L’insostenibile paradosso della sinistra “antagonista”

Stiamo da tempo assistendo ad un incredibile paradosso.

La sinistra cosiddetta antagonista, quella che combatte o si propone di combattere contro il capitalismo nella sua attuale declinazione neoliberista, ha sposato in toto la sua ideologia/falsa coscienza, cioè l’ideologia politicamente corretta e in particolare la sua punta più “avanzata”: il femminismo.

Non c’è organizzazione, partito, circolo, associazione, singolo esponente o “intellettuale” che non viva questa contraddizione, a parere di chi scrive, macroscopica.

Non serve sbattergli in faccia numeri, dati e statistiche, non serve ricordargli che a morire sul lavoro sono pressochè soltanto uomini, che la maggior parte degli infortunati sul lavoro (e anche in ambito domestico, nonostante quello che raccontano alcune statistiche fasulle ufficiali) sono anch’essi uomini, che un milione di padri separati vive sotto la soglia della povertà, che il 95% della popolazione carceraria è maschile, che la quasi totalità dei senza casa, dei marginali e di coloro che ricorrono ai servizi della Caritas sono uomini, che la maggior parte degli abbandoni nella scuola primaria sono maschili, che tutti o quasi i suicidi per ragioni legate alla perdita del lavoro sono uomini, che la maggior parte dei migranti che annega nelle acque del Mediterraneo sono uomini, e via discorrendo (l’elenco potrebbe essere molto più lungo).

Non serve a nulla spiegargli che oggi non ha nessun senso (ed è anche decisamente grottesco…) continuare a sostenere che un uomo comune, un operaio, un impiegato, un insegnante, un precario, un disoccupato, un lavoratore generico (o anche qualificato), si trova in una condizione di privilegio e di dominio nei confronti delle donne, e che anzi le dinamiche sociali e soprattutto culturali e psicologiche che fungono da struttura all’attuale contesto sociale vedono questi soggetti in una condizione di sostanziale subordinazione, sia in quanto soggetti sociali che in quanto soggetti sessuati maschili.

Non serve a nulla spiegargli con la logica più elementare, cioè quell’antico principio di identità e non contraddizione, che è assurdo sostenere che a parità di qualifica e mansione, gli uomini sarebbero meglio retribuiti delle donne in virtù di una discriminazione sessista. Per la semplice (e appunto logica) ragione che il profitto è la sola e unica stella polare del capitalismo (dovrebbero essere d’accordo anche gli “antagonisti”…), ragion per cui, se veramente ci fossero le condizioni giuridiche, formali, ma soprattutto culturali/ideologiche e sostanziali per poter pagare una lavoratrice meno di un lavoratore, l’occupazione femminile sarebbe di gran lunga superiore a quella maschile. E sappiamo benissimo che così non è. Ma anche in questo caso, non è così non a causa di una discriminazione, bensì perché l’ingresso massiccio e sistematico delle donne nel mondo del lavoro è un fenomeno relativamente recente, dovuto alla rivoluzione tecnologica che ha consentito, sia pure solo in parte (e infatti i mestieri più pesanti e rischiosi per la propria incolumità continuano a farli quasi esclusivamente gli uomini), di superare la vecchia divisione sessuale del lavoro (mentre resta intatta quella sociale, cioè di classe, ovviamente..) che impediva alle donne, per ragioni oggettive, cioè fisiche, biologiche e ambientali, di poter svolgere la gran parte dei lavori. (per chi lo volesse abbiamo approfondito l’argomento qui Un racconto maschile e di classe https://www.linterferenza.info/attpol/un-racconto-maschile-classe/ )

Non serve a nulla spiegargli che la martellante campagna mediatica di criminalizzazione degli uomini che sostiene che la “violenza è maschile” (concetto di per sé sessista che dovrebbe far inorridire non solo i marxisti ma qualsiasi persona provvista di una coscienza civile, laica e illuminista…), è un modo per dividere le masse, per alimentare una guerra fra i sessi sostitutiva di quella fra le classi, per mettere la moglie contro il marito e la lavoratrice contro il lavoratore, spiegandole che il suo collega di lavoro godrebbe di privilegi (quali?…) in quanto appartenente al genere maschile e che tali privilegi sarebbero il prodotto di una violenza sistematica perpetrata dai maschi in quanto tali nei confronti delle femmine in quanto tali.

E soprattutto non serve a nulla spiegargli come già abbiamo fatto qui chi è sordo, orbo e tace  che sono proprio i media di regime (senza nessuna esclusione) a portare avanti questa sistematica campagna di criminalizzazione del genere maschile. Ora, come è possibile che i media ufficiali, dagli “antagonisti” (e noi con loro) giustamente ritenuti degli scientifici strumenti di manipolazione piscologica di massa si trasformino, come d’incanto, in depositari della Verità quando si affrontano le tematiche della relazione fra i sessi e in particolare della violenza a loro dire esercitata a senso unico dagli uomini nei confronti delle donne? I padroni del vapore si trasformano in rivoluzionari per poi tornare ad essere padroni del vapore un attimo dopo? I media raccontano bufale quando dicono che in Iraq c’erano le armi di distruzione di massa ma diventano oracoli della Verità quando ci spiegano che è in corso un genocidio del genere femminile altrimenti detto “femminicidio”?

I conti non tornano e non possono tornare, sempre ammesso che la logica non sia acqua fresca e che quel famoso principio di identità e non contraddizione non sia la bislacca fantasia di un vecchio pazzo vissuto duemilacinquecento anni fa ma uno dei modi (fondamentali) con cui interpretiamo la realtà.

Nulla da fare. Qualsiasi argomento si possa portare si infrange contro un invisibile muro di gomma. Eppure anche la scienza è soggetta, per definizione, a fallibilità. E il femminismo non è una scienza, ma una ideologia, e per quanto possa essere quanto di più vicino alla Perfezione e quindi alla Verità, non potrà mai essere del tutto perfetta, avrà pur sempre qualche aporia, come tutto ciò che è prodotto dagli esseri umani.  Sembra però non averne. Un caso più unico che raro in tutta la storia dell’umanità.

Questa incapacità/non volontà di aprire una riflessione nel merito ha travolto tutte le aree della sinistra cosiddetta “antagonista”, anche quei settori che per la loro storia dovrebbero essere impermeabili a quel determinato tipo di contaminazione ideologica e che più di altri dovrebbero essere provvisti degli strumenti per analizzare lucidamente la realtà. E’ il caso, ad esempio, dei compagni e degli amici della Rete dei Comunisti e di Contropiano (con alcuni dei quali il sottoscritto è legato da una antica amicizia) che ultimamente hanno pubblicato articoli illeggibili fra cui, fra gli altri, anche questo che mi sento di segnalare per il suo tasso di miseria politica e purtroppo anche umana e che ci auguriamo sia soltanto un contributo esterno (che comunque non andava a nostro parere pubblicato, neanche per fare del pessimo sarcasmo)  donne dell’est maschi de noantri

Eppure anche e soprattutto questi compagni dovrebbero capire che la crescita esponenziale dei consensi, soprattutto fra i ceti popolari, del neopopulismo della nuova destra e della cosiddetta “Alt Right” in tutta Europa e negli USA è proprio la naturale, conseguente e inevitabile risposta o reazione a quell’ideologia politicamente corretta percepita ormai da settori popolari sempre più ampi come la bandiera ideologica del sistema dominante che da una parte li precarizza, li impoverisce, distrugge la sanità pubblica e lo stato sociale e dall’altra li bombarda mediaticamente dalla mattina alla sera con il “buonismo”, il femminismo, i matrimoni gay, la maternità surrogata (cioè l’utero in affitto), le tematiche lgbt, e via discorrendo tutto l’armamentario ideologico politically correct che tutti conosciamo.

Ora, se c’è una speranza di riuscire a riacchiappare per i capelli o quanto meno di riallacciare un dialogo con quei settori popolari, una volta tradizionalmente e naturalmente collocati a sinistra,  all’interno dei quali – come spiegava una volta un tizio con gli occhi a mandorla – i comunisti dovrebbero nuotare come i pesci nuotano nell’acqua (l’esatto contrario di quello che avviene oggi dal momento che i “comunisti”, in versione post-moderna,  “centrosocialara” e “cognitivara” vengono percepiti come qualcosa di estraneo e spesso anche di ostile dalle masse popolari), è quella di operare una cesura netta con l’ideologia politicamente corretta, e svelare una volta per tutte la sua vera natura, il suo ruolo e la sua funzione, e non di rincorrerla affannosamente o peggio di sposarla in toto, come purtroppo avviene.  E qual è questa funzione? L’abbiamo spiegato mille volte. L’ideologia politically correct e il femminismo in particolare rappresentano il coperchio ideologico del sistema capitalista dominante che in questa fase ha messo in soffitta o comunque in panchina il vecchio apparato valoriale vetero borghese, giudicato – non a torto – obsoleto e non funzionale alla riproduzione del capitale. Ma la riproduzione del capitale è oggi molto più di ieri inscindibile, per ragioni che ora non possiamo approfondire altrimenti dovremmo scrivere un libro, dai processi di controllo e dominio della sfera psichica e psicologica (e ideologica), cioè quella che marxianamente parlando viene definita come sovrastruttura.

Ma è proprio qui, a questo punto, che i comunisti scontano un ritardo incredibile, probabilmente dovuto a ragioni strutturali. Scontano cioè l’incapacità di leggere la realtà fuori delle tradizionali griglie interpretative marxiste e soprattutto post marxiste ufficiali (il riferimento è alla storia del movimento comunista ufficiale, alla seconda e alla terza Internazionale ma io direi all’esperienza di tutti i partiti comunisti del mondo), naturalmente con le dovute (e a volte autorevoli) eccezioni.

Se da una parte alcuni di loro sono ancora in grado di produrre delle lucide e serie analisi sulle trasformazioni sociali ed economiche avvenute nel corso degli anni e in particolare negli ultimi venti o trent’anni, dall’altra si registra la totale e assoluta incapacità di analizzare e interpretare le trasformazioni avvenute anche in quella sfera che per capirci continuiamo a definire come sovrastruttura e che personalmente da tempo definisco come “psico-eto-sfera”.

Questa incapacità e tendenza a considerare come del tutto secondario se non marginale tutto ciò che non attenga strettamente ai rapporti di produzione, è una delle cause della loro cecità, della loro incapacità di leggere, fra le altre cose, anche la questione della relazione fra i sessi e la reale condizione degli uomini e delle donne all’interno della società capitalistica attuale. E questa è una delle ragioni, più una buon(issima) dose di opportunismo e pigrizia, che spiega perchè i comunisti sopravvissuti al metaforico (e non solo metaforico) massacro (tranne qualche rarissima eccezione che si conta sulle dita di tre o quattro mani, e mi sono allargato…) sposino la vulgata politicamente corretta e femminista, non capendo neanche in quale contraddizione vengono oggettivamente a trovarsi.

Naturalmente – questo è scontato – se qualcuno fra loro avrà la ventura di leggere queste righe, rispedirà al sottoscritto il tutto tacciandolo di essere un piccolo borghese idealista (se mi va bene), pure un po’ fuori di testa che ha smarrito la retta via (sarei già fortunato perché in genere i toni e le parole sono ben altre; mi salvo, forse in virtù della mia storia personale e delle antiche amicizie…).

Ovviamente, questo vuole essere solo un invito, l’ennesimo, ad aprire una riflessione su un tema assai scomodo (diciamo pure un tabù), e nulla più. Ci guardiamo bene dal pensare di essere portatori della Verità. Già ce ne sono a sufficienza in circolazione e non nutriamo ambizioni in tal senso.

Resterà lettera morta ma non importa. Dire ciò che si pensa è già un fine in sè.

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10 commenti per “L’insostenibile paradosso della sinistra “antagonista”

  1. armando
    24 marzo 2017 at 12:19

    piccoloborghese, idealista, fuori di testa, reazionario, oscurantista, clericale, criptofascista, criptoberlusconiano, potenziale stupratore, maschilista inveterato, e, infine, l’accusa delle accuse: sfigato. Tiè! così impari a mettere in discussione il Verbo (anzi la Verba, aggiorniamoci, prego)

  2. Rino DV
    28 marzo 2017 at 19:47

    Posso aggiungere solo questo: non vi è alcunché da aggiungere.

  3. Alessandro
    28 marzo 2017 at 21:14

    Articolo che non fa una piega, nella sua chiarezza logica quasi “divulgativo”, ma si scontra con la “fede”, e la “fede”, si sa, non ammette dubbi. Quindi il femminismo è di sinistra e su questo per costoro non si discute.

  4. Radek
    28 marzo 2017 at 22:53

    Una volta leggevo Repubblica e pendevo dalle labbra del supergiornalista Eugenio Scalfari, referente della finanza anglosassone e consideravo gli squittii moralisti del Fattoquotidiano espressione di una vera sinistra.
    L’effetto è più diritti civili e meno diritti socio economici.
    Un’accozzaglia di piagnistei LBTG, gender, matrimoni gay, femminismo vittimista, bullismo, migranza illimitata, uteri in affitto, lamentazioni ONg, cosmopolitismo, scervellati in fuga, elmetti bianchi salafiti e pagliacci didattici nell’Aleppo Jiadhista, ed infine “casta” e corruzione endemica dei popoli mediterranei, il cui rimedio sarebbe una super UE.
    Guardo il mondo dal punto di vista delle plebe “flessibile” – la cui manipolazione è fondata su promesse sempre rimandate.
    Ecco un manifesto della sana “sinistra” reazionaria.
    Radek

  5. Armando
    31 marzo 2017 at 18:32

    Ho la pessima ma istruttiva abitudine, quando sono in auto, di sintonizzarmi anche su Radio Radicale. L’ho fatto anche questo pomeriggio e la prima cosa che ho ascoltato è stata la frase seguente (forse non sono proprio le parole esatte ma il concetto era preciso): “la barbarie dei nostri tempi sono i maschi bianchi adulti”. La voce prosegue dichiarando che sarebbe necessario che i maschi si riunissero per discutere di se stessi, e poi un’altra serie di concetti contro il neoliberismo, il capitalismo etc. etc., la necessità di unirsi contro il liberismo anche con forze non rivoluzionarie etc.
    Così ho appreso che si trattava della relazione d’apertura del congresso del Partito della Rifondazione Comunista. Amen!!

  6. laura
    18 maggio 2017 at 14:28

    1. Se parliamo dell’oggi, della realtà contingente, possiamo trovarci d’accordo.
    Le giovani generazioni di donne si trovano in una realtà sociale che quasi mai sentono penalizzante per motivi di genere. E poi è vero che lo scavalcamento delle classi con il femminismo porta al nascondimento delle profonde ingiustizie di questa società composta da sfruttati e da sfruttatori, insieme a svariati altri gruppi che si aggregano ora qui ora lì. Le donne delle classi privilegiate, restano
    Ma queste condizioni sono il frutto dell’impegno e dei sacrifici di altre donne che hanno combattuto per l’emancipazione da una storica condizione di ‘minorità’.
    Nel Medioevo e più avanti, le donne non ‘conformi’ erano streghe e se Giovanna d’Arco fosse stata Giovanni, probabilmente avrebbe avuto in donazione terre e monumenti, dal momento che ha riportato sul trono re Carlo VII e la Francia alla riscossa.
    La Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino della Rivoluzione francese, dava cittadinanza alla donna in virtù dell’essere moglie o figlia. Olympe De Gouge, che scrisse la Dichiarazione dei Diritti delle donne e delle cittadine, fu ghigliottinata e Rousseau stesso pensava che le donne non avessero capacità teoriche. In Italia abbiamo votato per la prima volta il 2 giugno del 1946.
    (…) La storia è lunga.
    2. Quando si parla di “l’ideologia politicamente corretta e in particolare la sua punta più “avanzata”: il femminismo”, vorrei ricordare che esistono più filoni di femminismo, spesso anche in conflitto.
    Il pensiero della differenza, ad esempio, sviluppatosi tra Italia e Francia negli anni Settanta, critica il modello universale, quello da cui discende il rifiuto della monoliticità culturale e che implica una presa di coscienza insieme alla condivisione tra donne, al posto della competizione e della corsa all’imitazione del modello universale (potere, successo, forza…) Tant’è che sono del tutto inutili le quote rosa o la parità di presenza secondo il genere nei governi (come nel governo Renzi), quando il modello di riferimento è lo stesso. Quindi, il movimento femminista, in questo senso, ha contribuito a che si affermasse uno scenario diverso, in cui fossero superate l’omogeneità culturale-sociale e le categorie occidentali novecentesche.

    3. Non sono d’accordo sulla considerazione che ci sia una ‘criminalizzazione’ del genere maschile che passa attraverso i media, non mi sembra. Che ci sia un problema reale come quello dei padri separati, nuovi poveri, è evidente, discende dal sistema che regola il diritto di famiglia, dalle tradizioni che avevano confinato la donna nel ruolo di ‘colei che ha il compito di conservare la specie’, non di realizzarsi come persona e quindi anche economicamente.
    Che i mezzi di comunicazione popolari siano uno strumento di assoggettamento e di controllo, come denunciarono i Francofortesi, come ha analizzato Marcuse nella critica all’industria culturale che organizza pure il nostro tempo libero, è evidente. Il rimbambimento di uomini, donne e, pericolosamente, dei più giovani, che hanno una vita dissociata e, spesso, estranea alla propria esistenza stessa, si manifesta in vari modi: dall’astensionismo alla credulità nei confronti di chi fa più ‘scena’ in TV…
    Quando guardiamo ad una società che non ha rispetto dell’umanità, io penso che: “Se oggetti sociali creati dall’uomo, feticci privi controllo, ormai ci dominano (vedi spread, azioni etc.), come stupirsi se il corpo femminile appare al maschio come un feticcio da conquistare o distruggere? Una buona dose di marxismo potrebbe aiutare donne e uomini a riconquistare il proprio valore ontologico, trascendente i rapporti di potere.”

    http://www.iaphitalia.org/laura-nanni-parlando-con-federica-giardini-a-proposito-del-pensiero-della-differenza/

    https://www.lacittafutura.it/cultura/il-corpo-e-la-reificazione-il-non-detto-che-emerge-dal-mio-punto-di-vista.html

  7. pier luigi
    22 maggio 2017 at 12:43

    Laura Nanni dixit:

    3. Non sono d’accordo sulla considerazione che ci sia una ‘criminalizzazione’ del genere maschile che passa attraverso i media, non mi sembra.

    Estratto dal secondo post di Laura Nanni (https://www.lacittafutura.it/cultura/il-corpo-e-la-reificazione-il-non-detto-che-emerge-dal-mio-punto-di-vista.html)

    ……..Così, riguardo il corpo femminile, come possiamo stupirci se quello con cui gli uomini *(???????) pensano di avere a che fare non è il corpo di una persona, ma un feticcio da conquistare o distruggere perché da questo può dipendere l’affermazione della propria esistenza di maschio?
    Un comportamento che può diventare compulsivo, in quanto un singolo atto appaga per un tempo limitato a meno che non sia definitivo, cioè non diventi femminicidio.

    – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –
    *
    molti uomini? no
    alcuni uomini? no
    parecchi uomini? no
    moltissimi uomini? no
    la gran parte degli uomini? no
    la maggioranza degli uomini? no
    la quasi totalità degli uomini? no

    gli UOMINI?!…….oh yes!

  8. Luca Busca
    24 novembre 2023 at 17:31

    Mi hai consigliato di leggere questo articolo commentando il mio, motivo per cui ti rispondo con le statistiche aggiornate:
    Basterebbe “gugolare” per scoprire come “Il 31,5% delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2% (4 milioni 353 mila) ha subìto violenza fisica, il 21% (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4% (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila). Ha subìto violenze fisiche o sessuali da partner o ex partner il 13,6% delle donne (2 milioni 800 mila), in particolare il 5,2% (855 mila) da partner attuale e il 18,9% (2 milioni 44 mila) dall’ex partner. La maggior parte delle donne che avevano un partner violento in passato lo hanno lasciato proprio a causa della violenza subita (68,6%). In particolare, per il 41,7% è stata la causa principale per interrompere la relazione, per il 26,8% è stato un elemento importante della decisione.” (Fonte istat.it/it/violenza-sulle-donne, link in cui potete trovare tanti altri dati interessanti).

    “Gugolando” in merito alle vittime maschili si scopre, invece che “Secondo i dati almeno 1 uomo su 4 ha subito qualche forma di contatto sessuale non desiderato, mentre 1 uomo su 38 è stato vittima di uno stupro o tentato stupro, nel 75% dei casi queste violenze sono accadute prima dei 25 anni (dati disponibili Centers of disease control and prevention 2017). La ricerca è stata condotta anche per capire da chi è che si subiscono gli abusi e nella maggior parte dei casi (87%) gli aguzzini sono sempre uomini …” (Fonte lanternaweb.it/violenza-sugli-uomini) Il rimanente 13 per cento sembra avesse abusato di alcol o droghe, quindi è difficile stabilire con certezza se trattasi di violenza o speranza.

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