Una bazzecola, ma anche una vergogna

In un’area vicina a Gerusalemme sono state fatte saltare in aria duecento abitazioni palestinesi. Perché, a detta delle autorità israeliane, erano abusive. E magari, chissà, perché erano brutte ( sullo standard, diciamo, delle nostre periferie più degradate). A coloro che vi abitavano non è stato torto un capello. E questo ci rassicura ulteriormente. Non sappiamo che fine abbiano fatto. Ma sicuramente si sarà provveduto per il meglio.
E potremmo fermarci a questo punto. Così come hanno fatto i nostri giornaloni, i nostri politici e i nostri opinionisti.
Però, le notizie che troviamo sui giornali esteri ci impongono ad andare oltre. Da loro sappiamo che l’area dove è stata effettuata questa azione di “risanamento” è sì vicina a Gerusalemme ma fa parte del territorio governato dall’Autorità palestinese. E che i permessi di costruzione sono stati rilasciati da quest’ultima. Alla quale spetterà il compito di “risistemare” le centinaia e centinaia di poveracci i quali non hanno commesso alcun crimine se non quello di abitare lì. E sappiamo anche che il “reato di abusivismo” non ha nulla a che fare con le norme esistenti in materia ma con il fatto che le case erano vicine al muro eretto negli anni scorsi, all’interno dei territori occupati e, quindi, erano visti automaticamente da Netanyahu e dalla sua maggioranza, come un attentato alla sicurezza. Mentre il diritto di costruire case, a Gerusalemme come nei territori occupati, è garantito quasi automaticamente agli uni mentre incontra infiniti ostacoli per gli altri.
Sappiamo, infine, che questa azione, per i principi da cui scaturisce e per le sue conseguenze, ha suscitato una serie di proteste ufficiali: di organismi internazionali e di moltissimi paesi dell’Europa occidentale. Proteste che non hanno trovato alcuna eco in Italia, né a livello di governo né da parte del Pd.
I palestinesi, un tempo, erano in cima ai nostri pensieri. E il riconoscimento dei loro diritti, sulla base di un accordo internazionalmente garantito, era al centro del lavorio delle diplomazie. Ma i tempi sono cambiati. E di loro non frega più niente a nessuno.
E questa, forse è la maggiore vergogna. Ed esprimerla, magari del tutto inutilmente, è un dovere. Anche pagando il rischio di essere trattati da antisemiti, semplicemente perché, come moltissimi ebrei in Israele e nel resto del mondo, contestiamo duramente l’attuale governo di Israele. Subire censure è sempre un incerto del mestiere; autocensurarsi e anch’esso una vergogna. Anzi, la più grande delle vergogne.

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Fonte foto: Arabpress (da Google)

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