Quel timore psicologico che incute Israele

Trovo decisamente disgustose le ipocrite manifestazioni di sdegno del circo politico-mediatico politicamente corretto (e non solo di quello politicamente corretto) di fronte all’ennesimo crimine commesso da un gruppo di squadristi sionisti e razzisti che hanno dato alle fiamme la casa di una famiglia palestinese, uccidendo barbaramente il loro figlioletto di 18 mesi.
Ancora più ipocrite e disgustose le dichiarazioni dei cosiddetti “sionisti di sinistra” che sulle loro bacheche di face book si scandalizzano o fanno finta di scandalizzarsi per quanto accaduto.
Solo nell’ultima operazione a Gaza sono state massacrate 1800 persone di cui 400 bambini al di sotto dei 15 anni. E’ più di mezzo secolo che Israele occupa, bombarda, massacra civili inermi, assedia, affama, manda i suoi sicari in giro per il mondo ad assassinare esponenti politici o semplici intellettuali palestinesi, e questi hanno il coraggio di mostrare la loro sensibilità ferita per il barbaro assassinio del bimbo. “Quelli che hanno commesso questo crimine sono come i tagliagole dell’Isis!” – questo lo slogan – sollecitando altri “sionisti di sinistra” a esprimersi in tal senso. E giù applausi del “popolo” “de sinistra”. Piovono i “like” a rotta di collo, “Ammazza, aò, quanto sò carucci ‘sti filoisraeliani de sinistra, ce ne fossero un bel pò…” ( dimenticandosi che gli insediamenti coloniali in Cisgiordania sono addirittura cresciuti di numero durante i governi laburisti, ma questo ora è un altro discorso..).
C’è un bel po’ di ipocrisia in tutto ciò, anche – mi dispiace dirlo – in alcuni miei amici (lo devo dire per onestà intellettuale, spero che non si incazzino, e se pure si incazzano vorrà dire che faranno due fatiche, come si dice dalle mie parti…), che si affrettano a mettere i loro “mi piace” che stanno a significare ”Vedi, quant’è “buono”, quant’è equilibrato, democratico e politicamente corretto tizio o caio filoisraeliano di sinistra, fossero tutti così i sionisti o i simpatizzanti israeliani!”.
Aggiungo che, a mio parere, in questo atteggiamento, c’è anche un certo servilismo inconscio frammisto anche ad una sorta di timore, anche questo in parte inconscio, non confessato. Anche se, ovviamente, non lo ammetteranno mai. Perché non lo dice nessuno ad alta voce ma schierarsi apertamente contro lo stato di Israele comporta una certa difficoltà anche a livello psicologico e personale. Tutto sommato, ad esempio, essere apertamente antiamericani o antifascisti (e io sono sia l’uno che l’altro), non comporta un grosso carico dal punto di vista personale e psicologico. Anzi, non ne comporta alcuno. Da sempre si può sputare sia sugli uni che sugli altri senza nessuna particolare difficoltà. Non è la stessa cosa, se siamo onesti, quando di mezzo c’è Israele, che pure di porcherie ne fa un giorno si e l’altro pure, da quasi 60 anni.
Perché? Perché Israele è un tabù. C’è l’Olocausto di mezzo, eretto a simbolo del male assoluto (ci si dimentica dello spaventoso tributo di sangue pagato dai popoli dell’Unione Sovietica durante la guerra di liberazione dal nazifascismo), c’è il sempiterno senso di colpa degli europei alimentato ad arte per consentire ad Israele di continuare a fare quello che fa da mezzo secolo, c’è la questione ebraica nel suo complesso, anche questa eretta a tragedia assoluta (facendo finta di dimenticarsi che nel corso della storia sono decine e decine i popoli che sono stati letteralmente annientati, polverizzati), e infine c’è la potenza di dissuasione dello stato di Israele. Una potenza tale da incutere timore anche e soprattutto fuori dei suoi confini. Israele è stato capace di costruire un clima di terrore psicologico in giro per il mondo e nelle opinioni pubbliche europee. Si può criticare la sua politica, è vero, ma fino ad un certo punto. Non si può straparlare come se niente fosse di Israele e degli israeliani così come si fa con gli USA, da sempre; eppure sono gli americani i padroni del mondo. Però con Israele bisogna andarci cauti. Israele incute timore, un timore più o meno inconscio, sono loro che terrorizzano il mondo, ben prima dei tagliagole dell’Isis su cui tutti (giustamente) si permettono di sputare, nonostante le loro efferatezze. Eppure quelle efferatezze ci colpiscono, colpiscono la nostra sensibilità, ma non ci incutono quel timore che invece incute Israele. Perché i tagliagole dell’Isis vengono comunque percepiti come una cosa lontana, invisa più o meno a tutti. A differenza di Israele. Israele viene percepito come una sorta di gendarme, anzi, di superagente segreto che incombe su di noi. I suoi servizi segreti sono efficientissimi, i più efficienti del mondo, in grado di raggiungere chiunque, ovunque. L’efficienza dei suoi apparati , la spietatezza con cui colpiscono, la determinazione assoluta e la freddezza che li contraddistingue nel portare avanti il loro disegno politico, contribuiscono a creare quel clima di paura, non detta, ma percepita, che porta molta gente ad addolcire, diciamo così, la critica, ad essere più disponibile al dialogo. Ai tempi della guerra del Vietnam si bruciavano le bandiere americane sulle piazze di tutto il mondo, ci si urinava e ci si defecava sopra, come se nulla fosse. Avete mai visto qualcuno fare la stessa cosa con una bandiera israeliana?
Cari compagni e amici che mettete i “like” ai “progressisti” israeliani, rifletteteci; continuerò a volervi bene, anche se sbagliate…

2 commenti per “Quel timore psicologico che incute Israele

  1. antonio
    31 luglio 2015 at 23:22

    vorrei azzardarmi a dire poche cose. Gli attuali israeliani (sia quei pochi sopravvissuti dell’Olocausto, se ancora viventi, che quelli che hanno “ri-popolato” poi la Palestina, strappandola ai palestinesi che storicamente abitavano quelle terre) secondo me non sono altro che il prodotto e la “proiezione” dell’ideologia nazista. La stessa che sperimentò su loro e su altri popoli e pezzi di società (spesso dimenticati dalla ricostruzione storiografica dei crimini nazisti), quei comportamenti che, a veder bene, oggi gli “israeliani” (da non confondere con gli ebrei) dimostrano di aver ben compreso sia le forme, che i comportamenti e le pratiche, al punto che hanno facile “gioco” ad usarle contro il popolo palestinese e contro quanti denunciano l’origine criminale della loro ideologia razzista, mistica e ultrareligiosa.D’altronde israele, per loro stessa ammissione, non è una nazione libera e democratica, bensì è una nazione a identità religiosa che accoglie solo chi si professa “ebreo”, ma a veder bene neanche tutti; ad esempio i sefarditi, non tutti bensì solo quelli di provenienza africana, etiope o altro vengono estromessi e ghettizzati dagli iraeliani di pura razza ebraica! Condivido il giudizio espresso in questo articolo sull’ipocrisia che sempre più caratterizza chi a parole (solo a parole) esprime una contrarietà all’attuale leadership israeliana e invece nei fatti concreti stringe patti, accordi commerciale e interessi di vario genere (vedi il viaggio ultimo di Renzi in Israele), dando così maggior vogore e forza a uno stao che più razzista e apartheid non si può. Contro il SudAfrica e la Rhodesia si alzò in tutto il mondo una denuncia e un invito al boicottaggio. Oggi una campagna di boicottaggio, con le stesse legittime motivazioni, sulle merci e sui prodotti israeliani (badate bene: però solo quei prodotti coltivati e provenienti dai territori occupati da israele), non si può fare. Da parte di alcuni governi “democratici” questa campagna viene spesso “affiancata” e definita come una campagna di odio con carattere “antisemita” (quindi para-terrorista?)! Ecco in ciò credo risieda l’ipocrisia della cosidetta “società civile”, cioè quella che si fa bella con le vite di altri. Che squallore di classe dirigente esiste in questo strafottutissimo occidente!

  2. Friedrich83
    1 agosto 2015 at 0:47

    Condivido dalla prima all’ultima sillaba.
    Questo vale anche per un “intellettuale” come Roberto Saviano, che si riferì ad Israele definendolo “una democrazia sotto assedio” (!!!).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dichiaro di essere al corrente che i commenti agli articoli della testata devono rispettare il principio di continenza verbale, ovvero l'assenza di espressioni offensive o lesive dell'altrui dignità, e di assumermi la piena responsabilità di ciò che scrivo.