L’Afghanistan, il burqa e la presunzione dell’Occidente

Nell’intervista rilasciata a Riccardo Iacona poco prima della sua scomparsa andata in onda poche sere fa su “Presa diretta”, Gino Strada, fra le altre, ha detto una cosa molto significativa. Alla domanda rituale sulla condizione delle donne in Afghanistan rivoltagli da Iacona ha risposto testualmente: “Se veramente vogliamo aiutare le donne afghane dobbiamo portare in quel paese lavoro e istruzione e smetterla di parlargli del burqa”.

Non è certo mia intenzione tirare per la giacchetta un uomo come Strada né tanto meno strumentalizzare o deformare il suo pensiero, però io credo che il suo messaggio sia abbastanza chiaro.

Io penso che nessuno può imporre i propri usi e costumi ad un altro popolo (quindi anche alle donne che di quel popolo fanno parte) spiegandogli che quelli (i propri) sarebbero la “libertà” e che i loro rappresenterebbero invece barbarie e costrizione, perché in questo modo, oltre alla smisurata presunzione e autoreferenzialità che c’è in un simile postulato, si ottiene esattamente l’effetto opposto e contrario. Che è quello che infatti è accaduto in Afghanistan e che ha contribuito a determinare la sconfitta della coalizione occidentale in quel paese.

Il risultato ottenuto è che la grande maggioranza delle donne afghane – che ci piaccia o meno – hanno vissuto come una indebita ingerenza, come una inaccettabile intromissione la pretesa dell’Occidente di modificare i loro usi e costumi, ivi compreso quello di indossare il burqa.  La sconfitta della coalizione (imperialista) occidentale è quindi innanzitutto di natura ideologica e culturale prima ancora che militare. E’ la prima che ha creato le condizione per la seconda, e non viceversa.

Naturalmente, lungi dal voler imparare la lezione (significherebbe mettere in discussione la propria ideologia/falsa coscienza e questo non è possibile), il sistema mediatico e politico occidentale sta continuando a battere sullo stesso identico tasto non capendo o non volendo capire che quella che è stata spacciata come libertà è stata in realtà vissuta dal popolo afghano (compresa la maggioranza delle donne…) come una intollerabile intromissione nei loro affari interni, come un vero e proprio attentato alla loro libertà, quella cioè di continuare a vivere secondo i loro usi, costumi e tradizioni.

Neanche la palese sconfitta riesce ad aprire gli occhi a chi non li vuole e forse non li può aprire.

Mai come oggi questa ormai celebre vignetta è stata attuale.

(Fabrizio Marchi, candidato, come indipendente, alle prossime elezioni amministrative di Roma, con il Partito Comunista guidato da Marco Rizzo, come consigliere comunale)

Dopo burqa e femminismo, grazie a te donna perché sei donna | UCCR

Fonte foto: UCCR (da Google)

14 commenti per “L’Afghanistan, il burqa e la presunzione dell’Occidente

  1. Stefano Paltrinieri
    2 settembre 2021 at 15:11

    Concordo totalmente con.il compagno Marchi!La sconfitta degli occupanti occidentali Usa e Nato, è ideologica e politica prima di militare !Volevano.,gli.Usa e la Nato,imporre un modello occidentale estraneo alla storia afgana!

    • Aldo
      15 settembre 2021 at 14:30

      Concordo assolutamente anch’io,complimenti a Fabrizio Marchi.
      Mitico Stefano detto “il bulgaro”, che piacere ritrovarti ! Se mi leggi scrivimi a
      aldo.braccio@tiscali.it
      mi farebbe veramente molto piacere rivederti

  2. Paolo
    4 settembre 2021 at 2:00

    ma anche ammettendo che sia così: che si fa con quella minoranza di donne afghane che sperava di poter lavorare o magari anche solo mostrare la caviglia senza finire fustigata o peggio? Dobbiamo abbandonarle alla loro sorte perchè sono minoritarie?

    • Giulio Bonali
      4 settembre 2021 at 9:37

      Mi spiace, Paolo, ma questo atteggiamento invasivo (lettralmente) del “non abbandonare” gli altri alla loro “triste” sorte (triste seocnodo i nostri insindacabili criteri di ocidentali, non necessariamente coincidenti -a torto o a ragione- con i loro) é tipico dei sostenitori in buona fede del’ imperialismo, delle sue orrende malefatte e dei sui terribili crimini contro l’ umanità.

      La risposta alla tua domanda te l’ ha già data Gino Strada, citato all’ inizio dll’ articolo:
      Per aiutare quella minoranza che tanto ti sta a cuore e per tutto il popolo afgano, così come per tutti gli altri popoli del mondo, innanzituttto dobbiamo astenerci dall’ interferire -anche con le migliori intenzioni soggettive delle quali notoriamente sono lastricate le strade per l’ inferno- nei fatti loro con la forza (soprattutto militare ed economica); e poi, se proprio vogliamo essere generosi, offrire loro lavoro e istruzione (le idee progressive, anche in Occidente a partuire dall ‘ illuminismo, si sono diffuse -sia pur solo relativamente, limtatamente!- non costringendo la gente ad abbracciarle con la prepotenza ma proponendole liberamete al confronto critico con le tradizioni superate e reazionarie); e per me -ma vedo sostanzialmente anche per Gino Strada- soprattutto favorendo lo sviluppo delle forze produttive, che da seguace del materialismo storico ritego uno dei fattori decisivi in ultima istanza per un autentico progresso dell’ umanità).

      • Paolo
        5 settembre 2021 at 11:39

        sarò più chiaro: ci sono ora in questo momento donne afghane ma anche uomini a dire il vero che con i loro bambini vogliono scappare dall’afghanistan perchè hanno paura di morire uccisi dai talebani perchè non sono “bravi musulmani”, uccisi in un attentato dell’Isis (o anche morire come “danni collaterali” di un drone americano). Ora questi uomini e donne afghani saranno pure una minoranza di borghesi filo-occidentali, ma io penso che l’occidente dovrebbe non dico accoglierli tutti ma almeno aiutarli a scappare in posti più tranquilli, invece la vostra risposta è “aspettiamo che si sviluppino le forze produttive e fra cento o duecento anni faranno la loro rivoluzione borghese”. Mah..

        • Alessandro
          5 settembre 2021 at 12:37

          La mia risposta è precisa e si può fare qualcosa subito. Leggi sotto. Io sono pronto ad adottare un bambino afgano che ha perduto i genitori sotto le bombe “democratiche” se ogni femminista adotta almeno due donne afgane. E non sto parlando dei nove euro al mese a distanza, giusto per pulirsi ipocritamente la coscienza. Mi sembra giusto che contribuisca maggiormente chi ha voluto la guerra, e le femministe sono sempre state in prima fila per sostenerla, piuttosto chi l’ha sempre avversata, come il sottoscritto. Dovrebbero assumersi le responsabilità delle loro politiche guerrafondaie. Ma ho l’impressione che velocemente le paladine della parità cambierebbero casacca ))))

          • Paolo
            5 settembre 2021 at 16:00

            le femministe quali? ce ne sono tante. Ida Dominijanni (femminista e all’epoca della guerra in afghanistan editorialista de Il manifesto) è sempre stata contro la guerra, e in generale la parte del movimento femminista più legata alla sinistra radicale è sempre stata contro le guerre di Bush junior (venendo anche accusate di non difendere le donne musulmane). Persino le femministe afghane di Rawa si sono sempre opposte tanto alle occupazioni militari straniere quanto agli integralisti islamici.

          • Paolo
            5 settembre 2021 at 16:03
        • Giulio Maria Bonali
          5 settembre 2021 at 15:09

          Credo che quelli che hanno paura dei talebani siano soprattutto se non esclusivamente i collaborazionisti dei governi-fantoccio imposti con la forza dall’ imperialismo occidentale negli ultimi vent’ anni.
          Dunque dovrebbero farsene carico i governi occidentali in proporzione all’ impegno profuso da ciascuno di loro nel sostenene i suddetti governi fantoccio dei quali gli esuli ed aspiranti esuli erano collaboratori.

    • Alessandro
      4 settembre 2021 at 11:19

      Le alternative a mio parere sono tre: o si va là di nuovo a bombardare, dimostrando di non aver capito nulla ( quindi, magari non a breve, potrebbe essere l’opzione principale), oppure la UE e gli USA, che parlano solo di donne da mane a sera, tirano fuori i quattrini e le accolgono integrandole in Occidente. Dubito che lo faranno, perchè quando sono chiamati a fatti concreti, che non siano bombardamenti, fanno spallucce. In attesa rimane la terza, questa è praticabile nell’immediato: dal momento che le femministe manifestano questo incontenibile trasporto per le donne afgane, si rimbocchino le maniche e mettano mano al portafoglio per adottarne, in Occidente, una o due a testa. Attraverso le istituzioni internazionali è possibile. Ricordo che Andreotti, quando sbarcarono in Italia migliaia di albanesi, in totale anonimato, si seppe poi dopo, adottò due ragazzi albanesi pagando loro gli studi in Italia. Oggi queste persone sono perfettamente integrate. Sapranno fare meglio di un “reazionario” come Andreotti, loro che sono così “progressiste”!?

  3. Alessandro
    6 settembre 2021 at 12:10

    Rispondo a Paolo: Diciamo che si presume che sei fai parte di certi partiti, come allora i DS, che appoggiano la missione militare e la rifinanziano costantemente, sei a favore della guerra e i DS sono stati e sono tutt’ora, cambiando nome, la casa del femminismo italiano, una fetta importante del lobbismo femminista internazionale. E stiamo parlando spesso del partito di maggioranza relativa in Italia. Poi è vero che alcune femministe, comunque la nettissima minoranza, che si sono sempre dichiarate comuniste, come colei che citi, hanno avuto non poco imbarazzo nell’abbracciare convintamente la guerra imperialista in Afghanistan, ma io ovviamente intendevo la stragrande maggioranza come è emersa in vent’anni di guerra e occupazione militare. Dove sono in questi vent’anni le manifestazioni femministe contro la guerra in Afghanistan o comunque gli appelli sulla carta stampata, in televisione e così via? Non invisibili trafiletti su internet in lingua inglese di donne afghane di cui nessuno o quasi ha mai sentito parlare. Io vedo che quando vogliono si fanno sentire a livello anche globale. Siamo seri, si sono stracciate le vesti quando è finita l’occupazione militare.

    • Paolo
      6 settembre 2021 at 19:06

      le femministe comuniste come colei che cito (e che all’epoca scriveva su Il manifesto da sempre contro le guerre USA) non hanno mai abbracciato la guerra in afghanistan. Ci sono femministe (minoritarie quanto vuoi) che no stavano nè con gli USA nè con i talebani

      • Giulio Bonali
        8 settembre 2021 at 7:50

        Non leggo il Manifesto da decenni, ma dai titoli che compaono nelle rassegne stampa in TV non sarei così convinto che sia “da sempre contro le guerre USA” (a parte la ldevolissima eccezione che mi parrebbe confermare la regola di Manlio Dinucci).
        Inoltre mentre oggi che l’ Adghanistan é libero dalla occupazione bellica-terroristica di USA e NATO le femminste “comuniste” (le virgolette perché mi ritengo comunista a mia volta e mi permetto per lo meno di dubitare seriamete che tali possano essere considerate le femministe del Manifesto e affini) si uniscono alla reazionaria campagna mediatica conformistica politicamente corretta di demonizzazione del regime al potere, mentre non ho notato un impegno minimamente proporzionato all’ indignazione attuale nel denunciare vent’ anni di occupaione militare, oppressione del popolo (maschi e femmine indifferentemente), con incarcerazioni e torture per delitti di opinione, nonché di efferato terrorismo a base di e arbitraire esecuzioni sommarie con droni o comunque con bombardamenti di nemici più passanti di tutte le età e di entrambi -alla faccia del genderismo- i sessi ad libitum dei presidebnti USA.
        Due pesi e due misure sproporionatamente diversi e molto significativi.

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