I diritti civili e quelli sociali non sono separabili

La “sinistra”, tutta, sia essa liberale, “radicale” e addirittura “antagonista”, perfino parte di quella che per esigenze di semplificazione definirò “veterocomunista”, esulta per l’approvazione della legge sulle unioni civili.

In termini assoluti non avrei nulla da eccepire, sia chiaro. Tutti/e debbono godere degli stessi identici diritti e su questo non ci piove.  Non dovrebbe neanche essere argomento di discussione, per quanto mi riguarda. Però non posso non ricordare che una quarantina/cinquantina di anni fa i movimenti omosessuali, partendo da presupposti completamente diversi e rivendicando, a mio parere sacrosantamente, la loro alterità, rifiutavano addirittura il matrimonio perché lo consideravano una istituzione borghese, anzi, l’istituzione borghese per eccellenza e, in quanto tale, da rigettare in toto.

Ma, come sappiamo, i tempi cambiano, non sempre in meglio dal mio punto di vista, e oggi (da molto tempo ormai) quegli stessi movimenti omosessuali, in parte, per ovvie ragioni, composti da persone diverse, hanno cambiato completamente strada. Non più quella della critica radicale del sistema “vetero borghese” che li marginalizzava e li discriminava ma dell’integrazione o meglio, questa per lo meno è la mia opinione, della ricerca di una sostanziale omologazione all’interno di quello che è oggettivamente un sistema ultracapitalista che ha in larga parte dismesso la sua vecchia ideologia/falsa coscienza, per assumerne un’altra più moderna, “al passo con i tempi” e funzionale alle sue esigenze di riproduzione.

Non solo. Ritengo che questo mutamento di rotta sia stato una sostanziale ritirata strategica, rispetto a quelle che potevano essere delle istanze non dico rivoluzionarie (non prese da sole, per lo meno…), ma di forte rottura ideologica, culturale e sociale nei confronti dell’allora sistema dominante (che è lo stesso di oggi, in buona sostanza, che però è ora provvisto di una serie di potenti e sofisticate “sovrastrutture” di cui ancora cinquant’anni fa non disponeva). Questa virata di 90° e forse più dimostra invece quanto potente sia stata l’offensiva culturale e ideologica di quest’ultimo che è riuscito a stravolgere completamente la natura di un movimento potenzialmente sovversivo e a trasformarlo in un soggetto compatibile con il sistema stesso, anzi, in un soggetto che chiede esso stesso di essere compatibile (questo non riguarda, ovviamente, solo i movimenti omosessuali…). A meno di non scambiare il principio di ereditarietà dei beni come una rivendicazione rivoluzionaria, mi pare di poter dire che questa strategia seguita dai movimenti gay corrisponda ad una sostanziale volontà di omologazione, o per meglio dire, di “omogeneizzazione”, sia pur camuffata, magari anche in molti casi in buona fede, dietro alle bandiere della laicità, della libertà e del progresso.

Sia chiaro, avrei interpretato e salutato in modo completamente diverso questa “svolta”, e in particolare la possibilità per i gay di contrarre matrimonio, se tutto ciò fosse avvenuto contestualmente ad un processo di avanzamento e di trasformazione complessiva, in senso democratico e soprattutto socialista, del contesto sociale. Ma ciò che è avvenuto in questi anni è esattamente l’opposto: le “conquiste” ottenute in tema di diritti civili sono avvenute contestualmente ad un progressivo, inesorabile e spaventoso arretramento in tema di diritti sociali. Lo stato sociale (sanità, pensioni ecc.) è stato in buona parte smantellato o in via di  progressivo smantellamento, la gran parte dei lavoratori  è stata precarizzata, e tutti i lavoratori, compresi quelli con contratto ancora a tempo indeterminato, non hanno più nessun potere contrattuale e sono alla totale mercè del “mercato”. I sindacati, tranne quelli di base, sono stati fagocitati e arruolati dal sistema, il movimento operaio e sindacale e i partiti della Sinistra che nel bene e nel male lo rappresentavano sono stati distrutti, e le lobby finanziarie al comando dell’UE vogliono stravolgere le Costituzioni nazionali, pur con le loro contraddizioni, scaturite dalla guerra contro il nazifascismo (e in buona parte lo hanno già fatto, basti ricordare, nel nostro caso,  il Job’s Act e il Fiscal Compact che sono in palese violazione della Costituzione italiana) per renderle più compatibili e funzionali alle esigenze del neoliberismo dominante.  Naturalmente siamo solo all’inizio di un processo di devastazione sociale di ben più vasta portata, che taglierà la carne viva dei ceti popolari.

In un contesto siffatto, è evidente che la “partita” dei diritti civili appare per quello che a mio avviso è, cioè una moneta di scambio da una parte (smantellamento dei diritti sociali in cambio di quelli “civili”), e un depistaggio ideologico dall’altro, funzionale a mostrare il volto “buono”, e “progressista” di una forma di dominio fondata sullo sfruttamento, sul saccheggio delle risorse umane e materiali dei popoli e dei paesi del cosiddetto “sud” del mondo e sul massacro sociale, considerato come un dato fisiologico e ineliminabile (e in effetti, da un certo punto di vista lo è, nel senso che è strutturale al sistema stesso).

Ora, come è possibile separare la questione dei diritti civili da quella dei diritti sociali? Come si può pensare che sia possibile un vero e autentico avanzamento in tema di libertà, democrazia e diritti civili contestualmente ad un pauroso arretramento in tema di diritti sociali? Come si possono far suonare le fanfare del “progresso” in siffatta situazione? Passi che le suoni la “sinistra” liberale (leggi il PD) e quella “radicale” (Sel e cespugli), del tutto organiche e funzionali al sistema, ma che le suoni anche buona parte di quella cosiddetta “antagonista” e addirittura parte di quella che ancora si dichiara formalmente comunista desta preoccupazione, perché significa che l’ideologia “politicamente corretta” è stata completamente assimilata e interiorizzata anche da quelle forze.

A meno, dunque, di non essere dei convinti liberali, è ovvio che siamo di fronte ad una contraddizione in termini che non può essere risolta in alcun modo.

Giunti a questo punto sarebbe naturalmente necessario approfondire la questione dal punto di vista dei suoi risvolti “ideologici”, diciamo così, ma l’ho già fatto in altri articoli e quindi rinvio, chi lo volesse, alla loro lettura   gay pride e family day https://www.linterferenza.info/attpol/gay-pride-e-family-day-progressisti-e-conservatori/   e il vecchio e il nuovo https://www.linterferenza.info/editoriali/3221/

Sono cosciente del fatto che questa mia lettura delle cose possa apparire controversa e assai poco ortodossa, nonché suscitare reazioni stizzite da parte di molti/e, ma è ciò che penso e non posso farci nulla.

2 commenti per “I diritti civili e quelli sociali non sono separabili

  1. ANDREA BOARI
    13 maggio 2016 at 22:56

    Ho letto il titolo dell’articolo e ho temuto.
    Ho pensato di essere capitato su “Internazionale”, su Repubblica/laStampa o sul “Fattoquotidiano”.
    Anche il sig. Marchi è diventato uno di “loro”?
    Anche Lui procede ragionando, i “diritti dei dominati, ma anche…”.
    Leggendo mi sono parzialmente rassicurato.
    Il titolo corretto sarebbe stato (a mio modestissimo parere) il contrario:
    I Diritti sociali e quelli civili non sono separabili.
    Ma i diritti civili discendono dall’alto e fanno parte dell’immaginario generato dai “brand” internazionali, ong incluse. Sono diritti funzionali al dominio delle elite.
    I diritti politici dove sono finiti?
    Io non abito in una democrazia dalla fine degli anni 80.
    cari saluti
    Andrea

  2. Manuel Giovannelli
    14 maggio 2016 at 15:49

    Io ho una ulteriore opinione: i diritti civili sono infinitamente meno importanti di quelli sociali, altro che.

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