A cento anni dalla Rivoluzione russa

Esattamente cento anni fa, il 7 novembre 1917 per il calendario gregoriano, un manipolo di “operaiacci” e di soldatacci”, come diremmo noi oggi,  per lo più ex “mugik”, cioè contadini poveri e poverissimi “proletarizzati”, guidati da un comando politico d’eccezione (oggi parleremmo di “leadership”…) era in grado di imprimere una svolta epocale alla storia e di prendere il potere in Russia.

Per la prima volta nella storia i “malriusciti”, i “ciandala”, conquistavano il potere politico, sia pure per un periodo di tempo decisamente breve. Essi riuscirono dove altri prima di loro avevano fallito o erano stati brutalmente soffocati. Da un punto di vista simbolico, quel gruppo di “operaiacci” rappresentava la volontà di riscatto di tutti quegli altri che avevano tentato prima di loro, fallendo, e di masse sterminate vissute da sempre nell’oscurità e nella rassegnazione.

Un evento epocale che ha impresso una svolta decisiva nella storia.

Sarebbe impossibile tentare di spiegare in poche righe le ragioni della successiva degenerazione, della crisi e del fallimento (ben prima del 1989) di quella straordinaria esperienza storica. Ci vorrebbe un’analisi accurata e non sarebbe sufficiente un libro.

Quello che ci interessa ora evidenziare è che sia accaduto: un gruppo di  “untermenschen” si fa classe dirigente e tenta di invertire la Storia. E ci riesce, sia pure per un arco di tempo molto breve.

Ciò significa che è possibile invertire il corso della Storia perché è già accaduto, qualcuno lo ha già fatto.

E’ finita male, molto male, la rivoluzione ha mangiato se stessa, come si suol dire, prima ancora di essere sconfitta dai suoi nemici esterni. Ma questo è un altro discorso, come dicevamo prima, che non può essere affrontato ora. Resta il fatto che quell’evento, irripetibile nella sua specificità, è accaduto e non potrà mai essere cancellato.

Ma significa anche che, sia pure in forme, modalità, contesti e processi necessariamente e completamente diversi, potrebbe accadere di nuovo.  Questo “rischio”, potenzialmente, esisterà sempre, per lo meno fino a quando continueranno ad esistere, sia pure nelle forme più diverse, i “signori” e i “ciandala”.

E’ anche per questo che quello straordinario evento deve essere dimenticato, rimosso, come se non fosse mai accaduto.

Noi, invece, per ragioni opposte a quelle di chi vorrebbe lasciarlo cadere nell’oblio, scegliamo di ricordarlo.

Ora, dal momento che si tratta di un anniversario, ed è giusto celebrarlo, senza nostalgia nè retorica ma per quello che è stato e ha rappresentato, scegliamo di far parlare queste immagini. Ci sembra che valgano più di tante parole:

 

 

 

28 commenti per “A cento anni dalla Rivoluzione russa

  1. 7 Novembre 2014 at 13:26

    purtroppo per fare la rivoluzione serve un partito rivoluzionario che allora c’era e oggi non c’e’.
    per cui al massimo ci saranno tumulti, come nel medioevo.

  2. 10 Novembre 2014 at 16:05

    Ciao Fabrizio,
    occorre ricordare però, che Nietzsche non ha mai identificato (se non forse nella “volontà di potenza” e/o gli scritti postumi, dico forse in quanto non li ho letti, non essendo scritti originali di Nietzsche ma manipolati dalla sorella per “virarli” in favore nella nascente ideologia nazionalsocialista..) gli untermenschen con il censo.

    Questa è una mistificazione del pensiero di Nietzsce, manco a dirlo, dei suoi nemici più mortali, “i baciapile” (in Italia arrivano persino ad essere loro a tradurre i suoi libri, ti lascio immaginare, compiendovi sui testi delle operazioni non molto dissimili da quelle operate dalla sorella).

    Anche nella fonte principale, la genealogia della morale, in cui Nietsche da forma al concetto di morale del servo vs morale del signore, egli non pone mai (o quasi, adesso non potrei giurarci, ma sicuramente come “sintesi” delle sue argomentazioni non la pone), l’enfasi sul “untermenschen” come colui che appartiene alla classe povera/disagiata/etc, operazione invece portata avanti dalle correnti destrorse,..

    Per Nietzsche insomma, “il malriuscito”, è soltanto colui in cui fanno difetto le qualità “morali” ( quelle che lui ritiene tali, credo ci capiamo) , e mi permetterei di aggiungere, colori che sono “l’incarnazione” della sotto-coscienza.

    E infatti, l’Übermensch chi è?
    Lungi da essere il “superuomo di destra” , non solo io, anche Nietzsche li avrebbe considerati una caricatura http://anticristo.org/2014/04/05/ho-cercato-grandi-uomini/ dell’uomo che lui immaginava, l’Übermensch è l’oltreuomo, colui che va al di là della morale “del gregge” (che è la morale, non di un gruppo sociale, ma di un’intera civiltà che lui vedeva, a ragione o a torto solo il tempo lo dirà, come causa del tramonto della stessa).

    E’ sempre questo, e tu lo sai bene, l’aspetto principale, e il solo che premeva al grande filosofo tedesco.
    Morale, morale, e ancora …. morale.
    Ciao

    • Fabrizio Marchi
      11 Novembre 2014 at 9:15

      Caro Anticristo, comprendo l’amore che nutri per il tuo filosofo di riferimento ma il senso del mio articolo non era quello di aprire l’ennesima riflessione su Nietzsche, che peraltro necessiterebbe di ben altro tempo e spazio.
      Ho semplicemente preso in prestito alcune sue espressioni che mi sembrano adatte per spiegare ciò che volevo significare.
      Ciò detto, in parte c’è del vero in quanto dici, ma solo in parte, giacchè le tematiche in oggetto sono comunque state ignorate da Netzsche stesso e anzi sostanzialmente disprezzate dal momento che rientrano anch’esse in quell’altrettanto disprezzata “etica del risentimento” (la morale cristiana con tutto ciò che da questa ne discende, quindi sicuramente anche il socialismo e il comunismo, ma io direi tutto ciò che anche vagamente vagheggia di diritti, giustizia, eguaglianza, libertà, democrazia ecc.) che percorre tutto il pensiero nietzschiano e ne costituisce l’essenza. Di certo, anche se fosse vero quanto affermi al 100%, Nietzsche sarebbe stato (come in effetti è stato) del tutto indifferente al destino e alla condizione dei “ciandala” e degli “untermenschen”, intesi in questo caso in senso strettamente sociale (è ovvio che l’appartenenza ai ceti sociali subalterni non significa di per sé “inferiorità” antropologica), per la semplice ragione che lo stesso concetto di condizione sociale gli è del tutto indifferente. Non solo. Chi si impegna per superare quelle condizioni (diseguaglianze) sociali perché le ritiene inique rientra automaticamente nell’etica del risentimento” e il cerchio si chiude.
      Mi pare che il tentativo di “salvare” il Nietzsche pensiero sotto questo profilo sia un’operazione del tutto vana. Tanto vale arrampicarsi su degli specchi insaponati…
      Personalmente penso invece che bisogna prendere da Nietzsche ciò che c’è di buono da prendere, e cioè il suo invito a leggere le cose del mondo e degli uomini liberandosi delle maschere che servono a nascondere l’ipocrisia (Marx parlerebbe, ovviamente, di falsa coscienza) che sta dietro alle ideologie e alle religioni.
      Il che non significa però, e questo è il punto fondamentale che marca la differenza con Nietzsche, che le motivazioni che hanno prodotto quelle ideologie siano fasulle (né che lo siano in toto quelle ideologie). Al contrario. Quelle sono appunto condizioni reali che devono essere affrontate, interpretate e superate. Nietzsche invece se ne frega altamente, non le prende neanche in considerazione e facendo questo, compie un’operazione di pura astrazione che oltre a non avere alcun collegamento con la realtà, è teoreticamente priva di ogni fondamento, dal momento che l’essere umano non è un ente astratto ma un “ente naturale generico”, per dirla con Marx, un “animale politico (e sociale), per dirla con Aristotele, e un essere “ontologicamente sociale”, per dirla con Lukacs. In altre parole, per dirla invece con le ben più modeste parole del sottoscritto, un essere naturale e culturale nello stesso tempo.
      Ma, come dicevo, non era la riflessione filosofica su Nietzsche il cuore del mio discorso, che è invece la possibilità che il corso della storia possa essere invertito. Il problema è che Nietzsche non solo è del tutto indifferente a questa inversione ma gli è anche intrinsecamente ostile, per le ragioni che ho cercato di spiegare, sia pur in modo inevitabilmente sommario.

      • l'Anticristo
        11 Novembre 2014 at 11:12

        Non è vero che son state ignorate, semplicemente Nietzsche riteneva il socialismo una “balorda incomprensione dell’ideale cristiano”, sapeva che esistono 2 tipi di “volontà dell’uguale”, quella che vuole abbassare l’altro verso se stesso, e quella che vuole alzare l’altro, verso se stesso, e che al socialismo non interessava la pratica della seconda uguaglianza, ma soltanto la prima (con tutto ciò che ne deriva e la motiva direi, ecco perchè re-ssentiment…) e dunque Nietzsche lo vedeva chiaramente per come era, trascendendo le “ragioni” e individuandone le “passioni” che stavano alla base, cosa che ancora oggi, a voi non riesce, ed infatti aveva già previsto con grandissimo anticipo – grazie a quella sua capacità profetica di natura quasi divina (o demoniaca, ma comunque così raramente umana) – dove sarebbe andato a parare e in che maniera si sarebbe storicamente manifestato il socialismo:

        “Il socialismo è il fantastico fratello minore del quasi spento dispotismo, di cui vuole raccogliere l’eredità; le sue aspirazioni sono quindi nel senso piú profondo reazionarie. Giacché esso ambisce a una pienezza di potere statale, quale solo qualche volta il dispotismo ha avuta, anzi esso supera di gran lunga ogni forma analoga del passato, perché aspira espressamente all’annientamento dell’individuo: che gli appare come un ingiustificato lusso della natura e che dovrà essere trasformato dal socialismo in un appropriato organo dalla comunità.
        A causa della sua parentela, esso appare sempre in vicinanza di tutti gli eccessivi spiegamenti di potenza, come l’antico, tipico socialista Platone alla corte del tiranno siciliano; desidera (e in certe circostanze favorisce) lo Stato dittatoriale cesareo di questo secolo [quello che sarebbe stato il nazionalismo n.d.r], perché, come si è detto, ne vorrebbe diventare l’erede.

        Ma neanche una tale eredità basterebbe per i suoi fini, esso ha bisogno della piú servile soggezione di tutti i cittadini di fronte allo Stato assoluto, qualcosa di cui non è mai esistito l’uguale; e dato che non può neanche piú contare sulla vecchia pietà religiosa verso lo Stato, ed è destinato anzi a lavorare costantemente, senza volerlo, all’eliminazione di essa – in quanto cioè lavora all’eliminazione di tutti gli Stati esistenti – può qua e là sperare di esistere solo per brevi periodi, grazie al piú violento terrorismo.

        Perciò si prepara segretamente a dominare col terrore e caccia in testa come un chiodo alle masse semicolte la parola “giustizia”, per privarle completamente del loro intelletto (dopo che questo intelletto ha già molto sofferto a causa della mezza cultura) e per creare in loro una buona coscienza per il cattivo giuoco che devono giocare.
        Il socialismo può servire a insegnare in modo assai brutale e incalzante i pericoli di tutte le accumulazioni di potere statale …”
        (Umano troppo umano, vol. 1, 1878)

        Mentre voi, miei cari, dopo secoli siete ancora qui a chiedervi, perchè è fallito, “l’anello mancante”, e stupidate varie…
        Questa è una cosa sulla quale, dovreste riflettere: come mai, Nietsche aveva già previsto l’esito, e noi …a posteriori, ancora non lo capiamo?

        E questo, non il censo, vi colloca tra gli untermenschen o gli ubermenschen?
        A voi l’ovvia risposta…

        • Fabrizio Marchi
          11 Novembre 2014 at 12:38

          Va bè, caro Anticristo, si potrebbe continuare all’infinito con un botta e risposta fra te e me appunto senza fine…Il tema era un altro e tu stai spostando la discussione sul terreno che tu prediligi, o meglio quello che a te interessa.
          Non ho tempo nè energie per farlo né, in tutta sincerità, la voglia. Peraltro in altri luoghi, come ben sai, abbiamo affrontato più e più volte lo stesso tema (diventa anche un po’ noiosa la cosa, non trovi?…) senza naturalmente arrivare da nessuna parte. Per la semplice ragione che è oggettivamente impossibile dato che partiamo da presupposti troppo diversi.
          Solo un’ultima cosa. Ti assicuro che non sono così “sempliciotto” da chiedermi h24 “dove starebbe l’anello mancante” che ha impedito che la ciambella (il Socialismo) venisse col buco al centro.
          Cerca di essere meno saccente, Anticristo-Animus, già te l’ ho detto molte altre volte ma tu non ci senti…
          Mi chiedo:”Perché non te ne stai sul monte invece di perdere tempo con me e con quelli come me? Ti manca forse un pubblico a cui raccontare la novella? Cosa spinge uno come te a perdere tempo con uno come me e con i suoi amici? Su Uomini Beta hai buon gioco nel rispondermi che il sottoscritto, pur se una mezza specie di “untermensch”, è riuscito, anche se non si sa come, data la sua condizione, a raccogliere sul “suo” blog il meglio della QM.
          Ma in questo luogo questa spiegazione non può valere. E allora? Cosa c’è? Forse non sei proprio così sicuro di appartenere alla stirpe degli “ubermenschen”?
          Direi di chiuderla qui…
          P.S. un suggerimento spassionato. Sei un nietzschiano appassionato, e porti avanti le sue idee anche con una certa veemenza e convinzione. Perchè non ti iscrivi alla facoltà di filosofia dove fanno tanti interessanti corsi su Nietsche e organizzano tanti seminari e convegni dove potresti esprimerti al meglio. Non c’è neanche bsogno di iscriversi perchè la lezioni e i seminari sono aperti a tutti e certo tu non hai il problema del pezzo di carta… E’ molto più utile che non stare costantemente sui vari blog a polemizzare con questo e con quello e in particolare col sottoscritto che, dopo anni e anni di questa storia, se me lo consenti, si è anche un pò stancato…

  3. armando
    14 Novembre 2014 at 21:31

    Molto rapidamente. O si crede che l’oltreuomo si incarni nelle caste e le sua caratteristiche si trasmettano col sangue, ed ecco la società castale, oppure che può incarnarsi in chiunque, nel padrone come nel servo. Ma allora non ci sarà solo il risentimento del malriuscito contro il benriuscito (il nobile o il potente), ma anche quello del nobile che vede minacciata la sua posizione dal servo più forte di lui.E non ci sarà solo colui che vuole abbassare l’altro a se stesso, ma anche chi vuole impedire che l’altro si elevi perchè è una minaccia, e nell’altro campo il risentimento del servo debole verso il suo simile più forte e capace di elevarsi. Come si vede l’invidia è un sentimento che può coinvolgere tutti.

  4. Bruno
    7 Novembre 2015 at 11:20

    Per me Nietzsche può aver fatto tutte le profezie che voleva: fatto sta che le classi subalterne nel socialismo hanno migliorato di molto le loro condizioni di vita, e sicuramente ciò è per me più urgente che vagheggiare di Oltreuomini che creano la propria morale dal gioco e dalla danza.
    Peraltro Nietzsche, giacchè anche l’Oltreuomo è homo sapiens, non ha mai spiegato come sarebbero stati gestiti la produzione e il commercio, il medium di scambio, come gestire il rapporto città/campagna per le basi agricole, cioè rimane un po’ a dire la sua senza essere minimamente entrato in reali questioni di economia politica, quindi la sua profezia vale zero visto che come modello sociale ed economico non propone nulla di concreto ma qualche suggestione poetica.
    Oppure forse -chissà!- immaginava che i deboli del gregge sarebbero finire a fare gli schiavi per gli Oltreuomini, un po’ come nelle società antiche in virtù di qualche eterno ritorno? Fuor di battuta (non penso davvero che lo pensasse ma la china è scivolosa), cosa peraltro impossibile nell’epoca industriale in cui viveva, ma sai, dal considerare persone moralmente serve a trovare qualcuno che pensa di asservirle il passo è breve.
    A discapito di chi però vede un legame diretto tra Nietzsche e il nazismo (il quale, stando solo all’ideologia e non alla base sociale, era un sincretismo di teorie filosofiche dell’epoca accomunate dalla base razzista), va però detto che Nietzsche non aveva una teoria razzista, ma d’altronde rimaneva sul vagheggiamento poetico, le questioni reali dell’epoca dovevano stare lontane dalla torre d’avorio della sua decadence positiva.
    Questo è almeno quel che mi ricordo di aver sempre notato nei miei modesti studi su Nietzsche, ma magari sbaglio o la faccio facile.

    Comunque concordo con tutto quel che dice Marchi e sarebbe anche interessante un post strutturato di riflessione e confronto sui motivi del crollo del socialismo, sarebbe una discussione costruttiva e di peso, in quanto fondata su argomenti più concreti di quelli che porta Nietzsche.

    • Fabrizio Marchi
      7 Novembre 2015 at 15:08

      Per affrontare il tema delle ragioni della crisi, del fallimento e del crollo del comunismo storico novecentesco non basterebbe un libro, caro Bruno, né tanto meno è un argomento che può essere affrontare in poche righe.
      Vedremo più avanti, se ne avrò voglia e tempo, potrei provare a fare un’analisi quanto più possibile sintetica, ma la vedo obiettivamente molto difficile. Concentrare tutto in un articolo è veramente arduo. Dovrei pensare ad un piccolo saggio.
      Si vedrà…

  5. 7 Novembre 2015 at 18:23

    L’”Anticristo” mi ricorda un po’ Pietro Aretino, anche se (presumo), si irriterebbe al confronto. Peraltro il confronto non vuole essere irrisorio. Anzi, l’Aretino, a quanto pare, se la passava e spassava bene con i cardinali, gli “ubermenchen” del tempo.
    Intervengo solo per l’assurdità empirica di questa affermazione, “Nietzsche riteneva il socialismo una “balorda incomprensione dell’ideale cristiano”, sapeva che esistono 2 tipi di “volontà dell’uguale”, quella che vuole abbassare l’altro verso se stesso, e quella che vuole alzare l’altro, verso se stesso, e che al socialismo non interessava la pratica della seconda uguaglianza, ma soltanto la prima….”
    Negli US of A, fonte, fucina e crogiuolo del turbo-capitalismo, la filosofia predominante è di “abbassare tutti cosi’ trionfo io.”
    Con tutti i suoi errori, il socialismo doveva pure cominciare da qualche parte, vale a dire la rottura del sistema etico-razzista-capitalista, che in effetti divideva (divide), gli ubermenchen dagli untermenchen.
    La “volontà dell’uguale”, come interpretata dall’ “Anticristo”, mi sembra arbitraria, per non dire una bufala.
    A parte ogni altra considerazione, sembra – a leggere le statistiche e anche da qualche notizia ottenuta direttamente e personalmente dalla Germania e dall’Ungheria – che ¾ dei cittadini che hanno vissuto nella DDR, ritengano che la vita vi fosse migliore che nelle circostanze attuali.
    Alla faccia dell’ “abbassare l’altro verso se stesso.”

  6. Animus
    8 Novembre 2015 at 12:58

    Mi spiace ragazzi,
    siete arrivati fuori tempo massimo, dovrei andarmi a leggere quello a cui avete risposto, scritto l’anno scorso, e non ne ho voglio, e dovrei iniziare l’ennesimo dialogo tra sordi … e non ne ho voglia.

    Solo una cosa mi ha particolarmente colpito delle obiezioni sollevate, che non colpiscono il bersaglio, ma anzi lo mancano completamente, e stata quella di veder accusare nicce di essersi occupato solo di morale, ops “suggestioni poetiche”, da cui tutto con-segue, e non di questioni “concrete”: produzione ,commercio, economia!

    Vedi Fabrizio qual’è il limite dei marxisti?
    C.V.D.

    Inutile poi prendersela col “capitalismo”….

    • Fabrizio Marchi
      8 Novembre 2015 at 13:20

      Loro però potrebbero rovesciarti completamente il discorso, cosa che appunto fanno (e in buona parte hanno ragione) dicendoti che Nietzsche era tutt’al più un aristocratico decadente che filosofeggiava dall’alto della sua torre d’avorio (o della sua montagna…) senza nessun contatto con la realtà.
      Che poi una gran parte dei marxisti (e quindi forse anche il sottoscritto, anche se penso presuntuosamente di avere ampliato molto il mio orizzonte interpretativo) abbia dei limiti di interpretazione e sia affetta da eccessivo sociologismo ed economicismo (e che non si renda conto che i temi dell’antropologia e della psicologia sono di fondamentale importanza per comprendere anche la realtà sociale), è assolutametne vero.
      Ciò detto, resta il fatto che in ultima analisi anche secondo me il pensiero netzschiano finisce per essere del tutto funzionale allo status quo, nè potrebbe essere altrimenti. “L’ultimo uomo nietzschiano” (non quindi l’Oltreuomo, concetto con il quale Nietzsche, come sostiene giustamente anche Heidegger che certo non gli è nemico, resta impantanato in quella metafisica che vorrebbe distruggere) null’altro è se non l’attuale “ultimo uomo”, cioè “l’homo aeconomicus” e “democraticus” (come lo ha definito Tronti nel suo ultimo libro) prodotto dall’attuale società “democratica” capitalista.
      Ma, ripeto, il discorso sarebbe troppo lungo…Tornerò su quest’ultimo concetto di “homo democraticus” con un articolo ad hoc.

      • Animus
        8 Novembre 2015 at 13:43

        Non credo di aver capito,
        1 – Nicce esprime una condanna durissima, di estremo biasimo verso “l’ultimo uomo”, quello attuale “aeconomicus” .
        Secondo me si confonde la “profezia”, cioè ciò che si crede che accadrà, con il desiderio che ciò accada.
        Desiderare e credere, vengono spesso con-fusi…

        2 – >senza nessun contatto con la realtà.
        Sembra strano che chi ha visto così bene la realtà futura, vedesse male quella presente.
        Cmq…

        3- >Tornerò su quest’ultimo concetto di “homo democraticus con un articolo ad hoc.

        Lo attendo come una promessa, caro Fabrizio… 😉

        Passo e chiuso.

    • Bruno
      8 Novembre 2015 at 19:12

      Se si parla di un Oltreuomo e si ciritica il socialismo, bisognerebbe vedere come si organizza questa società di Oltreuomini.
      Il limite dei marxisti è che sanno che per mandare avanti una so cietà ci vuole un a teoria della proprietà, dei rapporti di classe, delle infrastrutture, perchè l’Oltreuomo rimane un sapiens e ha bisogni materiali che solo l’organizzazione sociale e politica può soddisfare: insomma, il limite dei marxisti è che sono ancorati alla realtà e alla materialità dei fatti.
      Nietzsche non ci ha mai spiegato che organizzazione sociale e che rapporti di proprietà avrebbe avuto questa società, un po’ come il bambino dell’asilo che dice che vuol fare l’astronauta ma non sa manco come un’astronave funziona, dunque la sua critica al socialismo suona come la critica cinematografica applicata al principio di Heisenberg: un non senso, l’uso di una categoria per valutarne un’altra.
      Il marxismo serve a leggere la società e provare a costruirne una più giusta (e dunque può al massimo scontrarsi dialetticamente con altre teorie sociali, dal liberismo, alla socialdemocrazia keynesiana, al fascismo ecc..); l’Oltreuomo a scrivere qualche poesia: niente di male, l’importante è che i suoi adepti non si convincano che con le poesie si gestiscono le società umane.

  7. Animus
    8 Novembre 2015 at 21:47

    Una società si organizza, prima di tutto, intorno a dei valori (condivisi), e quando i valori crollano, come ha predetto nicce, non c’è teoria marxista/economica/politica/sociale che tenga e che riesca a tenere insieme “la società” che si sfalderà come neve al Sole…

    Nichilismo significa che “crollano dei valori”, un orizzonte di Senso che è servito da collante per tenere insieme popoli diversi in “una civiltà” (che significa appunto che condividono gli stessi valori, lo stesso concetto di “bene e male”) e non si riesce a trovarne degli altri.
    Repetita: il problema non è che i valori cambiano (come hanno sempre negato i reazionari che preferiscono continua ad appoggiare valori morti piuttosto che cambiarli), il problema è che non ne sorgono i nuovi.

    Gli imperi e le civiltà non muoiono, o vengono sopraffatte da quelle più vitali (data che Fabrizio ha recentemente citato il termine “motore della storia”..), perché non hanno buoni economisti o ingegneri sociali…

    Nicce, ripeto, si è occupato dell’unica cosa che conta, fornire nuovi valori, un orizzonte di senso alternativo prima he fosse troppo tardi e che fosse in gardo di sopravvivere al “crepuscolo degli idoli”.

    Poi si può prenderlo in giro per questo, ma per farlo, bisogna prima capire che cosa c’è dietro, qual’è la posta in gioco ed il compito titanico di forgiare una nuova civiltà che sopravviva al disfacimento della vecchia..

    Se poi uno non è in grado di capirlo, il bambino dell’asilo non è nicce…è lui.

    Saluti

    • Batrakos
      9 Novembre 2015 at 8:04

      Premesso che, giacchè si tratta di un filosofo morale, non è sua competenza occuparsi della struttura sociale, chè, se si è materialisti per davvero, si sa che una società si struttura a partire dai rapporti di produzione e dai rapporti sociali, che sono il dato nudo e crudo che l’individuo recepisce quando esperisce il mondo e prende coscienza di sè come individuo proprio a partire dall’esterno e da esso distinguendosi;premesso in secondo luogo che i valori nascono sempre come intimamente legati alla struttura sociale che è l’organismo in cui gli individui si formano (esempio facile facile…il dolce stilnovo è impensabile come forma culturale odierna, in una società velocissima e iperglobale, essendo una forma culturale legata a tempio molto lenti capaci di dare trascendenza a qualsiasi oggetto del pensiero ad esempio), va detto che Nietzsche fu molto bravo a capire lo sgretolamento dei valori che si dava parallelamente e conseguentemente al disfacimento del vecchio ordine elitario borghese e l’albeggiare della società di massa, anche se lui, da filosofo morale, a mio avviso capovolge l’ordine logico e ontologico, e, capovolgendole, non si preoccupa minimamente di una pars costruens a livello di teoria sull’organizzazione sociale di questa ipotetica società dell’Oltreuomo.
      Date la premesse, suona quantomeno bizzarro che chi si occupa di valori e di individualità, critichi una struttura sociale futura -e sull’esattezza della critica nicciana ci sarebbe poi da ridire, visto che il socialismo, le sue virtù e le sue aberrazioni si svilupparono sempre anche per reazione ad un attacco concentrico delle potenze capitaliste, non come fossimo davanti ad un’entelechia, un finalismo interno, come invece lo legge il passo di Nietzsche- senza minimamente proporre la propria, essendo poeticamente convinto che la struttura sociale deriverà dalla trasmutazione dei valori, e non materialisticamente dell’opposto.
      Dunque, quando entra sulla politica e spara le profezie senza avere una teoria sociale fondata, a Nietzsche piace vincere facile, e di solito cercare di vincere facile è cosa puerile.

      • Batrakos
        9 Novembre 2015 at 8:05

        Mi scuso, sono sempre Bruno, ho fatto confusione con le caselle nome e indirizzo.

  8. Fabrizio Marchi
    9 Novembre 2015 at 9:26

    Devo dire che soltanto su questo giornale può aprirsi un dibattito filosofico su Nietzsche nell’ambito di un articolo che vuole ricordare la data della rivoluzione russa… stessa cosa è accaduta nell’ambito dell’articolo sull’ imperialismo moderno secondo Petras…
    Va bè…lo interpreto come un fatto positivo.
    Ciò detto, sono in linea di massima d’accordo con quanto detto da Batrakos/Bruno. Come ho già avuto modo di dire in altre occasioni, ritengo che “struttura” e “sovrastruttura” marcino assieme e nascano assieme e sia impossibile separarle. E’ questo l’errore che commette Animus e prima ancora di lui, Nietzsche.
    Farò un esempio che certamente Animus potrà comprendere al meglio perché si occupa di questi temi da molto tempo. Il femminismo. E qui mi rivolgo a lui in modo specifico.
    Avrebbe potuto mai affermarsi l’ideologia femminista in un contesto diverso da quello in cui si è sviluppata ed affermata, cioè il capitalismo assoluto postmoderno attuale? Avrebbe potuto mai affermarsi senza la rivoluzione tecnologica che ha trasformato radicalmente fino a rivoluzionarla completamente, quella divisione sessuale del lavoro che ha caratterizzato la storia dell’umanità per millenni? La divisione sociale del lavoro, nella sostanza, è rimasta invariata, ma quella sessuale, come sappiamo, è mutata profondamente, per la semplice ragione che la maggior parte del lavoro e dei lavori può essere svolta oggi indistintamente sia dagli uomini che dalle donne. Cosa che fino ad appena una settantina di anni fa non era possibile. Poi noi sappiamo che il femminismo ha reinterpretato questa millenaria divisione sessuale del lavoro, data da condizioni oggettive, fisiche, biologiche, ambientali e tecnologiche, come una discriminazione nei confronti del genere femminile (ma questo lo sappiamo, è appunto la manipolazione ideologica operata dal femminismo in quanto ideologia; adesso il discorso che stiamo affrontando è un altro).
    La mia risposta, ovviamente, è NO. Non avrebbe mai potuto affermarsi in un contesto diverso e senza quelle condizioni oggettive (la struttura) di cui sopra che hanno reso possibile non solo la sua affermazione ma il suo stesso concepimento. Poi il femminismo, in quanto ideologia (sovrastruttura), è stato abilissimo a sfruttare – appunto – ideologicamente quelle condizioni e ad arrivare ad occupare addirittura la sfera psichica, l’immaginario delle persone (la famosa “etosfera”, cioè il luogo immateriale dove si decide cosa sia il bene e cosa sia il male…) e a costruire una vera e proprio nuova narrazione diventata ormai Verità Assoluta, accettata pressoché da tutti, da sinistra a destra, senza nessuna esclusione. E solo questo dovrebbe far riflettere; come può essere considerata rivoluzionaria una ideologia che non ha incontrato nessun ostacolo sul suo cammino e che è stata sposata senza la minima obiezione praticamente da tutte le correnti politiche e culturali? Senza contare il fatto che un vero processo rivoluzionario, da che mondo è mondo, comporta lacrime e soprattutto sangue, non è certo un pranzo di gala, come ha detto qualcuno che se ne intendeva di queste faccende. Invece il femminismo non ha incontrato nessun ostacolo, si è affermato senza sparare un solo colpo, neanche di cerbottana, e però, nonostante ciò, ha occupato ogni spazio possibile (soprattutto psichico e psicologico) fino a diventare ideologia ultradominante se è vero, come secondo me è vero, che oggi chi osa criticarlo, come noi, viene equiparato ai negazionisti dell’Olocausto .
    Come minimo ci sarebbe da riflettere, ma questo è un altro discorso ancora.
    E’ bene chiarire un punto. Molti hanno interpretato la concezione marxiana struttura-sovrastruttura come una sorta di scala di valori dove la struttura sarebbe più importante, in ordine gerarchico, della sovrastruttura (ideologia, religione, cultura ecc.). Ma così non è, Marx si è occupato molto di ideologia, come sappiamo, e attribuiva ad essa una funzione estremamente importante (Gramsci ancor più di Marx, se vogliamo). Quindi sbaglia profondamente chi riduce Marx in termini economicistici. Questa è una critica che può semmai essere mossa ad alcuni marxisti successivi ma non a lui. Il che non significa che Marx fosse infallibile o un semidio. Ci sono ambiti che certamente lui non ha indagato, quello antropologico e quello psicologico per dire i più importanti, e questo in parte per limiti suoi (non era appunto un Dio ma “solo” un genio filosofico; del resto lo stesso Nietzsche non si è occupato di tante altre cose…), in parte perché eravamo in un’epoca diversa e la psicologia ancora non esisteva e di conseguenza la sfera psichica e psicologica non era ancora stata indagata, e in parte perché si era in un contesto dove in effetti la realtà vera delle cose (le condizioni materiali di esistenza date dai rapporti di produzione) erano coperte, o meglio, camuffate ideologicamente sotto una montagna di menzogne (ideologiche). E proprio e anche nell’aver svelato questa menzogna che sta la grandezza di Marx (non a caso insieme a Nietzsche e a Freud è stato considerato uno dei tre grandi cosiddetti “filosofi del sospetto”…).
    Oggi noi, come abbiamo ripetuto più volte, proprio perché siamo seduti sulle spalle di giganti, siamo forse in grado di vedere un po’ più in là di loro. Però non è sufficiente, come sappiamo, perché come noi tanti altri sono seduti su quelle stesse spalle ma, per lo meno dal mio punto di vista, non vedono al di là del loro naso quando invece potrebbero. Ma questo è ancora una altro discorso…
    Spero di aver chiarito, soprattutto ad Animus, un concetto importante, e spero di aver dato a Bruno un argomento altrettanto importante di riflessione.

    • Animus
      9 Novembre 2015 at 12:28

      Non ho alcuna contestazione da fare al tuo esempio, che trovo assolutamente calzante.
      Voglio solo farti notare un “dettaglio” – perché è qui che sta la differenza nella ns concettualizzazione della realta-, quelle che tu chiami condizioni oggettivi (materiali) per me non lo sono.

      Come già spiegato nell’esempio del bosco, io opero una divisione ulteriore all’interno della sfera immateriale/etosfera, cosa che i marxisti non fanno.

      Voglio dire, e riprendo il tuo esempio, perché tutte queste trasformazioni sono avvenute all’interno della ns civiltà, e non nelle altre?

      Siamo sicuri che si possa realmente ignorare, considerare nullo, il peso dell”orizzonte di senso di una civiltà all’interno delle creazioni della civiltà stessa?
      Un induista ed un cristiano che vedono un fiume, vedono lo stesso fiume?
      Oppure il sesso, i sessi, le classi sociali o qualsiasi altra cosa che nelle scale etiche delle due civiltà occupa una posizione diversa, viene vista in maniera diversa?

      Ed ancora, non sarebbe semplicistico/sbagliato, assimilarlo all’ideologia?
      (perché precede sia la struttura che la sovrastruttura)

      Certo che poi nella costruzione delle altre due, queste retroagiscono e sono in grado di virarlo (leggermente, le anse di un fiume), ma è questo che traccia il percorso della civiltà, il suo orizzonte di senso e la sua scala etica/ dei valori.

      Ad es. le riv. industriali, dal mio punto di vista, e coerentemente con l’orizzonte di senso cristiano, “servono” a surrogare (rendere inutili) tutte le qualità/differenze “antropologiche”, si parte dalla macchina a vapore, la forza fisica, per arrivare a quella chimica e informatica.

      Una fabbrica che agli inizi della riv. industriale produceva i primi oggetti in serie, tutti uguali tra loro, non è diversa (se non per il fatto di esserne l’antesignana) di quella moderna che vuole ri-produrre cloni.

      Immagino che lo sgomento/frustrazione di un artigiano dell’epoca fosse addirittura superiore al nostro, che ci vediamo ormai surrogare, dopo forza e intelletto, anche la ns. capacità riproduttiva, e in ultimo, il ns. diritto di stare al mondo.

      Questo nicce l’ha capito.
      I marxisti….. 😉

      • Animus
        9 Novembre 2015 at 12:38

        >Questo nicce l’ha capito.I marxisti…..

        Intendo dire “tutto il meccanismo”, che poi anche gli studiosi marxisti nel corso del tempo abbiano approfondito molte tematiche vicine, è vero.

        Però, nicce ha capito subito, e da solo, qual’era il problema “originale”, e dove si andava a parare…

        Non si è interessato dei mezzi.
        Certo, per lui, erano solo mezzi, non fini.

        • Bruno
          9 Novembre 2015 at 16:19

          Perchè precederebbe sia la struttura che la sovrastruttura?
          Ogni civiltà è sovrastruttura, sovrastruttura che non è derivazione meccanica e necessaria dalla struttura (una struttura avrebbe potuto avere altre sovrastrutture), ma è in rapporto dialettico con essa.
          Il buddismo e l’induismo non nascono, guardacaso, dentro le grandi fabbriche del 900 ma in contesti socioeconomici che ne hanno permesso il formarsi, non in senso di necessità stretta (se dico: non potevano che nascere e potevano nascere solo essi sto agendo come meccanicista ed economicista) ma come conditione che consen te la possibilità di queste ideologie.
          Peraltro il concetto marxiano di valore d’uso si domanda proprio quel che tu dici: io non posso vendere una sedia ad un popolo che usa mangiare seduto a terra, non c’è valore di uso e quindi nemmeno è possibile trasformarlo in valore di scambio, e lo stare seduti a terra e non su una sedia deriva dalla sovrastruttura (il folklore, le forme culturali, i rapporti tra i sessi e le età), ma, come vedi, incide assai sulla struttura non permettendo la valorizzazione del semplice oggetto in merce, così come il capitolo sulla feticismo della merce risponde al tuo ultimo quesito. Quindi non i marxisti ma lo stesso Marx si era posto il problema.

      • Armando
        9 Novembre 2015 at 16:14

        Animus “Ad es. le riv. industriali, dal mio punto di vista, e coerentemente con l’orizzonte di senso cristiano, “servono” a surrogare (rendere inutili) tutte le qualità/differenze “antropologiche”, si parte dalla macchina a vapore, la forza fisica, per arrivare a quella chimica e informatica.
        Una fabbrica che agli inizi della riv. industriale produceva i primi oggetti in serie, tutti uguali tra loro, non è diversa (se non per il fatto di esserne l’antesignana) di quella moderna che vuole ri-produrre cloni.
        Immagino che lo sgomento/frustrazione di un artigiano dell’epoca fosse addirittura superiore al nostro, che ci vediamo ormai surrogare, dopo forza e intelletto, anche la ns. capacità riproduttiva, e in ultimo, il ns. diritto di stare al mondo.”
        Nell’ambito di un discorso più ampio, l’esempio della fabbrica solleva il tema della Tecnica. Quì occorre marcare una differenza fra la tecnica che sfrutta, a vantaggio dell’uomo, le forze naturali, e la tecnica che intende oltrepassare la natura. Romano Guardini fa l’eccellente esempio della differenza fra il veliero (pur sempre uno strumento tecnico) e la nave a vapore. La tecnica che oltrepassa la natura mira a fondarne una nuova, un ambiente completamente artificiale che ben difficilmente l’uomo potrà comtrollare, e che per questo motivo lo aliena da se stesso. Ora, è ben vero, come scrive Animus che la tecnica serve a surrogare certe qualità antropologiche dell’uomo. ovvero le differenze naturali, ma prima ancora della tecnica è il denaro che opera quell’annullamento, come ebbero a scrivere Shakespeare, Goethe e, udite udite, Marx.
        Ma l’esistenza delle differenze naturali può significare più cose.
        1)Che da queste si arriva teorizzare a due morali, due etiche, due codici di comportamento, quelli dei signori e quelli degli schiavi, oppure
        2)Che si assumono e si valorizzano nell’ambito di un’unica morale, unica etica, unico codice di comportamento, universale perchè umano. Quì entrano chiaramente in gioco il Limite e la Verità filosofica (o religiosa) , e il loro inverarsi entro una comunità, coesa perchè li accetta ma al contempo differenziata perchè entro quei limiti consente a ciascuno di esprimere quelle differenze.
        Il primo è il sistema delle società schiavistiche o castali, ma a ben vedere anche di quella capitalistica. Le prime lo teorizzano apertamente, l’altra lo pratica senza teorizzarlo. Nelle prime erano codificate le differenze, nella seconda è codificato solo il principio del valore, del profitto e della forma merce, che però riproduce quelle differenze in modo anche più spietato perchè mascherate dalla libertà del soggetto e dalla supposta universalità della legge del mercato e della domanda e dell’offerta. Mentre nei due sistemi antichi, ma ancor nel sistema feudale, il Signore era comunque legato al Servo verso il quale aveva qualche dovere codificato socialmente (si veda ad esempio il sistema dei prezzi nel medioevo, teso a far si che essi non producessero crisi irrisolvinili di sottoproduzione e quindi di carestia) , nel capitalismo la differenza appare come ineluttabilmente dovuta a una legge naturale, contro la quale è perfettamente inutile e disdicevole anche moralmente, ribellarsi.
        E veniamo al punto dolente su cui Animus batte, ovvero il Cristianesimo e suo sistema di senso, teso, dice, a omolagare gli esseri umani.
        E’ verissimo che il C. ha potentemente contribuito ad abbattere il sistema castale in quanto si fonda sull’uguaglianza di fronte a Dio di ogni essere umano. Con questa affermazione, per le’poca inusitata, ha certamente aperto, la strada anche al successivo affermarsi del capitalismo, (non della tecnica inteso nel senso che dicevo sopra, perchè essa era già ben sviluppata nelle società dispotiche orientali) che tuttavia era solo uno dei possibili, non l’unico e inelluttabile possibile. Non credi che dall’affermazione di una sostanziale uguaglianza di ogni essere umano si possa ricavare l’omologazione universale di ognuno. Anche perchè, sul piano teorico, il crstianesimo (parlo di quello medievale) mantiene quella tripartizione di cui scrive Dumezil. fra le funzioni del Sacerdote, del Guerriero e dell’Artigiano. Solo che non le codifica per discendenza di sangue, bensì per inclinazioni personali, ovvero per differenze,e le lega insieme mediante, appunto, una concezione antropologica, un’etica e una morale universali (contraddette in mille modi nella pratixca, verissimo, ma questo è un problema diverso) ed a cui tutti sono tenuti ad attenersi, anche nelle pratiche sociali.
        Potremmo fare anche una controprova: sul piano etico, su quello morale e sul piano sociale, quale sarebbe lo sbocco dell’applicazione delle teorizzazione di Nietsche? Quali i valori nuovi a cui tende? Quali orizzonti di senso? Dove sfocerebbe la sua critica del cristianesimo come religione del risentimento dei deboli? La domanda è aperta.
        Da parte mia dico che la critica a Marx, che condivido per molti aspetti, non può portare nè a giustificare l’esistente (il capitale) nè a rivlautare a posteriori le società castali, così come la critica del modo di produzione del capitale e di quelli che lo precedono, non può portare a rivalutare il comunismo novecentesco che pure, (lo dico da critico e suo avverdario filosofico) qualche merito l’ha avuto, e così come tutto quanto precede non significa assolvere la Chiesa dalle sue magagne (qualcuno le chiama errori, qualcun altro orrrori ma non mi soffermo). Insomma, siamo in un cantiere aperto, apertissimo.

        • Animus
          9 Novembre 2015 at 17:17

          Caro Armando, mi chiedi quale saranno i nuovi valori a venire e quali i nuovi orizzonti di senso?

          Mi fai delle domande alle quali sai che, non solo io, ma nessuno è in grado di dare una risposta.

          Ciò che tu chiedi si forma per “depositi storici”, è qualcosa che è nascosto nel profondo della psiche, come ultima risorsa, e che non può che venire alla luce solo quando le condizioni storiche lo permetteranno…

          Personalmente, avevo scritto qualcosa su UB, di Septrem, che condivido, in sintesi “quando tutti gli idoli saranno stati abbattuti (lui intendeva tutto ciò in cui si può credere, e in cui si dovrà forzatamente smettere di credere perché sarà stato spazzato via) , allora o verrà alla luce l’oltreuomo, o, come alternativa … non gli rimarrà che la morte.”

          Per ora non rimane che prendere atto, come disse Holderin, che “viviamo in una terra desolata dove più non son gli dei, perché fuggiti, e ancor non sono i venienti”.

          • Animus
            9 Novembre 2015 at 17:21

            Ah, dimenticavo, e come sai meglio di me, anche se non ne condividi i termini, anche questo si incastra perfettamente all’interno della visione escatologica cristiana del tempo e della storia.

            Come ci si deve sentir bene a cogliere (dal cristianesimo) solo i frutti succosi, e rimandare agli altri….”i detrattori”, quelli amari..
            Ah, anime belle….

          • armando
            10 Novembre 2015 at 16:01

            “quando tutti gli idoli…….o verrà alla luce l’oltreuomo …o non gli rimarrà che la morte”
            Animus, non ti sembra che queste parole somiglino, da una posizione di ateismo tragico, a quelle di SanPaolo sull’Anticristo che dovrà prima manifestarsi in tutta la sua potenza ingannatrice affinchè possa essere spazzato via dalla Parusia, dal soffio di Cristo?
            “Già, infatti, il mistero
            dell’iniquità è in atto; ma chi trattiene (ho kathekon)
            trattenga precisamente fino a quando
            non venga tolto di mezzo (de medio fiat, ek
            mesou genetai). (2, 8) Allora sarà l’apocalisse
            dell’Anomos (Iniquus), che il Signore Gesù distruggerà
            con il soffio della sua bocca, annienterà
            all’apparire della sua parusia —
            dell’Anomos […]”
            Pensaci, il nichilismo nicciano non significa forse proprio la necessità che il Katechon (la Chiesa, o anche l’Impero), venga tolto di mezzo?
            A me pare che l’ateismo tragico di Nietsche sia un pensiero escatologico e messianico molto somigliante a quello cristiano, di un cristianesimo ovviamente non ridotto in pillole buoniste o socializzanti?

            Detto questo, per chi, almeno nelle intenzioni, pensa che il mondo vada cambiato e voglia operare in tal senso, rimane un grande interrogativo. Se non è possibile avere la più pallida idea dei “valori” a cui vorremmo fosse ispirato un mondo trasformato, ne discende che non possiamo, anzi non dobbiamo, fare nulla. Solo attendere che il disfacimento si manifesti in tutta la sua intensità. Intendiamoci, non escludo affatto che questo sia ciò che accadrà; molto segnali lo indicano. Ma capisci bene che esiste una differenza fondamentale fra chi, sapendolo, si sforza tuttavia di far vivere un’altra concezione del mondo, se non altro come estrema testimonianza della sua possibilità, anche, perchè no, da trasmettere ai posteri, e chi, al contrario, giudica ciò come cosa del tutto inutile, anzi alla fine controproducente.
            Mi sembra che la seconda posizione, ad onta delle intenzioni conclamate, sfoci “oggettivamente” in un avallo, sia pure passivo, dell’esistente.

  9. Armando
    9 Novembre 2015 at 12:40

    Visto che stiamo andando fuori tema rispetto all’articolo, mi aggiungo anch’io.
    j
    Massimo Cacciari, nel suo ultimo libro, Il
    potere che frena, espone, tesi inquietanti
    che pongono problemi su cui siamo
    chiamati a pensare. L’attuale, sostiene Cacciari,
    è il tempo dell’orizzontalità che annulla
    “il senso stesso del tempo escatologico-messianico.
    Non vi è più Fine né attesa, se non quella che
    sempre si ripete della soddisfazione del proprio
    individuale appetito. L’ultimo uomo
    eternamente ritorna (Il convalescente, in Così
    parlò Zarathustra), in una infinita durata scandita
    dalla produzione e riproduzione dei bisogni»,
    cosa che lo rende, ad onta della sua conclamata
    individualità, massimamente «dipendente
    dal sistema universale che quella produzione
    e riproduzione assicura». L’Anticristo,
    l’Antikeimenos, si manifesta oggi, non come
    anarchia rivoluzionaria, non come assenza o
    disordine ma come nuovo Nomos che si rivela
    nell’ultimo uomo, colui che rifiuta ogni rappresentanza
    oltre se stesso e il proprio godimento,
    quindi ogni idea di trascendenza. Non
    vi è, in lui, nessun posto per Dio. Ha così assunto
    il nome di Placidus, indifferente ad ogni
    conflitto di valori perché essi stessi in-differenti,
    ma al massimo calcolabili o valutabili
    economicamente. Cambia così anche il concetto
    di responsabilità, che è «soltanto ciò che
    lega alla soddisfazione del proprio interesse,
    allo svolgimento della propria ‹cosa›. A nulla
    rispondere oltre a ciò, e di tutto ritenersi innocenti
    al di là di questo orizzonte» […] Nulla
    dovere — e diritto come richiesta di tutela.”

    L’Antikeimenos è sempre stato interdetto
    nel suo pieno manifestarsi da un potere frenante,
    Il katechon, incarnato nell’ Auoritas spirituale
    della Chiesa e nella Potestas terrena
    dell’Impero, coi loro intrecci e contraddizioni,
    insuperabili in quanto l’uno necessario
    all’altro ed entrambi contenenti anche il germe
    dell’Avversario. Tuttavia, secondo la parola
    di Paolo, affinché l’eterna lotta cessi e
    l’Anticristo possa essere distrutto, anche il katechon
    dovrà essere tolto di mezzo.

    “Infatti prima dovrà venire l’apostasia (discessio)
    e l’apocalisse dell’uomo dell’anomia
    (homo iniquitatis), il figlio dell’apoleia (filius
    perditionis), (2, 4) l’Avversario (qui adversatur,
    ho antikeimenos), colui che si innalza sopra
    ogni essere che vien detto Dio e come Dio è
    venerato, fino a insediarsi nel tempio di Dio
    (in templo, eis ton naon) e a mostrare se stesso
    come Dio. […] (2, 7) Già, infatti, il mistero
    dell’iniquità è in atto; ma chi trattiene (ho kathekon)
    trattenga precisamente fino a quando
    non venga tolto di mezzo (de medio fiat, ek
    mesou genetai). (2, 8) Allora sarà l’apocalisse
    dell’Anomos (Iniquus), che il Signore Gesù distruggerà
    con il soffio della sua bocca, annienterà
    all’apparire della sua parusia —
    dell’Anomos […]”

    Si chiede perciò Cacciari “Ma ritorna la
    domanda: si doveva resistere?” E dunque, nel linguaggio messianico, chi o cosa rappresenta oggi, l’Anticristo? ed è necesario che prima dispieghi tutta la sua poenza per poter essere abbattuto? E da cosa è rappresentato il kathekon, la resitenza? Tronti, nel bel libro citato, dice una cosa interessante: le rivoluzioni operaie e conservatrici, nonostante la loro ovvia diversità, avevano una cosa in comune. Rappresentavano un tentativo di freno, di resistenza, al dilagare del moderno. C’è materia di riflessione, mi sembra..

  10. Animus
    10 Novembre 2015 at 11:36

    Bruno
    > bisognerebbe vedere come si organizza questa società di Oltreuomini.

    Scusa Bruno se non rispondo ai tuoi interventi, che ritengo essere cmq in buona fede, ma credo anche che, “ci separi un abisso” e che non ci possa essere nessuna possibilità di comprensione delle reciproche posizioni.

    Già la frase citata, come se l’oltreuomo fosse qualcosa da “ingegneri sociali” che si possa pianificare razionalmente, come se si trattase della costruzione di un ponte, la dice lunga….

    Se nicce utilizza la figura di Dioniso, è proprio perché l’oltreuomo ha più a che fare con la furia cieca della vita, di Schopenauer, che non con la logica ed il calcolo di certe dialettiche….

    L’oltreuomo non viene fuori da un calcolo “matematico”, ma da una necessità (vitale): o si cambia, o si muore.

    Con amicizia,

    Animus

    • Bruno
      10 Novembre 2015 at 16:20

      Ma senza ragionamenti analitici e organizzazione sociale il sapiens sapiens non mangia, non si veste, noin ha combustibile nè materie prime a portata di mano.
      E l’Oltreuomo non è un Dioniso ma un sapiens sapiens.
      Un saluto.

  11. armando
    8 Novembre 2016 at 14:39

    In occasione di questo nuovo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, mi sento di dire una cosa. Molto opportunamente Fabrizio ha scritto di una “rivoluzione che ha divorato se stessa”; è una frase che ha un significato diverso da “rivoluzione tradita”, come si sente dire spesso. Significa che i germi dell’autodivoramento erano già presenti all’origine, mentre i tradimenti implicano un nemico “esterno” o anche interno a chi quella rivoluzione l’aveva fatta, contro i quali si può sempre combattere per correggere le deviazioni. Ma quando è la rivoluzione a tradire se stessa, allora è molto più difficile. . E questo è il dramma più grande, perché quella rivoluzione aveva suscitato autentiche speranze di riscatto per milioni e milioni di esseri umani in tutto il mondo. Perché, dunque? Non credo che a rispondere serva questa o quell’ideologia o teoria, se non in una loro premessa: quando un’ideologia o una teoria pretende di essere “scientifica” e di avere scoperto la Verità della e nella Storia, e quando in nome di quella Verità scientifica (o anche rivelata) si perde di vista la persona, l’essere umano, per discutere “solo” in termini di “specie” o anche di “classi” o comunque di aggregati umani all’interno dei quali la persona singola perde di significato, sparisce affogato nel collettivo e nelle “forze della storia” alle quali aderire, allora i guai peggiori sono all’orizzonte. Per restare alla rivoluzione bolscevica (ed anche a quelle che da essa hanno preso ispirazione con le stesse premesse, come quella dei Khmer rossi in Cambogia), niente vale di più che leggere le testimonianze di ciò che accadde. “Arcipelago Gulag” di Solzgenistin è una testimonianza, un’altra è un libro che sto casualmente leggendo in questi giorni: “Il cavallo rosso” di Eugenio Corti. Non è necessario aderire alle impostazioni ideologiche di quei libri, non neutre come del resto nulla è neutro. per riflettere su quanto dicevo, senza per questo negare i meriti della Rivoluzione e persino di Stalin, e neanche sottovalutare la difficoltà estrema di quegli anni, la difficoltà di prendere decisioni drastiche che necessariamente avevano un forte impatto sulle persone. Tutto questo è vero, verissimo, ma ciò non toglie che il disprezzo e la mancanza di “pietas” per l’essere umano che hai di fronte, si tratti del nemico in guerra, di fascista, cristiano o comunista, donna o uomo, omosessuale o no, è la fonte delle peggiori nefandezze che poi sono avvenute. Come, del resto, è accaduto spesso nella storia umana e tuttora accade. Inutile ricordare che Guantanamo, dove gli USA incarcerano senza nessuna garanzia qualsiasi sospetto, sottolineo sospetto, di terrorismo, non è ancora chiusa. E per allargare un pià’ la vista, i bombardamenti tesi a uccidere i civili, le atomiche sganciate a guerra ornai vinta e chi più ne ha più ne metta.
    Credo, e chiudo questa tiritera “buonista” che nessuna ideologia, nessuna religione, nessuna verità scientifica, nessuna rivelazione, siano positive quando, per inverarsi, programmino la morte.

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