Omicidio di Civitanova Marche. Il nazifascismo è fra noi

L’omicidio del nigeriano Alika a Civitanova Marche è psicologicamente e antropologicamente di natura fascista, anzi, nazifascista. La dinamica è molto simile a quella dell’assassinio del giovane Willy a Colleferro, colpevole di “non essersi fatto i cazzi suoi”, di essersi intromesso per difendere un suo amico dall’aggressione dei bruti e per questo massacrato a calci e pugni.  Nel caso di Civitanova l’assassino ha rincorso la vittima – peraltro claudicante in seguito ad un incidente stradale che gli ha procurato un danno permanente – e lo ha strangolato, per motivi che definire futili è un eufemismo.

Ora, immediatamente ci saranno molti che replicheranno: “Ma cosa c’entra il fascismo con quanto avvenuto sia a Civitanova che a Colleferro! Perché devi politicizzare sempre tutto a tutti i costi? La violenza non ha colore politico e non ha ideologia, e viene agita da tutti indipendentemente dal loro credo politico e ideologico”.

E’ vero, la violenza è sempre stata agita da tutti, nessuno ne è mai stato (e ne è) esente nella storia, su questo non c’è dubbio e ho sempre trovato profondamente ipocrita e strumentale negarlo o individuare il gene della violenza in una sola e determinata parte ideologica.

Tuttavia la tipologia di violenza agita dai bruti che hanno ucciso in quel modo Willy e Alika è, culturalmente e psicologicamente, tipicamente nazifascista. Perché? Perché si tratta di una violenza cieca, brutale, selvaggia, agita nei confronti del più debole, di chi viene ritenuto un “essere inferiore” per il solo fatto di essere fisicamente più fragile o perché appartenente ad una etnia che si ritiene “inferiore”. E’ questo che contraddistingue la natura della violenza nazifascista rispetto ad altre forme di violenza.

Ricordo un episodio, avvenuto alcuni anni fa, durante una trasferta a Roma di alcuni ultrà (nazifascisti), se non erro dello Slavia Praga, comunque di una squadra ceca. Alcuni di loro, ovviamente nerboruti e palestrati, furono sorpresi e filmati mentre urinavano addosso ad un barbone o una barbona (non ricordo esattamente) che chiedeva l’elemosina. Un episodio altamente significativo che di dice tutto sulla psicologia di questa gentaglia, in tutto e per tutto simile ai membri del Ku Klux Klan che linciavano e impiccavano i “negri” nel Mississippi o in Alabama.

E’ l’odio e il disprezzo per chi è più debole, per chi sta sotto, per l’ “untermensch” (il sottouomo, l’inferiore), quello che caratterizza la violenza nazifascista. E’ questa la radice profonda di quell’ideologia, quella che muove psicologicamente il militante nazifascista (che ho conosciuto bene nella mia vita, anzi, quello da cui mi sono dovuto difendere) che, non a caso, fa della forza fisica e dell’uso della violenza il suo baricentro esistenziale.

Certo, a chiacchiere sono molto abili a “buttarla in caciara”, come si dice dalle mie parti. Sostengono di prendersela con il “sistema”, con l’imperialismo, con la grande finanza, con la cupola massonica/ebraica che governerebbe il mondo (di cui i comunisti sarebbero stati dei meri strumenti), oppure dissertano di filosofie “spiritualiste” a cui solo pochi potranno accedere.

Ma sono chiacchiere. Chiunque abbia avuto a che vedere e soprattutto a che fare nella sua vita con quella gente conosce benissimo la loro natura profonda e di che pasta sono fatti. La violenza, concepita come sopraffazione sull’altro, è sostanzialmente il loro vero e unico credo. Tolto quello riamane ben poco se non nulla. E’ una pulsione psicologica prima che ancora che ideologica, che trova però linfa in quest’ultima che la alimenta e la giustifica e, ancor più, la considera il motore e l’unica “essenza” del mondo. E’ il famoso concetto di “volontà di potenza” che non conosce né può conoscere (altrimenti non sarebbe tale…) limiti e ostacoli di alcun genere, siano essi di ordine razionale, etico, morale, religioso, ideologico o politico. L’inevitabile conseguenza di questa concezione non può che essere, in ultima analisi, la forza bruta, la violenza, intese appunto come necessarie (filosoficamente parlando) espressione del “superuomo”, concepito nel senso sopra detto.

Naturalmente i bruti che hanno assassinato selvaggiamente Willy e Alika non sanno molto probabilmente nulla di tutto ciò, così come non ne sanno nulla o ben poco i seguaci dei gruppi nazifascisti che non a caso proliferano nelle curve degli stadi e, oggi, purtroppo, anche nelle periferie delle grandi metropoli, cioè nei luoghi più deboli, sotto ogni punto di vista, della società. L’adesione, come ripeto, psicologica, prima ancora che ideologico/politica, al nazifascismo e alle sue attuali determinazioni, dà in qualche modo forza e identità personale a dei soggetti altrimenti debolissimi. L’abbandono dei “luoghi periferici” della società, intesi in senso lato, da parte della fu “sinistra” – per la semplice ragione che quest’ultima non esiste più da decenni – ha consegnato questa massa di persone nella gran parte dei casi all’individualismo sfrenato, al totale smarrimento, alla perdita di ogni riferimento e di ogni forma di coscienza (in primis quella di classe) e, nei casi estremi ma diffusi, appunto al nazifascismo. Si tratta per lo più di soggetti fragilissimi, come dicevo, che nella loro esaltazione e nella loro ignoranza, non si rendono neanche conto che se veramente trionfasse l’ideologia a cui fanno riferimento, sarebbero i primi, in linea teorica, ad essere considerati degli “untermenschen”, dei “sottouomini”. Oppure, ancora peggio, ne sono consapevoli ma accettano scientemente di servire il “capo”, il “duce”, l’”ubermensch”, e di essere pedine e strumenti della sua volontà di potenza.

Ancora una volta si obietterà:”Ma allora la violenza agita dalle grandi potenze liberali e cristiane, colonialiste e imperialiste, cosa ha di diverso rispetto a quella nazifascista?”. Nulla, in effetti. Dal punto di vista sostanziale (ma anche ideologico) è la medesima (l’Occidente portatore della superiore civiltà bianca, cristiana e liberale e oggi neoliberale e “politicamente corretta”). E infatti personalmente credo che il nazifascismo e i suoi sottoprodotti, nelle loro diverse storiche determinazioni, non rappresentino altro che il volto più palesemente brutale del dominio di classe e quindi, visto che all’interno di questo ci troviamo, del sistema capitalista.

Le lacrime versate per questo ennesimo criminale atto di violenza da parte dei media e delle istituzioni, sono lacrime di coccodrillo, come si suol dire.  Il nazifascismo è fra noi. Combatterlo significa combattere con intelligenza il sistema che lo produce.

Ambulante disabile ucciso a bastonate

Fonte foto: Avvenire (da Google)

8 commenti per “Omicidio di Civitanova Marche. Il nazifascismo è fra noi

  1. Silvio Andreucci
    31 luglio 2022 at 22:13

    Penso che i nazi- atlantisti del battaglione di Azov sostenuti e finanziati dalla ” sinistra liberal” e dalla ” destra bluette”( a quanto pare per loro esiste un nazifascismo ” positivo, degno di essere appoggiato contro il cattivone Putin) facciano parte della stessa razza di vigliacchi prevaricatori con la loro politica genocida nei confronti delle inermi popolazioni del Dombass

  2. Silvio Andreucci
    31 luglio 2022 at 22:22

    Mi lascia sempre un po’ perplesso la tesi di Umberto Eco dell’ UR- fascismo, cioè del ” fascismo eterno” sempre serpeggiante.Ad ogni modo è appena il caso di dire che si tratta di un omicidio vigliacco nei confronti peraltro di una persona disabile, probabilmente più che nel fascismo rientra nella galassia del sottoproletariato anarcoide- libertino, malleabile a qualsiasi tipo di ideologia compreso il ” populismo di destra” foraggiato dalla Meloni e da Salvini

  3. Francesco
    1 agosto 2022 at 17:27

    La tesi di Eco è una barzelletta: un nominalista, Eco stesso, che difende un’interpretazione universale di quello che invece dovrebbe essere un concetto politico e storico ben delineato (per essere chiari, per me gli universali esistono eccome, solo che “il fascismo” non ne è uno e che lo proponga proprio Eco è paradossale e grottesco). Ma comunque, di questa vicenda si può dire molto, dalla degradazione antropologico-sociale (come nell’intervento, come sempre molto buono, di Bravo) e, per chi non è una parolaccia, anche spirituale, dal fatto, giustissimo, detto sopra che si tratta di un “omicidio vigliacco”, ad altro. Ma sul “nazifascismo” dissento; penso che “fascista” sia ormai un concetto talmente usato a pene di segugio da aver perso qualunque determinazione, a tal punto dall’essere diventato “sinistrese” (di tutte le declinazioni, PD compreso, almeno nella percezione di ancora molti, a seconda se è la stagione “antifascista”) per “quelli con cui non sono d’accordo, quindi i cattivi”. Capisco la reazione “de panza”, ma è davvero il caso di rivedere e determinare con chiarezza politicamente, storicamente e anche filosoficamente la categoria di “fascismo”, così che possa essere usata adeguatamente, altrimenti è meno che inutile. E no, non sono violenze identiche, magari identicamente riprorevoli, ma nell’analisi razionale, e analisi politica e filososia appartengono a questo campo, i distinguo tra i vari processi e i loro elementi, anche quando simili, contano. Lo stesso elemento, violenza, può essere legato a due antropologie politiche differenti, ad esempio. Quindi in un caso del genere si dovrebbe parlare di neo-fascismo (sempre chiarendosi su che concetto si esprime così), per me, solo se c’è un’effettiva connessione. Altrimenti, se “fascismo” vuol dire tutto (tutta la degenerazione antropologica, tutto il razzismo, tutto l’imperialismo, ecc.) allora non vuol dire niente.

    • gino
      2 agosto 2022 at 11:42

      francesco,
      mah, non so, butto lí delle riflessioni non risolutive.
      1) in tutto il mondo (io vivo in brasile) certi atteggiamenti e azioni vengono definiti “fascismo”, a torto o a ragione
      2) bisognerebbe semmai decidere se adeguarsi al lessico usato in tutto il mondo o meno
      3) se atteggiamenti/azioni simili sono usati da forze e persone non definite o autodefinite “fasciste”, sono lo stesso fasciste (o “suprematisticamente degenerate” nel caso tu non voglia usare il lessico mondiale). questo perché sono le qualitá che definiscono un oggetto. se una cosa galoppa, nitrisce e ha la criniera é un cavallo anche se lui e gli altri lo definiscono “cane”.
      a questo proposito ricordo un episodio accaduto davanti a me in una spiaggia tradizionalmente frequentata da gente de sinistra sul litorale romano meridionale. molti topless, gay e nudisti. beccano un poveraccio che stava facendo il guardone a distanza fra le dune retrostanti e lo massacrano in gruppo a colpi di bastone di ombrellone… i “compagni”… io e un altro tizio forse gli salvammo la vita fermando i “giustizieri de torpignattara”.

      • Fabrizio Marchi
        2 agosto 2022 at 20:38

        Su questo episodio specifico – il guardone della spiaggia romana – sono assolutamente d’accordo con te e immagino anche quale possa essere la spiaggia, diciamo fra l’ottavo cancello e il Villaggio Tognazzi poco prima di Torvaianica.
        C’ho azzeccato? 🙂
        P.S. era facile, dai…

        • gino
          3 agosto 2022 at 18:24

          si fabrizio, era fin troppo facile.
          ancora la frequento sporadicamente (quando riesco a tornare a roma) anche se ora preferisco le spiaggette del lago di c.gandolfo e relativi porchettari 🙂
          o ancora meglio: vado in montagna.

      • Francesco
        3 agosto 2022 at 1:04

        Chiariamoci io non dico che chi ha compiuto quell’atto, o quelli che descrivi, non siano merde. Io, dato che studio per conto mio filosofia e, se le attuali situazioni di “governo” non si rimangiano (rendono inattuabile nella pratica) l’attuale legge appena passata sulla doppia laurea, la studierò “ufficialmente” da settembre, dico che anche se la merda puzza uguale il tipo di pasto che la produce può causare processi digestivi differenti. Ora, a parte la parentesi coprofila, quello che ho detto non è per rompere le scatole a Marchi, ché qui trovo alcuni dei non troppi interventi leggibili a sinistra, ma perchè penso genuinamente che distinguere tra fenomeni superficialmente, o fino ad un certo punto diciamo “mediano”, simili ma alla radice differenti sia importante per la comprensione storica, politica e, infine ma non meno fondamentale, filosofica del problema stesso. Cioè, per capirci, io penso che Platone e Confucio avessero ragione sulla necessità, per dirla col secondo, di “rettificare i nomi”, se no non ci sono le basi di dialogo razionale. Ora, il “mondo” parla diverso? Bene, non è un problema da ignorare, tutt’altro, ma penso che porsi il problema di comunicare non voglia dire evitare di chiarire il senso e le basi delle proposizioni, cosa che probabilmente bisogna fare ogni generazione. E questo è un periodo di grande confusione, in special modo tra i “compagni”. Che non vuol dire che penso che hai torto, anzi “suprematisticamente degenerate” mi sembra un buon modo per descrivere certe azioni e atteggiamenti.

        Per Fabrizio Marchi, domani leggerò con piacere la replica, con questo sproloquio ho esaurito le ultime energie, grazie per la pazienza.

    • Fabrizio Marchi
      2 agosto 2022 at 20:35

      Nessuna reazione “de panza” per quanto mi riguarda. Cerco sempre di analizzare le cose con lucidità.
      In risposta ai vari commenti di critica ricevuti su fb (e anche al tuo qui) ho ritenuto opportuno chiarire alcune questioni. E’ lungo e me ne scuso ma, come già ho scritto, preferisco essere prolisso piuttosto che essere equivocato: https://www.linterferenza.info/attpol/ancora-sui-delitti-civitanova-colleferro-risposta-ad-alcune-critiche/

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