Viva i partigiani jugoslavi!

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Come è noto, la storia la (ri)scrivono i vincitori e non i vinti.  In ragione di ciò per circa quarant’anni non si è mai parlato delle Foibe. Da trent’anni a questa parte, cioè dal crollo del muro di Berlino in poi, non si fa altro che parlarne, dal momento che uno dei due vincitori della seconda guerra mondiale (l’URSS e con essa il movimento comunista internazionale) è venuto a mancare, nel vero senso della parola. Ragion per cui la storia si può ri-scrivere per l’ennesima volta, naturalmente, de-contestualizzandola e de-storicizzandola.

Anche in questo caso gli esponenti di tutti i partiti politici (dalla Lega al PD) fanno a gara a chi è più allineato al relativamente nuovo mainstream ideologico-mediatico dicendo ciò che è consentito dire e omettendo ciò che dovrebbe essere detto, quanto meno per uno straccio di pudore e onestà intellettuale.

E che cos’è che dovrebbe essere detto?

Che le foibe sono state un crimine – su questo non c’è dubbio – conseguenza di un crimine mille volte più grande, sia in quantità che in “qualità”.

Sto parlando, ovviamente, dell’occupazione nazifascista della Jugoslavia, protrattasi per anni con la zelante collaborazione (soprattutto in efferatezze) dei loro alleati in loco, i ferocissimi “ustascia” di Ante Pavelic. Una occupazione brutale che fra bombardamenti, deportazioni in massa, rastrellamenti, rappresaglie, centinaia di villaggi rasi al suolo e scontri armati con le truppe tedesche e italiane ha provocato circa un milione di morti fra gli jugoslavi, di cui centinaia di migliaia di civili. Da sottolineare che gli slavi, così come i russi, erano considerati dai nazisti come una etnia di “inferiori” (e per di più comunisti…), ed è per questa ragione che l’occupazione della Jugoslavia fu particolarmente feroce, al contrario di quella della Francia o di altri paesi europei (comunque non una passeggiata di salute…).

E dunque, alla luce di tutto ciò, cosa sono state le Foibe? Una vendetta. Una rappresaglia. Nulla più e nulla meno. I partigiani comunisti titini hanno restituito ai fascisti una (minima) parte di quello che il popolo jugoslavo ha subito in anni di occupazione nazifascista. Fu un crimine? Non c’è dubbio. Un crimine umano, molto, forse troppo umano”, avrebbe detto un celebre filosofo. I vinti si sono presi la rivincita. E lo hanno fatto in quel modo lì. Avrebbero potuto evitarlo? Certo, anzi, sarebbe stato auspicabile, ma non lo hanno fatto. Si sono comportati come tutti si sono sempre comportati nella storia. Del resto, qualcuno osa mettere sotto accusa gli americani per aver incenerito in un nano secondo duecentomila persone ad Hiroshima e Nagasaki o gli inglesi per averne bruciate vive centomila nell’arco di una notte a Dresda? Ovviamente no, gli americani e gli inglesi sono i vincitori…

Questo discorso scandalizzerà molti, forse i più, ma le cose sono andate esattamente così. Del resto anche in Italia qualche partigiano si è preso la sua soddisfazione a guerra finita e, ovviamente, anche in questo caso (sempre da crollo di quel muro in poi), è iniziata la sarabanda degli intellettuali “revisionisti” (Giampaolo Pansa in testa) che hanno cominciato a denunciare i crimini commessi dai partigiani, con il non (formalmente) dichiarato intento di equiparare la Resistenza ai fascisti che combattevano al fianco dei nazisti. Una sorta di “qualunquismo” storico con dei precisi risvolti politici.

Naturalmente, come dicevo prima, il tutto viene opportunamente de-contestualizzato. In tutte queste ipocrite commemorazioni delle Foibe, l’occupazione nazifascista della Jugoslavia, con tutti i suoi orrori e la sua ferocia, non viene neanche più menzionata.  Anche perché la vera finalità non è commemorare quella strage (cosa di cui non frega niente a nessuno) ma criminalizzare i comunisti e riscrivere la storia. Non perché gliene freghi nulla dei comunisti in sé, ma perché la riscrittura di quella storia è funzionale al mantenimento dell’attuale ordine sociale e politico dominante.

Ed è per questo che noi oggi, in barba a chi ci vuole male (come si suol dire…), esclamiamo a gran voce e anche con un pizzico di retorica (che in taluni (rari) casi è necessaria):” Viva i partigiani jugoslavi e viva i partigiani italiani che hanno combattuto il nazifascismo!”.

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Fonte foto: Wikipedia (da Google)

15 commenti per “Viva i partigiani jugoslavi!

  1. Sergio Martella
    11 febbraio 2019 at 17:53

    No, non credo proprio che questo “crimine” si sarebbe potute evitare. Non era evitabile come rappresaglia ma soprattutto non doveva essere evitato come chirurgia e come costo di quantificazione storica di una violenza reale, diffusa – quella rappresentata dal clerico-nazi-fascismo europeo – insensibile ad altra critica che non fosse dello stesso tenore della sua stessa efferata violenza ! La storia insegna che di fronte alla tenacia distruttiva dell’ignoranza umana l’unica maestra può essere la storia stessa e la traccia profonda, il solco che una azione sbagliata provoca nella sua reazione di impatto reale. In altre parole sto dicendo che se i Partigiani avessero con maggiore determinazione e con molta maggiore estensione potuto fare giustizia sommaria dei fascisti e delle loro organizzazioni oggi avremo potuto contare in qualche altro decennio di pace anziché assistere al rigurgito dei nuovi nazismo paneuropeistici che insanguinano i Balcani, l’Africa ed il Mediterraneo. Per i fascisti servono le foibe. Perché è dalle foibe della loro lurida subcultura famigliare che traggono le loro pretese di distruzione e di guerra. Non possiamo permetterci di allevare simili topi di fogna. Se si dovesse arrivare ad un altro scenario di conflitto generalizzato bisognerà fare tesoro della esperienza di questi decenni. E lasciare ancora meno spazio alla parte malata di questa società che è il cancro fascista.

  2. Stefano
    11 febbraio 2019 at 19:45

    D’accordo su tutto. Solo gli ipocriti o i fascisti non potrebbero esserlo.

  3. Pasqualino del Grosso
    11 febbraio 2019 at 22:15

    Che la storia la scrivano i vincitori ,caro Fabrizio , tu lo dai per scontato quasi a porlo come un Assioma: da cui discendono i corollari in ordine cronologico fino al 1989 una fase , dopo il famoso crolla un’ altra! Contestualizzi e soprattutto quantifichi e cerchi di ” bilanciare” i crimini della una e della altra parte. Quindi se capisco bene ora Bacchetti un po’ chi esagera con le “foibe” ( mi scusino i lettori per la impietosa banalizzazione) come hai nel passato Bacchettato (suppongo)chi esagerava con la esaltazione dei partigiani titini! Partendo da questo Assioma sei costretto a definire Pansa un revisionista…. oltre che inneggiare ai titini.Ora a me definire revisionista un intellettuale come Pansa che mi pare non abbia mai rinnegato le sue idee di sinistra e che ha in abbondanza spiegato di essersi convinto di Occuparsi del Sangue dei Vinti dai suoi ricordi adolescenziali che lo tormentavano, mi sembra un errore punto e basta! Aveva visto barbaramente trucidare nella sua Alessandria ( se non erro) numerosi poveracci probabilmente anche colpevoli di qualche nefandezza ma essenzialmente perché avevano indossato la camicia risultata perdente.Da li la sua giovanile e coraggiosa ribellione ad una storia narrata a senso unico . Appunto quella dei vincitori! Ebbene ma magari ce ne fossero altri mille di Pansa

    • Fabrizio Marchi
      12 febbraio 2019 at 6:38

      Caro Pasqualino, Giampaolo Pansa, se non ricordo male, ha scritto non uno ma ben cinque o sei libri (forse di più) per “rivisitare” la storia della Resistenza nel modo in cui sappiamo, oltre ad anni e anni di conferenze, seminari, trasmissioni televisive, tutti/e dedicate a raccontare i crimini dei partigiani nel cosiddetto triangolo rosso e in altre regioni del nord Italia (non fa altro praticamente da almeno vent’anni e più…). E, guarda caso, li ha scritti tutti dopo il 1989. Ne ho conosciuti tanti che dopo il 1989 hanno cominciato a “rivisitare” le cose, e Pansa è uno di questi. Queste “rivisitazioni” cominciano sempre dopo, mai prima…La qual cosa mi fa pensare, e siccome a pensar male – come diceva qualcuno – non sarà bello ma ci si azzecca quasi sempre, la cosa ha iniziato a “puzzarmi”, come si suol dire… Specialmente quando uno si accanisce su un tema – come ha fatto Pansa – finendo per ingigantire di fatto gli eventi, quanto meno nell’immaginario delle persone. E proprio il fatto di dichiararsi antifascista diventa l’arma, diciamo così, per rendere il tutto ancora più credibile e vincente sul piano mediatico. E’ ovvio che se dei libri dedicati alle efferatezze dei partigiani fossero stati scritti da un fascista non sarebbero stati credibili. Scritti da uno che si proclama antifascista lo diventano. E come mai questi risvegli di coscienza avvengono sempre a scoppio ritardato, quando è oggettivamente molto facile dire certe cose? Perché questo risveglio di coscienza non l’ha avuto prima del 1989? Te lo dico io perché. Perché prima del 1989 sarebbe stato mediaticamente e politicamente massacrato, ostracizzato ed emarginato, ed invece dopo è stato celebrato, e non solo dal centrodestra ma anche da una sinistra (cominciò Violante, se ricordate bene, su imbeccata di D’Alema) che nel frattempo aveva cominciato a rivalutare i “ragazzi di Salò”. Non che questi ultimi fossero tutti degli assassini, sia chiaro, sicuramente ci sarà stata gente in buona fede che credeva (sbagliando, e in modo clamoroso…) nella scelta che aveva fatto. Ma non è ora questo il punto che stiamo discutendo…
      In tutta sincerità, a questi risvegli di coscienza a scoppio ritardato e quando il vento è favorevole ci credo poco. Soprattutto quando questi risvegli si traducono in un accanimento che dura anni e anni e anni, dove si batte sempre e solo lo stesso tasto. E questa sua intensa attività, oltre a fargli vendere un sacco di libri e a renderlo molto più famoso di quanto fosse prima (sicuramente al grande pubblico) ha di fatto contribuito a quel processo di indebolimento e di “impoverimento” (fino alla aperta criminalizzazione) della Resistenza. Ora, un conto è smitizzare e fare un’analisi lucida e storicamente corretta delle cose, e un altro è gettare sistematicamente palate di merda su palate di merda su di una esperienza che è stata fondamentale per salvare la dignità di un paese che si era alleato con i nazisti e che aveva portato guerra e orrori ovunque. Dopo di che, aggiungo che la Resistenza è stata utilizzata in modo ipocrita e strumentale dai partiti della prima repubblica (soprattutto da quelli di governo) come bandiera ideologica da sventolare per coprire la loro stessa ipocrisia e con essa il sistema di potere di cui erano parte, non c’è alcun dubbio. Ma anche questo è un altro discorso.
      Chi ha scelto, a suo tempo, di mollare tutto, quel poco o tanto che aveva, per andare a combattere sulle montagne o nelle città contro i nazifascisti, non lo ha fatto certo per opportunismo, ma spinto da ideali forti. La criminalizzazione, o meglio, la polverizzazione della Resistenza nell’immaginario psicologico di massa ha una finalità politica ben chiara. E non vederlo è da ingenui. Aggiungo che la Costituzione Italiana, una delle più avanzate del mondo, capace di coniugare il meglio della cultura liberale, cattolica, socialista e comunista, è figlia di quella esperienza storica che ha restituito una dignità ad un paese che – diciamo la verità – l’aveva persa. E non è neanche un caso che oggi da più parti, in Europa, soprattutto in determinati ambienti, abbiano cominciato a chiedere la revisione delle Costituzioni democratiche scaturite da quella stessa esperienza storica, perché giudicate obsolete. E perché – guarda caso- obsolete? Perché quelle Costituzioni mettono il lavoro e la difesa del lavoro al centro, e questo costituisce un ostacolo, anche formale, al dominio assoluto del mercato e del capitale. Ma ora dovremmo aprire un’altra interminabile riflessione…
      Un’ultima cosa. Non è la categoria di revisionismo in quanto tale che sottopongo a critica, ma il modo in cui viene utilizzata. In tanti sono stati e sono (e siamo) “revisionisti” e, da un certo punto di vista, è giusto e doveroso esserlo. Anche e soprattutto i grandi rivoluzionari lo sono stati nei confronti dei loro maestri, né potrebbe essere altrimenti. Ma un conto è la rivisitazione, la contestualizzazione e l’applicazione delle proprie idee e delle proprie tesi sulla base appunto del contesto storico in costante divenire, e un altro è l’opportunismo e l’uso strumentale delle cose, sia sul piano politico che concettuale.

    • ndr60
      12 febbraio 2019 at 11:36

      Caro Sig. del Grosso, per quanto mi riguarda chi dice cose come “Governo gialloverde? Non è un banale governo di centrodestra, ma un governo di terroristi. Un governo terrorista che vuole sfasciare tutto, fare piazza pulita dell’Italia e della sua democrazia. Noi siamo sull’orlo di un baratro” (cfr. Piazza Pulita, LA7) ha diverse sconnessioni con la realtà. Tutto sta a risalire alla causa di tali sconnessioni: età avanzata o altro?

  4. carmine
    11 febbraio 2019 at 22:17

    Condivido nella sostanza l’analisi ma ho una domanda da porre . Dice Fabrizio. …E dunque, alla luce di tutto ciò, cosa sono state le Foibe? Una vendetta. Una rappresaglia. Nulla più e nulla meno. I partigiani comunisti titini hanno restituito ai fascisti una (minima) parte di quello che il popolo jugoslavo ha subito in anni di occupazione nazifascista. Fu un crimine? Non c’è dubbio. Un crimine umano, molto, forse troppo umano”, avrebbe detto un celebre filosofo. I vinti si sono presi la rivincita. E lo hanno fatto in quel modo lì. Avrebbero potuto evitarlo? Certo, anzi, sarebbe stato auspicabile, ma non lo hanno fatto. Si sono comportati come tutti si sono sempre comportati nella storia. Questa la domanda: c’è stata vendetta “A GUERRA FINITA” solo contro fascisti e collaborazionisti o anche contro civili innocenti? La questione non mi sembra irrilevante al fine di stabilire se i partigiani jugoslavi hanno “ecceduto” nel crimine.

    • Fabrizio Marchi
      12 febbraio 2019 at 6:53

      Caro Carmine, io non sto affatto negando che tanti innocenti furono uccisi nelle Foibe. Se fossero stati soltanto dei militari o dei militanti fascisti o nazisti il problema forse neanche si sarebbe posto o avrebbe avuto una eco molto minore. Il punto che stiamo discutendo è un altro. Io non sto facendo del negazionismo a parti invertite. Sto solo cercando di vedere le cose con obiettività. Quanti civili jugoslavi sono stati massacrati dai nazifascisti? Migliaia? Decine di migliaia? Centinaia di migliaia?
      Ecco, parlare delle Foibe senza contestualizzarle significa fare un’operazione politicamente strumentale, funzionale ai vincitori, non della seconda guerra mondiale, ma di quella vinta più di quarant’anni dopo, nel 1989…

      • Oreste
        15 febbraio 2019 at 18:38

        Bravo Fabrizio, ottima e semplice analisi.
        La contestualizzazione “a caldo” di quel periodo storico è, dal punto di vista sociologico, esatta.
        Le foibe si incastonato, come tutte le atrocità commesse in tutte le guerre, dalla preistoria ad oggi, in ogni latitudine e aree geografiche, nella storia abominevole e selvaggia dell’uomo.
        Mentre messaggiamo in questo momento, nel mondo si commettono crimini di guerra dello stesso orribile e sguaiato modus operandi di quell’epoca ormai lontana e, oggi come allora, il resto del mondo non coinvolto si gira dall’altra parte.
        Purtroppo si deve ammettere che paradossalmente, è la sinistra democratica che detiene il potere culturale ed anche militare, in una parola “economico”, è quella élite finanziaria globalista che sostituendo gli eserciti regolari e finanziando pelose “primavere democratiche” commette gli stessi crimini dei titini e dei nazisti.
        Pertanto, la tua intelligentemente provocatoria analisi, che condivido pienamente, ai miei occhi, non è altro che un altro specchietto per le allodole che serve a deviare l’attenzione popolare mentre i vincitori continuano gli orrori.
        Gaza è li… A testimoniarlo.
        Un caro saluto.

  5. carmine
    12 febbraio 2019 at 8:20

    Certo Fabrizio, non ti sto accusando di negazionismo, ci mancherebbe. Fatto salvo il criterio della contestualizzazione e preso atto che i nazifascisti si sono resi responsabili di massacri infami durante il conflitto (come dici giustamente le foibe forse non sarebbero neppure esistite se questi crimini non si fossero stati commessi) resta (a mio parere) aperta una questione di fondo. Questi delitti commessi (anche) contro i civili innocenti, sono accaduti a (guerra finita). Il problema mi tocca da vicino dato che mia madre e mia zia, nate in Istria, spesso mi parlavano di questi drammatici eventi e non hanno mai capito la mia solidarieta’ verso la lotta di liberazione dei “comunisti” Jugoslavi. Senza che abbiamo mai avuto alcuna simpatia per il fascismo.

  6. dante
    12 febbraio 2019 at 19:54

    Rimarcare gli errori-orrori altrui senza riconoscere i propri significa ripetere,accettare,sostenere,legittimare,perpetuare le medesime nefandezze compiute allora dai fascisti con l’aggravante che ora non
    è giustificabile trattandosi di pura speculazione ideologica sulla pelle di vittime innocenti. A me fan più schifo questi che i fascisti di allora

  7. Aliquis
    13 febbraio 2019 at 19:57

    Secondo me ha ragione Fabrizio. Il fatto che tanti civili innocenti, non fascisti, anche democratici, anche comunisti (come il fratello di Pasolini) siano stati uccisi nelle Foibe è risaputo. Ma questo non sarebbe mai avvenuto se non fossero esistiti il fascismo, il nazismo e la ferocissima guerra mondiale da loro scatenata. Non si deve scambiare l’effetto con la causa. Per questo, a mio parere, le Foibe non sono nemmeno paragonabili alle purghe staliniane. Sono troppo collegate alla guerra che era si finita, ma, appunto, appena finita, e si tratta di una guerra che è stata ferocissima ed iniziata da una sola ben precisa parte. Che poi nella vendetta generale se ne siano approfittati anche gli elementi sanguinari della parte titina (i titni erano allora zelanti stalinisti) è ovvio. Ma chi gli ha dato questa possibilità? Quello che era accaduto fin dai tempi della prima guerra mondiale.
    Le Foibe oggi sono usate per sostenere il fascismo dei nostri tempi, già macchiato di nuovi crimini.

  8. Marcus
    14 febbraio 2019 at 11:20

    Sono di famiglia istriana, nato e cresciuto in Venezia Giulia dove questi fatti bruciano ancora come sale sulle ferite, per cui mi costa sempre un’enorme fatica parlare di queste cose, soprattutto con chi non è della nostra zona e quindi non ne comprende la storia e le dinamiche.
    Rivangare certi episodi mi crea un vero e proprio fastidio fisico, considerando le vessazioni che i miei parenti rimasti in Istria hanno dovuto subire dagli jugoslavi. Per questo motivo in genere mi astengo sempre dal partecipare a discussioni sul web su questo tema.
    Questa volta proverò a fare un’eccezione, perché l’Interferenza mi sembra un sito serio, visitato e gestito da persone a modo.
    Innanzitutto vorrei dire che si parla tanto di foibe, ma queste sono un falso problema: sia perché il numero di uccisi è relativamente basso, sia perché, per quanto molti innocenti vi furono ingiustamente trucidati, si trattava comunque di azioni compiuti in un contesto, la guerra fra italiani e slavi, che non lasciava molto spazio alla moderazione. Perciò è perfettamente comprensibile, anche se non giustificabile, che ad un certo punto i titini abbiano perso la calma ed abbiano fatto ciò che hanno fatto. In sostanza si trattava di una violenza spontanea nata dal basso per dar sfogo a rabbia causata dall’oppressione nazionale, non di vera e propria pulizia etnica.
    Infinitamente più grave è l’Esodo invece: questo, avvenuto a guerra ormai finita ed ad avversario già sconfito e territori già annessi, si è protratto fino al 1957, ed è stato una vera e propria pulizia etnica pensata, diretta ed organizzata dai vertici jugoslavi per cacciare centinaia di migliaia di italiani da terre che gli appartenevano da secoli, e dove molto spesso gli slavi non erano ancora arrivati o, in ogni caso, vi erano arrivati ben dopo di noi.
    In sostanza, le foibe sono un episodio marginale e poco significativo, mentre è l’Esodo il vero problema, e trovo sconcertante che in Italia si dia così tanta importanza alle prime più che al secondo.
    Dopo questa premessa, vorrei arrivare al nocciolo del mio discorso: voi giustamente dite che per parlare di foibe bisonga parlare anche di quanto avvenuto prima, cioè dell’oppressione facista contro gli slavi. E sta bene, fin qui avete ragione, perché furono quelle persecuzioni a fornire il pretesto di quanto accaduto dopo.
    E tuttavia non vi rendete conto che lo stesso prinicpio andrebbe applicato per comprendere il perché delle persecuzioni italiane contro gli slavi.
    Non voglio certo giustificare l’orribile politica di snazionalizzazione perpetrata dagli italiani a danno degli slavi (la mia bisnonna lo era e soffrì moltissimo perché le cambiarono il cognome e perché non potè insegnare il croato a mia nonna), ma se quella politica ci fu e se riscontrò un così grande appoggio da parte degli italiani in loco fu dovuta al fatto che nei decenni precedenti gli slavi, con la complicità di Vienna, attuarono una politica nazionalista ed espansiva a danno degli italiani. La riduzione dello spazio pubblico italiano in Istria e Dalmazia, la slavizzazione di cognomi italiani da parte degli impiegati slavi negli uffici pubblici, l’arrivo in massa di slavi a Trieste ed in Istria per cambiare gli equilibri demografici, le vessazioni contro le minoranze italiane in Dalmazia da parte del regno di Jugoslavia già nel 1919 (per questo è particolarmente stupido incolpare il “comunismo” per le foibe e l’Esodo), la repressione del movimento autonomista (autonomista! non ancora irredentista) italiano da parte degli slavi inquadrati nella polizia austriaca…tutto questo determinarono in noi la paura dell’estinzione. Ciò, lo ripeto, non giustifica l’ingiusta persecuzione anti-slava attuata in seguito dai fascisti, ma anche questa non può essere compresa se non si tiene conto della precedente slavizzazione a nostro danno, che fece temere il peggio agli italiani.
    La nostra gente aveva davvero paura, non necessariamente di essere massacrata, non di esere uccisi come singoli, ma di sparire da quelle terre che avevamo abitato da sempre, di estinguerci, anche se incruentemente, come dinosauri.
    Il resto d’Italia non sa cosa voglia dire convivere con la paura dell’estinzione: noi che siamo italiani “anomali”, essendo anche balcanici, lo sappiamo bene, come lo sanno bene sloveni, croati, serbi, bosgnacchi, albanesi, bulgari, etc.
    Penso che sia per questo motivo che da noi, come nel resto dei Balcani, quando la paura arriva, il sangue arriva più facilmente che altrove. E allora purtroppo si sta molto poco a prender le armi contro il tuo vicino, i tuoi amici o persino i tuoi parenti (perché da noi non c’è italiano che non abbia sangue slavo, o slavo che non ne abbia dell’italiano, tanto che). E badate bene che non è l’odio od il disprezzo per i vicini che ti muove in tal caso, ma solo la paura.

    • Fabrizio Marchi
      14 febbraio 2019 at 16:18

      Finalmente un commento critico ma serio ed equilibrato, al contrario degli insulti che ho ricevuto su facebook dopo la pubblicazione di questo articolo da tutti coloro che si collocavano in posizione critica.
      Non conosco bene nello specifico il contesto geo-storico-culturale-etnico però non c’è dubbio che dissidi e conflitti in quelle terre fra le varie etnie hanno origini lontane, ben prima, come tu stesso ha sottolineato, dell’avvento al potere dei comunisti.
      Per rispondere alla tua domanda credo che una delle ragioni che hanno determinato l’accanimento contro gli italiani fu dato dall’alleanza di questi con i nazisti e con gli ancora più feroci “ustascia” di Pavelic e naturalmente dalle politiche dichiaratamente razziste degli stessi fascisti. Tieni conto che lo stesso Mussolini in un celebre discorso tenuto a Pola nel 1920 ebbe a dichiarare:”Di fronte ad una razza inferiore e barbara come quella slava, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino ma quella del bastone. I confini dell’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani”.
      Ecco, questo era il clima negli anni ’20, figuriamoci come tutto ciò potesse poi concretizzarsi vent’anni più tardi, e in regime di piena occupazione della Jugoslavia, per di più con i fascisti alleati dei nazisti che sotto questo profilo erano molto peggio dei fascisti. E poi hai voglia a creare il mito degli “italiani brava gente”…
      Tutto ciò se, come giustamente hai detto tu, può in qualche modo “giustificare” le Foibe, avvenute a caldo e dopo una serie di massacri e vessazioni subite dagli slavi, non giustifica la cacciata successiva degli italiani da quelle terre e le discriminazioni subite.
      Posso però dire, ad onor del vero, che a partire dagli anni ’70 sono andato moltissime volte nella ex Jugoslavia che ho attraversato in lungo e in largo e sono stato trattato benissimo ovunque. Ho avuto anche momenti di difficoltà in cui sono stato aiutato del tutto spontaneamente da abitanti del luogo e la cosa mi colpì molto positivamente perché qui in Italia non ci sarebbe mai stato lo stesso comportamento. Ero in vacanza una volta a Sarajevo per la “settimana bianca” e di notte di ritorno da una serata “brava” con un mio amico finimmo in cumulo di neve con la macchina (eravamo d’inverno). Si fermarono due macchine con dei ragazzi che a braccia spostarono l’auto e poi pronunciarono la famosa frase: ”Italiani brava gente”. La stessa identica cosa, tale e quale, mi capitò alcuni anni più tardi, in Serbia, solo che eravamo finiti in un dosso, sempre con la macchina, in piena campagna. Si fermarono due o tre macchine nell’arco di pochi minuti e ci aiutarono a riportarla sulla strada. Ho avuto tanti altri episodi positivi in Jugoslavia dove sono sempre stato trattato con grande calore e spirito di accoglienza. Ovviamente non possono essere le esperienze personali che possono stabilire la regola, però l’impressione che io ho avuto è che loro stessi cercassero di voltare pagina su quel passato luttuoso per tutti e che cercassero con gli italiani un rapporto pacifico e amichevole, anche perché eravamo e siamo due popoli vicinissimi, confinanti, e tantissimi italiani da sempre andavano e vanno in vacanza ogni anno in quelle terre. Anche nelle regioni in quesitone, Istria e Dalmazia, l’atmosfera era estremamente favorevole per noi italiani.
      Resto convinto che la dissoluzione della ex Repubblica di Jugoslavia, voluta dagli stati imperialisti occidentali (USA e Germania, nel caso specifico) sia stata una sciagura a tutti i livelli.
      P.S. ti ringrazio per l’attestato di solidarietà e credo che il tuo giudizio sia assolutamente fondato. Ti invito a continuare a seguirci e ogni tuo commento e contributo sarà ben gradito.

  9. Gian Marco Martignoni
    17 febbraio 2019 at 22:10

    Nella serata di Venerdì ho presentato a Tradate il libro ” C’era una volta Fiume.Storia di una città e di una famiglia ” di Harry Bursich, che a quattro anni e mezzo si è trovato ad emigrare dalla cosmopolita Fiume nel comune di Vedano in provincia di Varese.La testimonianza di questo compagno autodidatta conferma in pieno l’analisi tracciata da Fabrizio,nonchè il ruolo devastante ricoperto da Ante Pavelic e Alisie Stepinac.Ricordo quando un intellettuale di valore come Antonio Tabucchi scrisse articoli di fuoco contro il dilagare del revisionismo storiografico, a proposito di quelle vicende strumentalizzate dalle destre nostrane.

  10. Aliquis
    21 febbraio 2019 at 10:18

    A me la vicenda della Jugoslavia ispira un’altra riflessione storica;
    quel paese, proprio perchè a suo tempo era un mosaico di popoli e di culture per di più equidistante e “non allineato” durante la guerra fredda, mi affascinava. La feroce disintegrazione della Jugoslavia voluta dall’Occidente alla fine della guerra fredda non è stata casuale, ma tesa a distruggere nel peggior modo possibile qualcosa che il capitalismo odiava profondamente.

    Alla fine della seconda guerra mondiale la Jugoslavia era stato il solo paese a liberarsi da solo in Europa grazie al movimento partigiano più forte che sia mai esistito. Fu anche l’unica rivoluzione socialista ad essere vittoriosa in Europa dopo quella russa; negli altri paesi i comunisti presero il potere solo in virtù della presenza delle truppe sovietiche (fa eccezione l’Albania, ma non è un esempio significativo). Da qui il carattere autonomo, e per certi versi originale, della rivoluzione jugoslava. Da qui anche la sua incompatibilità con gli accordi tra Churchill e Stalin sulla spartizione dell’Europa, accordi che erano in contrasto con il diritto all’utodeterminazione dei popoli e che Churchill volle per salvare quello che poteva; Stalin accondiscese per ragioni di Stato. Ragioni di Stato che contrastavano con gli interessi del proletariato e dei popoli del mondo. Tito di fatto non accettò quegli accordi. Contrastò l’imperialismo occidentale in maniera più coerente dell’Urss; sostenne i rivoluzionari in Grecia contro la volontà di Stalin, promosse con Dimitrov l’idea di una Federazione Balcanica che, se fosse sorta (Jugoslavia, Bulgaria, Grecia, Romania) avrebbe creato uno Stato multietnico e socialsita secondo solo all’Urss per importanza; soprattutto, i piani di “contenimento” del socialismo voluti dall’Occidente (e accettati da Stalin) sarebbero andati all’aria e forse la guerra fredda non sarebbe stata perduta dall’ Urss.
    La crociata di Stalin contro Tito bloccò tutto questo.
    La rivoluzione in Grecia fu sconfitta perchè i comunisti greci, allinenandosi a Stalin come tutti gli altri comunisti del mondo in quel momento, rifiutarono gli aiuti inviati da Tito, nonosntante che Stalin continuasse a non mandargli nulla. Diimitrov morì misteriosamente a Mosca e la federazione balcanica scomparve dai progetti politici.
    La jugoslavia, isolata, dovette venire a compromessi con l’Occidente che sicuramente snaturarono il suo modello di socialismo ma che soprattutto, sul lungo periodo, fornirono all’Occidente stesso i mezzi per liquidarla una volta che fossero scomparsi sia la persona di Tito che il blocco sovietico.
    Ecco, nel 1948 la crociata antitoista fece perdere un’occasione storica.

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