià naturale.
      Se è sinistra questa.!
      saluti
      Andrea

  5. Rino DV
    2 febbraio 2016 at 21:32

    Salvo errori ed omissioni, mi pare di poter dire che, con l’eccezione del Movimento degli Uomini Beta (tra i gruppi ed i movimenti) e di alcune personalità individuali (Tronti, Vacca, Fusaro, in grado e per ragioni diverse) l’intera sinistra, sia essa vera, semivera, riformista, migliorista, vetero o neo marxista, vetero o neocomunista, stalinista o trostskiana, libertaria -anarchica o anarcoide è schierata, schiacciata, abbruttita sulla linea genderista.
    Ciò era inevitabile ed è irrimediabile o si tratta di una malattia curabile? Ai posteri la sentenza.
    .
    Quanto al resto, non esiste un genderismo generico (anonimo) quale ideologia a sé stante, sospesa nel vuoto, senza storia, senza radici, senza connessioni con il resto del reale.
    Infatti quel che esiste è il Femminismo di Genere di cui il genderismo anonimo è solo un rivoltante rivolo.
    Femminismo di Genere: ideoutopia californiana del postmoderno, che si espande e approfondisce in simbiosi con la trionfante avanzata del tecno-liberismo planetario.
    Femminismo di Genere: il solo operoso, operante, operativo in questa stagione storica.
    Tecno-liberismo & Genderfemminismo: due amici che fornicano tra loro da quando sono nati.
    Gatta ci cova.

    • Fabrizio Marchi
      2 febbraio 2016 at 22:22

      No, non sono così disfattista, diciamo così. Anzi, non credo affatto, di più, sono assolutamente convinto che il gender-femminismo non avrebbe mai potuto fare breccia, ad esempio, nel Partito Comunista Cinese, quello guidato da Mao Tse Tung e Ciu En Lai, per capirci. Oggi, nel nuovo (ormai non più tanto…) PCC potrebbe essere possibile, ma certamente non in quello maoista. Stesso discorso per il PCUS, in special modo quello guidato da Lenin e poi da Stalin. Stesso discorso per tanti altri partiti comunisti del mondo.
      A prescindere ora dall’opinione di ciascuno su quelle esperienze, affermo con assoluta convinzione che la brodaglia genderfemminista e politicamente corretta non avrebbe mai potuto fare breccia in quelle strutture.
      Il femminismo e tutti i suoi derivati nascono e si affermano in un determinato contesto storico politico, cioè quello occidentale (a partire dalla madrepatria americana), dagli anni ’60 in poi. Si tratta di un fenomeno che ha una sua genesi all’interno di un determinato contesto storico, politico, economico, sociale e culturale che ne ha favorito la crescita e l’affermazione; vale per il femminismo come per qualsiasi altro fenomeno . E da quel contesto non può essere separato.
      Si tratta semmai di chiedersi (ma noi lo abbiamo ampiamente fatto e ci siamo anche dati delle risposte) come mai questo contesto ha creato le condizioni migliori per la crescita di tale fenomeno.
      Il dato drammatico è che, come dici tu, la pressoché totalità di ciò che si muove a sinistra o di ciò che resta a sinistra, è totalmente schiacciato sul femminismo e sull’ideologia politically correct da cui è stato completamente colonizzato. Ma proprio questa “colonizzazione” ci dice che questa “sinistra” è una cosa altra rispetto a quelle esperienze a cui ho fatto cenno prima. Sarebbe un errore pensare che in quela Sinistra c’erano già i germi per la contaminazione. Non è così, e non lo dico per salvare il bambino ma perché la penso proprio così. E infatti non è un caso che il fenomeno, come ripeto, sia nato e si sia sviluppato e sia diventato un pezzo fondamentale dell’ideologia dominante qui ed ora, non certo 40 anni fa oltre cortina o nella Cina comunista.

  6. armando
    3 febbraio 2016 at 14:05

    La domanda che si/ci pone Rino , ed anche la risposta di Fabrizio, non consentono risposte facili. Faccio un esempio partendo da un argomento spesso discusso. Il cristianesimo, si dice, è stato l’humus su cui è poi potuto nascere il capitalismo. Il motivo è chiaro: sul piano delle conseguenze sociali, per la prima volta nella storia il soggetto, la persona, era posta al centro di tutto, prima della sua appartenenza ad una comunità, che non era negata ma che si sarebbe dovuta lei modellare sulla dignità e sulla libertà del soggetto e non viceversa. La cesura storica fu enorme, anche rispetto alle concezioni della filosofia greca, e segnatamente aristotelica. Ora, sia il fatto che la Chiesa istituzione abbia spesso contraddetto quell’assunto, sia il fatto che sia stato “usato” dal capitalismo, distorcendolo in senso individualistico e atomistico, per fondarsi ed espandersi troppo spesso a discapito proprio della persona, non toglie nulla al fatto che fosse giusto in sé, e che sia stato la causa del crollo delle antiche civiltà castali e in cui, comunque, esisteva una netta distinzione fra gli uomini “liberi” e gli schiavi, fossero essi tali per nascita o per circostanze storiche contingenti.
    Venendo al tema specifico, sul piano storico è senz’altro vero che, a parte ogni altra critica, in Urss o in Cina, il genderismo e il femminismo non avrebbero potuto attecchire. Tuttavia Costanzo Preve definisce quelle esperienze come una sorta di comunitarismo coatto, dove l’aggettivo coatto va ad inficiare il sostantivo comunitarismo. Abbiamo così due poli che si sono sviluppati entrambi, possiamo dire, dallo stesso ceppo. Il capitalismo che ha messo l’accento sull’individuo ed ha messo in ombra la comunità, ed il comunismo che ha fatto l’opposto.
    Possono individuo e comunità essere tenuti insieme senza mortificare l’uno o l’altro? Può la libertà prescindere dall’individuo ? Può cioè esistere la libertà di una comunità o di uno Stato che non sia anche libertà dei singoli che lo compongono? Ma all’inverso, può esistere una libertà individuale sganciata dalla comunità che ne costituisce anche il limite, o tale libertà si trasformerebbe immediatamente in arbitrio, quindi in non libertà per l’altro? E dunque abbiamo a)L’universalismo “particolaristico” del mondo greco che escludeva alcuni soggetti dalla comunità degli uomini liberi, b)l’universalismo individualistico del capitale che considera i soggetti degli atomi esistenti “a priori”, slegati da ogni legame comunitario e c)l’universalismo comunista per il quale la classe o lo stato che ne è agente o rappresentante è il tutto e l’individuo niente.
    La grande scommessa è di tenere insieme i due aspetti. Diciamo che finora la scommessa, in un modo o nell’altro, sembra persa. Tuttavia il solo fatto che ci si continui a porsela significa che quella domanda è dentro di noi, e quindi quella scommessa è possibile vincerla. Semmai c’è da domandarsi se è possibile tenere insieme i due poli individuo/comunità rinunciando ad ogni metafisica. A me, che però non sono un filosofo, sembra molto difficile.

  7. Anio Fusco Celado
    3 febbraio 2016 at 16:06

    Adesso sono in grado di dire qualcosa di più meditato e definitivo riguardo alla questione sollevata sopra da Fabrizio Marchi: credo che la tua deduzione inferita dalla premessa marxiana sia corretta e valida Fabrizio, nel contempo però vi è stato un colossale spostamento dei contenuti stessi della deduzione: sono le proprietà o caratteristiche accessorie, ovvero i comportamenti sociali non necessari messi in campo dai soggetti protagonisti delle nuove unioni (gay, lesbiche, trans) ad essere parti integranti e quindi emanazione della sovrastruttura del nuovo ultra-capitalismo, di conseguenza ad esprimere ancora una volta (come giustamente affermi) il carattere macrocosmico del nuovo capitalismo globale entro il microcosmo della nuova tipologia familiare. Ciò che ci disturba come comunisti infatti non è l’estensione di alcuni diritti-doveri a soggetti che in precedenza ne erano privi (anche in seno al socialismo si può immaginare ed accettare l’esistenza di famiglie non naturali o tradizionalmente definite), a disturbarci è piuttosto il contesto sociale e il modo complessivo con il quale si sta giungendo a tale acquisizione, ed anche e soprattutto il modo con cui i soggetti beneficiari si sono costituiti nel tempo ed hanno vissuto la loro diversità, e come vivranno tale acquisizione, come ne beneficeranno e ne fruiranno nel tempo, ovvero in modo del tutto aderente all’ideologia dominante, adesione che esprimerà purtroppo quelle proprietà che come comunisti condanniamo e che costituiscono il vero oggetto della deduzione.

  8. Rino DV
    3 febbraio 2016 at 20:51

    Mi riferivo alla situazione attuale, alla posizione che qui-ora è propria di tutte le forze che si collocano (per quanto largamente e/o impropriamente) in quella che viene definita “sinistra”.
    Una del fotografia presente.

  9. Aliquis
    4 febbraio 2016 at 11:10

    Credo che il discorso sia diverso. L’ ultracapitalismo ha già distrutto di per sè la famiglia tradiziionale. Di conseguenza, sono sorte spontaneamente delle famiglie alternative. Si tratta ora soltanto di riconoscere legalmente tali nuove famiglie. E’ una necessità sociale che trascende il sistema dominante. La famiglia alternativa è un effetto, non la causa dell’ ultracapitalismo. E si tratta adesso, per evitare ulteriori sofferenze, di riconoscere questi nuovi soggetti di diritti.
    E’ stato un grave limite del socialismo reale non aver riconosciuto questi diritti. Ciò è avvenuto perchè le rivoluzioni socialiste avvennero in paesi che non hanno avuto la rivoluzione democraico-borghese e quindi intrisi di tradizionalismo.

    Ma la realtà sociale odierna è diversa. POichè ritengo che meno sofferenza c’è più è possibile progredire in ogni campo, credo che estendere i diritti possa servire anche a lottare contro il capitalismo.

  10. Fabrizio Marchi
    4 febbraio 2016 at 13:03

    No, un momento, Aliquis, non facciamo confusione, è vero che il capitalismo ha già distrutto le famiglie. Le aveva già distrutte, quelle proletarie, se è per questo, ai tempi in cui scriveva Marx. E continua a distruggerle oggi per tante ragioni: assenza di lavoro, precarizzazione, disoccupazione, bassi salari, carenza di case, affitti e mutui salatissimi ecc. ecc. che rendono molto difficile costruire una famiglia. Dopo di che è in corso un’offensiva culturale/ideologica che punta a scompaginare e a disgregare il tessuto sociale, ad atomizzarlo con l’obiettivo strategico di creare una massa di consumatori passivi, privi di ogni coscienza e identità, e quindi facilmente manipolabili.
    Tutto ciò non ha nulla a che vedere con il fatto che i gay debbano godere di tutti gli stessi diritti di cui godono o dovrebbero godere gli eterosessuali (ci mancherebbe altro…) ma, come abbiamo ampiamente spiegato in tanti e tanti articoli (mi meraviglio che proprio tu che segui da anni anche Uomini Beta possa porre una simile obiezione ma in realtà è la conferma di quanto sia potente l’offensiva mediatica), qui la partita è ben diversa, come ho spiegato anche ad Aldo, e non sto a ripetermi.
    Non cadiamo anche noi nella trappola di coloro che vorrebbero identificare chiunque avanza delle perplessità rispetto ad un impianto ideologico che è quello che tu conosci perfettamente, come degli omofobi reazionari che si oppongono al fatto che gli omosessuali godano dei diritti di cui godono tutti gli altri. Non scherziamo neanche. Proprio noi (compreso te) che sottoponiamo da anni a critica radicale il femminismo e che siamo subissati dagli insulti più beceri, non possiamo cadere in questa trappola.
    Qui è in gioco qualcosa di molto più grande del diritto dei gay a sposarsi e a godere dei diritti che l’istituzione matrimoniale dovrebbe prevedere (di certo non per i maschi eterosessuali che in caso di separazione finiscono in mezzo a una strada, ma questo è un altro discorso…). Siamo di fronte ad un processo molto più grande che ho cercato di spiegare in tanti articoli e non ha nulla a che vedere con il sacrosanto diritto di tutti e di tutte a godere dei diritti di cui dovrebbero godere tutti e tutte pienamente e senza nessuna distinzione.
    Non posso che invitarti ad approfondire quanto abbiamo scritto in questi anni.

  11. Aliquis
    4 febbraio 2016 at 17:41

    Va bene Fabrizio, concordo. Confesso di essere intervenuto senza aver ben seguito la discussione. Sono molte le coppie di fatto anche tra gli eterosessuali per motivi economici; mia sorella è tra queste. Le unioni civili sono utili a loro come ai gay. Il femminismo è un altro discorso.
    Confesso di non avere molto tempo per seguire tutto come prima; grazie per le precisazioni.

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