Il male

Hannah Arendt aveva ragione: il male del nostro tempo non è affatto demoniaco, né costituisce il frutto perverso di menti particolarmente raffinate. Il male del tempo attuale è “banale”!

Dive risiede il male nel nostro tempo? Dove lo si può individuare?
Vedo il male sul viso del burocrate che per seguire le sue “procedure” condanna a morte un malato; lo scorgo nel politico che uccide degli esseri umani quando promulga leggi che legano la cura della salute al possesso della carta di credito; lo identifico nei gesti della bella signora cretina “col cane” che fa shopping protetta dal denaro dell’amante; lo intuisco nelle scelte del despota disposto a tradire qualsiasi principio morale pur di conservare o aumentare il suo sporco potere; lo percepisco nelle immagini ciniche e truffaldine della pubblicità; lo visualizzo nella codardia dell’elettore che vota un qualsiasi imbonitore: ha promesso di non fargli pagare la tassa sulla casa o magari gli ha fatto avere qualche decina di euro in busta paga; lo noto nelle masse abbrutite davanti agli schermi televisivi, ipnotizzati da personaggetti buffoneschi i cui budget – messi insieme – potrebbero ben salvare i bilanci di molti Stati africani.

Davanti a queste realtà, e a tante altre simili, come non essere certi che il male sia, effettivamente, banale?

Il guaio, però, è che da un male banale scaturiscono drammi niente affatto trascurabili. Il nostro tempo, infatti, è quello in cui i disastri e le peggiori tragedie hanno la loro radice più profonda non tanto nella crudeltà e nell’efferatezza, quanto – appunto – nel banale.

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