C’era una volta un “sogno” chiamato Israele…

E’ evidente anche ai più maldestri osservatori come non ci sia alcuna relazione fra la ricerca dei responsabili del rapimento e dell’uccisione dei tre giovani israeliani e l’ennesima criminale aggressione sferrata in grande stile e con grande dispiegamento di mezzi nei confronti della popolazione palestinese di Gaza.
Non abbiamo notizie certe ma è chiaro che nessuna organizzazione palestinese di un certo rilievo aveva il benchè minimo interesse politico ad organizzare il sequestro e l’uccisione dei tre ragazzi, tanto meno Hamas che, come noto, si era riavvicinata all’ANP di Abu Mazen fino addirittura a formare un governo di “unità nazionale”, dopo anni di profonde e violente lacerazioni. Hamas in questa fase, sia per ragioni interne che internazionali, non aveva e non ha nessun interesse a portare alle estreme conseguenze il conflitto con Israele, e proprio la strategia di riavvicinamento con l’ANP lo dimostra.
E’ quindi più che probabile che quell’azione criminosa sia stata effettuata da qualche gruppuscolo sbandato, da qualche “cane sciolto”, come si suol dire, fuori da ogni controllo, contrario alla strategia politica di Hamas (ma anche delle altre principali forze e movimenti politici palestinesi) e mosso dalla volontà di far esplodere le contraddizioni, come si suol dire, di impedire la riconciliazione nazionale del popolo palestinese (pur con tutte le contraddizioni interne a questo processo che abbiamo evidenziato in altri articoli) e costringere Hamas stessa nell’angolo.
In fondo è la vecchia strategia di tutte le organizzazioni estremiste di sempre: fare di tutto per inasprire lo scontro fino all’inverosimile e lavorare scientemente per impedire qualsiasi tipo di accordo politico. Una simile “strategia”, se così può essere definita, costituisce una vera e propria manna dal cielo per i cosiddetti “falchi”, presenti in modo massiccio sia all’interno del governo israeliano che dell’amministrazione americana che hanno interesse a mantenere quell’area specifica in una condizione di destabilizzazione permanente. Quale migliore occasione per scatenare l’inferno– una vera e propria ciliegina sulla torta – del rapimento di tre giovani coloni israeliani? Del resto, di “incidenti” ad hoc è piena la storia e non credo sia necessario fare l’elenco…
Un’altra ipotesi, ovviamente ancora più grave e inquietante è che il sequestro e l’uccisione dei tre giovani israeliani siano stati organizzati da qualche gruppo “jihadista” o “qaedista” al soldo dei servizi segreti israeliani e/o americani, sostanzialmente con lo stesso obiettivo. Quello cioè di bloccare sul nascere il processo di riconciliazione e di ricomposizione unitaria dei principali schieramenti politici palestinesi, ricattando l’ANP (del resto già priva da tempo di ogni ruolo e ridotta al ruolo di amministratore della Cisgiordania per conto terzi), frustrando ogni sua ipotetica e potenziale velleità politica, isolando fisicamente e politicamente Hamas, inchiodandola al ruolo e all’immagine che gli è stata cucita addosso di mera organizzazione terrorista con la quale non si tratta, non si parla e tanto meno si possono stringere patti o accordi di qualsiasi genere.
Mi sembra di poter dire (per quella che è la mia modestissima esperienza e conoscenza di quell’area) che le ipotesi di cui sopra siano quelle più verosimili per spiegare quanto sta avvenendo a Gaza.
Del resto, se la logica ha ancora un valore, se pensassimo che il massacro di civili palestinesi ad opera dell’esercito israeliano in corso in questi giorni e destinato purtroppo a continuare sia la risposta all’assassinio dei tre ragazzi israeliani, ne dovremmo necessariamente concludere che il governo e l’esercito israeliano utilizzano metodi e procedure simili a quelle utilizzate a suo tempo dai nazisti.
Perché qualcuno ci deve spiegare, ammesso che sia spiegabile, cosa possa avere a che vedere il massacro di bambini, bambine, anziani, uomini e donne, colpevoli solo di essere nati/e nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, con l’individuazione dei responsabili del rapimento dei tre giovani.
Non è certo la prima volta che il governo israeliano opta per la rappresaglia, come sappiamo, ed è doveroso ricordare che solo durante l’operazione “Piombo fuso” scatenata alcuni anni fa a Gaza in risposta (questa per lo meno fu la motivazione ufficiale) al lancio di alcuni razzi artigianali “Qassam” (che in dieci anni hanno provocato, se non erro, non più di una decina di morti), furono uccisi nell’arco di due settimane millecinquecento palestinesi di cui circa trecento bambini e bambine. Un crimine di guerra che si è aggiunto a numerosi altri crimini di questo genere che hanno drammaticamente caratterizzato la storia dello Stato di Israele fin dalla sua fondazione.
Un vero peccato – va detto – perché al di fuori di ogni retorica, la nascita dello Stato di Israele aveva suscitato, ormai molto tempo fa, grandi entusiasmi un po’ ovunque (ricordiamo che la stessa URSS fu inizialmente una delle nazioni che più di altre spinse per la creazione dello Stato di Israele), eccezion fatta, naturalmente, per i palestinesi, cacciati a cannonate dalla loro terra.
Ed è francamente desolante constatare che l’Israele dell’ “Exodus”, dei “kibbutz” socialisti, della “terra promessa”, della patria per gli ebrei di tutto il mondo, pur con tutte le contraddizioni strutturali contenute in quel progetto, sia ormai solo un pallido e sbiadito ricordo. Oggi al posto di quel “sogno” c’è solo un avamposto militare, uno stato imperialista, guerrafondaio e neocolonialista al servizio di altri stati imperialisti e neocolonialisti (nonché una delle centrali operative della criminalità organizzata e in particolare della mafia russa), che utilizza metodi terroristici per imporre il proprio dominio in quella regione e che è disposto a dare la cittadinanza, pur di vedere accrescere la propria popolazione, anche alla peggior feccia che sia in grado di dimostrare di avere un trisnonno di origine ebraiche.
L’immane tragedia vissuta dal popolo ebraico prima e durante la seconda guerra mondiale meritava ben altra risposta e ben altra prospettiva.

3 commenti per “C’era una volta un “sogno” chiamato Israele…

  1. Alessandro
    16 Luglio 2014 at 19:02

    Il popolo palestinese ha una sola “colpa”: quella di essere povero.

  2. Matteo Luca Andriola
    18 Luglio 2014 at 18:54

    “Israele stato nazista e fascista, peggio di Hitler”. Queste le parole del filosofo Gianni Vattimo. Quello in atto “E’ un genocidio […] nazista, razzista, colonialista, imperialista e ci vuole una resistenza. L’unica cosa seria è che ci vogliono le brigate internazionali”. “Tutta l’informazione aggiunge compresa la stampa italiana piange sul fatto che c’è una pioggia di missili su Israele, ma Hamas quanti morti ha fatto? Nessuno. I poveretti non hanno armi, sono miserabili tenuti in schiavitù, come tutta la Palestina. Hanno dei razzetti per bambini, e voglio promuovere una sottoscrizione internazionale per permettere ai palestinesi di comprare delle vere armi , veri missili, e non delle armi giocattolo. L’Europa dovrebbe dare gratis le armi ai palestinesi”. “Contro quelli che bombardano ospedali, cliniche private e bambini sparerei, certo ma purtroppo non sono capace non avendo fatto il servizio militare. Ma imparerei volentieri per combattere contro i bastardi israeliani sionisti che non hanno niente a che fare con gli ebrei”. Vattimo continua: “Israele vuole distruggere definitivamente i palestinesi, è una guerra di puro sterminio. Sono peggio di Hitler perché hanno anche l’appoggio delle grandi democrazie occidentali”.

    Notate bene: “bastardi israeliani sionisti che non hanno niente a che fare con gli ebrei”. Ecco il politicamente corretto atlantista: se contesto l’Italia, l’Inghilterra, ecc., nessuno mi dirà che sono razzista, ma se contesto la politica estera di Israele, questi mi tirano fuori la loro tragedia, la Shoah dimenticando che loro – gli israeliani – la fanno vivere quotidianamente al popolo arabo.

Rispondi a Matteo Luca Andriola Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dichiaro di essere al corrente che i commenti agli articoli della testata devono rispettare il principio di continenza verbale, ovvero l'assenza di espressioni offensive o lesive dell'altrui dignità, e di assumermi la piena responsabilità di ciò che scrivo.