Se non ora, quando?

Avevo deciso che questa mattina mi sarei occupato di tutt’altro ma non appena ho aperto il pc mi sono ritrovato  davanti agli occhi questo articolo di Lea Melandri pubblicato sul Manifesto di oggi http://ilmanifesto.info/il-genere-della-violenza-gli-orrori-hanno-un-sesso/ e segnalatomi da un amico che evidentemente, birichino, aveva deciso di mettermi di malumore.

Il titolo e il sottotitolo parlano da soli:”Il genere della violenza. Gli orrori hanno un sesso”. Sottotitolo:”Guerre, devastazioni, stupri privati e pubblici di interi popoli li ha fatti il sesso maschile. Dagli uomini che ne sono lontani ci si aspetterebbe che almeno si ponessero il problema”.

Confesso che ho grande difficoltà a commentarlo. In genere per uno abbastanza “navigato” come il sottoscritto la penna corre spesso veloce e spontanea, ma non in questo caso dal momento che non so veramente da che parte cominciare e che l’articolo in oggetto ha suscitato in me un sentimento di vero e proprio sgomento.

Del resto  non siamo di fronte ad un articolo ma ad una sentenza di condanna senza appello, peraltro già emessa da tempo (e soltanto riconfermata per l’ennesima volta), contro il genere maschile nella sua interezza, accusato di essere responsabile di ogni nefandezza e di ogni genere di orrore compiuto nella storia fin dalla notte dei tempi.  Nessuno, infatti, viene salvato. L’invito della Melandri “agli uomini che non si riconoscono in tutta questa brutalità a porsi quanto meno il problema e a riflettere” è totalmente falso. In realtà ciò che si chiede non è certo l’apertura di una riflessione ma un’autocritica forzata, pubblica e privata, un pentimento di massa e naturalmente riconoscere di appartenere al genere colpevole di millenni di orrori e di brutalità.

La premessa è evidente: la violenza, da che mondo è mondo, è maschile, per natura o per cultura. Poco importa – spiega infatti la Melandri – che “se (le donne) avessero avuto fin dall’inizio della storia umana la forza fisica, il possesso delle armi e tutto il potere che si è arrogato l’uomo, non è da escludere che avrebbero potuto farne un uso altrettanto selvaggio”.  “Sta di fatto – prosegue – che non è andata così e, che piaccia o meno, le guerre, le devastazioni, gli stupri privati e pubblici, gli stermini di interi popoli li ha fatti il sesso maschile”.

”Voi tutti (maschi) – ci dice in buona sostanza – anche quelli che non si riconoscono in questa sorta di museo degli orrori, fate parte del genere colpevole e quindi non vi resta altro che riconoscerlo, fare pubblica e privata ammenda e cercare di capire come sia possibile evitare tutto ciò da ora in avanti, perché il problema è vostro, il gene del male è in voi. Questa è la sola possibilità che avete di emendarvi e chi non lo fa è complice (questo non lo dice espressamente ma è implicito nelle sue parole)”

Qui ci sono due osservazioni importanti da fare. La prima. L’autrice fa esplicito riferimento alla maggior forza fisica maschile come a una delle componenti che hanno determinato quella storia di violenza, orrori e brutalità. Dimentica ovviamente di dire che quella stessa forza fisica (che ha comportato nei millenni e continua in parte a comportare fatica disumana, dolore, morte, malattie e sofferenze di ogni genere) è ciò che ha costruito il mondo così come lo conosciamo e che ha permesso anche alle donne di sopravviverci al meglio delle umane possibilità (fermo restando, ovviamente, la diversa e diseguale distribuzione sociale della ricchezza prodotta da quello stesso lavoro e da quella stessa fatica). Tutto ciò che ci circonda, infatti, case, palazzi, ospedali, fabbriche, strade, ferrovie, ponti, metropolitane, porti, aeroporti, utensili, strumenti e impianti di ogni genere, treni, aerei, navi, astronavi, elettrodomestici e via discorrendo è stato reso possibile proprio grazie alla fatica dei soli uomini (non di tutti, ovviamente, vale anche in questo caso il concetto di cui sopra: diversa distribuzione della ricchezza dovuta ad una determinata divisione sociale, cioè di classe, del lavoro…). E questo è un fatto che, come dicevo, l’autrice omette di ricordare o finge di non ricordare (ma lei lo sa bene…). Del resto, se l’obiettivo è criminalizzare e colpevolizzare un intero genere, certe cose non possono essere ricordate .

Ma il punto è anche e soprattutto un altro. L’origine della violenza (e quindi del male) viene individuata nella ontologia stessa del genere maschile, cioè la forza fisica, un dato naturale che appartiene a quest’ultimo. E’ a partire quindi da questa condizione naturale (di maggior forza fisica) che il genere maschile avrebbe imposto il proprio dominio brutale. Quindi il seme del male è lì, ed è lì che deve essere eradicato. Come? Non essendo possibile eliminare il genere maschile, lo si deve mettere nella condizione di non nuocere, lo si deve paralizzare psicologicamente. In che modo? Con il senso di colpa scientemente instillato che naturalmente, per definizione, finisce sempre per colpire gli innocenti, non certo i colpevoli; i colpevoli (tranne rari casi di sincero pentimento) se ne fottono né potrebbe essere altrimenti. Ai maschi “innocenti” (ma potenzialmente colpevoli perché è la loro stessa condizione ontologica che potrebbe renderli tali in qualsiasi momento…) non resta quindi che sottoporsi ad una sorta di rieducazione forzata (millantata dall’autrice come l’apertura di una riflessione…) che deve condurre ad una sorta di autodenuncia (con relativa condanna). Il che, metaforicamente parlando, é più o meno ciò che avveniva nelle aule dei tribunali stalinisti (o di tantissimi altri tribunali che si sono avvicendati nel corso della storia…) in cui, fra gli altri, decine se non centinaia di migliaia di sinceri comunisti furono costretti a confessare di essere dei controrivoluzionari al servizio dell’imperialismo (come ripeto, è solo un esempio fra i tanti che si potrebbero portare; ho scelto però questo per evitare che i soliti buontemponi mi accusino di parzialità…).

E’ evidente pertanto il carattere sessista (e quindi razzista) ma anche profondamente interclassista di una simile concezione.

E qui giungiamo ad un altro nodo importante. Nel momento infatti in cui è il genere maschile nella sua totalità ad essere individuato come origine e causa di ogni forma di oppressione, è ovvio che il concetto di classe (ma anche qualsiasi altro approccio interpretativo del mondo e della realtà) se ne va a farsi benedire. Il femminismo si sforza di spiegare (per non incappare nell’accusa di sessismo) che il dominio maschile e quello di classe si sarebbero sviluppati ed alimentati assieme (né potrebbe fare altrimenti…) ma questa è soltanto una gigantesca arrampicata sugli specchi che potrebbe essere smentita con migliaia di esempi. Basti pensare che a crepare sul lavoro continuano ancora oggi ad essere pressoché soltanto gli uomini, cioè gli “oppressori” e i “privilegiati”, secondo la versione femminista della storia che estende il dominio maschilista e patriarcale a tutti gli uomini, nessuno escluso (il che è come dire che nell’Alabama o nel Mississippi dei secoli scorsi, a prendersi le frustate sulla schiena e a crepare nelle piantagioni di cotone non erano gli schiavi neri ma i padroni bianchi…). Basterebbe ricordare che nella prima guerra mondiale (e in tante altre guerre) a condividere con i topi il fango, la merda, le budella straziate dalle bombe, il sangue e l’orrore della trincea erano solo uomini (ma in questo caso la risposta è semplice: la guerra è un prodotto maschile, essendo la violenza, maschile…). Oppure ancora che il più grande impero della storia, per lo meno per estensione, cioè quello britannico, è stato guidato nei momenti del suo massimo “splendore” (cioè di dominio sul mondo…) da due donne. Ma anche in questo caso la risposta è scontata ed è già stata data nell’articolo: si tratta di donne complici del dominio maschilista oppure che lo hanno interiorizzato. Il paradigma vale naturalmente anche per tutte quelle donne che agiscono la violenza. In questo modo il genere femminile viene sollevato da ogni responsabilità, viene “innocentizzato” mentre contestualmente quello maschile viene responsabilizzato e criminalizzato.

Cosa abbia a che vedere e come possa sposarsi questa ideologia fondata sull’appartenenza sessuale come prius, sulla dialettica uomini=oppressori donne=oppresse e sulla divisione dicotomica e manichea (perché di fatto è così…) male=uomini-bene=donne con una concezione di classe della storia, con il movimento operaio, con il conflitto di classe e con il socialismo, personalmente faccio fatica a capirlo.

In tutta franchezza, ero indeciso se pubblicare questo articolo su questo giornale e non altrove. Poi ho optato per pubblicarlo qui. Perché penso che questa tematica abbia un risvolto politico fondamentale e che se la sinistra è ridotta come è ridotta, è anche a causa di queste ideologie abilmente camuffate come “progressiste e di sinistra” che hanno contribuito a spappolarla, a minarla alle fondamenta, a trasformarla in un’altra cosa che nulla ha a che vedere con le ragioni storiche per cui è nata e per cui, a mio parere, dovrebbe continuare ad esistere.

Sono consapevole che articoli come questo sono destinati a seminare il panico proprio fra gli uomini e soprattutto fra le donne di sinistra e a gettare un’ombra inquietante (secondo il punto di vista dei nostri avversari…) sul sottoscritto, ma non è possibile fare altrimenti. E’ crollato tutto quello che poteva crollare ed è giunto il momento di sgomberare le macerie, di mettere mano a tutto, di affrontare senza veli e senza timori anche i temi più scabrosi e più scomodi, soprattutto per chi ha l’ambizione di voler dare un contributo alla ricostruzione di un nuovo punto di vista critico e di classe della realtà.

Se non ora, quando?

 

 

 

 

7 commenti per “Se non ora, quando?

  1. armando
    11 aprile 2015 at 16:54

    Come diceva Mao, spesso gli imperialisti sollevano pietre che ricadono loro sui piedi. Così è per la Melandri quando attribuisce il dominio maschile alla forza fisica. Ridicolo, perchè se così fosse i gorilla anzichè essere in via d’estinzione, sarebbero i dominatori del mondo. Ma allora? O sono esistite diverse cause ambientali che non riguardano specificamente un sesso o l’altro ma entrambi (cosa che la Melandri esclude) oppure……..oppure dovrebbe ammettere che gli uomini non solo sono fisicamente più forti, ma dal momento che tutto, come opportunamente ricorda Fabrizio, è stato costruito da loro, sono anche più intelligenti, creativi, coraggiosi etc, etc. Scandalo, ovvio! La Melandri e compagnia non lo potrebbero mai ammettere (magari a ragione) e così sono costrette a rifugiarsi nella causa più inconsistente e ridicola. E l’intellighenzia “manifestante”, vanto della sinistra sedicente pensante, non se ne accorge, o meglio preferisce affogare miseramente nelle sue contraddizioni piuttosto che ammettere l’indicibile. Gli uomini, i maschi famigerati, non sono il male e le donne, le femmine angelicate, non sono il bene.
    E neanche si accorgono che questa operazione di falsificazione della storia è la stessa, identica, che opera il capitale. Se in quell’ambiente “manifestante” e “selleggiante” esiste ancora qualcuno che non ha mandato il cervello all’ammasso (non dei Sovkoz, ma del Capitale) sarebbe ora battesse un colpo. Altrimenti affoghi tranquillamente.

    ù

  2. Fabrizio Marchi
    11 aprile 2015 at 17:59

    Molto interessante e in larghissima parte condivisibile articolo di “Eretika”, sempre a proposito dell’articolo della Melandri:
    https://abbattoimuri.wordpress.com/2015/04/11/cara-lea-melandri-la-responsabilita-degli-orrori-del-mondo-e-di-tutt/

  3. Mariano
    11 aprile 2015 at 18:34

    Pur condividendo l’articolo, ricordo, per inciso, che mentre noi uomini giocavamo alla guerra nelle trincee, le donne facevano il lavoro che non potevano fare gli uomini, in fabbrica, sui tram. ecc. Detto questo direi che molto spesso sono le donne, con la loro natura così volubile, a provocare certe reazioni violente, a volte anche insultando o lamentandosi per ciò che non hanno ma desiderano: alle volte hanno gestito il potere, quando l’hanno avuto, con maggior crudeltà degli uomini (v. Caterina di Russia) o non facendo nulla per mitigare l’aggressività maschile (v. Eva Braun), pur conoscendo e magari anche condividendo gli obiettivi maschili. Nulla toglie che siano l’altra metà del cielo, grazie a Dio non simmetrica.

    • Fabrizio Marchi
      11 aprile 2015 at 20:08

      “Pur condividendo l’articolo, ricordo, per inciso, che mentre noi uomini giocavamo alla guerra nelle trincee, le donne facevano il lavoro che non potevano fare gli uomini, in fabbrica, sui tram. ecc” (Mariano)
      “Giocavamo” alla guerra in trincea, Mariano? “Giocavamo”?…Spero che tu stia ironizzando, ovviamente… 🙂 Prima guerra mondiale, 9 milioni di morti, 40 milioni di mutilati e malati cronici…https://www.google.com/url?q=http://www.uominibeta.org/articoli/glory-of-women/&sa=U&ei=yGApVYOwEMf8UsjZgmg&ved=0CAQQFjAA&client=internal-uds-cse&usg=AFQjCNHUJgfoYSRavo-aMj9gnVfwdTxdkQ

      https://www.youtube.com/watch?v=zTmDrugdcDk
      Ciò detto, nessuno qui vuol certo alimentare una guerra fra i sessi (quella l’ha scatenata il femminismo), al contrario, però non si può rispondere che mentre gli uomini crepavano (molto male…) le donne andavano a lavorare…con tutto il rispetto non è un argomento. Si potrebbe obiettare che quando gli uomini non andavano/crepavano in guerra, crepavano sul lavoro…ma, come hai certamente compreso, il nostro obiettivo non è certo quello di pareggiare i conti di questa tragica e macabra bilancia di morte con le donne…il nostro obiettivo è svelare la menzogna che si cela dietro una ideologia profondamente sessista e “guerrasessista”, che individua il nemico nel genere maschile e che si spaccia come un’ideologia “progressista e di sinistra” e in molti casi addirittura come comunista…

  4. Giacomo
    12 aprile 2015 at 0:10

    Avevo letto l’articolo ieri e subito mi erano venute in mente le seguenti considerazioni (che penso possano essere un contributo al dibattito) molto simili in alcune parti a quelle di Fabrizio.
    In linea generale trovo le idee della Melandri assolutamente discutibili, se non catastroficamente erronee per chi si voglia richiamare ad un ideale di Sinistra. Fabrizio ha descritto benissimo come il testo tenda ad essere interclassista, razzista, … in breve la solita solfa sull’uomo cattivo e la donna buona, con l’unica differenza di dire che anche le donne possono esprimere violenza e odio, ma solo perché gli viene dalla competizione, dall’imitazione con i violenti e odiosi maschi (senza alcuna considerazione che questa forse è una caratteristica degenerativa del potere indipedentemente dal genere, per cui alla fine meglio starne lontani: un atteggiamento, come quello del movimentismo, che non porta da nessuna parte).
    Al di la del teorema centrale sulla bontà/cattiveria dei generi, sono due le linee di pensiero della Melandri che sono assolutamente criticabili:
    1) innanzi tutto viene proposto un parallelo tra la violenza domestica o nella coppia e la violenza intesa come guerra, genocidio, tortura e altri orrori. La cosa ovviamente non ha senso perché (e su questo ho una certa esperienza) è noto da ricerche scientifiche, che qui purtroppo non sono conosciute, che la violenza nella coppia è grosso modo al 50% bilaterale financo con una leggera prevalenza delle donne laddove non lo sia. Neanche i c.d. femminicidi hanno sempre la spiegazione del “minac­ciate da una impre­vi­sta libertà delle donne”, ci sono moltissime spiegazioni diverse (i figli tanto per fare un esempio) e ad una natura “patriarcale” si può attribuire alla fine solo uno numero molto più piccolo di omicidi di donne rispetto al totale (per i casi che ricordo siamo intorno al 30% volendo essere generosi);
    2) tutto questo però cosa c’entra con la storia? Un fondo di violenza nella coppia o interfamiliare é si interclassista e probabilmente astorico (nel senso che è sempre esistita nel bene o nel male, sebbene io credo che dipende molto dal livello culturale). Si vogliono criminalizzare tutti gli uomini sulla base del fatto che sono violenti “in famiglia” la sera e di giorno “ordinano o perpetuano massacri”? Il primo assunto come abbiamo visto è molto dubbio, il secondo è del tutto sballato (sebbene sia una furbata per aumentare il peso del primo: sei violento perché hai storicamente massacrato e ucciso, anche se non hai mai fatto male ad una mosca).
    Infatti è certo che non tutti gli uomini “ordinano massacri” o li “perpetuano”, perché chi non lo fa dovrebbe quindi rispondere di colpe che non sono sue? Inutile dire che è una concezione un poco anomala del diritto venata di razzismo (la tua “colpa” non dipende dal fatto che non hai rubato o non sei un usuraio, ma dal fatto che sei Rom o Ebreo). E nemmeno chi ordina e chi perpetua sono le stesse persone. Chi ordina è un maschio alfa (o una donna alfa perché no, di regine sanguinarie o vendicative è piena la storia e non è certo una scusante il fatto che “è una vittima anche lei” dell’ideologia violenta degli uomini, di nuovo ripeto senza alcuna analisi delle caratteristiche del potere), chi perpetua è un generalmente un poveretto sacrificabile un maschio beta illuso da un’ideologia di destra (senza considerare che le femmine di questi maschi sono altrettanto letali come ha dimostrato Goldhagen nel caso del nazismo). Chi ha esaltato la virilità infatti è nella sostanza la destra (cfr. George Mosse, “L’immagine dell’uomo”) ed è veramente singolare, ma in accordo con l’interclassismo e la necessità di gettare l’anatema su tutti gli uomini, che nel testo non compare mai la parola “destra”. Per cui è anche curioso che questo articolo appaia sul Manifesto, poteva benissmo apparire sul Giornale.
    Tanto più che alla fine sembra che la Melandri, come altre femministe, sia l’ennesima vittima del “complesso di Sevigny”, infatti alla donna è concesso solo “… esclu­si­va­mente (al)la sedu­zione, al «desi­de­rio di essere bella e di pia­cere», e alla «capa­cità di asse­con­dare il ruolo pro­crea­tivo del maschio», capa­cità che fa della donna una «com­pa­gna com­pren­siva e una madre sicura di sé»”, che ne è della parità? Di fronte ai dilemmi morali le donne come si pongono? O non si pongono? Semplicemente preferiscono fare le “dame di corte” e restare alla finestra, facendo prendere le decisioni agli uomini, visto che è tanto pericoloso “comportarsi da uomini” dato che genera orrori e guerre. Troppo comodo.

  5. Rino DV
    12 aprile 2015 at 11:11

    Si attribuisce a Mao l’affermazione apparentemente paradossale secondo cui l’Esercito Popolare raccoglieva effettivi, armi e munizioni direttamente sul fronte e dal fronte. Noi (Momas) – sin qui – non reclutiamo combattenti sul fronte (…e neppure nelle retrovie, né altrove), ma armi e munizioni sì, in abbondanza. Ce le regala il nemico. Ciò che ha fatto ancora una volta, la Melandri, che fa così perché non può fare altrimenti. Non può.
    .
    Il neonato autoracconto maschile ha individuato (acqua liquida, si dirà) nella colpevolizzazione/criminalizzazione dell’intero sesso (non “genere”!) maschile lo strumento chiave della manipolazione totale in atto in tutto l’Occidente contro gli UU da mezzo secolo. Un processo di rieducazione fondato sul preteso riconoscimento da parte di ciascun uomo di questo tempo/luogo e di ogni tempo a venire della propria corresponsabilità, della propria colpa e perciò del proprio DEBITO. Stato di subordinazione psicologica, il cui riconoscimento aperto, viene ancora una volta sollecitato, preteso, prescritto. Condizione però già inconsciamente incistata nella massa maschile, sola spiegazione pensabile e possibile del fatto che in tutto l’Occidente i maschi da 50 anni continuino ad approvare e subire leggi (ed altro) sempre più micidiali contro se stessi, in tutti i campi. Come fu al principio con l’autonegazione di quei diritti riproduttivi che le DD rivendicarono, ottennero e che da decenni esercitano e che invece gli UU neppure immaginano di poter pensare di avere, non sapendo neppure di cosa potrebbe trattarsi per essi.
    .
    Poiché questo processo di manipolazione attraverso la criminalizzazione degli UU è stato l’oggetto del mio saggio Qmdt, non mi sto a ripetere.
    .
    Solo accenno a questo, alla potenza mistificatoria delle verità parziali. Il male visibile prodotto dai MM si può quantificare nel 95, nel 97, forse nel 99,5%. Verità incontrovertibile. Come è inoppugnabile anche il simmetrico: la quasi totalità del bene è opera maschile (come sottolineato qui anche da Fabrizio). La salvezza, la permanenza sul pianeta, lo sviluppo dell’umanità sono state opera maschile, fino nei minimi dettagli, fondate su quelle stesse pulsioni, proiezioni, vocazioni, facoltà e poteri che – usati nell’altra direzione – hanno prodotto il male. Sullo stesso sacrificio, in tutti i tempi e in tutti i regimi. Precisamente le stesse. Maschili, certo, non femminili. Ma questa verità integrale non può venir riconosciuta perché non è mistificatrice/manipolatrice: parla bene degli UU. Così da decenni si proclama la verità parziale: una menzogna incontrovertibile e perciò letale.
    .
    Per quanto mi riguarda è giunta l’ora di dire basta. E’ ora di uscire da ogni equivoco, di abbandonare ogni illusione: è giunto il momento in cui la guerra si conclama e diventa aperta. La guerra porta il nome di guerra e i nemici hanno il nome di nemici.
    .
    Non collocheremo sulle culle dei nostri discendenti il segno dell’abominio, della colpa e del debito.
    Le parole stupratrici delle “vittime innocenti” non imbratteranno le loro anime, la loro vita non sarà pentimento ed espiazione.

    Guerra? Che guerra sia!
    Se non ora, quando?

  6. Sardus Pater
    13 aprile 2015 at 14:00

    A quella idiota che, professandosi filosofa, nell’attribuire all’orrore il genere maschile distribuisce tanta ignoranza e risentimento a casaccio, replico con questo articolo del New Yorker – la filosofa avra’ sicuramente qualcuno a disposizione che potra’ tradurglielo e magari spiegargliene anche il senso.
    http://www.newyorker.com/news/news-desk/unidentified-queen-torture?utm_source=tny&utm_medium=email&utm_campaign=dailyemail&mbid=nl_121914_Daily&CNDID=30318770&spMailingID=7377082&spUserID=NjY0NjM4Mzk2MTgS1&spJobID=582518961&spReportId=NTgyNTE4OTYxS0

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