Le sette vite del Cavaliere

Il ritorno (ammesso che ci sia mai stato un ritiro…) di Berlusconi sulla scena politica non può non farci riflettere sull’inutilità, la vacuità e la sterilità di vent’anni e più di “antiberlusconismo” militante elevato dalla “sinistra” a vera e propria ideologia.

Il “Cavaliere” ha dimostrato di essere un cavallo di razza dal punto di vista squisitamente politico, ha saputo resistere ad ogni genere di attacco, sia sul piano politico che, soprattutto, su quello personale, e ancora una volta di essere decisivo sia per quanto riguarda la possibilità di affermazione elettorale della coalizione di centrodestra, sia come possibile perno di un probabile prossimo governo di larghe intese sul modello “Grosse koalition” (che, potrebbe essere l’assetto politico dei prossimi anni…) . Gli attacchi sistematici a cui è stato sottoposto non lo hanno minimamente scalfitto né sul piano politico né tanto meno su quello personale. Il che dimostra il totale fallimento di una strategia politica (ammesso che tale possa essere definita) che si fondava esclusivamente sulla demolizione della sua persona e, appunto, del presunto fenomeno da lui stesso rappresentato, cioè il “berlusconismo”.

Per questa ragione il rientro “prepotente” del “Berluska” nel teatr(in)o dell’attuale politica rappresenta, in primis, la sconfitta dell’attuale “sinistra”. Quest’ultima, una volta rinnegato e reciso ogni legame con la sua storia e abbandonata ogni velleità di trasformazione della realtà, ha infatti fondato la sua stessa ragion d’essere sulla “governance”, cioè sullo sforzo di dimostrare ai “padroni del vapore” di essere la parte politica più affidabile nel garantire la pace sociale.  Priva di ogni contenuto, nella fase di “vacatio” politica seguita alla vicenda di “Tangentopoli” si è completamente schiacciata sulla magistratura che ha in qualche modo supplito al vuoto politico seguito alla distruzione dei partiti che avevano governato, ne male e nel bene, la cosiddetta Prima Repubblica. Quel vuoto assoluto, sia ideologico che politico, è stato riempito con l’ “antiberlusconismo”. Altro non c’è stato, a parte, naturalmente, una spruzzat(on)a di ideologia politically correct necessaria a completare l’opera e a infiocchettare ideologicamente il tutto.

Questo furore ideologico fondato sul nulla ha portato addirittura a capovolgere i termini della questione. Anziché considerare l’impoverimento e l’imbarbarimento culturale e politico di massa come uno degli epifenomeni dell’attuale società capitalista postmoderna (di cui la spazzatura mediatica berlusconiana è uno dei prodotti), in molti sono arrivati a sostenere che proprio Berlusconi, le sue televisioni e il “berlusconismo” sono stati la causa di tale imbarbarimento.  Una sorta di capovolgimento gestaltico dell’ordine dei fattori che ancora una volta conferma la povertà strutturale di questa “sinistra” totalmente incapace ma in questo caso oggettivamente impossibilitata ad interpretare lucidamente la realtà.

Ed è curioso (ma fino ad un certo punto…) come il “rientro” sulle scene politiche di un personaggio come Berlusconi – per decenni individuato come l’incarnazione del “male assoluto”, di ciò che di più spregevole possa esistere al mondo (non che sia uno spettacolo sublime, sia chiaro, ma ci capiamo…) –  avvenga senza che nessuno si scomponga più di tanto, neanche quella “sinistra” (quella di D’Alema, Bersani ecc.) che più di altre lo aveva criminalizzato. I paradossi della politica vogliono che oggi quella stessa “sinistra” si auguri (anche se non lo dicono, ovviamente…) che prevalga, nella conta interna dei voti, sul rampante Salvini, quasi come una sorta di argine liberal-liberista ad una destra aggressiva ed inquietante (su questo non c’è dubbio) e – solo a parole – antieuropeista.

Miseria della (attuale) politica? Decisamente. Una miseria di cui anche Berlusconi è parte integrante, sia chiaro.  Gli va però riconosciuta la tenacia, la capacità di comunicazione e anche di saper schivare e ammortizzare alla grande i colpi degli avversari (il che è affatto poco…) che si sono rivelati del tutto inefficaci. Né poteva essere altrimenti, perché quegli attacchi gli sono stati portati sul suo stesso terreno, quello dove lui è sicuramente più abile. L’antiberlusconismo e l’anticomunismo (sia pure in forme macchiettistiche e utilizzato come alibi nei confronti di una “sinistra” che di comunista e di socialista non aveva più neanche l’odore …) si sono alimentati vicendevolmente. Alla fin fine però, mi pare abbastanza evidente che il confronto, sul medio-lungo periodo, abbia visto senz’altro prevalere il cavaliere, quanto meno ai punti.  In una qualche (notevole) misura anche l’evoluzione (si fa per dire…) “renziana” del PD è il risultato dalla sua onda lunga e della sua capacità di esercitare egemonia ideologica oltre la sua naturale sfera di influenza. Che cos’è, infatti, il “partito della nazione” se non una protuberanza ideologica della già collaudata Forza Italia?

Uscito tutto sommato relativamente indenne dalle innumerevoli vicende giudiziarie (e ancor più da quelle famigliari e sessuali…), risulta ancora determinante per qualsiasi soluzione politica possa prospettarsi. Non mi pare poco.

Fra le varie (e anche più gravi) colpe che pesano sulle sue spalle, l’attuale “sinistra” ha anche quella di aver essa stessa alimentato il “fenomeno Berlusconi”, di cui avremmo fatto volentieri a meno.  Come se non bastassero tutte le altre…

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6 commenti per “Le sette vite del Cavaliere

  1. ARMANDO
    19 febbraio 2018 at 16:57

    Condivido senz’altro il passaggio in cui viene evidenziato l’assurdo capovolgimento fra cause ed effetti che ha fatto questa così detta sinistra. Il Berlusconismo (come il Renzismo) non sono cause, ma gli effetti di un mondo che si muove in una certa direzione. Capovolgere cause ed effetti produce solo alibi e falsa coscienza, oltre che sfociare nella demonizzazione del popolo bue, ma non permette di capire nulla, ed è proprio questo sviamento il vero obbiettivo. Mi viene da fare un paragone di altro tipo. Alcuni movimenti maschili considerano il femminismo come la causa prima degli attuali mali maschili, ma io credo invece che proprio il femminismo sia un effetto del ritirarsi dei maschi da una virilità autentica, fenomeno che non può essere imputato alle donne ma a tutto un sistema alimentato in primo luogo proprio dai maschi.

    • gino
      19 febbraio 2018 at 19:51

      quali sono le caratteristiche della virilità autentica?

      • ARMANDO
        21 febbraio 2018 at 15:30

        Sinteticamente, per me:
        1)Tranquilla sicurezza in se stesso, quindi non dipendeza dalle opinioni altrui, da ascoltare e valutare ma non schiacciandosi su di esse. Qualcuno lo chiama anche “distacco emotivo”, soprattutto nei confronti del femminile.
        2)Assertività, ossia capacità di far valere e combattere per le proprie idee senza prevacare gli altri.
        3)Capacità di oggettivazione, ossia non ricondurre tutto narcisistacamente alla propria percezione (il proprio ombelico),ma sforzarsi vedere i fatti come se fossimo ad essi esterni e non coinvolti emotivamente, da cui
        4)Capacità di ragionamento logico e di raziocinio, vale a dire non lasciarsi sopraffare dalle emozioni, sempre transeunti e momentanee, pur tendendone conto.
        5) Assunzione di responsabilità personale con le sue implicazioni. Nella vita tutto ha un costo. Si è capaci di pagarlo per sostenere le proprie idee?
        6)Pietas, o compassione, anche verso l’avversario. L’opposto della ferocia, insomma.

        Come vedi sono tutte virtù interiori, che nulla hanno a che fare col machismo di facciata che poi o diventa prepotenza o si affloscia al primo ostacolo.
        La virilità è prima di tutto un fatto interiore, legata ovviamente anche al testosterone prodotto dai genitali ma non da essi dipendente. Può possederla il credente o il non credente, il libertino o il casto, il marito o l’amante, chi ha molto coraggio fisico e chi meno.

        • gino
          21 febbraio 2018 at 21:37

          mah, discorso complesso.
          la Cultura la producono tutti, maschi e femmine… e poi il sistema va in automatico anche, inconsciamente.
          non concordo molto col tuo ritiro dalla virilità come causa. non è facile mantenere certe qualità in un mondo che ha sommato ai privilegi che le donne già avevano (il fatto che i maschi domandano sesso più delle femmine, che PER ME è culturale-artificiale) ai nuovi privilegi del PUPC (pensiero unico politicamente corretto).
          anche l’ubriacatura femminile narcisistico-percettiva (punto 3) è per me artificiale e deriva dal fatto che se lo possono permettere, conferisce loro ancora più potere… a loro non è necessaria l’obiettività, e quindi far funzionare la società in modo efficiente, tanto lo demandano a noi e ne godono parassitariamente i benefici senza partecipare all’opera.

          p.s. nelle società indios (ad esempio) non è assolutamente così, non ci sono tutte ste “asimmetrie” (che voi qui amate tanto e considerate naturali). c’è solo un’asimmetria: una rigida divisione del lavoro tra maschi e femmine. e se le femmine non fanno il loro lavoro in modo efficiente (il che esige obiettività e non capriccio) muoiono di fame. perchè non se le fila nessuno. e perchè non se le fila nessuno? perchè non ci sono limiti alla sessualità (se non il tabù d’incesto), quindi se una donna non riga dritto te ne trovi un’altra in un nanosecondo! e alla prima non devi nulla.
          è la difficoltà (artificiale) di approvvigionamento che rende servi!

          • ARMANDO
            22 febbraio 2018 at 18:16

            certo che non è facile in un mondo sempre più femminocentrico, in cui ovviamente anche la tecnica ha un suo ruolo importante. E capisco anche quello che tu dici rispetto al fatto che “se lo possono permettere” di non ragionare secondo obiettività. Che poi alla base del tutto ci sia il desiderio sessuale, è un altro discorso. Secondo me c’entra, naturalmente, ma non può essere il solo motivo e neanche quello centrale da cui far derivare tutto. L’essere umano non è solo sesso come non è solo “rapporti di produzione”. Il maschio ha un impulso forete verso la femmina che lo subordina al suo potere, dici. E’ vero, ma sai bene che quell’impulso c’è sempre stato ma mai come oggi il maschio è stato dipendente. Anche quell’impulso può essere sovrastato da ragioni superiori: la propria dignità, per fare un esempio. Per questo la faccenfa è complessa. Ma se l’uomo maschio è sempre stato il 2facitore di forme” e il costruttore di civilità, ad esso, ossia a tutti noi, spetta anche il compito, di non mollare e non cedere. Per noi stessi, ma anche per contrastare il nichlismo imperante. Difficilissimo, certo, e non so se ci riusciremo. Ma a chi chiederlo se non a noi stessi?

  2. paolo
    20 febbraio 2018 at 11:58

    <>

    Secondo me l’analisi non è del tutto corretta. L’antiberlusconismo militante è stato proprio di alcuni giornali, movimenti (i girotondi) e personaggi (Di Pietro) ma non della sinistra (Ulivo – PD) che non ha mai scalfito gli interessi di Berlusconi, né dei vecchi comunisti (Bertinotti per intenderci) che erano tutto fuorché antiberlusconiani.
    Ricordo bene le campagne elettorali in cui gli avversari di Berlusconi (Prodi, Veltroni ecc.) non lo attaccavano mai sul piano delle vicende giudiziarie e personali.
    Pur essendo condivisibili gli appunti che l’editoriale muove alla sinistra, io credo che l’eterno ritorno di B. sia più che altro dovuto alla scarsa attenzione di parte del popolo italiano ai temi della legalità e dell’etica pubblica. In Francia, Spagna o Germania un personaggio simile non avrebbe avuto vita lunga. L’opinione pubblica non lo avrebbe accettato. In questo ha contato anche il possesso, da parte di B. di televisioni e giornali, il famoso conflitto di interessi mai risolto da nessuno.

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