Abolire il Fiscal Compact

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Foto: L’Antidiplomatico (da Google)

 

La sola idea che possa concretizzarsi un governo Lega-M5S sta mandando in fibrillazione l’intero circo mediatico-politico politicamente corretto, liberal (di “sinistra” o di destra…) e filoeuropeista. Quello delle “compatibilità”, del “ce lo chiede l’Europa”, della “responsabilità” (che deve essere letta come totale adesione ai diktat dell’UE e della BCE), del falso cosmopolitismo (artatamente e strumentalmente confuso con il concetto di internazionalismo) che serve in realtà a camuffare ideologicamente il processo di sradicamento e precarizzazione mondiale del lavoro e la subordinazione dei lavoratori al dominio capitalista globalizzato.

Il quale circo ha già lanciato in queste settimane la sua offensiva ideologica e mediatica contro le forze populiste e, per lo meno a parole, antieuropeiste (Lega e M5S), criminalizzandole e dipingendole con i colori più cupi, non senza di fatto manifestare un profondo disprezzo per quei ceti popolari che le hanno sostenute.

A scanso di equivoci, chiarisco subito (ma dovrebbe essere ormai noto…) che non strizzo affatto l’occhiolino a quelle forze, come ho avuto occasione di spiegare in diversi articoli (ne segnalo alcuni):

https://www.linterferenza.info/editoriali/luigi-maio-pensiero/

https://www.linterferenza.info/editoriali/antisistema-funzionali-al-sistema/

https://www.linterferenza.info/editoriali/dallideologia-politicamente-corretta-al-populismo-destra/

Questo perché penso che si tratti di forze politiche solo apparentemente “antisistema” e che in realtà, sia pure in modi diversi, finiscano o potrebbero finire per essere ad esso funzionali. Dirò di più, esiste la concreta possibilità che proprio queste forze (il M5S, forse, per le sue caratteristiche, paradossalmente, più della Lega), potrebbero con il tempo essere la risposta a quella esigenza di rinnovamento delle sovrastrutture politiche di cui il sistema capitalista (ultraflessibile dal punto di vista politico e ideologico, a patto che non vengano messe in discussione le sue fondamenta), ha assoluta necessità. Questo processo però è ancora tutto in divenire e i giochi, come si suol dire, sono tutt’altro che fatti. Sia la Lega che soprattutto il M5S, infatti, sono forze politiche interclassiste (non solo dal punto di vista della loro composizione sociale ma anche e soprattutto sotto il profilo ideologico) variegate e composite (https://www.linterferenza.info/attpol/salvini-batte-maio/ ) che debbono rispondere a domande e ad interessi sociali diversi e anche contraddittori https://www.linterferenza.info/editoriali/elezioni-2018_tutto-cio-che-e-reale-e-razionale/ .

Sarà questo il banco di prova con il quale queste forze dovranno misurarsi, cioè la loro capacità (o incapacità, o non autentica volontà) di dare una risposta a quelle domande di cui sopra. In parole ancora più povere, quale sarà, in concreto, al di là dei proclami e dei “contratti”, che sono solo degli escamotage mediatici, il programma del futuro governo (che ancora devono formare e non è del tutto scontato che ci riusciranno perché l’attuale establishment non vuole mollare l’osso…)? Quale sarà il loro atteggiamento nei confronti dell’Unione Europea e della BCE (e della NATO)? Quali politiche economiche e sociali adotteranno? Quale politica estera? E’ su questo che dovranno misurarsi ed è sempre su questo che noi dovremo a nostra volta misurarli e incalzarli ed eventualmente (se non certamente) smascherarli.

La storia è, forse per forza di cose, zeppa di paradossi. Uno di questi vuole che oggi siano proprio queste forze, a torto o a ragione definite populiste, ad incarnare, sia pure in modo assolutamente contraddittorio e confuso, la richiesta di maggior giustizia sociale che proviene da vasti settori popolari.  In altre parole, anche se può sembrare, appunto, paradossale,  le contraddizioni di classe che una volta si estrinsecavano nel conflitto sociale esplicito (e al momento solo potenziale) e politicamente organizzato, allo stato attuale e per tante ragioni (perché la realtà è profondamente mutata, le vecchie classi sociali, quella operaia e in larga parte anche quella piccolo borghese sono state frammentate e frantumate in mille rivoli e soggettività sociali,  e perché questo processo ha coinciso con il trionfo ideologico oltre che politico del capitale e alla distruzione di ogni barlume di coscienza di classe da parte dei ceti subordinati), hanno trovato in queste forze populiste , sia pure nella logica della delega e non certo quella dell’impegno diretto, il loro canale di espressione. Insomma, la Lega e il M5S, piaccia o meno (e a me non piace…), rappresentano (anche) il veicolo attraverso il quale si manifesta, sia pure in forme compresse e distorte, quel conflitto sociale strutturale che non riesce ad emergere e a manifestarsi palesemente per le ragioni a cui sommariamente facevo cenno poc’anzi; quello stesso potenziale e inespresso conflitto che oggi comunemente e volgarmente siamo ormai usi definire come la “pancia” del paese e/o del popolo. Una “pancia” oggi a dir poco contraddittoria, pervasa da spinte e controspinte molto spesso reazionarie (basti pensare all’ostilità nei confronti degli immigrati e alla conseguente guerra fra poveri, questa sì del tutto funzionale al sistema capitalista, che quelle stesse forze populiste alimentano…) frammiste a legittime rivendicazioni sociali (garanzia del lavoro, lotta alla precarizzazione, stato sociale, sanità pubblica ecc.).

Del resto, solo degli opportunisti in malafede possono fingere di stupirsi. Per quale ragione, infatti, i ceti popolari – pur sprovvisti di una vera coscienza politica e resi innocui dalla capacità pervasiva dell’ideologia dominante –  dovrebbero continuare a sostenere i partiti della “governabilità e della compatibilità” e in primis il PD (e i cespugli alla sua “sinistra” la cui sola funzione è di raccogliere i consensi di chi proprio non ce la fa a turarsi il naso e a votare per quel partito…)? Se qualcuno ha delle ragioni valide, batta un colpo.

E’, dunque, evidente, come le forze cosiddette populiste che si apprestano a governare, innanzitutto il M5S ma in parte anche la Lega, siano il prodotto di questo enorme spazio lasciato libero, diciamo pure abbandonato, e di questa falsa “sinistra” ormai del tutto organica al sistema capitalista e neoliberista, che ha finito per creare la sua contraddizione.

La quale “sinistra” sta reagendo alla sconfitta subita in modo scomposto, latrando alla luna, gridando ipocritamente al pericolo reazionario e fascista (ma non c’è nulla, al momento, di più concretamente reazionario e antipopolare delle politiche liberiste e neo colonialiste della UE…) rappresentato dalle forze populiste, e ripetendo come un disco rotto le solite scontate litanie politicamente corrette.

Niente di più lontano da un approccio dialettico (e sia pur vagamente marxista…) alle cose. Questo imporrebbe, appunto, di entrare in una relazione dialettica con la realtà in costante mutamento. Ha senso, infatti, da un punto di vista di classe, limitarsi a demonizzare le forze populiste? Lo ha per i padroni del vapore e per i loro dipendenti (ogni riferimento non è affatto casuale…) di “sinistra” o di destra, per lo meno finchè Lega ed M5S non saranno stati del tutto addomesticati, ma non certo per chi si muove nell’ottica di una moderna critica socialista e di classe alla realtà. Questo modo di procedere impone di mollare la retorica e gli slogan e di misurarsi concretamente sulle cose. Ora, quale dovrebbe essere secondo me la prima battaglia che oggi una forza socialista seria, se esistesse, dovrebbe porre all’ordine del giorno della sua agenda? Personalmente non ho dubbi: il superamento del famigerato Fiscal Compact.  E’ questo il nodo, perché è questo che impedisce l’applicazione di ogni politica sociale e il rilancio del welfare. Detto ciò, è ovvio che le questioni che andrebbero messe in agenda sono tantissime, ivi compresa quella del recupero della sovranità politica, ma credo che quello del pareggio di bilancio sia il punto da cui partire. Certo, è necessario porre sullo sfondo anche la possibilità di una fuoriuscita dalla UE ma questa è già una questione a dir poco estremamente più complessa che certamente il prossimo governo leghista-pentastellato non potrà mettere all’ordine del giorno, sempre ammesso che lo voglia veramente (non parliamo poi dell’uscita dalla NATO…). Tuttavia, come dicevo, lo si può misurare, incalzare e smascherare, lavorando su quelle che sono e saranno le sue contraddizioni. E allora perché non cominciare proprio dal gettare nel cestino il Fiscal Compact? E’ o non è questa una battaglia di SINISTRA? Io sono convinto che lo sia. Molto di più che non il rifugiarsi nelle solite liturgie ideologiche politically correct tacciando di razzismo chi ha votato per quelle forze politiche e, ancor più grave, facendo ricorso ad un antifascismo demagogico, strumentale e di maniera (l’antifascismo è una cosa troppo seria per essere ridotto a questa pantomima…) che allo stato attuale non viene compreso da nessuno e anzi ottiene l’effetto contrario (oltre al fatto, intollerabile, di strumentalizzare l’antifascismo per tutt’altri fini…).

Il M5S e la Lega sostengono di voler difendere gli interessi dei ceti popolari e più tartassati dalla crisi economica e dall’austerity imposti dalla UE? E allora non avranno di certo nulla in contrario nel porre al centro la questione del superamento del Fiscal Compact, a costo di rompere con i burocrati e i leader politici di Bruxelles e di Berlino, con la BCE e con tutto l’establishment nazionale e internazionale che dicono di voler combattere e di pagare i prezzi che sarà necessario pagare per questa scelta. Lo faranno? Non lo faranno? Misuriamoci su questo e non sulle chiacchiere. Proviamo a ricostruire un fronte popolare e di classe partendo dalle questioni reali e non sulle astrazioni ideologiche, e verificando di volta in volta su quelle questioni reali chi sta con chi e da quale parte.

 

5 commenti per “Abolire il Fiscal Compact

  1. ARMANDO
    23 maggio 2018 at 22:22

    Concordo molto sul fatto che il nuovo governp andrà giudicato su quello che farà nelle diverse direzioni indicate nell’articolo. Non credo ci sia da attendersi fuoco e fiamme immediatamente, o il <>. Piuttosto passi misurati ma determinati nella direzione giusta, e ben spiegati alle persone. Vedremo. Personalmente non nutro soverchia fiducia, vuoi per l’enorme potere d’interdizione concreto e mediatico che le elite posseggono , vuoi per le riserve circa la capacità strategica di qulle forze e circa la tenuta dei loro leaders. Però, vediamoli all’opera.

    • Fabrizio Marchi
      23 maggio 2018 at 23:13

      Io non ne ho affatto (fiducia) se è per questo, però mi sembrava politicamente giusto porsi in una posizione dialettica, perché penso che demonizzare la Lega e il M5S non serva anche e soprattutto ai fini di svelare il loro ruolo di finta opposizione al sistema, soprattutto agli occhi di chi li ha votati e sostenuti. Penso altresì che le contraddizioni emergeranno ben presto e stanno emergendo già ora che il governo non è stato ancora formato. La prima cosa che il candidato premier ha tenuto a precisare è che l’appartenenza all’UE e la collocazione internazionale dell’Italia sono fuori discussione…Tutto ampiamente previsto, sia chiaro, però, appunto, non è con la demonizzazione a priori che si svelerà la reale natura di quelle forze…

      • ARMANDO
        24 maggio 2018 at 16:56

        Io, che non sono un politico e quindi sono lontanissimo dalle “sottigliezze” e i sofismi della politica, di fronte alla necessità di essere realista e quindi di non perseguire il “tutto e subito” che spesso è catastrofico, di fronte ai temi dell’UE e della Nato, avrei risposto più o meno così:
        “se mi si chiede se vogliamo uscire dall’Ue, la mia risposta è no, non vigliamo uscire. Ma vogliamo imporre nuove regole più giuste e più nel nostro interesse. E se, e solo se, queste non verranno prese in considerazione, allora…….
        Se poi mi si chiede se vogliamo uscire dalla nato, la mia risposta è no, non vogliamo uscirne. ma vogliamo essere alleati autonomi e con indipendenza di giudizio. Per cui, ad esempio, se la Nato (o un altro alleato singolo) decide un intervento militare per ragioni che non ci convincono, allora non ci stiamo e lo diciamo a voce alta, fuori dalle solidarietà obbligatorie, e non prestiamo aiuto alcuno, nè militare nè logistico, a quell’azione. Se poi fossero gli altri a volerci espellere, vedano loro. Se invece quelle ragioni ci convincessero, parteciperemmo a pieno titolo, senza ingingimenti e cerchiobottismi vari e meschini.
        Impossibile comportarsi così? Forse, ma appunto non sono tagliato per fare il politico.

      • Mario
        28 maggio 2018 at 18:55

        Bravo Fabrizio, quando voglio leggere qualcosa di sensato e soprattutto ben esposto, passo sempre da queste parti! Purtroppo, non sarà possibile esprimere un giudizio, sull’operato del Governo Salvini-Di Maio, poiché come ben saprai, non è stato neanche fatto partire.

        • Fabrizio Marchi
          28 maggio 2018 at 19:27

          Ti ringrazio molto per la stima e l’attenzione con cui ci segui.
          Un caro saluto.

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